La via d’uscita (da cosa?)

La via d’uscita dall’estremismo (Angelo Panebianco)

L’intervento di Fabrizio Cicchitto alla Camera due giorni fa, dedicato all’identificazione, nomi e cognomi, di quelli che egli considera i «mandanti morali» dell’aggressione fisica al premier, è stato del tutto sbagliato e inopportuno. Non aiuta il clima politico. Soprattutto, non aiuta il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, a sciogliere i nodi che egli sa di dover sciogliere. Sarebbe anche nell’interesse del centrodestra, e del Paese, che questo avvenisse. (Sublime! Un requisitoria come quella del fratello 2232 della P2 contro Repubbblica e c. in qualunque paese liberale sarebbe messa nel museo degli orrori e lo stesso fratello messo alla berlina, qui è “del tutto sbagliato e inopportuno” perchè? Non perchè sia più vicino a Goebbels che a De Gasperi, ma perchè “Non aiuta il clima politico”!)

Possiamo mettere in questi termini il problema dell’opposizione. La sua componente estremista ha un capo riconosciuto, con un profilo netto, Antonio Di Pietro. Bersani, invece, deve ancora dimostrare di saper essere, al di là della carica politica, il capo riconosciuto, con un profilo altrettanto netto, della componente democratica dell’opposizione. Quando si dice che il Pd dovrebbe rompere l’alleanza con Di Pietro si dice una cosa giusta ma banale. Si perde di vista che «rompere con Di Pietro» sottintende una complessa operazione politica che, per essere attuata, ha bisogno di una leadership coi fiocchi. Si tratta di un’operazione che implica sia la resa dei conti con il «dipietrismo interno» al Partito democratico sia una ricalibrazione dei rapporti con le forze esterne (certi magistrati, certi giornali, eccetera), che sul dipietrismo interno al Pd hanno sempre fatto leva per condizionarne la politica. (Il “dipietrismo interno” che condiziona la politica del PD? Certamente un po’ di rigore da fastidio al nostro stracciobianco che sogna di aver finalmente davanti un PD, non più di opposizione, ma “diversamente concorde”).

Opporsi alla persona di Berlusconi o opporsi alle politiche del governo? La risposta rivela la concezione della lotta politica, nonché il giudizio sullo stato della nostra democrazia, di ciascun singolo oppositore. Da quando c’è Berlusconi le due anime hanno convissuto e, quasi sempre, quella antiberlusconiana pura ha prevalso, essendo stato fin qui l’antiberlusconismo il vero ancoraggio identitario della sinistra. (Ma come si può scindere l’opposizione a B. con quella alla sua politica? Il leader è la sua politica, tanto più quando si parla di un movimento populista e demagogico come quello berlusconiano)

E’ evidente che Bersani, per la sua storia personale, ambirebbe a portare il Pd fuori dall’orbita del massimalismo antiberlusconiano, dare a quel partito ciò che esso non ha: un chiaro profilo riformista. E’ anche evidente che egli (legittimamente) si preoccupa di non perdere consensi. Poiché il massimalismo antiberlusconiano è ben presente nell’elettorato e fra i militanti del Pd un’operazione che separi nettamente i destini politici degli estremisti da quelli dei riformisti appare, sulla carta, assai rischiosa. (Capissi una volta cosa sono sti’ riformisti? La Torre? D’Alema? Ma dove sono? Per dirla con Stalin: quante divisioni hanno? O per dirla con Moretti: fino a quando ci faranno perdere?)

Ma qui entra in gioco la questione della leadership. Immaginiamo che Bersani batta il pugno sul tavolo e dica: «Di Pietro non è un alleato ma un avversario da isolare e i dipietristi interni al partito sappiano che non sarà più tollerato chi tiene il piede in due staffe. A loro volta, le forze esterne che pretendono di condizionarmi sappiano che la linea politica del Pd la detto solo io a nome della maggioranza congressuale che mi ha espresso. Se vogliono opporsi a me e logorarmi si accomodino ma sia chiaro che, così facendo, favoriranno il centrodestra ». Gli antiberlusconiani duri e puri (anche quelli del Pd) griderebbero al tradimento ma ciò potrebbe essere compensato dalla scoperta, da parte degli elettori di sinistra, del fatto che c’è ora in circolazione un leader riformista forte e vero, dal profilo netto, che potrebbe domani anche portarli alla vittoria. (Portarli alla vittoria? Chi? Domani? Dopodomani, magari, o forse quello dopo ancora, perchè partire da un 10%-azzardo-non è che si vada lontani..e poi perchè chiamarlo PD? Facciamo Rutelli segretario e confluiamo noi nell’API).

La politica, si dice, è ormai troppo debole per non essere condizionata da forze esterne. Tramontata l’epoca dei partiti di massa, è solo la leadership che può ridare forza alla politica. (Questa stracciobianco dove l’ha letta? Sulla biografia di Homer Simpson?)

Angelo Panebianco

http://www.corriere.it/editoriali/09_dicembre_17/editoriale-panebianco-uscita-estremismo_03ff3c50-ead2-11de-9f53-00144f02aabc.shtml

La via d’uscita (da cosa?)ultima modifica: 2009-12-17T15:46:00+01:00da pelikan-55
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