Minima Elettoralia (6): Un po’ di risposte di F.Costa dopo “Guardiamoci negli occhi”

Raccolgo un po’ delle obiezioni più diffuse e serie al mio post di ieri e cerco di rispondere. La versione brevissima la trovate nelle mie Storie di Instagram, se andate di fretta. La versione testuale di seguito.

Facendo così il PD non imparerà mai a essere migliore
Me lo hanno scritto in molti, la migliore esposizione di questo argomento è quella di Luca Sofri e non solo perché è il mio capo e maestro.

Non votare il Partito Democratico non significa “fare il gioco dei fascisti, o dei grillini”: significa dire “fate le cose meglio e ne riparliamo”; significa dire “il mio voto non è gratis”; significa dire “not in my name”; significa dire “se volevi convincermi candidavi Luigi Manconi invece di Tommaso Cerno” (non ho niente contro Tommaso Cerno, ma ce l’ho con un partito che decide i candidati senza nessuna ragione comprensibile); significa dire “devi smettere di approfittartene, e piantarla con questo ricattino”. Significa dare un valore lungimirante e costruttivo all’astensione, o al voto per candidati dignitosissimi fuori dal PD.
Da zero a dieci tutti gli altri sono partiti tra il 2 e il 4: bocciati senza dubbio. Il PD è tra il 5 e il 6: in questi casi certi professori promuovono “per incoraggiamento”, certi bocciano sperando che impari qualcosa e faccia meglio l’anno prossimo. Hanno buone ragioni entrambi: quando si tratta di ragazzi al liceo io di solito sto coi primi, quando si tratta di gente che ci marcia e destini di tutti quanti sono ogni volta molto indeciso.

È tutto vero ed è questa l’obiezione per me più convincente al mio post, tanto da essere anche io ancora combattuto: e sono sempre aperto a cambiare idea. L’argomento con cui mi rispondo è che mentre noi decidiamo che la cosa più importante in base a cui orientare il nostro voto a queste elezioni, queste con i matti al 50 per cento dei sondaggi, sia dare una meritata lezione al Partito Democratico, qualcuno nei prossimi anni se la vedrà molto male. Questo è ricattatorio!, mi ha scritto qualcuno. E certo che lo è. Ma non è mica un ricatto che vi sto facendo io. È come quella vecchia storia per cui non si dovrebbe trattare con i terroristi. Certo che non si dovrebbe. Però l’ostaggio c’è. L’ostaggio siamo noi, anzi: soprattutto i più deboli di noi. Qualcuno ci andrà di mezzo, sempre che il PD apprenda la lezione. Siate ben consapevoli del costo di questa scelta “punitiva” contro l’unico partito normale. Se no qualcuno ci andrà di mezzo per niente. Ma su questo torno dopo.

Sempre Luca Sofri:

Votare il Partito Democratico – il più presentabile partito che c’è, quello di maggiore qualità politica e umana, indiscutibilmente – oggi significa dire “ci sono una serie di disdicevoli cazzate che avete fatto, e una quota imbarazzante di persone mediocri a cui affidate ruoli importanti, con conseguenze pessime, ma io vi voto lo stesso per allarme sulle alternative e voi continuerete a fare le stesse cazzate, ad affidare ruoli importanti a persone mediocri, con conseguenze pessime”. Sono decenni che si vendono quell’allarme e oggi “il ritorno del fascismo” – fondato o no che sia – è un benvenuto fattore di consenso, al PD. Ma si può costruire un progetto politico sulla speranza che ci siano pericoli da scampare?

Molte cose buone in realtà sono state costruite sulla premessa dei pericoli da scampare: l’Unione Europea e le Nazioni Unite, per dirne di grandissime. Poi ripeto, l’obiezione mi sembra molto razionale: ma prendete Roma. A Roma gli elettori hanno voluto dare una bella lezione al PD alle ultime comunali, col risultato di… far restare il PD romano quello che era prima. I partiti umiliati e sconfitti si rimpiccioliscono: fanno scappare i benintenzionati e fanno restare gli altri.

