Modesta proposta nautica

E’ difficile scherzare dopo quello che è successo nel Canale di Sicilia, ma anche l’incazzatura nuoce all’incarnato, signora mia. Quindi lancio una modesta proposta che si potrebbe concretizzare in una raccolta di firme, di altre idee, di materiali atti all’uso.

Proposta nautica: si prenda in un deposito di residuati marini una tipica barca italica da pesca, il gozzo, di lunghezza fra i sei e gli otto metri. Viene via con poco se non serve-come a noi non serve-un motore funzionante nè un timone efficiente. Un gozzo di tale dimensione è omologato per 7 persone. Applichiamo il vecchio principio militare (“cavalli otto, uomini quaranta”) alla nuova situazione: “persone otto, leghisti cinquanta”.

Prendiamo il gozzo e ormeggiamolo alla banchina di Porto Palo, facciamoci salire: bossicalderolicotasalviniborghezioalessandri (scusate le parolacce) e altri 44 leghisti (“in fila per sei col resto di due”). Abbigliamento consigliato: canottiera padana. Forniamoli di generi di conforto: 1 bottiglia d’acqua ogni 5, ma 10 scatoletta di acciughe sottolio a testa. Carta igienica a discrezione.

Con una vedetta della Guardia Costiera rimorchiamo (lentamente, così i passeggeri si godono il paesaggio marino) il gozzo fino alle acque tunisine e quando siamo ben certi di essere stati individuati dai loro radar, zac, si taglia la gomena e si lascia il gozzo a scarocciare nell’azzurro mare. Per migliorare l’approccio umano con i militari tunisini si auspica l’utilizzo di borghezio come mediatore culturale.

Nel frattempo si allestisce un Centro provvisorio di accoglienza per gli scampati (speriamo pochi), gestito direttamente dai famigliari delle centinaia di “clandestini” affogati in questi anni. Il tutto videoripreso e controllato per l’edizione del “Grande leghista” 2010.

Si raccolgono suggerimenti e materiali per l’operazione “Vara il tuo leghista!”(Gianfilippo mi ha già assicurato un golfino cashmere per le fredde notti nel Canale di Sicilia, ma è indeciso se destinarlo a Salvini o Cota, alcune amiche massaie stanno preparando l’ossobuco che, una volta mangiata la ciccia, resta sempre l’osso che magari galleggia pure..).

Qualche commento

Qualche commento alla lettera del giovane leghista che, nonostante i sospetti di Giannifotografo, esiste davvero (http://www.corriere.it/cronache/09_agosto_20/garibaldi_stato_assente_messaggi_giovane_leghista_71371e5c-8d4c-11de-ac5b-00144f02aabc.shtml.)

La prima cosa che vorrei sottolineare, senza cadere nel vieto corporativismo, è che questo paese ha un disperato bisogno di storia. Se una persona mediamente colta, giovane che si definisce “con una certa passione per la storia” mette in fila tante banalità, imprecisioni, strafalcioni sulle patrie vicende, devono accendersi molte lucine rosse di allarme. E la scuola è la prima imputata, ma non come dice il solerte Galli dL, per aver insegnato etc.., ma per NON avere insegnato il metodo critico, la capacità di orientarsi fra saggi, fonti e altro materiale. Le tesi sostenute dallo studente non sono una sua originale produzione, sono la rimasticatura della “leggenda nera”, originale di una certa cultura cattolica integralista, zona Alleanza Cattolica, che non solo possiamo riscontrare in siti web come quello gestito da Maurizio Blondet (http://www.effedieffe.com/), antisemiti, tradizionalisti e lefebvriani, ma trovano riscontro in figure ben più prestigiose del mondo cattolico, come il caso del vescovo di S.Marino Montefeltro, Luigi Negri. Chi lo ha ascoltato un paio d’anni fa alla Sala degli Specchi, ritroverebbe le stesse tematiche sostenute dallo studente leghista. E in forma più sgangherata tutta questa paccottiglia è leggibile in “Reggionelweb” (http://www.reggionelweb.it), divenuto ormai lo sfogatoio leghista e tradizionalista della nostra città e provincia. Tutto il male viene dalla Rivoluzione francese, dall’illuminismo (non a caso definito “bieco” solo pochi giorni fa in altre circostanze), dalla rottura dell’ordine naturale, del potere temporale. Una storia che si snoda attraverso complotti della massoneria, dei Savoia, dei liberali, comunisti, laici e di chissàchi.

