Stragi nazifasciste, nessun risarcimento. Cassazione, ricorso tedesco accolto.

di Charlotte Matteini

Nessun diritto al risarcimento per i familiari delle vittime civili della barbarie nazifascista uccisi dalle rappresaglie del Reich alla fine della Seconda guerra mondiale in Italia.
Lo ha decretato la Cassazione, accogliendo un ricorso della Repubblica federale tedesca, recependo l’orientamento espresso a febbraio dalla Corte internazionale di giustizia de l’Aja.
LA PRIMA SENTENZA CONDANNÒ LA GERMANIA. La prima sezione penale della Suprema Corte ha annullato, senza rinvio, il verdetto emesso il 20 aprile 2011 dalla Corte militare di Appello di Roma che dichiarava la Germania responsabile civile dell’eccidio di 350 civili uccisi nell’agosto del 1944 tra Fivizzano e Fosdinovo, in provincia di Massa.
La sentenza riconosceva agli oltre 60 familiari delle vittime un risarcimento complessivo di circa cinque milioni di euro e alla Regione Toscana, costituitasi parte civile assieme ai due Comuni, era invece stata accordata una provvisionale di 40 mila euro.
Stessa cifra liquidata, come acconto su un totale da determinare, anche alle amministrazioni comunali di Fivizzano e Fosdinovo.

Negli anni passati, invece, la Cassazione aveva confermato il diritto dei familiari delle vittime a essere risarcite e lo stesso discorso valeva anche per i cosiddetti ‘schiavi di Hitler’, gli italiani – militari e civili – deportati in Germania a lavorare nell’industria bellica.
«Le stragi di civili sono un crimine mostruoso per il quale la Germania riconosce la sua responsabilità morale e chiede perdono al popolo italiano e ai familiari delle vittime, questa é la prima cosa che voglio dire con chiarezza», ha affermato l’avvocato Augusto Dossena, che ha presentato il ricorso della Repubblica federale tedesca in Cassazione.
«Con questa decisione» ha spiegato Dossena «credo che la Cassazione abbia recepito la sentenza de L’Aja che ha dichiarato che anche per i crimini di guerra vale il principio della immunità civile degli Stati».
«Questo non vuol dire che la Germania non pagherà indennizzi perché la Corte non ha detto questo: ha detto, invece, che questa materia» ha proseguito il legale «deve essere definita con gli strumenti diplomatici, dunque con un dialogo tra Stati, e non per vie giudiziali. Contatti in tal senso già ci sono stati tra Roma e Berlino».
«LA CASSAZIONE HA TENUTO CONTO DELL’AJA». In attesa di conoscere le motivazioni dei supremi giudici – entro 90 giorni – Dossena ha aggiunto che «per ora, posso solo dire che la procura della Cassazione, senza entrare nel merito del ‘giusto’ o ‘sbagliato’, ha sostenuto, che era necessario tenere conto di quanto stabilito dalla Corte Internazionale».
Sul fronte delle responsabilità penali dei militari nazisti, Dossena ha sottolineato che «sono passate in giudicato, e dunque, sono definitive, le condanne all’ergastolo dei quattro imputati: Joseph Bauman, Wilhelm Kusterer, Max Schneider e Helmut Wulf».
L’avvocato ha però notato che i quattro «non hanno nemmeno fatto ricorso contro la sentenza di appello, forse sono deceduti, come è accaduto per altri quattro coimputati».

Sono circa 60 le cause risarcitorie pendenti, in diverso grado, nelle aule di giustizia italiane per crimini di guerra commessi dai militari nazisti.
A Como, il tribunale civile deve riprendere il procedimento con il quale la Germania chiede la liberazione di Villa Vigoni, il prestigioso centro di studi tedesco sul lago di Como, dall’iscrizione ipotecaria chiesta dai parenti delle vittime della strage di Civitella.
GERMANIA CONTRO ROMA. Invece a Roma, il tribunale, a settembre, deve decidere sulla richiesta di opposizione avanzata sempre dalla Germania contro il tentativo di «esecuzione presso terzi» con il quale i greci dell’eccidio di Distomo chiedono il sequestro di circa 40 milioni di euro che le Ferrovie tedesche avrebbero, secondo i legali dei greci, sotto forma di credito presso le Ferrovie dello Stato italiane.
Finora il tentativo di esecuzione non è andato a buon fine perché non è risultato alcun credito.
A ogni modo, in giudizio si sono costituite, oltre alla Germania, anche le ferrovie tedesche e quelle italiane.

