Qualche commento

Qualche commento alla lettera del giovane leghista che, nonostante i sospetti di Giannifotografo, esiste davvero (http://www.corriere.it/cronache/09_agosto_20/garibaldi_stato_assente_messaggi_giovane_leghista_71371e5c-8d4c-11de-ac5b-00144f02aabc.shtml.)

La prima cosa che vorrei sottolineare, senza cadere nel vieto corporativismo, è che questo paese ha un disperato bisogno di storia. Se una persona mediamente colta, giovane che si definisce “con una certa passione per la storia” mette in fila tante banalità, imprecisioni, strafalcioni sulle patrie vicende, devono accendersi molte lucine rosse di allarme. E la scuola è la prima imputata, ma non come dice il solerte Galli dL, per aver insegnato etc.., ma per NON avere insegnato il metodo critico, la capacità di orientarsi fra saggi, fonti e altro materiale. Le tesi sostenute dallo studente non sono una sua originale produzione, sono la rimasticatura della “leggenda nera”, originale di una certa cultura cattolica integralista, zona Alleanza Cattolica, che non solo possiamo riscontrare in siti web come quello gestito da Maurizio Blondet (http://www.effedieffe.com/), antisemiti, tradizionalisti e lefebvriani, ma trovano riscontro in figure ben più prestigiose del mondo cattolico, come il caso del vescovo di S.Marino Montefeltro, Luigi Negri. Chi lo ha ascoltato un paio d’anni fa alla Sala degli Specchi, ritroverebbe le stesse tematiche sostenute dallo studente leghista. E in forma più sgangherata tutta questa paccottiglia è leggibile in “Reggionelweb” (http://www.reggionelweb.it), divenuto ormai lo sfogatoio leghista e tradizionalista della nostra città e provincia. Tutto il male viene dalla Rivoluzione francese, dall’illuminismo (non a caso definito “bieco” solo pochi giorni fa in altre circostanze), dalla rottura dell’ordine naturale, del potere temporale. Una storia che si snoda attraverso complotti della massoneria, dei Savoia, dei liberali, comunisti, laici e di chissàchi.

Il solerte studente riprende, acriticamente, questa “vulgata”, senza avere maturato gli anticorpi critici, miscelando bufale e complotti, giocando sulla moda dilagante della “controstoria”, del “finalmente possiamo dire…”. Una moda che ha avuto non pochi epigoni anche alla estrema sinistra negli anni settanta e ottanta.

Grande bisogno di storia dunque, di ripartire dalle basi, anche in questo caso uscendo dalla mitologia che tanti danni ha fatto: primo fra tutti la “sindrome del pendolo” di cui, a.e., è stata tipica la figura di Garibaldi. Eroe dei due mondi, mito di libertà prima e poi predone in sud america, terrorista, massone e chi più ne ha peggio ne metta. Il 150° dell’Unità potrebbe essere l’occasione per questa riflessione, seria e fondata? Ma la superficialità del leghista tradisce anche la totale mancanza di concetti base come “democrazia”, “pluralismo”, “Stato di diritto”, cosa non sorpprendente visto la sua provenienza politica.

Veniamo poi alla parte “attuale” della lettera, che ha mandato in sollucchero il solerte Galli dL. Dobbiamo ascoltare il disagio dice il filosofo. Bene. Ascoltato. Ma, per l’ennesima volta, se questo è lo stato del nostro paese-e lo è-è la gazzarra leghista la soluzione? O il consumismo carnale del vecchio satiro? La destra che ci governa, orrori a parte, non è semplicemente all’altezza di esprimere una cultura di governo all’altezza dei problemi che sono anche quelli raccontati dal leghista, immigrazione compresa. E sul problema meridionale, la riscossa auspicata da Galli dL, dovrebbe venire da Miccichè e Lombardo o dalla Finocchiaro e Orlando?

La lettera rimane davvero un exemplum del mondo leghista in espansione. Quasi in chiusura, infatti, leggiamo quelle che sono le parole chiave dell’intero ragionamento: “paura” e “terrore” che sono il vero motto che andrebbe inserito, per legge, nel vessillo della lega.

