Dialogo significativo (I)

Riporto, perchè stimolante, il dialogo, apparso oggi sulle pagine del Corriere fra uno studente leghista e Galli della Loggia

SCAMBIO DI LETTERE SUL PAESE TRA PASSATO E PRESENTE
Io, studente leghista
Perché mi vergogno dell’Unità d’Italia

Caro professor Galli della Loggia,
sono uno studente universitario di 24 anni con una certa pas­sione per la storia. Sono un leghista, abbastanza convinto. E lo confesso: se faccio un bilancio, certamente sommario, dall’Unità nazionale ad oggi, le cose per cui vergognarmi mi sembrano maggiori rispetto a quelle di cui essere fiero.

Penso al Risorgimento, alla massoneria e al disegno di conquista dei Savoia, rifletto sul fatto che nel Mezzogiorno furono inviate truppe per decenni per sedare le rivolte e credo che queste cose abbiano più il sapore della conquista che della liberazione. E penso, ancora, al referendum falsato per l’annessione del Veneto e al trasformismo delle elite politiche post-risorgimentali. E poi il fascismo, con la sua artificiosa ricostruzione di una romanità perduta e imposta a un popolo eterogeneo e diviso per 1500 anni che della «romanità classica » conservava ben poco: la costruzione di una «religione politica» forzata al po sto di una «religione civile» come invece avvenne in Francia con la Rivoluzione, che fu davvero l’evento fondante di un popolo. In Italia l’unica cosa «fondante» potrebbe essere stata la Resistenza: ma anche lì, a guardare bene, c’era una Linea gotica a dividere chi la guerra civile l’aveva in casa da chi era già in qualche maniera libero.

E poi la Prima Repubblica, che si salva in dignità solo per pochi decenni, i primi, e poi sprofonda nei buio degli anni di piombo con terrorismo di sinistra e stragi di destra (o di Stato?), nel clientelismo politico più sfrenato, nelle ruberie, nelle grandi abbuffate che ci hanno regalato uno dei debiti pubblici più grandi del mondo.

Quanto alla Seconda Repubblica, l’ab biamo sotto agli occhi: la tendenza dei partiti a trasformarsi in «pigliatutto» multiformi e dai programmi elettorali quasi identici, con le uniche eccezioni di Di Pietro e della Lega. Il primo però è destinato a sparire con Berlusconi, che è la ragione del suo successo: quando svanirà la causa, svanirà anche l’effetto. Anche la Lega dopo Bossi potrebbe sparire, ma almeno a sorreggerla ci sono un disegno, un’idea, per quanto contestabili.

Guardo allo Stato poi e alla mia vita di tutti i giorni e mi viene la depressione. Penso a mia mamma che lavora da quando aveva 14 anni ed è riuscita da sola a crearsi un’attività commerciale rispettabi le e la vedo impazzire per arrivare a fine mese perché i governi se ne fregano della piccola-media impresa e preferiscono continuare a buttar via soldi nella grande industria. E poi magari arriva anche qual che genio dell’ultima ora a dire che i commercianti son tutti evasori. Vedo i miei dissanguarsi per pagare tutto correttamente e poi mi ritrovo infrastrutture e servizi pubblici pietosi. Vedo che viene negata la pensione di invalidità a mia zia di 70 anni che ha avuto 25 operazioni e non cammina quasi più solo perché ha una casetta intestata. E poi leggo che nel Mezzogiorno le pensioni di invalidità so no il 50% in più che al Nord. Come faccio a sentire vicino, ad amare, a far mio uno Stato che mi tratta come una mucca da mungere e in cambio mi dice di tacere?

Non ho paura degli immigrati, né sono ostile a chi ha la pelle differente dalla mia. Mi preoccupo però di certe culture. Per esempio mi spaventano i disegni di organizzazioni come i Fratelli musulmani, ostili verso l’Occidente, e mi fan paura le loro emanazioni europee. Non vo glio barricarmi nel mio «piccolo mondo antico», ma ho realismo a sufficienza per pensare di non poter accogliere il mondo intero in Europa. La gente che entra va integrata, ma io credo che la possibilità di integrazione sia inversamente proporzionale al numero delle persone che entrano. Eppure, se dico queste cose, mi danno del «razzista». Non mi creano problemi le altre etnie, mi crea problemi e fastidio invece chi le deve a tutti i costi mitizzare, mi irrita oltremodo un multiculturalismo forzato e falsato. Mi spaven tano l’esterofilia e la xenomania, secondo le quali tutto ciò che viene da fuori deve essere considerato acriticamente come positivo, «senza se e senza ma». In pratica ho paura che l’Italia di domani di italia non avrà più nulla e che il timore quasi ossessivo di non offendere nessuno e di considerare ogni cultura sullo stesso piano, cancelli quel poco di memoria storica che ancora abbiamo. Mi crea profondo terrore la prospettiva che la nostra civiltà possa essere spazzata via come accadde ai Romani: mi sembra quasi di essere alle porte di un nuovo Medioevo con tutte le incognite che questo può celare. E ho paura, paura vera. Sono razzista davvero oppure ho qualche ragione?

Matteo Lazzaro
19 agosto 2009
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Dialogo significativo (I)ultima modifica: 2009-08-19T19:20:00+02:00da pelikan-55
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Un pensiero su “Dialogo significativo (I)

  1. Non credo che la lettera sia autentica.
    La lucida e pacata analisi sui mali nati con l’unità d’Italia e sulle distorsioni della globalizzazione delle razze, cozza contro il vittimismo patetico della paura dichiarata, come a richiamare su di essa la protezione genitoriale degli altri.
    Sai che ho citato sul mio blog un’altra lettera costruita dalla redazione del Corriere nel 79 che servì ad avviare una discussione – tormentone che incanalasse l’opinione pubblica fuori dagli schemi di allora. E sai che il Corriere ha una chiara espressione editoriale. Quindi: mi vien da dire che anche questa lettera sia un gioco innescato per portar l’acqua al proprio mulino.

    Detto questo: tutto quanto scritto ha senso, è condivisibile nell’analisi.
    Il fatto è che al problema solo la Lega da risposte, le sue, mortifere.
    Agli altri del governo va bene la situazione così com’è, un po’ carne e un po’ pesce.
    La sinistra, riesce solo a prendersela con gli atti del governo e non propone una cippa.
    Come ho avuto modo di dire in un mio post, l’immigrazione è prima di tutto un problema di lavoro e fino ad oggi l’immigrato per l’Italia è stato un ottimo businness che ha sfiorato lo schiavismo. Bisogna intervenire lì, sul lavoro, sul meccanismo di richiamo dell’immigrato per scrivere pagine di diritto, per l’italiano e per il futuro italiano.
    Diversamente il problema ha la medesima possibilità di essere risolto di quella del bambino che versava l’acqua del mare nella buca sulla spiaggia, come ci racconta Sant’Agostino.
    Per chi volesse leggere nel merito, allego il link del mio post:
    http://web.me.com/giannimarconi/giannimarconi/Blog/Voci/2009/6/12_Immigrazione__il_nodo_da_affrontare%2C_con_l’approccio_giusto..html

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