La storia negata

Dall’Introduzione del curatore al saggio Angelo Del Boca (a cura)  La storia negata. Il revisionismo e il suo uso politico, Neri Pozza 2009, pp.384, €20,00.

…Il 13 aprile 2008 il Pdl stravince le elezioni e acquisisce una maggioranza tale in Parlamento da permettersi ogni battaglia, ma Dell’Utri non ripropone la censura dei libri di testo. Del resto si tratta di un’operazione rischiosa e del tutto inutile, perché l’onda lunga del revisionismo ha ormai raggiunto anche i lidi più lontani e protetti. A partire dal 2000, come si è già detto, si avverte un proliferare di storici assai poco dotati, che prendono d’assalto i punti nodali della nostra storia nazionale con il preciso intento di offrirne una versione edulcorata (…).

Si prenda, ad esempio, Faccetta nera. Storia della conquista dell’impero, di Arrigo Petacco, un autore che puntualmente ogni anno sforna un libro di piacevole lettura, ma senza note e con una modesta bibliografia. E’ difficile, in meno di 230 pagine, accumulare tanti errori, tante lacune, tanti giudizi e valutazioni non corrette.

Una spietata aggressione a uno Stato sovrano, che causa la morte di oltre 300.000 etiopici, viene contrabbandata come un’impresa necessaria e urgente, tanto più che l’aggredito, l’imperatore Hailé Selassié, era, come precisa Petacco, soltanto “un ras affarista, sanguinario, crudele e schiavista». Per giustificare, infine, le stragi, le deportazioni, l’impiego sistematico (e non soltanto “in situazioni particolari», come sostiene l’autore) degli aggressivi chimici, Petacco scrive: “È forse opportuno ricordare che, nella breve vita dell’impero italiano, ciò che fu fatto, di bene e di male, accadeva o era accaduto anche negli altri imperi coloniali. Di conseguenza, prima di esprimere frettolosi giudizi radicali sulle nostre responsabilità, non si deve dimenticare qual era la morale del tempo».

L’IDEOLOGIA DI VESPA

(…) Questa produzione di libri-strenna, in cofanetto o riccamente rilegati, è stata inaugurata da Indro Montanelli già negli anni Sessanta, e ha oggi come assidui cultori Bruno Vespa e Giampaolo Pansa. Denunciando la «penosa inconsistenza storiografica e l’insidiosa valenza ideologica» di Vincitori e vinti di Bruno Vespa, Sergio Luzzatto ne delinea il meccanismo arbitrario: «La guerra di liberazione come una carneficina altrettanto sanguinolenta che gratuita; gli eccidi perpetrati dai neri ampiamente compensati da quelli perpetrati dai rossi…». «Quanto agli storici di mestiere» continua Luzzatto «pochi fra loro avranno il coraggio di prendere in mano Vincitori e vinti e di guardarci dentro, magari per riflettere intorno ai guasti morali e civili di una storia raccontata da dilettanti».

Il caso di Giampaolo Pansa è molto piu grave. Allievo di Guido Quazza, che lo «guida sino alla laurea con sollecitudine affettuosa» e gli fa pubblicare la tesi, Guerra partigiana fra Genova e il Po, da Laterza, il giovane studioso monferrino si innamora del filone resistenziale e dà alle stampe alcuni libri di notevole spessore, come L’esercito di Salò, per il quale utilizza per la prima volta i notiziari quotidiani della Guardia Nazionale Repubblicana, o per i quali sfodera una pazienza certosina come quando compila La Resistenza in Piemonte, guida bibliografica 1943-1963 (…).

La sua adesione ai valori dell’antifascismo e della Resistenza è sincera e totale. Per Italo Pietra e il sottoscritto, entrambi partigiani, e rispettivamente direttore e redattore capo de “Il Giorno” di Milano, Pansa è il nostro fiore all’occhiello, al quale affidiamo le inchieste più delicate e difficili. E quando ci lascia per andare a “La Repubblica”, attratto come altre grandi firme dalla ventata di novità del quotidiano romano, ne siamo veramente dispiaciuti. Ma anche per Pansa il distacco da “Il Giorno” e dalla sua direzione non è indolore. Nel dedicarmi L’esercito di Salò scrive: «Ad Angelo Del Boca, con amicizia (e un po’ di rimpianto)». Egli non può dimenticare, infatti, le notti in redazione; le lunghe e appassionate conversazioni sui temi della Resistenza, lui infaticabile ricercatore e io testimone e protagonista di una guerra per la libertà e, nello stesso tempo, formidabile occasione per diventare uomo.

