“Il populismo che si nutre d’ignoranza” (Barbara Spinelli)

Quando Obama vinse le elezioni, nel 2008, furono molti a esser convinti che una grande trasformazione fosse possibile, che con lui avremmo cominciato a capire meglio, e ad affrontare, un malessere delle democrazie che non è solo economico. La convinzione era forte in America e in Europa, nelle sinistre e in numerosi liberali. La crisi finanziaria iniziata nel 2007 sembrava aver aperto gli occhi, preparandoli a riconoscere la verità: il capitalismo non falliva.
Ma uno scandaloso squilibrio si era creato lungo i decenni fra Stato e mercato. Il primo si era ristretto, il secondo si era dilatato nel più caotico e iniquo dei modi. Lo Stato ne usciva spezzato, screditato: da ricostruire, come dopo una guerra mondiale.
Le parole di Obama sulla convivenza tra culture e sulla riforma sanitaria annunciavano proprio questo: il ritorno dello Stato, nella qualità di riordinatore di un mercato impazzito, di garante di un bene pubblico minacciato da interessi privati lungamente dediti alla cultura dell´illegalità. Non era un´opinione ma un fatto: senza l´intervento degli Stati, le economie occidentali sarebbero precipitate. Un´economia non governata non è in grado di preservare lo Stato sociale riadattandolo, di tenere in piedi l´idea di un bene pubblico che tassa i cittadini in cambio di scuole, ospedali, trasporti, acqua, aria pulita, pensioni per tutti.
Quel che sta accadendo oggi non smentisce i fatti. Li occulta, li nega, con il risultato che i cittadini si sentono abbandonati, increduli, assetati di autorità che semplifichino le cose con la potenza del vituperio. Intervenendo per sanare il mercato, Stati e governi hanno adottato misure forse corrette ma il momento della verità l´hanno mancato, con il consenso delle opposizioni. Hanno mancato di dire che al mondo di ieri non torneremo, e che gli sforzi fatti oggi daranno frutti lentamente, perché lenta e lunga è stata la malattia capitalista. Di qui il dilagare di populismi di destra, in Europa e America, e la forza ipnotica che essi esercitano sulle opinioni pubbliche.
Prima ancora che la crisi finanziaria divenisse visibile fu l´Italia a negare i fatti, con Berlusconi e Lega. L´Italia è stato il laboratorio di forze che ovunque, oggi, sono in ascesa: in Belgio il Vlaams Belang (Interesse fiammingo), in Olanda il partito anti-islamico di Geert Wilders, in Ungheria il Fidesz, in Francia il Fronte di Marine Le Pen, in Finlandia i Veri Finlandesi.
Il rifiuto dello straniero, la designazione dell´Islam come capro espiatorio, la chiusura delle frontiere mentali prima ancora che geografiche: i populismi odierni si riconoscono in tutto questo ma la xenofobia non è tutto, non spiega la natura profonda della loro seduzione. All´origine c´è una volontà ripetitiva, sistematica, di non sapere, non vedere la Grande Trasformazione in cui stiamo entrando comunque. C´è una strategia dell´ignoranza, come sostiene il professore di linguistica Robin Lakoff, un desiderio di fermare il tempo: «L´attrattiva dei populisti scaturisce da un affastellarsi di ignoranze: ignoranza della Costituzione, ignoranza dei benefici che nascono dall´unirsi in sindacato, ignoranza della scienza nel mondo moderno, ignoranza della propria ignoranza» (Huffington Post, 30 marzo 2011).
Il vero nemico dei nuovi populismi è la democrazia parlamentare, con il suo Stato sociale e la sua stampa indipendente. Di qui le incongrue ma efficaci offensive antistataliste contro Obama, nel preciso momento in cui l´economia ha più bisogno dello Stato. Di qui il diffuso fastidio per la stampa indipendente, quando più ci sarebbe bisogno di cittadini responsabili, quindi bene informati. A tutti costoro i populisti regalano illusioni, cioè il veleno stesso che quattro anni fa generò la crisi. Ai drogati si restituisce la droga. Cos´è d´altronde l´illusione, se non un gioco (un ludus) che dissolve la realtà nelle barzellette sconce quotidianamente distillate dal capo? Cos´è il fastidio per la stampa indipendente, se non strategia che azzera la conoscenza dei fatti? Meglio una barzelletta del potente che una notizia vera sul potente.