Il solerte studente riprende, acriticamente, questa “vulgata”, senza avere maturato gli anticorpi critici, miscelando bufale e complotti, giocando sulla moda dilagante della “controstoria”, del “finalmente possiamo dire…”. Una moda che ha avuto non pochi epigoni anche alla estrema sinistra negli anni settanta e ottanta.

Grande bisogno di storia dunque, di ripartire dalle basi, anche in questo caso uscendo dalla mitologia che tanti danni ha fatto: primo fra tutti la “sindrome del pendolo” di cui, a.e., è stata tipica la figura di Garibaldi. Eroe dei due mondi, mito di libertà prima e poi predone in sud america, terrorista, massone e chi più ne ha peggio ne metta. Il 150° dell’Unità potrebbe essere l’occasione per questa riflessione, seria e fondata? Ma la superficialità del leghista tradisce anche la totale mancanza di concetti base come “democrazia”, “pluralismo”, “Stato di diritto”, cosa non sorpprendente visto la sua provenienza politica.

Veniamo poi alla parte “attuale” della lettera, che ha mandato in sollucchero il solerte Galli dL. Dobbiamo ascoltare il disagio dice il filosofo. Bene. Ascoltato. Ma, per l’ennesima volta, se questo è lo stato del nostro paese-e lo è-è la gazzarra leghista la soluzione? O il consumismo carnale del vecchio satiro? La destra che ci governa, orrori a parte, non è semplicemente all’altezza di esprimere una cultura di governo all’altezza dei problemi che sono anche quelli raccontati dal leghista, immigrazione compresa. E sul problema meridionale, la riscossa auspicata da Galli dL, dovrebbe venire da Miccichè e Lombardo o dalla Finocchiaro e Orlando?

La lettera rimane davvero un exemplum del mondo leghista in espansione. Quasi in chiusura, infatti, leggiamo quelle che sono le parole chiave dell’intero ragionamento: “paura” e “terrore” che sono il vero motto che andrebbe inserito, per legge, nel vessillo della lega.

Di fronte alla paura e al terrore non c’è cultura che tenga, rimane solo il fucile, il muro, la barricata. Non si tratta neppure di essere razzisti o no (e lo studente lo è) perchè è qualcosa che viene prima, è una weltanshauung, un modo di vedere il mondo, è una forma mentis, contro cui le armi del ragionamento e della conoscenza hanno potere limitato. Si tratta di ricostruire un tessuto sociale e culturale dalle basi, in condizioni difficilissime, operando magari azioni sovversive come il rifiuto della tv, dell’inutile consumo. Tornando ai libri, ai dibattiti, alle discussioni civili.

Il leghista ha 24 anni, all’anagrafe, ma colpisce quanto di vecchio, di chiuso, di paranoico traspaia dalle sue parole. Una sola domanda: dov’erano le grandi agenzie formative (chiesa, partiti, famiglia, etc..) mentre questo ragazzo cresceva fino a diventare un “ignorante che ha studiato”?

Alcuni anni fa ho avuto una discussione con un ex-onorevole comunista, esempio sublime di t.t. (turbinoso trasformismo). Il tizio, per sostenere le sue tesi, mi buttò in faccia l’affermazione: “Io ho letto 3500 libri!!” Non riuscii a star zitto e quello che riuscii a dire fu semplicemente: “E quanti ne ha capiti?”

Dialogo significativo (II)

La storia è positiva

Ma protesta e paura oggi sono fondate
No, non è la lettera di un razzista la lettera di questo studente — un bravo studente, si può immagina­re — che il Corriere ha deciso di pubblicare per contribuire a far conoscere al Paese da quali sentimenti e di quali ragioni si fa forte l’opinione pubblica leghista così diffusa al Nord. Ha quasi sempre delle ragioni, infatti, anche chi non ha ragione: pure quando tali ragioni, com’è questo il caso, sono costruite su un ordito di vere e proprie manipolazioni storiche.