Mercoledì, 30 Maggio 2012

http://www.lettera43.it/politica/stragi-nazifasciste-nessun-risarcimento_4367552763.htm

Futura memoria (Giorgio Boatti)

 

Schermata 2012-05-14 a 18.30.18.jpgSoldaten. Combattere Uccidere Morire

Un catalogo degli orrori. Un repertorio di crudeltà che va ben al di là della ferocia insita in ogni guerra. Soldaten, il libro appena pubblicato da Garzanti (464 pagine, Euro 24,50), con cui lo storico Sonke Neitzel e lo psicologo sociale Harald Welzer ricostruiscono il mondo interiore dei soldati di Hitler, non è lettura per palati fini. O per sensibilità delicate.
 
Per oltre quattrocento pagine i due studiosi attingono alla montagna di verbali – desecretati dagli archivi inglesi e americani – che riportano le intercettazioni delle conversazioni tra combattenti tedeschi detenuti nei campi di prigionia di Trent Park e Wilton Park, nel Regno Unito, e di Fort Hunt, in Virginia, Stati Uniti.
 
I verbali sono il frutto del lavoro della rete dei Secret Interrogation Center allestiti da Londra già all’inizio della guerra e dei Joint Interrogation Centres resi operanti dagli americani a partire dall’estate del 1941. Sul milione di prigionieri caduti in mano alleata sono circa 10.000 i militari tedeschi e 563 gli italiani (su questi ultimi, in Soldaten, emerge piuttosto poco) trasferiti, dopo opportuna selezione, in questi luoghi di detenzione speciale. L’obiettivo non è raccogliere prove per punire azioni criminali ma fornire all’intelligence alleata materiale prezioso sull’avversario che si sta ancora fronteggiando. Quello che si effettua è una sorta di vivisezione operata su una significativa campionatura del grande corpo delle armate di Berlino. Ne emergono schegge taglienti, impietosi reperti di una guerra senza regole che viene esposta con una schiettezza che nessun interrogatorio potrebbe mai afferrare. I “kamaraden”, ignari – o, forse, in alcuni casi, incuranti – di essere intercettati dalle “cimici” installate nella baracche di questi campi speciali, si raccontano l’un l’altro quella che per loro, alla fine, è stata solo la pratica quotidiana del mestiere di soldati di Hitler. Nelle oltre 150.000 pagine dei documenti vagliati da due studiosi prendono corpo, attraverso le voci dei diretti protagonisti, i dettagli più raccapriccianti del secondo conflitto mondiale: dalle modalità operative dello sterminio degli ebrei alle esecuzioni dei prigionieri, dalle stragi di ostaggi civili alla pratica dello stupro di massa nelle terre occupate. Sino alle “battute di caccia” con cui carnefici volontari – in un caso persino gli appartenenti a una banda musicale inviata ad allietare le truppe al fronte – chiedono di “sparare assieme” ai reparti “specializzati” nell’eliminazione di ebrei e partigiani.
 
In Soldaten si spiega come questi siano i frutti – maturati in Germania in poco più di sei anni, dall’avvento di Hitler nel 1933 allo scoppio della guerra – della convinta adesione della maggioranza della società tedesca al mito della “razza eletta”. Le riserve e gli interrogativi, quando ci sono, appartengono a pochi e sono espressi in privatissimi ambiti. Nella vita pubblica la comunità dei prescelti esige che vi siano degli esclusi – gli ebrei, i matti, gli zingari, gli oppositori. Nei confronti di questi, già in tempo di pace, una condotta collettiva e individuale sempre più disumana diventa la norma. Questo indurrà l’uomo della strada, il padre di famiglia esemplare – una volta rivestito nell’uniforme – a convivere con ogni efferatezza.
 
Ancora una volta la Storia dimostra che non conta l’irrealtà di una situazione quanto il fatto che chi vi è immerso la possa percepire come reale.
Come dice il sociologo americano William I. Thomas, anche i fatti immaginari – ad esempio il “complotto ebraico” da estirpare per salvare la Germania – finiscono per l’avere conseguenze reali: l’infinito sgranarsi di brutalità e crimini rievocato, senza rimorsi né dubbi, nelle intercettazioni di Soldaten ne è la prova. Secondo lo storico Wolfram Setter furono poco più di un centinaio i casi di “Rettungswiderstand”, ovvero di resistenza agli ordini finalizzata a salvare vittime. Cento su oltre 17 milioni di soldati inquadrati nella Wehrmacht nel corso dei sei anni di guerra. Tutti gli altri si adeguarono. Da volonterosi carnefici, da zelanti complici o da obbedienti comparse marciarono compatti sino in fondo al baratro. Facendo tacere ogni compassione e umanità.
 

