Storie d’Italia: pillole per non dimenticare (1)

Inizio a pubblicare qualche “pillola” di storia patria, considerato come spesso accada di leggere notizie imprecise, luoghi comuni, banalità inutili. Le “pillole” sono tratte dal mio volume “Question Time. Cos’è l’Italia? Cento domande (e risposte) sulla storia d’Italia, Aliberti Editore 2011” (ormai felicemente esaurito).

ferdinando_iiFerdinando II di Borbone

È vero che il sud della penisola era al momento dell’Unità più sviluppato del nord ed è stato depredato dai conquistatori piemontesi?

Si tratta di una forzatura che si basa su una visione parziale della realtà economica del Regno delle Due Sicilie. Esistevano certamente manifatture di un certo livello, concentrate in poche zone e difese da una politica economica protezionista. Tuttavia la ricchezza di un paese non è data dalla ricchezza di una singola città o di una singola zona ma dal complesso della sua produzione e delle sue risorse.

In effetti Napoli era una capitale molto più grande e lussuosa di Torino ma era anche la capitale di uno Stato molto più grande del Piemonte sabaudo. Si trattava di uno Stato organizzato in maniera fortemente centralizzata e che tendeva a drenare risorse dall’intero territorio continentale per dirottarle alla capitale. Insomma il Regno delle Due Sicilie era certamente Napoli ed i suoi tanti e ricchi teatri e palazzi ma anche e soprattutto la Lucania, le zone interne dell’Abruzzo, le plaghe lunari e desolate della Calabria, le pianure malariche del Volturno etc.

La situazione dell’Istruzione, della Sanità, delle infrastrutture del Regno delle Due Sicilie era tale che, ancora oggi, alcune delle situazioni più svantaggiate non hanno trovato rimedio. A ciò va aggiunto che, al momento della Spedizione dei Mille, il Regno delle Due Sicilie viveva una gravissima crisi politica e istituzionale alimentata anche dall’indipendentismo siciliano. La crisi fu talmente repentina da sconvolgere gli stessi progetti politici di Cavour che non s’aspettava un crollo dell’intera struttura statale borbonica.

Possiamo dire che l’unificazione fu come un matrimonio, portò benefici (la gran parte) ma anche difficoltà e problemi. Resta comunque in fatto che in un’Europa già dominata dai grandi stati nazionali come Francia Germania e Gran Bretagna i sette piccoli stati italiani preunitari non avrebbero avuto avuto nessuna prospettiva futura se non quella di rimanere protettorati di qualche potenza più moderna e sviluppata. All’influenza austriaca si sarebbe sostituita quella francese (come forse Napoleone III aspirava) o quella inglese al sud, ma senza nessun peso sugli equilibri politici e l’economia continentale, moltiplicando ancora una volta il ritardo già storico nel percorso della modernità.

Ma il sud era davvero così arretrato?

Il ritardo non era solo del sud verso il nord ma anche, e soprattutto nei confronti dell’Europa. Se valutiamo lo sviluppo delle ferrovie, un parametro efficace visto che quantificava la capacità dell’industria pesante, al 1860 il Regno di Sardegna aveva attivato circa un migliaio di chilometri di linee ferroviarie, più di tutti gli altri stati italiani insieme, ma la produzione di ferro e ghisa italiana a quel momento era di sole 60.000 tonn.\anno contro gli oltre 3 milioni della Gran Bretagna, dove già alla metà dell’800 la metà della popolazione attiva era impiegata nell’industria.

Una crescita industriale italiana, possibile solo grazie all’unificazione, prese l’avvio solo a fine secolo con quasi un secolo di ritardo nei confronti dei paesi leader europei (Francia, Germania, Gran Bretagna) e con l’intervento, frequente, proprio di capitale straniero.

Gli stati italiani avevano sviluppato, in vari settori, un numero limitato di imprese che però per dimensioni non potevano competere in alcun modo con quelle francesi o tedesche. Erano imprese protette dai dazi dei singoli stati, il loro mercato era limitato. Avevano buone potenzialità che, quasi sempre, l’unità, per come venne condotta, non valorizzò, anzi  portò al fallimento. Così nel Regno delle Due Sicilie, il primo a costruire una ferrovia (la Napoli-Portici nel 1839) o a istituire un servizio di illuminazione pubblica a gas, era stata aperta una fabbrica metalmeccanica a Pietrarsa con annessa scuola per ferrovieri. E da cantieri borbonici era uscita la prima nave a vapore in servizio nel Mediterraneo. Contemporaneamente però già dal 1816 era stata data in concessione alla Gran Bretagna lo sfruttamento delle miniere di zolfo che rappresentavano il 90% della produzione mondiale (e all’epoca lo zolfo era una risorsa strategica, vista il suo impiego nella produzione di polvere da sparo).

Storie d’Italia: pillole per non dimenticare (1)ultima modifica: 2014-02-21T16:25:12+01:00da pelikan-55
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