La banalizzazione di un simbolo

dal Blog.Europe

Premetto due cose, non necessariamente collegate tra loro. La prima è che non sono credente. La seconda è che trovo la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo contraria all’obbligo del crocifisso nelle aule un segno di civiltà giuridica e culturale. Ancora una volta, parafrasando la canzoncina dei berlusconiani, mi viene da dire: “per fortuna che l’Europa c’è”.
Fatte queste dovute premesse, mi stupisco un po’ della reazione scomposta delle gerarchie cattoliche. Per un cristiano, il crocifisso dovrebbe essere, ancora di più che per un ateo come me, un simbolo sublime e terribile. La sua banalizzazione come soprammobile, confuso con i banchi, la lavagna e le altre suppellettili scolastiche, dovrebbe essere, quello sì, un sacrilegio. E la giustificazione del crocifisso nelle scuole come una fatto consuetudinario dovrebbe suonare alle orecchie dei buoni cristiani come una vera e propria bestemmia.
Vietando la imposizione fuori contesto del Cristo, e del suo supplizio, la Corte di Strasburgo ha riconosciuto la sua piena e terribile dignità ad un simbolo religioso. Quella stessa dignità che la Chiesa gli nega difendendone la banalizzazione quotidiana e obbligatoria.

Andrea Bonanni

http://bonanni.blogautore.repubblica.it/?ref=hpblog

Caro Bersani non svegliare Diliberto (V.Cerami)

Bersani, ti prego in ginocchio, Diliberto no. Sta tanto bene dove sta, lascialo nel congelatore. Non ritirare fuori i fantasmi, le mummie sovietiche. Bersani, questo è un grido di dolore vero e proprio. La più grande carità che si può fare ai morti è di non resuscitarli. La sinistra ha passato la vita a suicidarsi, ti prego interrompi questa vocazione autodistruttiva del nostro partito. Diliberto, ti rendi conto? Quello che odia Fellini e ama le barzellette di Pierino e i film carta igienica, che vuole portare la salma di Lenin a Roma, che invece di Padre Pio, sul cruscotto della macchina ha incollato l’immaginetta di Stalin.
Bersani, no. Risparmiaci questa pena. È vero che quanto non ci uccide ci rende più forti, ma non spingere oltre quel pedale, perché è dimostrato che nei casi gravi bisogna lasciar perdere l’omeopatia e ricorrere velocemente agli antibiotici. Con Diliberto abbiamo già dato tutto quello che avevamo, abbiamo svuotato il cassetto dei ricordi. Ti prego. D’altronde lo sai che Diliberto non ti serve a niente, nemmeno a smaltare di vecchie gloriose utopie la politica di oggi, che sai benissimo essere costosa, e se è costosa vuol dire che ha bisogno di soldi da trovare in giro. E tu lo sai benissimo. Diliberto ha le tasche vuote e si ubriaca in un’osteria degli anni Sessanta. Cosa ha da darti? Ma dove vivi Bersani, che ci fai con Diliberto? Guarda che il mondo è andato da un’altra parte, e non da ieri.
Diliberto no. Rischi di restare imbrigliato nelle ragnatele. Parlane con il tuo pantocratore D’Alema, ti dirà le stesse cose. Ti dirà che è passata molta acqua sotto i ponti e che Renato Zero ha già fatto il suo tempo. Figurati Diliberto.
Non oso pensare a Pecoraro Scanio. Spero che tu non sia riuscito a trovare il suo numero telefonico, che per fortuna nessuno più compone. In questo caso mi metto in ginocchio davanti a te con pietoso atteggiamento per chiederti di pensare ad altro, magari ai tortellini bolognesi. Distraiti Bersani, che il nome di Pecoraro Scanio non sfiori le tue trombe di Eustachio.
Non guardarti troppo intorno. Lo stesso Bertinotti, buttato a mare da Vespa dopo che ha fatto per anni, insieme all’inane Sansonetti, propaganda pro Berlusconi, non porta ormai granché alla tua causa. Senza kashmir Bertinotti è come Sansone senza capelli. È anche lui, come direbbe il Belli, cadavere di morto.
Bersani: dicci che sei con noi. Credici. Dicci che il passato ti fa schifo, che vuoi ben altro. Prova a farci sognare. Il Pd voleva essere questo, non certo il riciclaggio delle cose vecchie e il risveglio degli zombie come Diliberto. Bersani, io sono con te, dal fondo della periferia politica. Conta anche su chi non ti ha votato, ma non offrirci yogurt scaduti. Diliberto no, ti prego in ginocchio. Diliberto no. È come tornare all’Italia delle cambiali e delle radio con l’occhio magico.


