Un saluto a un amico

2010-07-21-Kodachrome.jpgOgni giorno ci porta via qualcosa e, da un certo punto della vita in poi, non ci regala più nulla. Così va la vita, direbbe Vonnegut. Anche questo fine anno porta via un amico, il Kodachrome. La pellicola a colori Kodak, nata nel 1935 e defunta, con la chiusura dell’ultimo laboratorio, ieri. Libero campo alla sana, pura, dolce nostalgia: nostalgia di tempi in cui scattavi un rullino e sapevi com’era quindici giorni dopo, perchè il Kodachrome non era come l’Ektachrome che i laboratori lo trattavano anche a Bagnolo, no, il Kodachrome, anche negli anni ottanta, era un’altra cosa: si spediva “alla Kodak”, ti diceva il vecchio Artioli, e aspettavi. Altro che schermo da 2,5 pollici e scheda di memoria. La diapositiva era una cosa seria, non le pippette che scattiamo a raffica oggi, “tanto non costa nulla”. Ho accumulato, ormai, qualche migliaio di file digitali che so, per certo, andranno tutti persi. Anzi, sono già persi, chiusi in un hard disk, nessuno cui farli vedere. Ho Kodachrome del 1972 (ricordo ancora le prime scattate sul castello di Carpineti in una tersa giornata d’inverno) perfette, la loro cornicetta di cartone che fa tanto buon tempo andato (o vintage come dicono i coglioni di oggi). E quasi ricordo ogni scatto, perchè il Kodachrome costava caro, ma solo pochi scampati possono ricordare la qualità di immagine di un 25 asa, la saturazione dei colori, il perfetto connubio con le ottiche Nikkor (quelle vere, con la forcellina, tutto di solido metallo e vetro pregiato). Una foto allora aveva un senso diverso, era un modo per ricordare ma, soprattutto, per comunicare. Oggi, per dirla con Eduardo “avrei tante cose da dire ma nessuno le ascolta”, o forse è solo la presunzione di avere, davvero, qualcosa da dire di interessante che mi gioca un brutto tiro.

Ormai è scomparso un mondo, quello della fotografia su pellicola, mi tengo le mie Nikon nell’armadio, le mie rarità che non valgono più nulla (a chi interessa oggi una 6×4,5?). Facciamo finta che il digitale sia meglio, e forse lo è, ma chissenefrega! Si guadagna tempo, e poi? Siamo più furbi, abbiamo più speranze?

.Le finestre
Ogni giorno una finestra si apre
davanti ai nostri occhi troppo miopi
per capire,
una finestra come una speranza,
un’altra possibilità,
oltre lo specchio
che ha riflesso la solita immagine
un istante prima.
E domani uscirà il sole,
e fuori strade coperte di altre parole
e vite fuggenti e pietose
a  cercare un’altra sera.
Noi, come siamo vissuti,
ancora gli stessi,
solo con meno strada davanti
e meno finestre da aprire.

Un saluto a un amicoultima modifica: 2010-12-31T11:57:00+01:00da pelikan-55
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2 pensieri su “Un saluto a un amico

  1. Caro Max, la metafora della fotografia è la metafora della vita.
    Con la fotografia si trattiene un pezzo di tempo e lo si rende immortale… ma a chi interessa?
    L’esperienza non si vende e non si regala, ognuno vuole farsi la propria, tornando a fare incessantemente quel che è già stato fatto.
    La storia insegna… che non si impara dalla storia.
    La fotografia poi parte con il migliore degli intenti, regalare agli altri la nostra visione personale, poi ci chiudiamo in noi, feriti, e ci diciamo che ce la siam fatta per noi.
    Sperando che un giorno qualcuno scopra il nostro vissuto.
    Ma la fotografia non è rullini o ottiche, digitale o analogico, è una poesia scarabocchiata sotto l’effimero raggio di luce, una nuova esistenza che nasce e che forse resisterà al tempo più del suo autore, magari diventato anonimo in quel momento.
    Buon Anno Massimo.

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