L´Italia è all´avanguardia anche in questo campo: la concentrazione dell´informazione televisiva nelle mani di uno solo è strumento principe dell´ignoranza militante, e distraente. In Ungheria l´odio per la stampa impregna il partito del premier Viktor Orbán: le nuove leggi varate dal governo prevedono un´autorità di controllo sui mezzi di comunicazione, composta di cinque esponenti nominati dal partito di maggioranza. All´autorità spetta di verificare se la stampa è «equilibrata e oggettiva», di decidere multe o chiusure di giornali o programmi tv, di imporre ai giornalisti la rivelazione delle fonti se sono in gioco «la sicurezza nazionale e l´ordine pubblico».
Anche lo straniero come capro espiatorio è gioco d´illusione, feroce, con la realtà multietnica in cui già da tempo viviamo. Il fenomeno non è nuovo. Negli anni ´20-´30, la Germania pre-nazista esaltò il Blut und Boden, il sangue e la terra, come fonte di legittimazione politica ben più forte della democrazia. Oggi lo slogan è imbellito – si parla di radicamento territoriale, davanti a una sinistra intimidita e plaudente – ma la sostanza non cambia. La brama di radici, ancora una volta, impedisce il camminare dell´uomo e lo sguardo oltre la propria persona, il proprio recinto. Consanguineità e territorio divengono fonti di legittimazione più forti della Resistenza.
Helsinki ladrona, Roma ladrona, Washington ladrona: si capisce da questo slogan (lo stesso in Finlandia, Italia, America) come l´anti-statalismo sia centrale. Come la xenofobia sia il sintomo più che la causa del male. Vedendo che la crisi perdura, le popolazioni hanno cominciato a nutrire un´avversione radicale verso l´idea stessa di uno spazio pubblico dove la collettività, tassandosi, difende i più deboli, i più esposti. I populisti non temono di contraddirsi, anzi. D´un sol fiato si dicono antistatalisti e promettono uno Stato controllore, tutore dell´etnia pura, normalizzatore delle coscienze e delle conoscenze.
I sondaggi sul successo del Tea Party, il movimento neoliberista Usa, lo confermano. La molla decisiva non è il razzismo: è il rigetto della riforma sanitaria di Obama, del principio dell´etica pubblica. L´etica pubblica mette tutti davanti alla stessa legge, perché nessun interesse privato abbia la meglio. Lo Stato etico dei populisti impone il volere del più forte: Chiesa, lobby, etnia. Lo chiamano valore supremo, non negoziabile. In realtà è puro volere: suprema volontà di potenza.
Come mai le cose sono andate così? Come mai Obama può perdere le elezioni? In parte perché i governi hanno sottovalutato l´enorme forza del risentimento. In parte perché non hanno spiegato quel che significa, nel mondo globalizzato, salvare il bene pubblico. Ma è soprattutto la verità che hanno mancato: sono quattro anni che descrivono la crisi come superabile presto, il tempo d´arrivare alle prossime elezioni. Obama stesso ha omesso di spiegarla nella sua lunga durata: come qualcosa che trasformerà le senescenti società occidentali, che le obbligherà a crescere meno e integrare giovani immigrati, se non vorranno scaricare i propri anziani come il vecchio capofamiglia sulla sedia a rotelle che i nazisti gettano dalla finestra nel Pianista di Polanski. Per paura elettorale i governanti celano la verità, e ora pagano il prezzo.
Anche l´Europa ha la sua parte di colpe. Gli strumenti li avrebbe: può usare l´articolo 7 del Trattato di Lisbona, contro le infrazioni antidemocratiche in Italia o Ungheria. Può costruire una politica dell´immigrazione, avendone ormai la competenza. Se non lo fa, è perché non guarda ad altro che ai parametri economici. Perché è indifferente all´ethos pubblico. Perché quando esercita un potere, subito se ne pente. Perché dimentica che anch´essa è nata nella Resistenza.
Nel momento in cui la sua fonte di legittimazione politica è usurpata (al posto della Resistenza: il radicamento territoriale) l´Europa ammutolisce. Ha vergogna perfino delle cose non sbagliate che ha fatto: del comportamento che ebbe nel 2000, ad esempio, quando i neofascisti di Haider divennero determinanti nelle elezioni austriache del ´99. Non mancarono certo gli errori: troppo presto si usò l´arma ultima delle sanzioni, presto abbandonate. Ma anche se disordinatamente, l´Unione almeno reagì, s´inalberò. L´Austria fu costretta a riaprire ferite tenute nascoste, a discutere colpe sempre negate, e il suo volto cambiò. Se l´Unione è così invisa ai populismi vuol dire che potrebbe far molto, se solo lo volesse.