Che cosa accade nella sua psiche e per quale ragione, quando, di colpo, demolisce il patrimonio di valori, di certezze, di emozioni, accumulato in vent’anni, e passa dall’altra parte della barricata e con Il sangue dei vinti comincia a gettare fango, a piene mani, sull’antifascismo e la Resistenza?

Egli sa benissimo, nel calcare la mano su certi lati oscuri della guerra di liberazione, di non rivelare nulla di nuovo, nulla di essenziale, nulla di indispensabile, perché lo hanno preceduto, sul piano narrativo, Fenoglio, Calvino e il sottoscritto, e, nell’ambito della ricerca scientifica, storici di professione come Claudio Pavone, Mirco Dondi, Guido Crainz, Santo Peli, Massimo Storchi, Ermanno Gorrieri. Dunque Pansa sa benissimo, lui che ha compilato con amore e pazienza la Guida bibliografica della Resistenza in Piemonte, di non fare nulla di inedito e tantomeno di eroico nel dare la parola “a chi è stato costretto a tacere per anni dall’arroganza dei vincitori della guerra civile». E visto lo straordinario successo di vendita de Il sangue dei vinti, ogni anno sforna un nuovo volume, più o meno con gli stessi ingredienti, la stucchevole forma narrativa, le stesse storie che grondano sangue, con un crescendo di insulti per chi lo critica e lo rimprovera. Poco a poco Pansa si convince che la sua è un’autentica, benedetta missione, e quando Rizzoli gli chiede di scrivere un’autobiografia accetta senza indugi e la intitola Il revisionista. (…) Ma questo Pansa, che oggi si vanta di revisionare la storia a suo piacimento, per darla in pasto ai nostalgici del fascio e di Salò, è lo stesso Pansa che mi sedeva dinanzi, nel mio studio in via Fava, al Giorno, e visibilmente si emozionava nell’ascoltare storie sulla guerra di liberazione? È proprio lui? Conservo qualche dubbio.

 

 

Facciamoci conoscere….

Facciamoci conoscere anche all’estero. Facciamo sapere all’Europa che gentaglia si agita dentro e fuori dai confini nazionali. Due immagini scattate al Parlamento europeo in occasione delle votazioni di opposti ordini del giorno sulla libertà di stampa in Italia (entrambe respinte). Una si riferisce al gruppo dei Verdi che sfoggiavano, per l’occasione, una sciarpa turchese per ricordare il caso-Mesiano, l’altra riguarda due cialtroni padani (si fa per dire).

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Un simpatico settimanale

 Ho citato il settimanale Der Stürmer in analogia a “Il Giornale” per correttezza, misura e rigore giornalistico. Ricordo cos’era questo simpatico periodico:

Der Stürmer (in lingua italiana “L’attaccante) fu una rivista settimanale pubblicata a partire dal 1923 fino al termine del secondo conflitto (1945) dall’editore nazista Julius Streicher. Der Stürmer rappresentò un importante veicolo per la propaganda antisemita del Partito nazista. Nella testata il motto “Settimanale tedesco per la lotta e la verità”. Julius Streicher fu processato a Norimberga, condannato e impiccato.

Chiunque faccia ciò che fa un giudeo è un mascalzone, un criminale. E chi..desidera copiarlo merito lo stesso destino, l’annientamento, la morte” (Der Stürmer, febbraio 1944).

Se il pericolo della riproduzione di questa maledizione di Dio incarnata nel sangue giudeo deve finalmente terminare, esiste una sola soluzione – lo sterminio di queste persone delle quali il demonio è padre. »(Der Stürmer, Natale 1941).

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La litania dell’anti-italiano

Con tutti gli scrittori che abbiamo in Italia (vespa, pansa, veltroni..) a chi ti vanno a dare un premio? E proprio il Premio per la Pace, assegnato da librai ed editori tedeschi a personalità europee di rilievo, micca il riccardino d’oro di Silvi Marina? A questo tale Claudio Magris che ha già avuto oltre tremila onoreficenze e premi, come ha calcolato il solerte Bracalini de “Il Giornale”. Roba da non credere, signora mia, la solita mafia di sinistra. E in più, cosa ti va dire questo Magris?-come ben tratteggia certo alessandro gnocchi su il “Der Stürmer” italico di oggi. Ti fa una tirata , anzi una “litania da anti-italiano!”

