“Ci hanno rubato il futuro”…

 305f1.jpg“Ci hanno rubato il futuro” è il mantra che sentiamo ripetere da giovani e meno giovani. Se le parole hanno (ancora) un senso, la frase sta a significare che qualcuno (chi?) ha rubato il domani, il dopodomani etc. a diverse categorie di persone (che resteranno, loro malgrado, nel nulla, nel dolore, nella disperazione). Sì, perché ho sentito questa frase pronunciata da giovani neolaureati come da pensionati mancati. Il qualcuno è noto: le multinazionali, gli speculatori, i politici, il capitalismo. Tutti. Quindi nessuno. Così si torna al senso della frase da rimodulare: “Nessuno ci ha rubato il futuro”, avrebbe detto il buon Ulisse al povero Ciclope.

In realtà questa frase è la solita geremiade che trova facile successo in questa Italia riscoperta eternamente piagnona, pronta alla chiacchiera da bar (in questo senso Facebook è anche una sorta di Bar Sport planetario) e alla vuota lamentazione. A prendersela sempre con gli altri, colpevoli di tutto, e mai a cambiare qualche piccola deleteria abitudine.

Il futuro è quello che è, non c’è scampo più per me…” urlava nel sonno il nipotino di Frankestein, come Mel Brooks ci ricordava nel suo genio. Siamo lì?

Come corollario di “Ci hanno rubato il futuro” c’è l’ovvio “I giovani non hanno futuro”. Bene. Bello. Costruttivo e incoraggiante. Io che di figli ne ho tre, ogni giorno a pranzo e cena per incoraggiarli a studiare, impegnarsi a non far cazzate, li guardo negli occhi e ripeto loro “Non avete futuro!” e poi sputazzo loro in faccia per prepararli al domani.

Popolo di corta memoria e di enorme capacità digestiva abbiamo dimenticato tutto. Per noi “giovani d’epoca” invece è stato tutto facile, bello, divertente. Io, ventenne alla metà dei settanta, laureato negli ottanta mi sono divertito un sacco, ho trovato subito lavoro, ho fatto carriera, mi sono fatto i soldi. Io no, sarebbe normale, ma neppure quelli come me allora. Ma non c’era nessun frangigonadi a dirci “I giovani non hanno futuro”, il futuro era il giorno dopo, era studiare e prepararsi perché comunque quello studio sarebbe servito (come serve oggi, non contiamoci fanfaluche). In tempi di disperati sogni rivoluzionari, finiti nel sangue e nella merda, ho sempre pensato che se anche fosse arrivata la rivoluzione comunque era meglio sapere una parola in più che una in meno, aver letto un libro in più che uno in meno e che il mondo era molto più complicato degli slogan che mi passavano accanto nelle strade e nelle piazze. Canticchiavo un pezzetto del buon Faber “certo bisogna farne di strada per diventare così coglioni da non riuscire più a capire che non ci sono poteri buoni…”.

Finita l’università, come concordato, i miei chiusero i rubinetti. All’emiliana mi dissero “Va’ mo’…” e io sono andato. E state tranquilli che anche allora c’era la politica opprimente e occupante che distribuiva posti e carriere. Solo che allora i posti e le carriere erano tante e in tanti venivano accontentati. Oggi si accontentano solo i politici e gli altri si incazzano, non per etica ma per delusione.

All’Università pensate fosse un collegio di Orsoline? Il mio prof di tesi mi disse onestamente “vorrei tenerti qui, ma io non ho peso e quindi entreranno gli allievi di A,B,C, bravi o no…se vuoi puoi restare ma gratis…”. No, grazie, agratis non potevo, e così mi detti da fare, feci corsi di specializzazione, per mantenermi feci il fotografo a un buon livello, tale che ancora oggi posso permettermi di sorridere davanti a certe mostre. Poi, intestardito nella pazza idea di fare quello per cui avevo studiato (lo storico) passo a passo ci sono arrivato. Storico di quartiere, di strada, niente a che vedere con quei A,B,C che lasciai allora nei corridoi. Banalmente povero ma felice. Si fa per dire. Ma almeno con la memoria ancora sufficientemente viva per non sopportare boiate come “Ci hanno rubato il futuro”.