Quanto scrive Matteo Lazzaro dimostra innanzi tutto, infatti, il rapporto strettissimo che inevitabilmente esiste tra storia e politica; e di conseguenza, ahimè, il disastro educativo prodotto negli ultimi decenni nelle nostre scuole da un lato da una sfilza di manuali di storia redatti al l’insegna della più superficiale volontà di demistificazione, e dall’altro da una massa d’insegnanti troppo pronti a sintonizzarsi sulla stessa lunghezza d’onda. Gli uni e gli altri presumibilmente convinti di contribuire in questo modo alle fortune del progressismo «democratico» anziché, come invece è accaduto, a quelle di un autentico nichilismo storiografico di tutt’altro segno. Ecco infatti il risultato che si è fissato nella mente di molti italia ni: una storia del nostro Paese inverosimi le e grottesca, impregnata di negatività, violenza, imbrogli e sopraffazione. Una storia di cui «vergognarsi», come pensa e scrive per l’appunto Lazzaro, e che quindi può solo essere rifiutata in blocco: dominata dall’orco massone e da quello sabaudo, dalla strega della partitocrazia, dal belzebù del «clientelismo», sfociata in «uno dei debiti pubblici più alti del mondo». Nessuno sembra aver mai spiegato a que sti nostri più o meno giovani concittadini che il Risorgimento volle anche dire la possibilità di parlare e di scrivere liberamente, di fare un partito, un comizio e altre cosucce simili; o che ad esempio, nel tanto rimpianto Lombardo-Veneto di austriaca felice memoria, esisteva una cosa come il processo «statario», in base al quale si era mandati a morte nel giro di 48 ore da una corte marziale senza neppure uno straccio di avvocato. Nessuno sembra avergli mai raccontato come 150 anni di storia italiana abbiano anche visto, ol tre alle ben note turpitudini, un intero po polo smettere di morire di fame, non abitare più in tuguri, non morire più come mosche e da miserabile che era cominciare a godere di uno dei più alti redditi del pianeta. Così come nessuna scuola sem bra aver mai illustrato ai tanti Matteo Laz zaro quello che in 150 anni gli italiani hanno fatto dipingendo, progettando edifici e città, girando film, scrivendo libri: non conta nulla tutto ciò? E si troverà mai qualcuno infine, mi domando, capace di suggerirgli che la democrazia non piove dal cielo, che tra «uno dei debiti pubblici più alti del mondo» e l’ospedale gratuito sotto casa o l’Università dalle tasse presso ché inesistenti qualche rapporto forse esiste? E che la storia, il potere, la società, sono faccende maledettamente complicate che non sopportano il moralismo del tutto bianco e tutto nero, del mondo diviso in buoni e cattivi?

È quando viene all’oggi, invece, che il nostro lettore ha ragione da vendere, e alle sue ragioni non c’è proprio nulla da aggiungere. C’è semmai da capirle e interpretarle. Il che tira in ballo la responsabilità per un verso della classe politico-intellettuale di questo Paese, per l’altro quella dei nostri concittadini del Mezzogiorno. Per ciò che riguarda la prima è necessario e urgente che quello strato di colti, di giornalisti di rango, di scrittori, di attori della scena pubblica, i quali tutti insieme contribuiscono alla costruzione del «discorso » ufficiale del Paese, la smettano di assumere un costante atteggiamento di sufficienza, se non di disprezzo, verso ogni pulsione, paura o protesta che attraversa le viscere della società settentrionale (ma non solo! sempre più non solo!) tacciandola subito come «razzista», «securitaria », «egoista», «eversiva» o che altro. Pericoli di questo tipo ci saranno pure, ma come questa lettera spiega benissimo si tratta di pulsioni e paure niente affatto pretestuose ma che hanno un senso vero, spesso un profondo buon senso, e dun que chiedono risposte altrettanto vere, sia culturali che politiche: non anatemi che lasciano il tempo che trovano.