La Repubblica 27.04.11

Non c’è più religione (forse)? Compratevi il TUUM!

anello-rosa-zoom.jpgNon c’è più religione (forse), o forse sì, chissà. Certo che i nostri sono tempi complicati, qualche volta anche divertenti ma certamente non banali.

Uno si dà a letture edificanti e il venerdì mi trovo di fronte il diavolo e l’acquasanta: per posta mi arrivano insieme L’Espresso e La Libertà (organo della Diocesi reggiana). Fino a oggi mi sembrava di sapere chi ricoprisse i ruoli suddetti e me ne facevo una ragione, anche perchè, come noto, il diavolo è spesso più stuzzicante. Poi, invece, oggi sfoglio il periodico cattolico e che ti trovo nell’ultima pagina, a tutta pagina, con tanto di colore? La pubblicità di TUUM, l’anello, opera pregevole delle Sorelle Ronca, con inciso il Padre Nostro. Un gioiello che si trova anche nell’apposito sito web, così presentato:

COLLEZIONE ANELLI TUUM GIOIELLI

Sorelle Ronco Rivenditore Ufficiale Tuum gioielli vi presenta gli esclusivi Anelli Tuum gioielli in oro, argento brunito e argento bronzato. Il ciondolo – anello Tuum trae la sua fisicità dalle parole in rilievo del Padre Nostro preghiera universale: Padre Nostro in Latino per gli anelli in oro e Padre Nostro in italiano per gli anelli argento.

http://www.sorelleronco.it/Prodotti/Gioielli/Tuum/Tuum.htm

La cosa mi ha lasciato perplesso, io non mi perplimo di frequente ma stavolta ho avuto un momento di smarrimento. Ho pensato a cose banali come il Poverello di Assisi, al Cristo che prende a mazzate i mercanti nel tempio, a quel girone dantesco dove i simoniaci venivano ficcati nella terra a testa in giù, uno sull’altro. Roba banale perchè la domanda vera che mi fischiava fra le orecchie era una, semplice: perchè solo gli anelli in oro (rosa a 880€, giallo 1760€) hanno la preghiera in latino e quelli d’argento in italiano? Perchè il latino è per i ricchi? Perchè chi sa il latino diventa ricco più facilmente? Avendo frequentato con qualche profitto il Classico e trovandomi ora in una condizione di francescana pauperitas subito mi sembrava di poter smentire tale ipotesi, e allora? Il latino è trendy? L’oggetto prestigioso è rivolto alle gerarchie vaticane? A devoti possidenti? Non ho una risposta. Lascio ai miei 25 lettori una ipotesi di soluzione del dilemma.

Rimane comunque lo smarrimento: che il Padre nostro potesse fare tante cose ne ero già convinto ma che potesse dare “fisicità” a un bel ciondolino in oro 18k questa ancora mi mancava, comunque prendete queste considerazioni anche come un consiglio per possibili acquisti per la prossima Pasqua, per il vostro partner, per la mamma/papà, volete mettere che schiccheria presentarsi a messa con l’anello? Infilato in che dito? Ma che domande: in quello medio, tenuto ben dritto, mi raccomando….

Attenzione!! Roba forte!

Attenzione, questa è roba forte!! Solo per maggiorenni, magari accompagnati (da chi volete voi..).