 
Ammazzateli pure, ma non alla mia sorgente
Il generale Kittel parla dei massacri del 1941, nella zona di Daugavpils (Lettonia) di cui è stato comandante. Contro gli ebrei operava la Sicherheitsdienst (SD): “I bambini, li hanno presi per i capelli e hanno sparato. Poi li hanno gettati dentro la fossa. L’ho visto con i miei occhi…Sono salito in macchina e sono andato dall’uomo della SD e gli ho detto: “Vi proibisco una volta per tutte fucilazioni alle quali può assistere chiunque. Se fucilate la gente nel bosco, dove nessuno vede quanto accade, è affare vostro. Ma vi vieto di sparare anche per un solo giorno di più. Quando andiamo a prendere l’acqua alle fonti noi ci troviamo dei cadaveri…”
 
Sopprimiamoli, non siamo mica femminucce…
Il timoniere del sottomarino U-187 Heinrich Skrzipek, catturato dagli inglesi, è intercettato mentre il 5 marzo del 1943 spiega la sua visione del mondo ai commilitoni prigionieri: “Lo storpio va soppresso senza dolore. Così si fa. Loro non lo sanno e comunque non hanno nulla nella vita. Basta però non essere teneri! Non siamo mica femminucce! Lo stesso avviene con gli scemi o i mezzi scemi. Per uno scemo si possono nutrire sei soldati feriti. Naturalmente non tutto è giusto per tutti. Alcune cose non vanno neanche a me, ma qui stiamo parlando in generale…”
 
Si sono divertiti come matti…
Il caporale scelto Muller è intercettato mentre rievoca un’azione anti-partigiana svolta contro un villaggio russo: “Allora abbiamo riempito bottiglie di birra con la benzina, le abbiamo messe sul tavolo e uscendo, come se nulla fosse, ci siamo lanciati alle spalle delle bombe a mano. È bruciato tutto subito: tetti di paglia. Tutti morti: donne, bambini. Pochissimi partigiani. In situazioni simili io non avrei mai sparato senza essermi assicurato che si trattasse veramente di partigiani. Ma molti dei miei compagni si sono divertiti come matti..
 
Quei grandi letti come si usa in Italia…
Due commilitoni, caduti prigionieri degli Americani, sono registrati il 2 aprile 1945 mentre parlano di un’azione di paracadutisti tedeschi operanti in Italia:
Schultka: “Cosa non succede al giorno d’oggi. Roba da non credere. Dei parà hanno fatto irruzione in una casa italiana e hanno fatto fuori due uomini. Erano due padri; uno aveva due figlie. Poi si sono scopati entrambe le figlie, se le sono scopate per bene e poi le hanno fucilate. In casa c’erano quei grandi letti all’italiana; le hanno buttate sul letto e..”
Czosnowski: “È disumano. Ma spesso raccontano cose che non hanno fatto, per darsi un sacco di arie…”
 
Ma diamocela tutti a gambe!
Nelle intercettazioni, quando parlano gli italiani, il tema è spesso la fuga. L’ammiraglio Leonardi, comandante delle fortezza di Augusta, una volta prigioniero, è intercettato dagli inglesi l’11 agosto 1943 mentre afferma: “Ho pensato di sparire in borghese. Alla fine se tutti gli altri se ne vanno non si vede perché non dovrebbe fuggire anche l’ammiraglio…Perché mai dovrei rimanere? Non sarò mica così fesso? Diamocela tutti a gambe”. Due generali italiani – i loro nomi non sono riportati – dopo la terza disfatta del novembre 1942 in Africa settentrionale sono registrati mentre convengono che: “È meglio non dire che cosa è successo: per esempio, che non abbiamo opposto alcuna resistenza”…