“Magris da «patriota» spera che la «peraltro incantevole» Italia «non sia all’avanguardia in senso negativo: il fascismo, dopotutto, in Europa, lo abbiamo inventato noi». Vane speranze, è evidente. Secondo lo scrittore, la barbarie, sotto forma di populismo e intolleranza nei confronti degli immigrati (con riferimento indiretto ma chiaro alla Lega), avanza come un carro armato. Il populismo, in particolare, è «una gelatinosa totalità sociale» che distrugge i valori fondamentali. La «gelatinosa totalità sociale» aggredisce, come il mostro alieno di Blob, il senso della giustizia: «L’insofferenza crescente per la legge che persegue i reati e la limitazione del potere della magistratura» esprimono «il torvo sogno di una vita senza legge o con meno legge possibile, ossia di una giungla, di una condizione di bellum omnium contra omnes, in cui i forti trovino pochi ostacoli nello schiacciare i deboli». http://www.ilgiornale.it/cultura/magris_canta_litania_dellanti-italiano/20-10-2009/articolo-id=392255-page=1-comments=1

Capito? Questo Magris tira fuori il populismo, la “gelatinosa totalità sociale” che minaccia l’Europa, partendo dal povero belpaese. Populismo? La solita solfa. E’ ora di finirla, il popolo è sovrano e chi è eletto dal popolo…etc..

Populismo? Solo un anti-italiano può dire cose simili. Come quegli anti-italiani che negli anni 30 stavano al confino o in esilio, mentre-appunto-il popolo riempiva le piazze per osannare il capo. Anti-italiano, fuori dalla nazione chi decido io, il nemico interno che trama nell’ombra, da svergognare in diretta tv o con dossier pronti all’uso.

Il berlusconismo è finito, fra poco sentiremo l’olezzo della putrefazione, ma quante macerie, fisiche e morali lascerà sulla strada?

Robetta di giornata

A destra si discute di posto fisso, soldolo-tremonti lo rivaluta, gridolo inveisce, il vecchio satiro benedice il posto fisso e la partita IVA (manca solo il minestrone di verdura e abbiamo quadrato il cerchio). La Marcegaglia ulula. Lei l’imprenditrice del mercato garantito e protetto. Concorrenza? Yes, certo, come no? E intanto salta dentro la cordata CAI, la cosa più simile al kolkoz degli ultimi 25 anni. Grande è la confusione sotto il cielo ma non sempre tutto va bene. E a sinistra? Silenzio. Magari qualcuno potrebbe ricordarsi degli orgasmi dei tanti amministratori negli anni passati alle parole magiche “flessibilità” (nostra, loro sono lì da 20 anni), “esternalizzazione” (ovvero come peggiorare un servizio spendendo di più, solo che non si vede), tralasciando parole come “merito”, “capacità”, “qualità”.

Il bandito Mesina andrà all’Isola dei famosi. Kossiga dice che tutto è normale. Normale avere avuto un Kossiga presidente della repubblica?

Il vecchio satiro è stato con l’amico Putin in vacanza nella Dacia (no, non l’utilitaria, la costruzione). Tornerà scarico di pillole blu (si sa le russe sono un’altra cosa) e carico di dossier del kgb, proseguendo una luminosa (si fa per dire) inaugurata dal latitante di Hammamet, al tempo delle lettere tarocche di Togliatti. Operazione gestita allora da un illustre giornalista, tale Giancarlo Lehner, già condannato per diffamazione aggravata e quindi eletto alla Camera per il pdl nel 2008 e inserito (giustamente) come membro della Commissione Giustizia.

Nell’annuale rapporto di Reporters sans frontieres sulla libertà di stampa il belpaese scende dal 46° al 49° posto. Per una nazione dove sui quotidiani scrivono littoriofeltri e pietrobelpietro mi pare ancora un “sei” politico. Consoliamoci che anche la Francia non gode grande salute (43°). Comunque abbiamo ancora ampi margini di peggioramento. Evviva. Si fa per dire. Ah, dimenticavo: i primi cinque paesi della classifica sono Danimarca, Finlandia, Irlanda, Norvegia, Svezia. Ah, stì comunisti!


Sì, confesso

Ebbene sì, lo confesso! Prima di trovare anche la mia foto su “Il Giornale” (la versione contemporanea del Der Stürmer di Julius Streicher) come quella di Augias. Avrei tempo perchè se le “rivelazioni” procedono in ordine alfabetico… Ma voglio contribuire all’operazione “verità” (Pravda per dirla in cirillico) e confesso: anch’io sono stato una spia! Non del KGB ma dell’altrettanto terribile OZNA, la polizia segreta jugoslava!