Prima l’intervista a Radio Maria nella quale definiva le grandi catastrofi, come lo tsumani in Giappone, ”giusti castighi, voce della bontà di Dio” ora la discutibile analisi storica con la quale attribuisce la fine dell’impero romano all’abnormale presenza di omosessuali (”invertiti”). E’ certo che le opinioni di Roberto de Mattei, vicepresidente del Cnr, non passano inosservate e rimbalzano in Rete accompagnate da furiose richieste di dimissioni per posizioni giudicate  oscurantiste, fondamentaliste e omofobiche e comunque incompatibili con il suo ruolo al Cnr.

http://tv.repubblica.it/copertina/le-crociate-di-de-mattei-l-impero-romano-crollo-per-i-gay/65658?video=&ref=HRER2-1

Un popolo stupefacente

Siamo un popolo stupefacente! Non solo perchè quello che vediamo ormai ogni giorno può essere frutto solo di uso di sostanze (di bassa qualità) assunte con grande liberalità, ma anche perchè siamo pronti a meravigliarci, sbalancando la boccuccia e sbarrando gli occhietti con un “ooh! di meraviglia, stile Alicenelpaesedellemeraviglie, di fronte alla notizia farlocca della giornata. Siamo sempre pronti alla “stupefazione” (termine colto proferito da un architetto nell’atto di esporre i suoi meravigliosi progetti per la nostra città). Allora ci “stupefiamo” per cose che logicamente ci arrivano sui cabasisi. Un paio di esempi.

mfl_predappio_2009p.jpgHo riportato l’articolo di Maurizio Viroli sulla necessità dell’antifascismo. Alcuni deputati hanno presentato un pdl (progetto di legge, non porcata del leader) per abolire le norme tansitorie che vietano la ricostituzione del disciolto partito fascista, etc.. Sconcerto, indignazione, finanche skifani ha disapprovato. Bene, bravi. Però. A Predappio chi è sepolto e onorato? Pietro Gambadilegno? Omer Simpson? Forza Nuova, Casa Pound cosa sono? Succursali del Rotary? Quando mai un giudice ha condannato qualcuno per “apologia di fascismo?” Tant’è che quando nel 2005 trovammo in un autogrill a Udine bottiglie di Cabernet con etichette dedicate a Himmler, Goering e simili gentiluomini (una la conservo in cantina ma non la berrò mai, il vino deve essere schifoso) gli avvocati ci sconsigliarono da sporgere denuncia “tanto nessun giudice la prenderà in considerazione…c’è libertà di opinione..” E ora ci stupefiamo? Provate a disegnare una svastichetta in Germania e poi diteci dove mandarvi le arance e i biscotti per i carcerati…Qui il fascio è una “opinione”. Del resto ascoltate in questi giorni la radio e ascolterete lo spot dell’ultima collana di Hobby&Work “Benito Mussolini e il fascismo”, in due comodi DVD da acquistare in edicola. Ma sì, stupefiamoci!

La lega (scusate la parolaccia) ha proposto gli eserciti regionali. Ohhh, vergogna, brutti, cattivi, non si fa così. Perfino Ignazio LaRissa ha sputazzato fuochetto e fiammine. Bravi, bene. Però. Cosa deve fare la lega perchè tutti capiscano che è un movimento razzista, xenofobo, violento, non fascista bensì più simile all’ideologia nazi (terra e sangue)? Un movimento con cui non si tratta. Punto. Non bastano i signori che si aggirano nel Consiglio Comunale di Reggio? Maneschi e bevitori. Gentaglia per i quali il minimo è di sussumere (bello, eh) il loro slogan “Fuori dalle palle!” ma anche fuori dai luoghi di rappresentanza democratica. La democrazia è fragile, non può sopportare tutto, e lo stiamo vedendo. Se non si mantengono ben fermi i principi della Costituzione chi la vuole distruggere ha gioco facile. Nel 1933 un imbianchino austriaco ci fece vedere come si fa, e anche lui e i suoi erano stati eletti democraticamente.

Allora, anzichè stupefarci un giorno sì e l’altro no, ripartiamo dai fondamentali: dalla nostra storia, lavorando ogni giorno (la “manovalanza democratica”) andando a ripetere a tutti, i nostri e gli altri, come si è costruita la nostra democrazia, com’è stato difficile farlo e come tocchi a noi, ora, dare il nostro piccolo contributo perchè continui ad esistere, in Italia, quella democrazia. Magari serve.