Ben venga Maggio, ben venga primavera…

max.jpgTranquillizzo i miei 25 lettori: non sono sparito, se non avete avuto il discutibile piacere di leggere cose nuove su FB è che il sottoscritto era impegnato a correre da un bastione all’altro, da una torretta all’altra, scrutando l’arrivo di nuove carovane in fondo alla valle. Tanto, poi, basta fermarsi un attimo e lasciare che le cose passino. E le cose passano. E’ passato il 25 aprile, quest’anno dedicato alla lotta alla mafia (e io non ho capito perchè), è passato il I maggio, ci sono state le elezioni amministrative. Se sette mesi fa ci avessero detto che il vecchio satiro sarebbe sparito, il suo sodale rantolante con lui, che il PdL si sarebbe sciolto come neve al sole, chi ci avrebbe creduto? Anche il povero Fede non c’è più. Che roba. Eppure l’incazzatura sale, vogliamo di più. “Siate realistici, chiedete l’impossibile” era uno slogan di tant anni fa. Quante boiate si dicono o si scrivono da giovani. Forse altrettante che da vecchi. Perchè un conto è rincorrere l’utopia, il sogno, l’amore, l’idea e un conto è proporre tale programma per mandare avanti la baracca. Vabbè.

In Francia ha vinto Holland e, manco a dirlo, ecco sulle italiche prode risuonare il grido: “Fare come la Francia!”. Ancora? Non ci è bastato il “Fare come Clinton/Obama, Blair, Zapatero?” già echeggiato in passato? E’ il principio dei vasi comunicanti: il pieno occupa sempre il vuoto. Il vuoto delle idee che ricicciano slogan trascorsi o demagogici balzi nel nulla. Un po’ come la polemica sui funghi nostrani dei civici Musei. Gli amministratori non avevano un cappero di idea su cosa farne e, allora, pensata geniale, anzichè proporre alla città la questione, che hanno fatto? Ti hanno chiamato il Blair/Obama esterno. Il genio. L’archistar. Deus ex machina che, giustamente dal suo punto di vista, lasciato a mano libera ha liberamente proposto quello che gli passava per la mente, c’entrasse o no con i Civici Musei di questa “anonima città”. E’ la replica perfetta della favoletta degli abiti nuovi dell’imperatore. Perfetta.

In compenso mi sono accorto che non si parla più dell’art.18. Dovevamo offrire i nostri petti al fuoco nemico per difendere questa barriera di civiltà e ce ne siamo già dimenticati? “Quandoque bonus dormitat Homerus”! E se sonnecchia il grande poeta chi siamo noi per vegliare in armi?

A Reggio la Fondazione bancaria chiude i bilanci in rosso (profondo). Oh, acciderbolina! Ma non erano tutti geni della finanza quei signori seduti in quel Consiglio chiamati (non si sa come e perchè) a gestire i soldini accumulati in qualche secolo dai nostri avi? Siamo stati fortunati che geni fossero, pensate fossero stati dei poveri incompetenti come il s/scritto, che disastro! Che roba! Ah, signora mia, non ci sono più i geni di una volta!

E’ iniziata e finita Fotografia Europea. Bene, bravi. Qualcuno ha scritto che anche crollasse l’Euro, tornasse l’economia di baratto e i Lanzichenecchi fossero alle porte, Fotografia Europea si farebbe ancora. Bene, bravi. In merito un uzzolo mi stuzzica il cerebro (visto come so scrivere bene, se voglio?): che cos’è un buon fotografo/una buona fotografia oggi, quando tutti sono fotografi? Io vengo dal secolo scorso, la fotografia è stato il mio pane (letteralmente) per qualche anno: fotografo di matrimoni, una scuola eccezionale. Niente digitale allora. Pellicola. One shot, one bang. Non puoi sbagliare la foto dello scambio degli anelli. Si impara. Ho vinto concorsi, ho fatto mostre. Le mie foto me le stampavo in casa, bianco e nero mai abbastanza rimpianto. Una Nikon nuova costava come mezza utilitaria. Continuo a far foto, dalla malattia non si guarisce, ma che senso ha oggi quando la tecnica ha preso il sopravvento e la super offerta ha travolto ogni selezione di qualità? Dico una cosa antipatica: fotografi si nasce. Si può diventare bravi, fare qualche bello scatto, ma è sulla distanza che si capisce il valore. E io, di valore, ne vedo così poco. Vabbè, su queste magari ci tornerò con più calma.

Comunque il mio consiglio, intonato al bisogno di rigore di cui sento disperato bisogno, riguardo alle mostre di FE è semplice: andate a vedere Henry Cartier Bresson e McCullin. Basta. Guardatele bene perchè tutto è gia lì. HCB andava in giro con la sua Leica, un 50 mm., il tutto in una borsina della spesa. Facile, semplice, geniale. Megapixel? Photoshop? Ecchisenefrega.

Basta, torno alle mie bozze, altrimenti l’editore ci ripensa e il libro non me lo pubblica più (ma questa è un’altra storia..).