Basta (Beppe Sebaste)

basta.jpgBasta (lettera aperta al Pd)
Chi scrive, sia chiaro, vorrebbe da anni pensare e scrivere altro, soprattutto in una pagina di cultura. Ma trova agghiacciante l’idea, realistica se non addirittura banale, che Berlusconi la sfanghi anche stavolta (come al solito, dicono i giornali esteri, che non disprezzano tanto o solo lui, ma gli Italiani che lo supportano), e sconvolgente che si dibatta della sua criminale, abituale condotta di primo ministro in termini giuridico-legali, versione della difesa contro versione dell’accusa, come se fosse credibile e creduta da qualcuno una ragione diversa per la presenza di escort minorenni ad Arcore la notte; come se non fosse già oltre il limite della dignità di una nazione che un premier debba “rispondere” di cose così ai giudici, e non fosse già ampiamente motivo, ovunque, di dimissioni immediate e vergognose.

Ma questo governo è sostenuto (adesso!) da transfughi del Pd (v. Calearo, geniale invenzione delle ultime liste elettorali), mentre il Pd ripete come un mantra, un loop, un disco rotto, che Berlusconi sta “oltrepassando”… che cosa? la misura, i limiti, ecc. Ha già oltrepassato tutto da anni, e da anni c’è bisogno di intransigenza, non di quelle connivenze linguistiche e non solo che hanno eroso la comunità “elettiva” del Pd. Aveva ragione Luttazzi: il “bunga-bunga” è ciò che Berlusconi fa da 15 anni all’Italia (la devastazione antropologica) e alla sinistra consenziente (la corruzione politica e mentale).
21985BASSA.jpgCara Sinistra, caro Pd, sono e siamo stanchi. Per favore, se davvero volete rappresentare me e gli altri che la pensano come me e non ne possono più di questo scempio ignobile, basta con le tattiche, basta con il tè e i biscottini. Uscite dai palazzi e restate in piazza a oltranza, come in Albania e Tunisia, finché questa tragica farsa non si chiuda. Coi despoti non si discute educatamente, si abbattono. Poi parliamo d’altro. D’altro, capite?

http://beppesebaste.blogspot.com/2011/01/basta-lettera-aperta-al-pd.html

I masopardi (L.Telese)

La mattina in cui Berlusconi cadde, sotto la spinta delle manifestazioni popolari (bipolarismo modello tunisino), il direttore generale Mauro Masi, detto “il RAIs”, varcò l’ingresso di via dell’Arancio, dopo aver chiesto un colloquio a Massimo D’Alema: “Massimo, tu lo sai, ai tempi del tuo governo con te ho lavorato benissimo, sono sempre stato sono un tecnico: contro Santoro non ho mai avuto nulla di personale. Eseguivo gli ordini. E sono disposto a chiedere sinceramente scusa e a rimettermi al servizio del paese”. Il presidente del Copasir sospirò malinconico: “Mauro, lo so bene, ma qui tutto è in mano ai girotondini di Moretti e D’Arcais, dove andremo a finire?”

La mattina in cui Berlusconi si dissolse, abbattuto da una intifada di pietre (modello egiziano), il presidente dell’Agcom, Corrado Calabrò, varcò il portone di via del Nazzareno, per un colloquio con Pier Luigi Bersani: “Pierluigi, tu lo sai, mentre Masi faceva di tutto per chiudere Santoro, io – anche senza clamore – ho fatto resistenza passiva. Adesso penso di dover essere premiato, cosa ne pensi di me alla Rai, come una figura di garanzia istituzionale?”. Bersani accigliò lo sguardo e rispose: “Corrado, tu lo sai quanto ti stimo, ma purtroppo c’è Di Pietro che ringhia come un mastino, vuole fare un piazzale Loreto, sono solo dei talebani”.