Il PD ha avuto un congresso pochi mesi fa, quello era il momento di cambiarlo. Renzi, sbagliando, ha voluto ricandidarsi; i suoi avversari erano oggettivamente poca cosa; quelli a cui non piace Renzi non sono stati abbastanza e non sono stati abbastanza bravi. Se ne parla al prossimo congresso, di cambiare il PD: non alle prossime elezioni. Ah, ovviamente tutto questo è possibile solo col PD: gli altri grandi partiti italiani invece hanno un padrone inamovibile. Tutto questo però per dire anche un’altra cosa, e cioè che il PD non può lamentarsi se qualcuno non lo voterà in base agli argomenti sensati che porta Sofri: si è preparato questo piatto, a partire dai propri iscritti e militanti, e ora dovrà mangiarlo.

Voglio votare una vera sinistra!
Eh, mettiti in coda. Anche io. Però, due cose.

Primo: ognuno di noi ha in testa dieci, venti potenziali criteri in base ai quali votare, e dovrà necessariamente fare un compromesso e scegliere quello che conta di più. Chi pensa che oggi la priorità a queste elezioni sia votare una “vera sinistra” fa bene a votare LEU o Potere al Popolo o quello che vuole, se quella è la “vera sinistra” che immagina. Dico sul serio. Nessuna possibilità di governare, in un caso poche possibilità anche di andare in Parlamento, ma col proporzionale ogni seggio conta. Io mi guardo intorno, nel paese che abitiamo, e non penso che questa sia la priorità, onestamente: non quando – di nuovo – esiste la concretissima possibilità di un governo Salvini o Di Maio o addirittura Salvini-Di Maio. Mi posso sbagliare, ovviamente.

Secondo: quale sarebbe questa “vera sinistra”? Io credo che in Grecia, nelle condizioni della Grecia, voterei Syriza. E non solo perché gli altri partiti sono a vario titolo dei truffatori, ma anche perché Syriza è un partito vero, con un leader vero, un progetto vero, e idee politiche legate alla realtà. Ma Potere al Popolo non esiste (mi dispiace ma è così) e LEU non è un partito vero e non ha un leader vero. È un cartello tra più partiti che non hanno messo in comune niente, con un leader scelto da nessuno e per questo privo di qualsiasi potere e mandato, che sarà archiviato il 5 marzo. Non ha nessuna forza rinnovatrice, nessuna “missione”, nessun progetto a parte dire “esistiamo” e marcare un territorio, se non per poche persone già schiacciate da Bersani, D’Alema, Speranza e gli altri maggiorenti (lo dicono loro stessi).

Io vorrei avere un’alternativa al PD, questo era il tema del mio post, ma questa sarebbe la “vera sinistra” che dovrei votare prioritariamente su qualsiasi altro criterio per scegliere chi votare, a queste elezioni qui con i partiti dei matti usciti da Black Mirror? Per me no, poi liberi tutti.

Ma dobbiamo votare il meno peggio per salvare la democrazia tutte le volte?!
Hai ragione. Per vent’anni in Italia la sinistra, il centrosinistra e la destra antiberlusconiana – tipo Marco Travaglio e co – hanno colpevolmente abusato di parole come “regime”, “deriva putiniana”, “dittatura”, “democrazia in pericolo”, eccetera. Era una cazzata. L’ho anche scritto all’epocae più volteper fortuna, se no oggi mi dareste dell’opportunista. A forza di gridare per vent’anni “al lupo, al lupo”, poi arriva il lupo e non ce ne accorgiamo. Questa è la volta in cui siamo nella merda, non le altre. Questa in cui Movimento 5 Stelle, Lega Nord e Fratelli d’Italia hanno il 50 per cento nei sondaggi.

Non è anche colpa del PD se tante persone vogliono votare questi matti?
Sicuramente lo è. Ho scritto anche nel post di ieri che Renzi dal 4 dicembre non ne ha più imbroccata una. Non è il principale responsabile, però, secondo me: il principale è la stampa. Me compreso in quanto parte della categoria. La stampa che per allarmismo e sensazionalismo e due copie o due clic in più racconta ogni giorno, ogni minuto, su giornali e telegiornali, un paese in cui è sempre più pericoloso camminare per strada nonostante i reati scendano di anno in anno. Una stampa a cui non fa gioco dire che siamo ancora messi piuttosto male ma tutti i parametri economici sono in miglioramento costante ormai da un bel po’ di tempo. Una stampa che spara senza verificare, che urla, che disinforma, che in certi casi tifa attivamente caos e baratro.

