Modesta riflessione del dopo 25 aprile

25-aprile-1945.jpgBella giornata. Sole, aria di festa in giro. Tutto bene o quasi. Lo so, gli storici sono dei frangipalle, sempre ad alzare il ditino, a far la punta agli spilli, a spaccare il classico capello in quattro, otto, sedici. Già è così. Scusateci: è uno sporco lavoro ma qualcuno deve pur farlo.

Il 25 aprile è festa di libertà, di liberazione, la sconfitta del nazismo e del fascismo. Una svolta nella storia del nostro paese, forse un’occasione mancata ma certamente uno dei momenti più alti della nostra storia nazionale. 25 aprile 1945, un evento, una data, legata a quella storia. Certo una data che rappresenta valori importanti, fondamentali per il nostro vivere, valori che hanno poi trovato nella Costituzione la loro migliore collocazione e riconoscimento. Ma non possiamo dimenticare che il 25 aprile è una data, collocata nel tempo e nello spazio. Possiamo (e dobbiamo) farne un simbolo, il più possibile condiviso, un elemento importante della costruzione di una cittadinanza democratica e repubblicana, ma non possiamo andare oltre.

Ci lamentiamo, a buon diritto, dell’uso pubblico della storia, vizio vecchio come il mondo, ma il tempo non trasforma un vizio in un pregio. Usare fatti, vicende, storie passate per il nostro presente, per l’uso e consumo contingente. Lo critichiamo quando gli “altri” ne fanno un uso spregiudicato ma, purtroppo, taciamo quando quell’(ab)uso lo troviamo nelle nostre piazze, nelle nostre manifestazioni.

Il 25 aprile è la vera festa nazionale laica, popolare, vissuta e partecipata in buona parte del paese, perché dobbiamo, come accade sempre più spesso anno dopo anno, farlo affiancare da altre motivazioni, altre cause, altre situazioni, quasi che il 25 aprile non si reggesse più da solo e avesse bisogno di un sostegno, un pretesto, una giustificazione per essere ricordato e celebrato degnamente? Come in una goffa operazione di marketing della memoria: il vecchio marchio non convince più il “cliente”, mi invento un pacco dono, un’offerta speciale per sostenere le vendite. Quest’anno il prodotto di lancio e traino è stata la lotta alla/e mafia/e. Dal tema della liberazione, quella storica dal nazismo e dal fascismo, una liberazione che ha costruito le basi per l’Europa di oggi che ha ridato dignità ad un paese che aveva scatenato guerre di aggressione, massacrato popoli dopo aver distrutto la propria libertà, siamo passati ad una altra “liberazione”, quella dalle strutture criminali che opprimono e sfruttano varie aree del paese e si infiltrano anche nella nostra società emiliana.

Una liberazione vale l’altra? È banale dire che non si sta svalutando in alcun modo l’impegno e il sacrificio dei tanti contro la criminalità ma non possiamo stiracchiare la storia come un foglio di domopack per coprire quello che ci fa comodo per cucinare una comunicazione che raccolga più consenso possibile. Perché questo è uno dei primi effetti/scopi, passare da una data che ancora presenta elementi di divisione a qualcosa di tranquillizzante, unificante. Sappiamo bene quanti problemi nella trasmissione della memoria del 25 aprile si incontrano ogni giorno, come sia difficile confrontarsi con memorie diverse/divise, come la ricorrenza richieda scelte non sempre tranquille. Inserire altre “liberazioni” semplifica il compito: in occasione del 25 aprile parliamo di altro, di qualcosa su cui nessun possa alzarsi in piedi e dire ”no”. E siamo a posto: abbiamo santificato la festa di precetto, abbiamo celebrato la messa laica annuale e contemporaneamente abbiamo trasmesso un messaggio di impegno civile unificante. Ieri in piazza chi avrebbe mai potuto gridare “viva Provenzano!”? Così, seguendo il vecchio detto popolare “troppa grazia, S.Antonio!*”, nell’entusiasmo dell’occasione ci siamo lanciati in similitudini davvero spericolate, in messaggi in bilico fra sentimentalismo e chiamata alle armi, a formare un mix davvero bizzarro in una giornata, lo ripeto, che ricorda la sconfitta del nazismo e del fascismo e la nascita della nostra democrazia, grazie alla collaborazione dei resistenti allo sforzo bellico degli alleati. Punto. Non c’è abbastanza materiale per farne tanti di discorsi importanti? Sul fascismo risorgente in Europa, sul razzismo, sulla cancellazione della memoria storica, sul difficile futuro dell’Europa?