Di fronte alla paura e al terrore non c’è cultura che tenga, rimane solo il fucile, il muro, la barricata. Non si tratta neppure di essere razzisti o no (e lo studente lo è) perchè è qualcosa che viene prima, è una weltanshauung, un modo di vedere il mondo, è una forma mentis, contro cui le armi del ragionamento e della conoscenza hanno potere limitato. Si tratta di ricostruire un tessuto sociale e culturale dalle basi, in condizioni difficilissime, operando magari azioni sovversive come il rifiuto della tv, dell’inutile consumo. Tornando ai libri, ai dibattiti, alle discussioni civili.

Il leghista ha 24 anni, all’anagrafe, ma colpisce quanto di vecchio, di chiuso, di paranoico traspaia dalle sue parole. Una sola domanda: dov’erano le grandi agenzie formative (chiesa, partiti, famiglia, etc..) mentre questo ragazzo cresceva fino a diventare un “ignorante che ha studiato”?

Alcuni anni fa ho avuto una discussione con un ex-onorevole comunista, esempio sublime di t.t. (turbinoso trasformismo). Il tizio, per sostenere le sue tesi, mi buttò in faccia l’affermazione: “Io ho letto 3500 libri!!” Non riuscii a star zitto e quello che riuscii a dire fu semplicemente: “E quanti ne ha capiti?”

Qualche commentoultima modifica: 2009-08-20T11:53:00+02:00da pelikan-55
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3 pensieri su “Qualche commento

  1. Mel 2006 (a proposito di cercare di veicolare la storia attraverso la narrazione) ho pubblicato con Chimienti editore – Taranto, “Isabella”, un romanzo ambientato tra il 1822 (morte di don Andreoli) e il 1900(attentato al re). Ti ricopio la parte che parla di Carlo Franceschini. Ovvio: i dialoghi sono pura mia invenzione, ma mi paiono quanto mai attuali!