Vincenzo Cerami
http://www.unita.it/news/vincenzo_cerami/90755/caro_bersani_non_svegliare_diliberto

Crocifisso a scuola, una battaglia persa

Crocifisso a scuola, una battaglia persa (di Nicola Fangareggi)

Non ne posso più di sentirmi collocato nella categoria dei cosiddetti “laicisti” se penso che la sentenza della Corte Europea che boccia l’esposizione forzata del crocifisso nelle scuole italiane sia una sentenza logica, corretta e pienamente accettabile anche da chi si consideri credente.
E trovo deludente che il neo segretario del principale partito di opposizione non riesca a trovare il coraggio di affermare lo stesso, interpretando così la sensibilità di milioni di cittadini italiani, credenti e non, i quali sono adulti a sufficienza per comprendere che le faccende che riguardano la fede sono distanti anni luce dalla pretesa di indottrinare gli scolari appendendo al muro il Gesù crocifisso.
La croce esibita nelle scuole appartiene a un retaggio storico del passato in cui l’universo psicologico dei fanciulli non era investito dal bombardamento di immagini e di simboli prodotti dalla società mediatica contemporanea. Per questa ragione quella battaglia va considerata perduta da tempo immemore.
I bambini di oggi devono fare i conti con l’aggressività delle immagini simboliche trasmesse a getto continuo da televisione, computer, videogiochi.
Non è necessaria una laurea in antropologia culturale per ricordare quanto il significato religioso del totem disponesse l’ordine dei valori nelle società primitive. L’umanità ha adorato di tutto, dagli idoli pagani ai santi di romana chiesa.
Oggi il sentimento religioso non è inferiore al passato, ma è sottoposto a prove ben più complesse. Hai voglia di contrapporre la storia di Gesù di Nazareth agli eroi della playstation. Col crocifisso a scuola è come se si pretendesse di combattere una guerra a mani nude contro un nemico che agisce a forza di bombe atomiche. E’ una guerra persa da più di mezzo secolo, e sarebbe ora di accorgersene.
Consapevolezza vorrebbe che anche la gerarchia cattolica acquisisse gli strumenti di interpretazione della realtà adatti a riflettere il senso della propria missione. Che è missione terrena, ricordiamolo, in un’epoca storica in cui la comunicazione globale ha reso disponibile un oceano di conoscenza a ogni angolo del pianeta.
Il tentativo di forzare la mano ai paesi dell’Unione Europea inserendo nel Trattato un riferimento esplicito alle radici cristiane del continente venne inevitabilmente sconfitto non tanto dagli effetti di una perfida congiura pluto-giudaico-massonica quanto dalla consapevolezza maggioritaria di un principio di laicità che sovrintende necessariamente alla stesura dei codici e delle leggi in un consesso civile (figuriamoci in un agglomerato sociale di mezzo miliardo di persone).
Ed è paradossale e in fondo anche meschino osservare come l’impegno a tutela del sentimento religioso dei cittadini europei venga derubricato a lotta per l’affermazione di un potere di controllo superiore, quasi che il cattolicesimo nutrisse inveterate nostalgie di ambizioni statuali.
Non giova alla chiesa questa polemica. Men che meno giova ai credenti, costretti a fare i conti con battaglie di retroguardia delle gerarchie vaticane e, allo stesso tempo, tenuti a occuparsi dell’educazione dei propri figli affinché cresca e fiorisca in loro il desiderio del sacro.
Ma quel che davvero rattrista è il comportamento della quasi totalità della politica italiana, codarda e imbelle di fronte al rischio di scontentare i mandarini delle battaglie perdute di oltre Tevere.
Il laico Fini si è sciolto nel calderone, il libertino Berlusconi ha troppi peccati da farsi perdonare, l’ex mangiapreti Bossi libera i suoi dobermann a caccia di musulmani. E perfino Bersani, l’emiliano pragmatico Bersani, non trova di meglio che appellarsi al “buon senso” per salvare la croce appesa al muro di scuola, quasi che la grandezza del messaggio cristiano avesse bisogno di esibizioni forzute per racchiudersi nei cuori delle persone di buona volontà.

in: http://www.reggio24ore.com/Sezione.jsp?idSezione=7345

La nostra croce

E adesso per un paio di giorni avremo il nostro tormentone buttato in prima pagina dai media. Si stava affievolendo  la questione-trans-coca-CC-euri-video-chi? e ci ritroviamo con la decisione della Corte di Strasburgo che riaccenderà il solito, elevato, dibattito da stadio/barsport sulle riadici cristiane dell’Europa, sul laicismo, Diolovuole etc….