E infine i nostri concittadini del Mezzogiorno: questi sbaglierebbero davvero se non avvertissero nelle parole del lettore leghista l’eco neppure troppo nascosta di una richiesta ultimativa che in realtà ormai parte non solo da tutto il Nord ma anche da tante altre parti del Paese. È la richiesta che la società meridionale la smetta di prendere a pretesto il proprio disagio economico per scostarsi in ogni ambito — dalla legalità, alle prestazioni scola stiche, a quelle sanitarie, all’urbanistica, alle pensioni — dagli standard di un paese civile, tra l’altro con costi sempre crescenti che vengono pagati dal resto della nazione. Il resto dell’Italia non è più dispo sta a tollerarlo, e si aspetta che alla buon’ora anche i meridionali facciano lo stesso

Ernesto Galli della Loggia
19 agosto 2009

I commenti a domani.

Dialogo significativo (I)

Riporto, perchè stimolante, il dialogo, apparso oggi sulle pagine del Corriere fra uno studente leghista e Galli della Loggia

SCAMBIO DI LETTERE SUL PAESE TRA PASSATO E PRESENTE
Io, studente leghista
Perché mi vergogno dell’Unità d’Italia

Caro professor Galli della Loggia,
sono uno studente universitario di 24 anni con una certa pas­sione per la storia. Sono un leghista, abbastanza convinto. E lo confesso: se faccio un bilancio, certamente sommario, dall’Unità nazionale ad oggi, le cose per cui vergognarmi mi sembrano maggiori rispetto a quelle di cui essere fiero.

Penso al Risorgimento, alla massoneria e al disegno di conquista dei Savoia, rifletto sul fatto che nel Mezzogiorno furono inviate truppe per decenni per sedare le rivolte e credo che queste cose abbiano più il sapore della conquista che della liberazione. E penso, ancora, al referendum falsato per l’annessione del Veneto e al trasformismo delle elite politiche post-risorgimentali. E poi il fascismo, con la sua artificiosa ricostruzione di una romanità perduta e imposta a un popolo eterogeneo e diviso per 1500 anni che della «romanità classica » conservava ben poco: la costruzione di una «religione politica» forzata al po sto di una «religione civile» come invece avvenne in Francia con la Rivoluzione, che fu davvero l’evento fondante di un popolo. In Italia l’unica cosa «fondante» potrebbe essere stata la Resistenza: ma anche lì, a guardare bene, c’era una Linea gotica a dividere chi la guerra civile l’aveva in casa da chi era già in qualche maniera libero.

E poi la Prima Repubblica, che si salva in dignità solo per pochi decenni, i primi, e poi sprofonda nei buio degli anni di piombo con terrorismo di sinistra e stragi di destra (o di Stato?), nel clientelismo politico più sfrenato, nelle ruberie, nelle grandi abbuffate che ci hanno regalato uno dei debiti pubblici più grandi del mondo.

Quanto alla Seconda Repubblica, l’ab biamo sotto agli occhi: la tendenza dei partiti a trasformarsi in «pigliatutto» multiformi e dai programmi elettorali quasi identici, con le uniche eccezioni di Di Pietro e della Lega. Il primo però è destinato a sparire con Berlusconi, che è la ragione del suo successo: quando svanirà la causa, svanirà anche l’effetto. Anche la Lega dopo Bossi potrebbe sparire, ma almeno a sorreggerla ci sono un disegno, un’idea, per quanto contestabili.

Guardo allo Stato poi e alla mia vita di tutti i giorni e mi viene la depressione. Penso a mia mamma che lavora da quando aveva 14 anni ed è riuscita da sola a crearsi un’attività commerciale rispettabi le e la vedo impazzire per arrivare a fine mese perché i governi se ne fregano della piccola-media impresa e preferiscono continuare a buttar via soldi nella grande industria. E poi magari arriva anche qual che genio dell’ultima ora a dire che i commercianti son tutti evasori. Vedo i miei dissanguarsi per pagare tutto correttamente e poi mi ritrovo infrastrutture e servizi pubblici pietosi. Vedo che viene negata la pensione di invalidità a mia zia di 70 anni che ha avuto 25 operazioni e non cammina quasi più solo perché ha una casetta intestata. E poi leggo che nel Mezzogiorno le pensioni di invalidità so no il 50% in più che al Nord. Come faccio a sentire vicino, ad amare, a far mio uno Stato che mi tratta come una mucca da mungere e in cambio mi dice di tacere?