Sei un orrendo privilegiato, lo ammetti anche tu!
In questi casi si fa riferimento a questo passaggio del mio post:

Io vivo in una delle città più prospere e meglio amministrate d’Italia, sono un uomo, ho la cittadinanza italiana, sono relativamente giovane, sono normodotato, sono autosufficiente, sono eterosessuale, sono bianco, non ho figli, ho un lavoro stabile e che mi piace e uno stipendio che mi permette di vivere serenamente. Sono letteralmente il ritratto del privilegio, in un posto come l’Italia del 2018. Non sono al riparo da tutto – uso le strade e gli ospedali che usiamo tutti, pago le tasse, mi affido alle forze dell’ordine per la mia sicurezza, eccetera – ma comunque vada me la caverò. Posso permettermi di votare per “dare un segnale” o perché Renzi mi sta sul cazzo, posso votare per contestare una sola questione – che sia il caso Regeni o la gestione dei flussi migratori – infischiandomene del fatto che il ministro degli Interni Matteo Salvini e quello degli Esteri Carlo Sibilia proprio su quelle questioni avrebbero fatto e faranno molto peggio. Io lo posso fare, starò bene comunque, anzi, magari mi tolgo pure una soddisfazione. Se però siete donne, studenti, stranieri, genitori, malati, disoccupati, precari, disabili, omosessuali, non bianchi, se non potete vaccinarvi, o se avete a cuore la serenità di almeno una di queste categorie di persone, io ve lo dico, guardiamoci negli occhi: forse non ve lo potete permettere, di giocare col fuoco.

Magari ho torto sull’argomento generale, ma è chiaro cosa intendo dire qui, no? Intendo che in un posto come l’Italia del 2018 sono indubbiamente un privilegiato pur facendo una vita assolutamente normale. Lo sono soltanto per il fatto che ho un lavoro normale e non faccio parte per mia fortuna di un gruppo sociale discriminato o perseguitato o svantaggiato. Per il resto non ho grandi fortune né le erediterò, non ho parenti potenti o famosi, ho un lavoro normale, non possiedo una casa né una macchina. Eccetera. Sono quello in coda dietro di voi al supermercato. Non trattatemi come Flavio Briatore, grazie.

Ti sei schierato, non mi fido più
Tutti i giornalisti hanno delle idee, tutti. La differenza è tra chi le espone, argomentandole e discutendone con i lettori, e chi no; e tra chi quelle idee ce le ha o le cambia per opportunismo. Io cerco di fare la prima cosa. Potete non essere d’accordo con me, potete pensare che stia sbagliando tutto, ma vi garantisco che sbaglio da solo: non datemi del venduto, dai.

Minima Elettoralia (5): Guardiamoci negli occhi (Francesco Costa)

La scelta in vista delle elezioni politiche del 4 marzo è purtroppo tanto semplice quanto deprimente. Qualunque analisi delle opzioni a disposizione, infatti, non può prescindere da un triste dato di fatto che non mi sembra evidenziato a sufficienza da opinionisti, esperti e addetti ai lavori, che invece nella grandissima parte dei casi stanno facendo finta di raccontare un’elezione normale, una corsa dei cavalli come tutte le altre. Cosa che non è.

Guardiamoci negli occhi. Che siate di destra o di sinistra, che vi piaccia o non vi piaccia il governo Gentiloni, se siete un minimo seri e informati, e avete un po’ di onestà intellettuale, sapete che oggi in Italia c’è purtroppo un solo grande partito in grado di farsi carico dell’immane responsabilità di governare la settima economia del mondo ed è il Partito Democratico. Lo dico senza nessun orgoglio e anzi con grande amarezza e preoccupazione. Vorrei che non fosse così, sarebbe meglio per tutti PD compreso, ma è così. Il re è nudo. Se avete anche solo un briciolo di percezione di cosa voglia dire governare un paese – prima ancora di capire se governarlo bene o male: governarlo – e farne gli interessi e rappresentarlo nel mondo, se conoscete anche solo un po’ cosa deve e non deve fare un governo, cosa può e cosa non può fare, cosa devono essere in grado di fare le persone che ne fanno parte, lo sapete anche voi: e non è una cosa bella.