 

Sull’antifascismo non si tratta (M.Viroli)

L’idea di tre senatori del Pdl e di un “finiano” di presentare un disegno di legge costituzionale per abrogare la disposizione XII che vieta “la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista” sarebbe niente di più di un’ulteriore prova dell’ignoranza dei parlamentari della maggioranza di governo, se non fosse immorale e pericolosa.

Gli sconsiderati senatori sostengono infatti che la disposizione in questione è transitoria e dunque, dopo 65 anni, può essere allegramente abbandonata. Anche chi conosce soltanto i primi rudimenti di diritto costituzionale sa che quella disposizione non è transitoria perché non contiene indicazioni di limiti temporali ed è invece finale, e sta lì in quanto esprime un giudizio storico e morale inappellabile e irreversibile di condanna del regime fascista.

La ragion d’essere della nostra Costituzione è l’antifascismo. Tolta quella disposizione, tutta la carta fondamentale perde la sua fisionomia etica e politica. Ma questo è appunto ciò che il signore e i suoi servi vogliono: liberarsi dalla Costituzione, devastandola pezzo per pezzo. O noi ci liberiamo di loro, o loro si libereranno dalla Costituzione, ultimo baluardo della nostra libertà e dignità civile. Non c’è via di mezzo. Questo è il carattere dello scontro politico oggi in Italia. La ragione per cui l’idea di abrogare la disposizione XII è immorale la capisce anche un bambino: sarebbe un’offesa alla memoria di coloro che hanno lottato contro il fascismo e un’assoluzione dei crimini e delle responsabilità di quel regime. E’ un’idea pericolosa perché il fascismo, come modo di sentire e di pensare, è nella nostra storia e fa parte del nostro spirito nazionale. E’ dunque semplicemente folle indebolire le difese politiche e legali. Saggezza e rettitudine suggeriscono un comportmento esattamente opposto.

Chiunque abbia la possibilità di fare sentire la propria voce in Parlamento, nelle piazze, nelle televisioni, sui giornali, ha il dovere di parlare per fare nascere un movimento di sdegno nobile e fermo contro questo nuovo attacco alla nostra libertà. Il prossimo 25 aprile sia l’occasione per dire al signore e ai suoi servi che per impedire un simile scempio siamo disposti a lottare con tutte le nostre forze.

viroli@princeton.edu

Il Fatto Quotidiano, 3 aprile 2011

Laicità e Vangelo…

E’ certamente colpa mia ma non capisco. Leggo queste polemichette sul futuro festival della Laicità a Reggio. Da cattolico stanco e affaticato mi chiedo: ma evangelizzare non vuol dire andare da chi non crede e portargli il Vangelo? Cristo andava a cena con pubblicani e prostitute, prendeva l’acqua dalla samaritana, l’unica volta che si incacchiò di brutto fu nel Tempio quando rovesciò i tavoli dello IOR, pardon dei cambiavalute. Noi invece che si fa? Si alza il ditino e si dice che noi no, noi non ci andiamo, perchè ci offendono, perchè sono laicisti. Come essere messo in croce fosse un complimento.

Chi evangelizziamo? I nostri amici già in Chiesa? Mi ricordo di quel medico ortopedico che era bravissimo se il paziente non aveva niente di rotto… Sull’ultima conferenza poi, quella dell’amico Sergio Luzzatto, qualcuno ha letto il suo libro? Qualcuno si chiede perchè siamo l’unico paese occidentale che dispone per legge (meglio con apposite circolari) che debba essere esposto il crocefisso negli edifici pubblici? In Germania si può esporlo in un aula a patto che tutti i genitori degli alunni siano d’accordo, basta uno e non se ne fa niente. In Francia è vietato ogni simbolo religioso. Negli altri paesi il problema non esiste.

Ma davvero qualcuno pensa che esponendo un crocefisso si evangelizzi qualcuno? O che l’ora di religione abbia mai guadagnato 1 conversione? E’ mai successo? Attendo lumi.