    Carlo Franceschini non stava bene. Era rientrato in Francia, ancora una volta profugo, dopo aver viaggiato, per settimane, attraverso la montagna reggiana, nell’intento di divulgare le idee liberali a sostegno della guerra contro l’Austria.
    In seguito, era andato a Torino, presso Carlo Alberto, su mandato ufficiale nelle commissioni elette dal comune di Reggio.
    Si era ai primi di novembre del 1849 e, a Clermont – Ferrand, custodito dall’abbraccio caldo della famiglia, il carbonaro tentava di pacificare il povero cuore indebolito. Ma l’inquietudine per la patria lontana non l’abbandonava.
    – Anche se un giorno, Dio lo voglia, l’Italia sarà unita, libera e repubblicana, occorrerà vigilare, e non smettere di lottare per la libertà! Potrebbero germinare ideologie addirittura antitetiche che sarebbero capaci unirsi nel tentativo di annientare le istituzioni politiche e l’unità nazionale! Bisognerà vegliare: la libertà non è mai un bene acquisito per sempre!
    – L’Italia unita, con Roma capitale, unificata dalle Alpi alla Sicilia? – Don Paolino scrollava il capo – Dubito che l’unità nazionale, per il cui domani vi angustiate, sia un sogno al momento realizzabile!
    Erano stati là in alto, sul Puy de Dome, il grande vulcano spento e, al prete, l’abbagliante visione delle folti selve e delle cavità imbutiformi dei vulcani inattivi, disseminati nei paraggi, aveva da-to la percezione d’un ascetismo arcaico.
    – No, l’Italia si farà, si farà, vedrete! Ma ci saranno italiani che continueranno a non approvare l’idea di uno Stato italiano, e si sforzeranno, nel tempo, di dissiparne l’ordinamento democratico, di tornare indietro!
    – Dopo tante lotte, tanti martiri? Forse non rivedrò mai più mio fratello, ma se fosse morto invano…
    – L’ho lasciato in Spagna, dove abbiamo combattuto a fianco dei patrioti – Franceschini respirava a fatica, le labbra cianotiche – poi ci hanno catturati; io sono stato condotto prigioniero a Clermont. Di lui non ho più saputo nulla ma, quasi certamente, anch’egli è Francia.
    – Continuerò a cercarlo… – il giovane sacerdote parve riprendere a meditare le parole del carbonaro – ma dite: come si potrà tornare indietro, una volta legalmente riconosciuto uno Stato italiano? Chi sarà mai tanto pazzo da provarci?
    Franceschini sorrise, gli occhi enormi, il viso insolitamente gonfio e colorito:
    – Si inizierà col sottoporre a revisione le radici dell’unificazione, le lotte, poi si tenterà di ribadire che la nostra storia è fatta di intrichi e congiure, carneficine, soprusi e illegalità,
    delegittimando le basi su cui sarà costruita e avallata la democrazia italiana. Ci faranno passare per delinquenti, tutti noi carbonari, tutti! Suvvia: siete un prete. Sapete benissimo come la Chiesa ha accolto le idee liberali!
    Tacque, il sacerdote: non era nel suo carattere polemizzare e scagliarsi contro chi sembrava atteggiarsi a mangiapreti. Preferiva ascoltare e riflettere. Si fermò nel mezzo della strada, lì, nella parte più antica di Clermont.
    La città sembrava controllata dall’immensa cattedrale gotica di Notre-Dame-de-l’Assomption: altissime e aguzze le due torri campanarie, lugubri e angoscianti.
    All’interno dell’edificio, i due si erano aggirati tra gli insiemi torreggianti e ombrosi delle colonne, affini a tronchi di faggeta; un luogo boscoso, con tenebrosità squarciate da folgori d’improvvisa luce.
    Una selva irrigidita nella pietra. Cristallizzata nel tempo.
    – Tutto ciò è molto strano… – affermò don Paolino – avete notato che qui sono venerati Vitale ed Agricola, i santi protettori originari di Bologna?
    – Oh sì! Sembra che parte delle loro reliquie siano state traslocate qui da Carlo Magno! Pensate: stiamo ad argomentare d’Italia unificata, quando già siamo un’Europa unica come cultura e religione!
    Frattanto, avevano oltrepassato la bella Place de Jaude, poi le stradine del nucleo della città.
    – Appartenete alla massoneria, dunque? – chiese il prete tutto d’un fiato, fissando negli occhi Franceschini.
    L’uomo sorrise, indugiò in silenzio e riprese a camminargli a fianco, finché, alla fine, capitarono in una piazzetta.
    Nel mezzo, s’imponeva un’antica fontana di lava nera, da cui prorompeva un’acqua gorgogliante e fresca, limpida acqua di vulcano.
    – Ascoltate! – esordì allora – Non vi pare di cogliere una voce?
    Gli occhi del prete si colmarono d’incredulità; si guardò intorno, ma scorse soltanto alcuni bambini che, tenendosi per mano in girotondo, intonavano una tiritera:
    – “Ainsi font, font, font,
    Les petites marionettes,
    Ainsi font, font, font,
    Trois petits tours et puis s’en vont…”.
    – La canzoncina delle marionette? – rispose don Paolino sempre più confuso – Che c’è di strano? Sono semplicemente bambini che giocano, no?
    Il dottor Franceschini prese a spostarsi adagio per la piazza, gli occhi chiusi, quasi odorando l’aria, e di nuovo chiese:
    – Davvero non avvertite nulla di diverso? Una voce che viene da lontano, che ha varcato i secoli?
    – Vi sentite bene? Lo apostrofò il sacerdote, ormai angosciato.
    Il patriota scoppiò a ridere e si lasciò cadere sopra un sedile di pietra.
    – Ricordate quella statua davanti alla cattedrale? Era un papa, ricordate? Avete mai sentito parlare del Concilio di Clermont e del discorso di papa Urbano II?
    Don Paolino era un uomo di lettere, sapeva di latino e di filosofia, sapeva anche di storia, ma non conosceva a fondo le vicende e i personaggi della Chiesa.
    – Confesso la mia ignoranza, e non afferro il rapporto tra la massoneria, codesto luogo e la statua di Urbano II!
    Allora Franceschini cominciò a raccontare.

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