Potete detestare Matteo Renzi, potete pensare che l’attuale classe dirigente del Partito Democratico sia troppo centrista oppure schiava dei soliti sindacati (sono diffusissime entrambe queste critiche), che sia troppo dura o troppo morbida con i migranti (sono diffusissime entrambe queste critiche), che gli 80 euro siano stati un modo balordo di spendere i soldi, che la Buona scuola sia un fallimento, eccetera. Non sto dicendo che non abbiate ragione, magari avete ragione, non è questo il punto: non voglio contestare queste idee. Il punto è che meritereste di trovare sulla scheda elettorale delle plausibili opzioni alternative al Partito Democratico: meritereste di avere la possibilità di scegliere un’altra strada, non fosse altro che per il sano principio dell’alternanza, senza per questo temere tragedie. Eppure – guardiamoci negli occhi – sapete anche voi che oggi l’unico governo da paese normale che queste elezioni possano esprimere, l’unica classe dirigente da paese normale che questo paese possieda, sia in questo momento quella del Partito Democratico e dei suoi alleati. Gentiloni, Padoan, Bonino, Calenda, Bellanova, Della Vedova, Boschi, Scalfarotto, Minniti, Delrio, Franceschini, eccetera. Non è la classe dirigente migliore possibile. Orrore, sto allora forse dicendo che è la meno peggio? No, magari. Sto dicendo che è l’unica.

La coalizione di centrodestra non è una coalizione, non ha un leader e non ha progetti comuni a parte qualche vuoto slogan. È enormemente più pericolosa e farsesca di quella che tra il 2008 e il 2013 ha letteralmente trascinato il paese a un passo dalla bancarotta e dal completo commissariamento in stile Grecia, cioè a un passo dal momento in cui forse i soldi che avete in banca non valgono più niente, per capirci. Il tutto mentre il suo capo, che incidentalmente era anche capo del governo dell’Italia, veniva processato per frode fiscale e prostituzione minorile e il Parlamento votava fingendo di credere che una sua giovane amica, diciamo così, fosse la nipote di Hosni Mubarak. È successa veramente quella cosa lì, sapete? Ci si mette un attimo a tornarci. Ci si mette un attimo. E lo ripeto: questa coalizione di centrodestra è enormemente più pericolosa di quella che ha già distrutto il paese una volta. Oggi non ha più quel leader, che è suonato dagli anni e ineleggibile, e non ne ha nessun altro; ed è composta per metà da due partiti di estrema destra la cui linea politica è un miscuglio di razzismo, populismo da bar e teorie del complotto.

L’attuale Lega è vista con preoccupazione e fastidio persino da gente come Roberto Maroni e Luca Zaia, che hanno almeno un’idea di cosa voglia dire la responsabilità di governare qualcosa; quando invece basta ascoltare Matteo Salvini parlare di dazi per rendersi conto che proprio non sa quello che dice. Fratelli d’Italia è una ridicola e inquietante parodia del Movimento Sociale Italiano, perché dopo Fiuggi persino dentro Alleanza Nazionale avrebbero giudicato come uno sciroccato – come minimo – chi avesse aderito a una teoria del complotto sui ricchi banchieri ebrei che vogliono distruggere l’Europa contaminandone la razza o fosse andato a fare sceneggiate da Bagaglino davanti al Museo Egizio di Torino.

Forza Italia non esiste. È un involucro con un leader che non è riconosciuto come tale da nessuno – nemmeno dal gruppetto di fedelissimi che gli fanno da badanti per affetto, per antica stima o per opportunismo – che unisce pezzetti di una logora classe dirigente guidata solo da interessi individuali, pronta a sparpagliarsi il giorno dopo il voto in nome della propria personale sopravvivenza, come già accaduto dopo le elezioni politiche del 2013. Gli unici che dentro Forza Italia hanno un’ambizione politica vera – e in quanto tale rispettabile – sono quelli che vogliono fare le scarpe a Silvio Berlusconi, che saranno quindi i maggiori agenti di caos dal 5 marzo in poi. Ma attenzione, breaking news: non si possono fare le scarpe a Silvio Berlusconi, perché Forza Italia è di sua proprietà. Non è un partito vero. Dopo il voto si atomizzerà.