Piccola questione linguistica: io sono cattolico ma sono profondamente laico. Credo ancora nel cavouriano “libera Chiesa in libero Stato”. Il termine laico però è passato ormai come sinonimo di non credente. Cavolo, e io che faccio? Già ho abbastanza confusione in testa… In compenso i credenti paiono essere solo quelli che ritengono normale che uno stato debba sussumere (bello eh?) all’interno delle sue leggi precetti religiosi (fine vita, fecondazione, etc..). Allora se cominciassimo a chiamare questi “credenti”, “clericali” non faremmo un attimo di chiarezza? Nomina sunt conseguentia rerum, o no?

Per chiarezza: io andrò alle conferenze delle Giornate sulla laicità, non sarò a quella di Luzzatto ma solo perchè cade di domenica e per me tale giornata è dedicata, come noto, a Fortezza Bastiani. Sarò là, vigile sugli spalti, a leggermi sempre di Luzzatto, oltre che Crocefisso di Stato (Einaudi 2011) anche I popoli felici non hanno storia. Interventi sul nostro passato (Manifestolibri 2009).

Monetine…

noberlusca.gifMonetine lanciate ieri su Ignaziolarissa. Leggo le reazioni di noti commentatori (cerchioBattista, riformistaaa, etc..) di condanna sdegnata. Un po’ come le uova reggiane di poche settimane fa. Sarà.

Devo fare outing! Quel 30 aprile 1993 a Roma c’ero anch’io ma..non ero davanti all’Hotel Raphael! Ero a 200 metri! Quando uno dice che perde gli appuntamenti con la storia! Confesso: avrei voluto esserci! Avrei voluto partecipare anch’io a quel momento: il potere ladrone sputtanato, l’arroganza del cinghialone messa alla berlina!

Rivediamoci il video: http://www.youtube.com/watch?v=_k00U-N73oE.

Lo sberleffo al potere è sempre salutare, certo oggi lanciare euro costa un po’ di più, però, sai che soddisfazione!

Erfurt-Reggio: tutto uguale

topf.jpgPiove anche se l’aria mite promette primavera. Almeno dal punto di vista meteorologico perchè lo scenario rimane quello di sempre, un misto fra il rutto e il pianto, coperto da un ostinato silenzio. Ormai sembra quasi inutile anche scrivere, è troppo facile sbeffeggiare le comparse sulla scena. Se anche Giò Vanardi (il cui cranio veniva usato nei manuali UNI come unità di misura per la durezza delle punte da trapano a uso industriale) lascia la nave corsara, vuol dire che anche i topi stanno nuotando verso riva. Eppure il galeone (ormai) fantasma è ancora lì.

Chi mi conosce sa che sono-a parte la cattiveria d’animo, frutto di un’infanzia difficile-una persona mite e conciliante. Eppure alla Enterogelmina di domenica sera da Fazio avrei scatarrato sugli occhialetti da insegnante stile pornosoft anni 70. Lo so, non va bene, ma il troppo è troppo.

E che dire della Ministra dell’ambiente che cinguetta che le centrali le faremo comunque, a prescindere? E per fortuna lo sappiamo che le centrali non le avremo mai, ma avremo dilapidato, in doni, buste, auto e conti esteri alcuni miliardi per amici e sodali. Per informazioni rivolgersi al sig.Testa (nooo, non il poeta-cantautore, quell’altro..).

Piove ed è troppo facile prendersela con questa gentaglia. Ma nella bella Regium Lepidi? Tengo famiglia e quindi mi astengo. Vi basti il solito apologo germanico: nel 2003 con i Viaggi della Memoria visitammo Buchenwald, Dora, Dresda. Avevamo base a Erfurt e andammo a visitare la fabbrica-ormai abbandonata-Topf&Sohne, costruttori dei forni crematori di Auschwitz/Brikenau. Roba da archeologia industriale, ci parlarono di un comitato, di storici che volevano salvare quel luogo etc. Ora basta andare all’indirizzo: http://www.topfundsoehne.de/cms-www/index.php e godersi le immagini del luogo di memoria aperto nel 2010. Tutto come da noi.

Come non pensare alle nostre Reggiane? Quale migliore luogo di memoria sulla storia del Novecento? Un luogo capace di attrarre visitatori da tutto il mondo. Anche a Erfurt le autorità locali hanno alienato parte dell’area (imponendo vincoli) per finanziare la realizzazione della struttura, aggiungendo 600.000 euro. Noi abbiamo speso una simile cifra per goderci dei file digitali e pagare uffici stampa. Da noi si fa così. Tutto bene (sfpd). Good night and good luck!