Con la signorilità che lo contraddistingue littoriofeltri stamane sul giornale dà degli “ubriachi” ai giudici di Strasburgo, seguirà la truppa di libero e quant’altro.

Poche osservazioni:

Tecnica: la Corte di Strasburgo ha semplicemente emesso una sentenza su richiesta di un cittadino della Comunità Europea. Nessun iniziativa laicista ma semplice svolgimento della sua attività istituzionale.

Personale: sono cristiano cattolico praticante (seppur in sofferenza spirituale) e credo che la croce sia un simbolo troppo importante per usarlo per qualsiasi altro scopo che non sia il proprio. Un simbolo di amore fatto diventare clava per affermare qualcosa contro qualcuno, sostenuto, oggi, proprio da quelli che ne sono più lontani (ad essere generosi). Per tutti gli uomini di buona volontà, credenti e non, la croce la si porta dentro, se ci si riesce la si vive. Dover ricorrere alle leggi di uno stato perchè quel simbolo sia obbligatorio vuol dire avere già perso, da tempo, la strada. Significa non credere che già tutto è stato fatto in Cristo e che noi siamo solo servi inutili. Vuol dire che siamo coinvinti che Dio da solo non ce la possa fare e che dobbiamo intervenire noi con leggi, concordati, stati della chiesa, gerarchie, cei et similia. Il più grande avversario del cristianesimo non fu Stalin ma Costantino. Facendone religione di stato trasformò i perseguitati in persecutori, mise il potere al servizio della fede.

Per gli uomini di buona volontà il crocefisso è ovunque, sui barconi nel mediterraneo pieni di disperati che mandiamo a picco, negli ottanta suicidi in carcere solo quest’anno, nelle famiglie di chi non ha lavoro. Il resto è la chiacchiera da 24-48 ore, due mazzate in testa al nemico, un bel caffè, un rutto e via.

Notarella filmica

Essere costretti, temporaneamente, in casa, ha i suoi lati (pochi) positivi: si legge, si scrive, si guardano film. Avevo perso  “Il Caimano” e l’ho visto in santa pace. E sono rimasto colpito, fra le altre cose, da un elemento. Nella parte finale, quando Moretti assume direttamente il ruolo del rettile, pronuncia una serie di battute, di considerazioni, dell’uomo politico che rappresenta. Era il 2006.

Oggi, 2009, il vecchio satiro dice quelle stesse cose. Allora dovevano suonare con una punta di grottesca cattiveria, oggi ci testimoniano della sua fine. Sì, perchè se, finalmente non è la sinistra che rincorre lui ma lui è rimasto incagliato in battute e concetti già da film 3 anni fa, vuol dire che la macchina si è inceppata, il neurone scricchiola, la pillola fallisce, i servi non leccano più come una volta.

Il grande venditore usa, oggi, slogan, vecchi di tre anni. Così si perdono i mercati. Ikea rinnova il catalogo ogni 11 mesi, X-box et similia ogni sei.

Certo la “sinistra” manco sa dove sia il suo catalogo “deve avero infilato da qualche parte, signora mia, un attimo che glielo trovo…ma come, era qui…c’era…sono sicuro…”. Del resto, se ancora a vent’anni dalla caduta del Muro siamo a leggere e discettare sui comunicati stampa di cicciobello, aurelianobuendia di Gallipoli e del beltenebroso di Venezia, vuol dire che qualche giro ce lo siamo proprio perso

Una battuta del film:

“Voi italiani siete un popolo a metà fra orrore e folclore…” (Jerzy Stuhr)

Alda

Ho una nave segreta dentro al corpo

una nave dai mille usi

ora zattera ora campana

e ora solo filigrana.

È la mano di Fatima verde di colli,

la rosa del deserto già dura,

e una perla nel cuore:

la mia paura.

Alda Merini


Per conoscere qualcosa di Alda Merini:

A.M., Io dormo sola, Acquaviva 2005

A.M., La famosa altra verità, Acquaviva 2005

A.M., Le briglie d’oro. Poesie per Marina 1984-2004, Libri Scheiwiller 2005