Poi c’è il Movimento 5 Stelle. Di nuovo, guardiamoci negli occhi. Trattare il Movimento 5 Stelle come un’opzione politica normale e non come una grave e pericolosa minaccia per la collettività è davvero colpevole: ed è tanto più colpevole quanto è alto e illustre ogni singolo pulpito che in questi anni ha contribuito a lisciargli il pelo e giocare col baratro per guadagnare pubblico o togliersi qualche personale sassolino contro Renzi, col risultato di sdoganare una classe dirigente della quale la cosa migliore che si possa dire – la cosa migliore – è che sia tragicamente impreparata, a cominciare dal suo leader che vorrebbe governare l’Italia avendo nel curriculum l’esperienza di webmaster e steward allo stadio. La cosa peggiore: un gruppetto di buoni a nulla – pochi in buona fede, altri in malafede – che mente in continuazione, che usa la completa incompetenza come bandiera, che ottiene consensi soffiando sui nostri peggiori istinti, che sta facendo disastri ovunque governi, che non è riuscito nemmeno a fare delle liste elettorali e un programma senza commettere errori da dilettanti, che non saprebbe amministrare un condominio ed è direttamente comandato da una società di consulenza. Dai, di cosa stiamo parlando.

Non mi dilungo su Liberi e Uguali solo perché, al contrario del centrodestra e del Movimento 5 Stelle, non ha nessuna speranza di arrivare al governo, per quanto possa comunque fare danni. Dentro e fuori Liberi e Uguali anche i pochi benintenzionati sanno che fine farà questo cartello elettorale dal 5 marzo: la fine che ha fatto L’Altra Europa con Tsipras allo scorso giro, e Rivoluzione Civile a quello prima, e la Sinistra Arcobaleno a quello prima ancora. Smetterà di esistere, si sbriciolerà nelle mille sigle che l’hanno costruito allo scopo di farsi riportare in Parlamento. L’avranno sfangata, ora ognuno per sé e dio per tutti, benintenzionati e non: tra cinque anni ne riparliamo. Basterà trovare un altro nome, un altro logo e un altro estemporaneo leader da usare per tre mesi, vedremo quale innocuo ex magistrato ci sarà sulla piazza.

Ora, credetemi. Scrivo tutto questo senza un minimo di soddisfazione. Nessuna. Vorrei che ci fosse in Italia un normale partito di sinistra, come Syriza o come la Linke, e invece ci ritroviamo con questo sgorbietto utile a far fare un ultimo giro di giostra a una classe dirigente arrivata al capolinea più o meno nel 2011. Vorrei che ci fosse in Italia un vero partito conservatore, come la CDU o come il Partido Popular, e invece ci ritroviamo con una cosa a metà tra Moira Orfei e Alba Dorata. Tutti i paesi europei fanno i conti con movimenti estremisti, populisti, anti-immigrati, eccetera, ma noi siamo gli unici in cui questi movimenti contano tutti insieme – M5S più Lega più FdI – quasi il 50 per cento dei voti, secondo i sondaggi. Quasi il 50 per cento. Per cui senza dubbio questa è l’offerta politica che ci meritiamo e che avrà la meglio il 4 marzo: e d’altra parte non vedo a sinistra e a destra del PD tutto questo struggersi davanti alla scheda elettorale. Mi sembrano tutti piuttosto entusiasti di votare le opzioni di cui sopra. Gli unici che andranno a votare col mal di pancia sono quelli che andranno a votare l’unico partito normale di questo paese, che peraltro lo ha reso incontestabilmente migliore di come fosse cinque anni fa nonostante quel risultato elettorale balordo e nonostante Matteo Renzi dal 4 dicembre 2016 a oggi abbia sbagliato tutto quello che poteva sbagliare.