Non ho paura degli immigrati, né sono ostile a chi ha la pelle differente dalla mia. Mi preoccupo però di certe culture. Per esempio mi spaventano i disegni di organizzazioni come i Fratelli musulmani, ostili verso l’Occidente, e mi fan paura le loro emanazioni europee. Non vo glio barricarmi nel mio «piccolo mondo antico», ma ho realismo a sufficienza per pensare di non poter accogliere il mondo intero in Europa. La gente che entra va integrata, ma io credo che la possibilità di integrazione sia inversamente proporzionale al numero delle persone che entrano. Eppure, se dico queste cose, mi danno del «razzista». Non mi creano problemi le altre etnie, mi crea problemi e fastidio invece chi le deve a tutti i costi mitizzare, mi irrita oltremodo un multiculturalismo forzato e falsato. Mi spaven tano l’esterofilia e la xenomania, secondo le quali tutto ciò che viene da fuori deve essere considerato acriticamente come positivo, «senza se e senza ma». In pratica ho paura che l’Italia di domani di italia non avrà più nulla e che il timore quasi ossessivo di non offendere nessuno e di considerare ogni cultura sullo stesso piano, cancelli quel poco di memoria storica che ancora abbiamo. Mi crea profondo terrore la prospettiva che la nostra civiltà possa essere spazzata via come accadde ai Romani: mi sembra quasi di essere alle porte di un nuovo Medioevo con tutte le incognite che questo può celare. E ho paura, paura vera. Sono razzista davvero oppure ho qualche ragione?

Matteo Lazzaro
19 agosto 2009
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Un nonno di seconda mano…

Il vecchio nonno-satiro proclama di non aver mai organizzato festini, vero, ci pensavano i suoi prosseneti. Ma non è la solita penosa bugia che colpisce, ormai ci stupiremmo del contrario, ma è il media che il vecchio satiro usa. Uno che ha tutto, ma tutto, proprio tutto. Radio, tivu, video, giornali, internet, feltriebelpietro (scusate la parolaccia) dove ti va ad esternare le sue ballucce da marito colto con le braghe a mezz’asta? Su Chi. Un rotocalco da parrucchiere, da sciampiste. Che tristezza. Sì, lo so, il solerte Gianfilippo mi direbbe che il media scelto è studiato perchè quello è il target di riferimento, etc. E và bene, sarà così. Ma la tristezza rimane.

E se mi è consentito un discorso appena machista: uno che può spendere senza limiti, chi ti va a prendere? Una escort di Bari? Roba da vecchio cumenda che s’intrufolava nei camerini delle ballerine dell’avanspettacolo, come in tanti film di Totò e Peppino (a proposito stasera tutti a vedere Toto, Peppina e la malafemmina su rai3!). Ancora quell’Italia piccola e gretta, ipocrita e bigotta, con i preti grassi e ammiccanti, le mogli rassegnate e stuoli di fanciulle in attesa (allora per fame oggi per desiderio di fama).

Onassis quando volle scegliere le sue donne passò dalla Callas a Jacqueline Kennedy, questo vecchio satiro viagrato raspa su le fanciulline di gamba svelta che il primo traffichino gli passa? E che diamine, anche nel peccato ci vuole classe, signora mia! Almeno prenda esempio da quell’altro milord di Cuneo, tale geom.Briatore Flavio, un po’ grossier anche lui, se vogliamo, ma almeno alla sera usciva con Naomi (Campbell) altro che Noemi Cuccurullo (o come piffero si chiama…).

