Fidel. Notarelle dopo una morte: qualche domanda

La morte di Fidel Castro offre l’occasione per un paio di riflessioni buttate così, a caso, nella grande confusione di questo tempo di pre-referendum.

Potremmo chiudere tutto con una delle tante battute fulminanti che il web ci offre “E dal comunismo è tutto. A voi XXI secolo”.

Ma le tante reazioni, fra il commosso, il poetico e l’artistico per la morte del “Lider Maximo” (quello vero, non quello taroccato di Gallipoli), apparse sul web e sulla stampa, fanno sospettare che ci si dia di più sotto. La domanda è chiara: ma davvero qualcuno rimpiange Fidel Castro? Certo-come si dice-la storia darà il suo giudizio- ma nel frattempo qualche anticipazione magari possiamo permettercela e allora torniamo a quella battuta fulminante “A voi XXI secolo”, perché siamo nel 2016, non nel 1961 con la crisi dei missili, Kennedy e Papa Giovanni e Castro sembra ormai davvero un personaggio consegnato alla storia, un altro caso residuale di fallimento di quell’utopia globale (già allora) che, diventata realtà, ha significato una delle tragedie del XX secolo.

Eppure il sospetto che Castro rimanga ancora oggi un simbolo, un’icona (non come quella ben pubblicizzata del Che ma poco ci manca) nel Pantheon di quella che continua definirsi <sinistra>, c’è ed è forte. E qui nasce il problema.

Banalizzando si può sintetizzare: si può essere di <sinistra<, <antifascisti> e poi ammirare\rimpiangere\sognare Cuba e Fidel Castro nel 2016?

Il problema non è nuovo, anzi, e qui sta un’ulteriore aggravante.

Io lo ricordo vecchio di almeno 30 anni. All’epoca (1987) lavoravo al Museo Cervi, Pantheon dell’antifascismo italiano e non solo. Accoglievamo delegazioni internazionali nella casa dei sette fratelli, fra esse delegazioni sovietiche che arrivavano con la solennità e la pompa che ci si poteva aspettare anche in quegli anni ormai di declino.

Arrivavano, portavano doni (ho ancora un’invidiabile collezione di spille, spillette e gadget vari originali soviet) e pronunciavano commossi discorsi sulla libertà, l’antifascismo, la fratellanza fra i popoli.

Poi andavano e io restavo lì a farmi domande strane: discorsi sulla libertà fatti da chi rappresentava una dittatura che usava manicomi e gulag per reprimere il dissenso? Da chi aveva costruito muri e usato carri armati per affermare un potere imperialista e nazionalista? Da chi aveva accolto quei partigiani che con i Cervi avevano combattuto, al loro ritorno in patria, non con gli onori o almeno con una stretta di mano riconoscente, ma li aveva spediti in gulag per anni (come era stato il caso di Anatoli Tarassov?). Qualcosa non tornava, ma ero giovane e le risposte rimanevano sospese nell’aria.

Ma le domande sono rimaste quelle: si può essere antifascisti e proclamarsi, a vario titolo, oggi nel 2016 <comunisti>? Si può ascrivere un dittatore come Castro nel Pantheon di una <sinistra> del XXI secolo? So bene le osservazioni sui livelli della sanità e dell’istruzione che Cuba oggi può vantare o del dolore popolare che la scomparsa del capo fa emergere. Ma sono argomenti insostenibili, non faccio similitudini con l’Italia fascista o nazista solo per non far torto alle altrui intelligenze.

Rimane il problema del rapporto fra un passato (che non passa) e un presente che sembra non solo non produrre nulla ma che procede comunque con la sguardo rivolto all’indietro senza però alcuna capacità critica o di analisi.

Questa grottesca campagna elettorale, come un’ondata sul bagnasciuga, ha fatto riemergere relitti e  rottami che sembravano sepolti nel tempo ma che ora restano lì, in secca. Il futuro dirà se a marcire definitivamente o a essere raccolti e portati in trionfo (verso la prossima sconfitta).

 

 

Fidel. Notarelle dopo una morte: qualche domandaultima modifica: 2016-11-28T21:59:38+01:00da pelikan-55
Reposta per primo quest’articolo

2 pensieri su “Fidel. Notarelle dopo una morte: qualche domanda

  1. Non capisco una cosa dei passaggi sul “comunismo” contenuti in questa riflessione. Si possono mettere sullo stesso piano le istanze comuniste di Aldo Cervi e Anatoli Tarassov, con quelle dell’apparato burocratico sovietico?
    Come si potrebbero mettere sulle stesso piano le istanze religiose di don Milani o di padre Zanotelli, con quelle della Conferenza episcopale?

    • Proprio perché non si potevano mettere sullo stesso piano Aldo Cervi o Tarassov (che, tornato in Urss finì in gulag) con l’apparato sovietico ero colpito dall’accoglienza tributata alle delegazioni sovietiche negli anni ottanta. Come mettere sullo stesso piano chi aveva combattuto per la libertà con chi la libertà opprimeva e conculcava?

I commenti sono chiusi.