Perché i mafiosi non sono i nuovi nazisti-come ho sentito ieri-e Falcone e Borsellino non erano partigiani e i sindaci che rischiano la vita oggi non fanno la nuova Resistenza. Fanno altro, cose fondamentali come difendere lo stato democratico, spesso nonostante lo Stato stesso, a rischio della loro vita difendono la libertà e la dignità delle persone. E per questo vanno ringraziati e difesi. Ma tutte queste lotte nobili e fondanti del vivere civile celebriamole il 26 aprile, magari il 23 maggio nell’anniversario della strage di Capaci, in quella giornata fermiamoci tutti, scendiamo in piazza per chiedere di buttare fuori dal Parlamento i condannati e gli inquisiti, di troncare i legami fra economia legale e criminalità al sud come nelle nostre feraci terre padane. C’è tanto da fare e da fare insieme e con tante buone ragioni da non aver bisogno di striracchiare la storia per trovare giustificazioni a quelle scelte. E poniamoci di fronte al significato vero e profondo del 25 aprile, accettando la discussione sul senso del nostro essere antifascisti oggi, sulle prospettive di vivere nell’Europa futura, sulla nostra complicata e contraddittoria identità nazionale, sull’atavica tendenza italiana all’oblio. L’agenda è ricca e complicata, sarebbe bello iniziare a lavorarci su.

 * la locuzione pare nata da un episodio tramandato dalla tradizione popolare: un cavaliere, piccolo di statura, cercava a ripetizione di salire in sella al suo destriero. Dopo alcuni tentativi andati a vuoto, pensò bene di invocare l’aiuto del Santo. Forza ritrovata o aiuto celeste, accadde che il tapino non solo riuscì a salire il groppa all’animale ma, per l’eccessivo slancio ricadde addirittura dalla parte opposta ruzzolando a terra. Rialzandosi avrebbe appunto esclamato “Troppa grazia, S.Antonio!”.

 

Modesta riflessione del dopo 25 aprileultima modifica: 2012-04-26T20:08:00+02:00da pelikan-55
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3 pensieri su “Modesta riflessione del dopo 25 aprile

  1. Caro Max, l’esercizio della trasposizione revisionistica è figlia dell’intelligenza del male, la operiamo ogni minuto della nostra vita e nutriamo la nostra vita altrimenti troppo meccanicista.
    In questo caso poi è evidente che è una mistificazione “a fin di bene”, come le favole raccontate ai bambini per farli crescere lontano dai pericoli della vita.
    Poi c’è il tornaconto del facile unanimismo, ma sai com’è, il popolo BUEno di Reggio è molto generoso di suo.
    Ci sono però altri revisionismi valoriali che val la pena di annoverare in questo 67° anno dopo la Liberazione. Non tanto quello dei Tadolini e Paperini di Casa Pound, mi riferisco piuttosto a quella di Topo Gigio presidente e del suo nominato primo ministro Palpatine.
    Il primo dice che il 25 aprile deve essere la festa dell’unità degli italiani.
    O i fascisti son tutti morti o noi siam pronti ad abbracciare quel che voglion loro: onore e gloria ai caduti, forse inciamparono in un enorme e invisibile gradino della storia. Mi aspetto, come nella migliore tradizione reggiana che ha fatto benedire l’albero della libertà da una messa in piazza, che le prossime celebrazioni saranno tenute con una comunione popolare a base di tarallucci e vino.
    Poi Darth Sidious-Palpatine… per lui Liberazione è quella di togliersi dalla testa cose come la pensione, il lavoro a tempo indeterminato, l’università per i figli del proletariato, gli stipendi uguali agli altri dei paesi europei.
    Lui sta ancora combattendo in prima linea per la Liberazione dell’Italia da queste forme di protocomunismo, onore al partigiano Mario sui Monti!

  2. Caro Max, con i tuoi potenti mezzi, vedi se riesci ad eliminare il commento precedente per sostituirlo con il seguente

  3. Caro Max, l’esercizio della trasposizione revisionistica è figlia dell’intelligenza del male.
    In questo caso però è evidente che è una mistificazione “a fin di bene”, come lo sono le favole raccontate ai bambini per farli crescere lontano dai pericoli della vita.
    E’ vero, c’è il tornaconto populista ottenuto con facile unanimismo, ma sai com’è, il popolo BUEno di Reggio è molto generoso di suo.
    Ci sono però altri revisionismi valoriali che val la pena di annoverare in questo 67° anno dopo la Liberazione. Non tanto quello dei Tadolini e Paperini di Casa Pound, mi riferisco piuttosto a quello di Topo Gigio presidente e del suo nominato primo ministro Palpatine.
    Il primo dice che il 25 aprile deve essere la festa dell’unità degli italiani…
    O i fascisti son tutti morti o noi siam pronti ad abbracciare quel che voglion loro: onore e gloria a tutti i caduti, forse inciamparono in un enorme e invisibile gradino della storia.
    Mi aspetto, come nella migliore tradizione reggiana che ha fatto benedire l’albero della libertà da una messa in piazza, che le prossime celebrazioni vengano rappresentate con una comunione popolare a base di tarallucci e vino.
    Poi Darth Sidious-Palpatine… per lui la Liberazione è quella di toglierci dalla testa cose come che non ci possiamo permettere come la pensione, il lavoro a tempo indeterminato, l’università per i figli dei proletari, gli stipendi al livello degli altri paesi europei.
    Lui sta ancora combattendo in prima linea per la Liberazione dell’Italia da queste forme di proto-comunismo, per il bene dei giovani: onore al partigiano Mario sui Monti!

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