Correva l’anno 1988, mancava poco alla fine del comunismo ma noi, agenti del male, pervicacemente convinti e lautamente foraggiati, continuavamo a svolgere la nostra sordida missione. Nell’agosto di quell’anno, approfittando (oh, i polsi mi tremano dalla vergogna..) della copertura del mio matrimonio, svolsi una missione di 6 giorni in Istria per scambiare importanti informazioni con i miei collegamenti colà dislocati. A tutti parve un viaggio di nozze, ma era ben altro…Preciso che mia moglie era del tutto ignara della mia attività.

I nomi dei miei contatti dell’OZNA: Slavko Stimac (maitre d’hotel), Tatiana Kabarova (cameriera), Slobodan Pskulic (verduraio), Nina Skaffalova (commessa di negozio). Con loro mi incontrai rispettivamente a Pisino, Porec e Rijeka. Il segno di riconoscimento preventivo era il colore della mia auto: una Peugeot205 ROSSA…

Con Slavko Stimac la frase di riconoscimento concordata era: “Avete una stanza matrimoniale per stanotte” e lui doveva rispondere “Con bagno o senza?”

Con Tatiana Kabarova: “Avete un’altra porzione di fritto misto?” e lei “Mi dispiace, è finito”

Con Slobodan Pskulic “Posso pagare la frutta in lire italiane?” e lui “Sì, certo a me piacciono le lire..”

Con Nina Skaffalova “Di queste scarpe non  c’è il numero 36?” e lei “No, questa settimana solo il 44…”

Mi riservo di precisare al Giudice che mi convocherà il contenuto dei miei incontri con questi quattro agenti. Preciso, per onore della verità, che avevo già avuto informazioni riservate anche prima di partire, attraverso la visione di “Ti ricordi di Dolly Bell?” di Emir Kusturica. Dolly Bell era il nome in codice della rete informativa segreta jugoslava.

All’epoca il mio lavoro di copertura in Italia si svolgeva presso l’Istituto Cervi dove potevo avere liberi contatti con le numerose delegazioni del KGB, OZNA, KZX, SSWZX, etc.. provenienti dai paesi dell’est sotto le mentite spoglie di comitive di vecchi reduci della Guerra patriottica.

Questa breve confessione per scaricare la mia coscienza e per contribuire alla definitiva affermazione della democrazia nel nostro paese, liberato una volta per tutte dal cancro sovietico-pluto-demo-giudo-archi-bio-lib-lab-piff e puff e indirizzato ad un luminoso avvenire sotto la guida del nostro supremo ed eretto timoniere

Firmato e s/scritto

La banda del Viminale

Ci chiedevamo con angoscia cosa sarebbe accaduto prima della definitiva uscita di scena del vecchio satiro plastificato. La sua era è finita, tutti all’estero si chiedono: “e dopo?”. Ma ora siamo ancora all’hic et nunc.

Un assaggio è già in questi giorni: si lincia un giudice, lo si mette alla berlina. Un giudice che deve essere davvero una persona irreprensibile se i presskiller si sono dovuti accontentare del colore dei suoi calzini. Pensate se l’avessero beccato a scaccolarsi o a prendere all’edicola un resto sbagliato (o peggio se avesse comprato Il Manifesto…)! Il capo desidera, i killer eseguono.

1924: si chiamava Amerigo Dumini. “Qualcuno” pensò che al “capo” avrebbe fatto piacere se “qualcuno” avesse dato una lezione all’on.Matteotti. Dumini partì. La Banda del Viminale. Il “capo” non lascia traccia di ordini. Non ce n’è bisogno. Boffo, Mesiano…

Adesso abbiamo idea di cosa ci può aspettare.

Logicamente il colore del post non è scelto a caso. Anzi. E pensare che a me il turchese non piace neanche..

Normale, regolare…

Puntuale come un treno delle ferrovie del bel tempo che fu, eccoci alla lettera minatoria ai “capi”, storia vecchia come il mondo. Il regime scricchiola e allora via con la creazione del nemico: il terrorista. Roba che non servono neppure i “servizi”, basta una dattilografa volenterosa.

Speriamo tutto si fermi qui. Perchè il passo successivo è una esplosione. Fatta magari meglio di quella dell’altro giorno. Un attentato, perchè serva, non deve avere testimoni nè autori, ma solo vittime.