Semplicemente oggi molte cose sono diverse, ma per fortuna sono diversi anche i nostri giovani (dei pensionati mancati dichiaro qui e ora che non me ne frega una cippa). Inciso: categorizzare è sempre una fesseria, l’inizio della banalità, ogni categoria è fatta di singoli, persone. Esistono giovani in gamba e giovani coglioni, esattamente come gli elettricisti, i chirurghi o i senatori. Punto.

Io uscii dall’Italia la prima volta a 24 anni, lavorando come ingegnere (ma questa è un’altra storia) con quel po’ d’inglese imparato a scuola o sulle canzoni rock. Mia figlia a 22 anni, sa 3 lingue, vorrebbe vivere a Berlino (dove è già stata un anno) e ha già avuto il triplo di occasioni di crescita e opportunità della nostra generazione allora. I tempi sono difficili, come lo sempre stati. I nostri figli hanno tutte le carte in mano per farcela. E ce la faranno, esattamente come noi. Più fatica? Meno fatica? Comunque sudore.

I nostri genitori cosa avrebbero dovuto dire nel 1945? Loro sì avevano tutto il diritto di esclamare “Ci avete rubato il futuro”. Invece no. Si rimboccarono le maniche e all’emiliana dissero “Va’, mo’..’” e hanno fatto quello che sappiamo. Come sempre il futuro è lì, nessuna Spectre lo può rubare perché non appartiene a nessuno. Appartiene alla voglia di fare, di impegnarsi. Anche fra i miei conoscenti di allora c’erano i fancazzisti, i perditempo, i menabubbole. Qualcuno è schioppato, qualcuno è diventato artista, qualcuno ha fatto i soldi, qualcuno no. Normale, come è dalla notte dei tempi. Il cambiamento lo facciamo tutti, tutti insieme ogni giorno.

Io che di figli ne ho tre, ogni giorno a pranzo e cena per incoraggiarli a studiare, impegnarsi a non far cazzate, li guardo negli occhi e ripeto loro “Non avete futuro!” e poi sputazzo loro in faccia per prepararli al domani. Loro mi guardano, mi compatiscono, e poi in un ottimo dialetto mi rispondono: “Mo’ va a caghèr..!”.

 

 

 

 

 

“Ci hanno rubato il futuro”…ultima modifica: 2012-09-19T10:20:00+02:00da pelikan-55
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Un pensiero su ““Ci hanno rubato il futuro”…

  1. Va beh, puoi metterla giù come fatto di costume, ci età, possiamo fermarci lì.
    Puoi far finta che anche il milione e mezzo di disoccupazione giovanile in più negli ultimi cinque anni sia un fatto di costume.
    Però chi ha usato mediaticamente i giovani come destinatario di tutte le proprie scelte impopolari è stato proprio il governo Monti.
    Va beh, puoi anche pensare che lui lo possa dire perché ragiona in positivo, è in buona fede, è credibile ed istruito.
    Però mi devi spiegare come fa l’Italia ferma al palo a dare lavoro ai giovani se aumenta di altri due anni l’anzianità di lavoro e se consente ai lavoratori di scegliere di rimanere al lavoro fino a settant’anni.
    Nel mentre i miliardi di nero fuggiti all’estero sono stati riciclati in Italia con una sanatoria del 5%, contro il 50% di qualsiasi altro lavoratore, i patrimoni sono immuni dai sacrifici, la classe politica dà il meglio di sé come esempio di moralità.
    Vedi tu, anch’io insegno ai miei figli a contare sul loro impegno, ma non mi sogno certo di dirgli che basterà questo per pararsi il culo.

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