Atti di sovversione

Non mi capita spesso, per fortuna, ma talvolta finisco in quei iper-luoghi che sono i centri commerciali. Sono stato, lo confesso, ai “Petali” qualche settimana fa. Pochissima gente (estate o la crisi?), negozi sberluccicanti, commesse dall’età indefinita fra i 16 e i 61 anni, tutte uguali (forse alla sera una torna a casa dell’altra, ma nessuno dei congiunti se ne accorge…). In un megastore di elettronica un tizio stava trattando l’acquisto di un video da 50 pollici al plasma, roba che dovessi pagarlo io altro che il plasma dovrei dare, non basterebbe la milza e un paio di femori! Lo guardavo e lo ascoltavo (confesso, a me piace ascoltare gli sconosciuti, se ne imparano sempre delle nuove) richiedere uno schermo da appendere in “sala”. Ma dove abita il tizio? In un hangar? O in un loft dove si allestiva un cacciatorpediniere? Perchè per vedere un oggettino da 50 pollici le dimensioni sono quelle, mah, non l’ho capito, del resto non potevo avvicinarlo e chiedergli l’indirizzo, ma neanche seguirlo all’uscita, visto che mi sarei subito perso nel parcheggio, incerto fra il settore A5 e quello B6 (comunque affondato).

Sì, i centri commerciali mi piacciono perchè mi rendono consapevole di quante cose io NON abbia bisogno, di quanto io sia un consumatore poco consumatore, o limitatamente consumatore. E qui inizia la sovversione: non comprare, sfogare le proprie frustrazioni in altro modo. Non guardare gli spot dove volano anche gli stracchini o ci raccontano, a ora di cena, del problema di signore incontinenti in ascensore (per fortuna io vivo in centro e non ho il problema, dell’ascensore intendo). Fare altro insomma, non sentirsi sfigati perchè l’auto ha 11 anni o le scarpe sono quelle di 3 anni prima, peraltro ancora quasi nuove. Non comprare.

La mia mamma, magnifica figura italiana di ipercattolica-anticlericale, mi ha insegnato che il termine “consumare” equivale a sprecare. E lì sono rimasto. “Non consumare il pane, non consumare la roba…” quello è stato l’imprinting che scopro oggi essere eversivo, in un paese dove negli ultimi sei anni è calata la vendita di libri (maddai!) ed è esplosa quella di cellulari, dove il PIL è il nostro faro nella notte e arrivano voli charter dall’estero per giocare al superenalotto (a proposito: spero che i 136 fantabilioni di euro se li vinca uno sconosciuto herr Schmidt della Foresta Nera).

Che volete farci, uno inizia fin da piccolo a venir su male e poi da grande…

Sospetti…

Come ben sa chi mi conosce di persona, sono cattivo d’animo avendo avuto un’infanzia difficile. Quindi tendo al sospetto malevolo per non cadere nella ingenua delusione di speranze infondate. C’ è una forza politica, la lega (vero testimone del degrado che la politica ha avuto in Italia) che, più o meno apertamente, ormai rivendica una secessione nei fatti. Solo uno stato sovrano ha diritto infatti ad un inno, bandiera, lingua etc…Non entro nel merito della bufala, ma come Hobsbawm ci ha insegnato, la invenzione della tradizione può avere successo indipendentemente dalla fondatezza degli elementi costitutivi il mito stesso.

Bene. Di fronte a questa situazione, oggettivamente seria, anche se mascherata da toni grotteschi grazie a ministroni (ministri buffoni) come calderoli, bossi e marroni, il PD che fa? Coglie al volo l’occasione culturale e storica della scadenza dei 150° dell’Unità d’Italia? Si fa paladino di una mobilitazione in difesa della povera Patria. Naaahh, lancia il suo grido di battaglia, alto e forte: “ci vedremo a settembre!”, lasciando il povero eroico Ciampi come vedetta lombarda a gridare nel deserto estivo.

E qui scatta il retropensiero cattivo. Premetto che, in linea di massima, fra un cretino e un mascalzone preferisco il secondo, anche perchè ogni tanto anche i peggiori vanno in ferie, i cretini mai. E allora il silenzio è sospetto. O per stupidità o per mascalzonaggine. Temo che il caso ricada nella prima tipologia. C’è qualche cretino che, magari, pensa, di far accordi con la lega contro il pdl? Questo spiegherebbe l’appeasement verso la deriva verde che ci minaccia. Del resto quella bella testa (si fa per dire) di minimodalema se ne uscì con la definizione della lega come”costola della sinistra”, facendoci chiedere perchè lo stesso minimo non salisse sul suo yacht e salpasse l’ancora verso le Bermude (e relativo benefico triangolo) al canto bocelliano di “Con te partiroooò…”.