Il regime è finito e lo sappiamo tutti, ma quanto ci vorrà perchè davvero sia solo un brutto ricordo e quanti danni avrà fatto prima di allora?

Un nuovo CLN?

 … ritiratevi..Dimostratevi uomini e..domani Roma risorgerà più bella e più superba che pria..bravo..grazie.. (E.Petrolini, Nerone)

(http://www.youtube.com/watch?v=FqTz4J1QAXY&hl=it)

 

Sul sito de L’Espresso ci si interroga se sia opportuno e possibile ricreare una sorta di CLN contro il vecchio satiro plastificato (http://espresso.repubblica.it/dettaglio/in-italia-e-tempo-di-un-nuovo-cln/2112163&ref=hpstr2). Certo non siamo all’8 settembre ma qualcosa sta accadendo. Il berlusconismo è finito, o almeno ha superato l’apogeo. Il problema è quanto sarà rapida la caduta. Il fascismo morì il giorno dell’entrata in guerra ma ci impiegò altri 5 anni a finire appeso a una pensilina. E quei cinque anni furono i peggiori nella storia del nostro paese. I paragoni sono sempre in bilico fra il ridicolo e la speranza impossibile. Nessuno, neppure viscidolo-bondi al culmine di un orgasmo berlusconico, può immaginare che un governo (si fa per dire) possa tirare avanti altri 4 anni insultando, minacciando, attaccando qualunque cosa si muova, ogni giorno. E’ un inferno che neppure viscidolo merita (o sì?). Ma è altrettanto vero che il governo c’è e lì rimane e con esso il vecchio satiro plastificato. Ancora. Come il vecchio nonno di tanti romanzi. Il capostipite, ormai bollito, ma con la cassa in mano, di cui tutti attendono la dipartita e che continua a restare sulla scena, facendo danni alle generazioni presenti e future. Un elefante sempre più imbizzarrito proprio perché sa che è finita, che ha fallito. Aveva, e ha tutto, e ha fallito. Ridicolo ormai per tutto il mondo, blatera di riforme cosmiche che non farà mai ma sguinzaglia i suoi scherani, veri e propri gangster a pagamento. Rivediamo tanti film americani anni quaranta e cinquanta. Il “capo” con la corte di avvocati, giornalisti prezzolati, nani, prostitute e, quando serve, quello per i lavori (ancora) più “sporchi”. Ma c’è dell’altro, ovviamente, c’è la corruzione che ha sparso a piene mani soprattutto nel campo avverso, con soldi e potere, fra i “buoni”, e la piccola corruzione quotidiana per tutti.

Ricordate “La vita è bella” di F.Capra? Lo rivediamo tutti i Natali, magari su una qualche rete di serie B. L’angelo Clarence, a caccia delle sue ali da angelo di prima classe, salva il “buono” James Stewart che, disperato per i debiti, aveva pensato “meglio non fossi mai nato”. E gli fa vedere cosa sarebbe stata la sua cittadina senza di lui. E gli mostra Pottersville, la città del capo, volgare, violenta, dove i cittadini onesti sono insultati e i prepotenti se la godono.

Ecco, noi viviamo a Pottersville e l’angelo Clarence per il prossimo Natale ha già l’agenda colma. Sappiamo che il vecchio satiro è finito, ci rassegniamo alle ultime raffiche e alla lenta decomposizione della salma. Come Breznev, Honecker, Andropov, morto per un raffreddore.

Magari sarà il silicone a cedere o la puntura magica a non sortire più effetti. Magari un giudice o un autista o una professionista dell’alcova. Chissà. Poi dopo verrà il problema, quello vero, perchè questi anni hanno talmente distrutto e arato il terreno della civile convivenza, dell’etica, dell’onesto vivere che ci parrà forse impossibile rientrare nel limiti. Come davanti a una staccionata abbattuta e calpestata cederemo alla tentazione di rimanere fuori dal limite o accetteremo di rientrare in noi? Quali punti di riferimento troveremo, dopo che lo Stato, la Chiesa, le istituzioni, i partiti di sinistra sono state lordate dalla “banda del capo” con tante complicità al loro interno?

O semplicemente faremo ancora una volta all’italiana? Nessun fascista dopo il 25 luglio? Nessun craxiano dopo manipulite? Nessun berlusconiano dopo il 37 vendemmiaio dell’anno XCI?