Questo non è un post che invita a votare Partito Democratico. Questo è un post che prende atto con enorme preoccupazione del fatto che oggi in Italia la democrazia sia mutilata non dai presunti “poteri forti” – semmai dalla loro pavida abdicazione – bensì dall’impossibilità di esercitare una vera scelta tra opzioni politiche anche molto diverse ma che non facciano temere tragedie. Perché di questo si parla, e se non ne avete la percezione forse pensate che un governo Salvini o uno Salvini-Meloni-Di Maio non possano davveroaccadere (in questo caso chiedete agli americani) oppure siete come me, privilegiati quanto basta da sapere che ve la caverete in ogni caso.

Io vivo in una delle città più prospere e meglio amministrate d’Italia, sono un uomo, ho la cittadinanza italiana, sono relativamente giovane, sono normodotato, sono autosufficiente, sono eterosessuale, sono bianco, non ho figli, ho un lavoro stabile e che mi piace e uno stipendio che mi permette di vivere serenamente. Sono letteralmente il ritratto del privilegio, in un posto come l’Italia del 2018. Non sono al riparo da tutto – uso le strade e gli ospedali che usiamo tutti, pago le tasse, mi affido alle forze dell’ordine per la mia sicurezza, eccetera – ma comunque vada me la caverò. Posso permettermi di votare per “dare un segnale” o perché Renzi mi sta sul cazzo, posso votare per contestare una sola questione – che sia il caso Regeni o la gestione dei flussi migratori – infischiandomene del fatto che il ministro degli Interni Matteo Salvini e quello degli Esteri Carlo Sibilia proprio su quelle questioni avrebbero fatto e faranno molto peggio. Io lo posso fare, starò bene comunque, anzi, magari mi tolgo pure una soddisfazione. Se però siete donne, studenti, stranieri, genitori, malati, disoccupati, precari, disabili, omosessuali, non bianchi, se non potete vaccinarvi, o se avete a cuore la serenità di almeno una di queste categorie di persone, io ve lo dico, guardiamoci negli occhi: forse non ve lo potete permettere, di giocare col fuoco.

di-maio-salvini-ac.jpghttp://www.francescocosta.net/2018/02/19/guardiamoci-negli-occhi/

“Visto? Ve l’avevamo detto!..”. Dopo Macerata.

“Visto? Ve l’avevamo detto!..”. Questo potrebbe essere il commento a quanto è accaduto nei giorni scorsi a Macerata. E chiudere tutto lì. Ma non sarebbe serio, nè-sopratutto produttivo. Perché voglio citare anch’io-come ha fatto il Direttore della Gazzetta- De Gregori, ma quando ci ricorda: “Attenzione, la storia siamo noi, nessuno si senta escluso..”.

E ripartire da lì, dalla storia, da una storia che coinvolge tutti gli italiani, antifascisti e non, senza distinzioni di appartenenza o (prossima) scelta elettorale. Coinvolge tutti perché arriva alle radici stessa della convivenza democratica, al nostro sentirci (o no) parte di questa nazione, ai nostri simboli più importanti come il Tricolore.

Si poteva prevedere l’accaduto? Sì, credo di sì. Quando si lasciano che le parole esprimano odio, divisione, vendetta, violenza, prima o poi arriva sempre un qualche sgangherato che mette in pratica quelle cattive parole, frutto di un cattivo pensiero, producendo violenza e dolore. Se si pensa che il Mein Kampf sia un libretto come un altro, che bandiere e vessilli nazisti e fascisti siano innocua paccottiglia da vendere ai mercatini, che si possa discutere se fare il saluto romano sia o no un espressione di un’idea o un reato, succede.

E’ sempre successo. Quando si finge (o si crede davvero) che tutto sia uguale, qualunque idea sia come un’altra, si perdono i punti di riferimento, quando si invitano ai talk show esponenti nazisti e fascisti come se tutto fosse normale, è chiaro che qualcosa si è già rotto e non da ora. Si dice che negli anni novanta si sia sdoganato il fascismo, si tira in ballo Berlusconi e la compagnia circense dell’epoca (e certo non fu piccolo lo shock nel vedere Fini accolto a una festa dell’Unità) ma la realtà è più semplice e più antica.