Staremo a vedere, anche se i silenzi incrociati di pigi e dario su questo e altri temi centrali  (conflitto d’interessi, etica degli eletti, legge elettorale) non è che ci lascino proprio tranquilli. Incomincio a credere anch’io, come l’amico Giannifotografo, che il vero problema della sinistra sia la sua classe dirigente. Ma, come detto, sono cattivo d’animo…..

Cervelli in fuga

Difficile per ferragosto affrontare argomenti seri: ero incerto fra le opere giovanili di Heidegger, le geometrie non euclidee e qualche accenno alla fenomenologia di Husserl, poi mi è caduto l’occhio su due cosette e mi è scattato il R.B.S. (rigurgito di buon senso).

La prima: avremo una legge che rende obbligatorio lo studio del dialetto, seguirà una norma che ci costringerà a mangiare gnocchi il giovedì o a copulare solo il sabato sera (con apposito Lodo Carfagna che esenta le cariche istituzionali e liberalizza il rapporto sessuale-solo per loro-24 ore al giorno, 7 giorni la settimana).

Studiare il dialetto già mi sembra estroso in un paese dove l’inglese è così poco diffuso, basta ascoltare i nostri studenti all’estero farfugliare “Ai uont a gièlat of ciocoleit”, ma poi quale dialetto, di cosa stiamo parlando? Uno di Busana non capisce uno di Luzzara, solo a Reggio si possono individuare almeno 3/4 ceppi di dialetto. E poi avrete mai provato a scrivere in dialetto? Io l’ho fatto e vi garantisco di aver avuto bisogno di dotte consulenze su come usare vari accenti, dieresi et similia. Lo stesso “lumbard” come la Padania è una invenzione ridicola e penosa, provate a far parlare in dialetto uno di Bergamo con uno di Mantova e vedrete che dialogo ioneschiano ne salta fuori.

Balle, le solite balle, cervelli in fuga, prese per i fondelli. La lega mostra i muscoli per far dimenticare quello che succede, per far vedere di essere dura e pura, distruggendo, prima che il senso del ridicolo, il senso di appartenenza a una nazione. Perchè si può distruggere non solo prospettando secessioni o spaccature ridicole, ma anche facendo vergognare i cittadini di appartenere ad uno Stato che lascia ancora in libertà figuri simili, anzichè internarli al primo Diagnosi e cura disponibile.

Ma anche su queste ultime sparate sarebbe sbagliato riderci su, dobbiamo rialzare la nostra sensibilità. La lega individua i problemi ma da risposte sbagliate, violente e stupide. Noi abbiamo soluzioni serie ai problemi? L’opposizione ne ha o sta discutendo sulle “soggettività” bertinottiane? Su questo avrei qualche dubbio.

La seconda “cosetta”:  Il 20 apre Festa Reggio, ho scorso il programma (anch’io ci sarò alcune volte a presentare libri o video), alla fine mi è caduto l’occhio sul tema della festa. In questa Italia devastata, senza lavoro, in crisi etica e morale, sbeffeggiata in tutto il mondo, mi aspettavo un tema bello tosto, massiccio, un’idea, un progetto.

Il tema della festa è: “La felicità”. Sì, avete capito bene, la felicità! Perchè non l’amore? L’estasi? L’infinito? L’ipoteposi? L’ultra e l’intra? L’ex e il post? No. La felicità!

E’ meglio essere felici che infelici. Capperi! Tutti abbiamo diritto alla nostra felicità…ed altre banalità che i pensierini dei Baci Perugina sembrano massime di Pascal. E io che volevo parlare di Heidegger! A Reggio nel PD si annidano menti capaci di partorire idee così sublimi: nell’Italia del 2009, in questa melma, di cosa parliamo? Della felicità! “La felicità, con un panino, un bicchiere di vino, la felicità! Felicità è un cuscino di piume, l’acqua del fiume che passa e che va…”. Da Gramsci ad Albano Carrisi il passo è stato lungo, ma ce l’abbiamo fatta! Era facile, bastava mandare il cervello in vacanza e sparare la prima pirlata che ti passava per la mente.  Era facile, bastava pensarci…(si fa per dire)