Berlinale…

peccato.jpgBanalità: in Germania basta aver copiato il proprio dottorato di ricerca per veder sfumare una carriera destinata ai massimi vertici (infatti la Merkel ha annunciato che si ricandiderà, visto che il suo delfino è “saltato”). Increduli abbiamo chiesto ad amici tedeschi cosa pensassero delle dimissioni di Karl Theodor zu Guttemberg, se non fossero “eccessive”. “Eccessive?-mi rispondevano- Ma come fidarsi di un uomo che copia il compito per guadagnarci su?”.

Tutto come da noi. Ma perchè stupirci. Le nostre “radici” cattoliche trasfigurano il reato in peccato e, come noto, trovi sempre qualcuno che dal peccato ti assolve, basta una donazione, un pateravegloria, una leggina e tutto è fatto. Basta “contestualizzare”. E una volta assolto dal peccato, volete anche che uno si faccia processare e magari finire al “gabbio”, per dirla con Trilussa? Assolto dai peccati, libero di ri-peccare, tanto, si sa, la carne è debole (figurarsi lo spirito) e se tutti siamo peccatori che diritto abbiamo di prendercela con quello che ha avuto la sfortuna di “farsi beccare”? Il reato è pubblico ma il peccato è cosa privata, appaltato a chi assolve e lucra sul perdono, decidendo cosa sia grave e no, ma sempre viso a viso, nel silenzio. Del resto cosa attendersi da un paese (reale) che digerisce tutto, ingoia tutto, meglio che un caimano affamato? Come è noto sotto la stella e la ruota dentata, simboli della Repubblica, andrebbe scritto nel cartiglio “Arrangiatevi”.

Per sua disgrazia zu Guttemberg è nato nella patria di Lutero, della Riforma, del senso etico della cosa pubblica. Peggio per lui, la prossima volta nasce a Casoria o a Varese.

Tornato…

Sono tornato. Una settimana a Berlino con i Viaggi della memoria per riprendere fiato. Per vedere come altrove le cose vadano in altro modo. Ma devo confessare di non avere ancora superato il “jet lag” culturale, ripiombato in questo povero paese dove tutto continua ad andare a ramengo, nell’indifferenza beota dei più.

logo8-ohne-text.gifNel 2003 incontrai Cord, uno storico berlinese, che ci parlò del suo progetto. Aveva scoperto, alla periferia di Berlino, nel quartiere di Schoneweide un piccolo campo di prigionia sopravissuto a 50 anni dalla fine della guerra. In quel campo erano stati tanti prigionieri italiani, tanto da farlo conoscere come “Italiener lager”. Un campo in mezzo alle case, scampato alla distruzione perchè le baracche erano state costruite in muratura per evitare il rischio-visto proprio la minima distanza dalle abitazioni tedesche-di incendi. Quel campo rischiava di andare distrutto dalla speculazione immobiliare. Ci parlò della mobilitazione di cittadini e di un comitato nato ad hoc. Gli feci i miei complimenti per l’impegno, ma-confesso-con un retropensiero: “Bella idea, ma figurati se questi qua riusciranno a far qualcosa…”.

2011 la cerimonia finale dei Viaggi della Memoria, che hanno portato a Berlino oltre 1000 studenti reggiani si è svolta nel nuovo Luogo di memoria di Schoneweide, aperto da un anno e destinato a ricordare proprio i tanti IMI (Internati militari italiani) e prigionieri di altri paesi finiti in quel luogo dal 1943 al 1945. Cord ce l’aveva fatta. Certo aveva tenuto duro, il Comitato di cittadini si era dato da fare, ma avevano trovato, alla fine del loro impegno un Comune, un Land, uno Stato che avevano deciso di intervenire, di investire, non in eventi para-artistici ma in una struttura di memoria, di fare, insomma, un investimento culturale in senso ampio.

Tutto come da noi…

http://www.zwangsarbeit-in-berlin.de/schoeneweide/ziele-i.htm

http://www.topographie.de/dz-ns-zwangsarbeit/