Non c’era nessun bisogno di sdoganare il fascismo perché il fascismo aveva continuato a fare parte della nostra storia e della nostra società anche dopo Piazzale Loreto. Era successo quasi subito quando, nel dicembre 1946 si era consentita la nascita del Movimento sociale (che non a caso come simbolo portava la fiamma accesa davanti alla salma del Duce), era continuato nel 1957 quando proprio di quella salma, dopo alterne vicende, era stata consentita la tumulazione della tomba di famiglia a Predappio, anzichè-come la Germania aveva insegnato-cremare quelle ossa e spargere le ceneri al vento (e ora si sta realizzando un Museo del fascismo proprio a Predappio…).

Era continuato consentendo la continuità di apparati e personale politico e amministrativo fra fascismo-RSI e Repubblica, consentendo, ad esempio, senza troppi clamori che un criminale di guerra, condannato all’ergastolo in Grecia per le azioni di strage compiute dalle nostre truppe di occupazione, continuasse in Italia la sua carriera burocratica fino a diventare Prefetto di Palermo prima e di Roma poi (si chiamava Giovanni Ravalli e tale rimase fino al 1974).

Abbiamo già scritto della debolezza dell’antifascismo italiano, del suo essere rimasto patrimonio solo di una parte del paese e non sentire diffuso, oggi ci sorprendiamo che, anche grazie ai social, si riveli questo umore fascioleghista, innervato di violenza, ignoranza (letterale) e disagio sociale.

Ci sorprendiamo che quello sgangherato che ha tentato una strage si sia coperto del simbolo nazionale per affermare un suo “diritto” alla cieca vendetta ma non siamo mai riusciti a ragionare proprio su quel simbolo che Reggio ha dato alla nazione.

Non siamo riusciti, anche in questo caso, a farlo condividere davvero. Perfino a Reggio il 7 gennaio si festeggia “soft”, scuole e negozi aperti, business as usual, come pretendere che la ricorrenza diventasse festa nazionale, festa vera per tutti gli italiani?

E poi abbiamo riflettuto su quel simbolo, che come Mario Luzi ci ricordò nel giorno del Bicentenario “Ne ha di macchie e di abusi, il Tricolore, di vergogne e di smarrimenti”?

Perché quel Tricolore fu portato e issato sul balcone del nostro Comune da Giorgio Morelli “Il solitario” il 24 aprile 1945, a segnare la sconfitta del fascismo e la liberazione della città, ma quello stesso Tricolore (nella copia donata dalla nostra città) sventolò su Addis Abeba, conquistata dalle truppe del criminale di guerra Rodolfo Graziani e quello stesso Tricolore veniva portato dalle nostre truppe nei massacri in Jugoslavia, Montenegro e Grecia nel 1941-1942.

Non esistono simboli magici, capaci di rigenerarsi miracolosamente, resta la loro storia, una storia dolorosa e complessa che la nostra società colpita da una sorta di “Alzheimer di massa” (come il prof.Melloni ha ricordato l’ultimo 7 gennaio) ha rimosso e\o rifiutato.

Si tira in ballo il sistema educativo, giusto (anche se nella scuola di fascismo, Shoah e Resistenza forse si è parlato di più negli ultimi quindici anni che nei cinquanta precedenti) si può fare certamente di più e meglio, ma una società non è solo le sue scuole, di ogni ordine e grado, è anche le famiglie, le associazioni, i “corpi intermedi” oggi così in affanno. Una società è anche, banalmente, fatta di singoli, persone, noi.

Quanti di noi hanno ascoltato in treno, per strada, dal vicino, dal conoscente il famoso incipit “io non sono razzista, però…” o la variante “Io non sono fascista, però..Mussolini ha fatto anche delle cose buone”? Dimenticando che il fascismo non è un’opinione ma è un crimine?

Cosa abbiamo fatto? Siamo rimasti tranquilli, in silenzio. Al massimo, arrivati a casa su Facebook abbiamo raccontato, sdegnati, da bravi democratici, la vergogna appena sentita, godendoci magari quel po’ di “like” che ci hanno fatto sentire meno soli.

Ecco, la prossima volta non restiamo in silenzio, con educazione ma con fermezza diciamo a quei signori che no, non è così, che il fascismo ha distrutto l’Italia, che la nostra Costituzione dichiara la uguaglianza di tutti, ma proprio tutti.

Perché questo ci riguarda uno ad uno, perché davvero “la storia siamo noi, nessuno si senta escluso.”