La mattina in cui Berlusconi si schiantò affondato da una vandea popolare (modello Berisha) Nicole Minetti chiese un appuntamento a Walter Veltroni: “Walter, parliamoci chiaro, sono proprio le intercettazioni che lo dimostrano: io combattevo il berlusconismo da dentro, ero la contraddizione in senso al sistema. Se non ci fossimo state io, Patrizia e Noemi, quel maledetto culo flaccido sarebbe ancora lì. Vorrei organizzare un centro massaggi per la tua corrente o in alternativa occuparmi di pubblica istruzione”. Veltroni scosse la testa e abbassò gli occhi: “Cara Nicole, figurati se ho un pregiudizio. Mi sono caricato persino la Madia e la Pedoto, tu hai grinta e passione, guardando le tue tette più volte mi è venuto in mente Kennedy. Purtroppo la sinistra è in mano a Vendola, ha messo una odiosa clausola discriminatoria che ci impedisce di assumere igieniste dentali”.

La mattina in cui Berlusconi cadde, dopo il rinvio a giudizio dei magistrati, Marina prese il potere in 24 ore: Moretti, D’Arcais, Di Pietro, Vendola, Mussi, Santoro, Vauro, Grillo, i girotondini, Rodotà e tanti altri furono deportati negli studi del Grande Fratello, a Cinecittà, provvisoriamente trasformati in lager. Masi fu premiato per aver salvato il paese dal caos, con la cancellazione di Annozero. Varò subito un nuovo regolamento per garantire all’Opu (Opposizione Politicamente Utile) il 15% dello spazio nelle tribune del Tg4. Nel suo primo intervento Pier Luigi Bersani sferrò un duro attacco al governo: “Ora più che mai torno a proporre un governo di vera alternativa , guidato da Tremonti”. Ma Tremonti non c’era più: travolto dallo scandalo dei “fanciullini”, dopo le rivelazioni del settimanale Chi. L’ultimo leader dell’Opu che riuscì a dire qualcosa fu Massimo D’Alema che riuscì a resistere. Il suo rifugio di St. Moritz rimase , malgrado tutto, inespugnabile.


http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/01/29/i-masopardi/89191/

Giornata della memoria: “ebrei e massoni..”

“..la pedofilia é una cosa orrenda e basterebbe un solo caso per far gridare allo scandalo, ma mi consta che anche in altre confessioni ve ne siano e in proporzione maggiore a quella della Chiesa cattolica”.

untitled.JPGMa chi orchestra questa manovra?: ” .i nemici di sempre dei cattolicesmo, ovvero massoni ed ebrei e l’intreccio tra di loro a volte é poco facile da capire”. Precisa: ” ritengo che sia maggiormente ….. un attacco sionista, vista la potenza e la raffinatezza, loro non vogliono la Chiesa, ne sono nemici naturali. In fondo, storicamente parlando, i giudei sono deicidi.

” l’olocausto fu una vergogna per la intera umanità, ma ad esso occorre guardare senza retorica e con occhi attenti. Non crediate che Hitler fosse solo pazzo. La verità é che il furore criminale nazista si scatenò per gli eccessi e le malversazioni economiche degli ebrei che strozzarono la economia tedesca. Una tanto veemente reazione si deve anche a questo, la Germania era stanca delle angherie di chi praticava tassi di interesse da usura”.

” Cristo é il Redentore, é morto anche per la salvezza degli ebrei e di tutti e ciascuno di noi giornalmente lo crocifigge col peccato, ma dal punto di vista storico, si trattò di deicidio, bello e buono”.

“Bisogna trattare coloro che solo hanno tendenze omosessuali con delicatezza e senza infierire, con misericordia. Ma accettino serenamente la loro croce e la malattia con santa rassegnazione. Altri invece praticano la omosessualità e persino se ne vantano. A loro dico che persino gli animali rispettano l’ordine della natura e loro no, da questo punto di vista meglio la regolarità degli animali”.

Monsignor Giacomo Babini, Vescovo Emerito di Grosseto.

goebbels-240x348.jpgUna simile evangelica dichiarazione, degna del caro dott.Goebbels (di cui la fisiognomica ci svela essere un cugino di II grado), si trova sul sito Pontifex in: Massoni ed ebrei contro il Papa. Sbagliato chiedere perdono, di che cosa. Gli ebrei da sempre nemici della Chiesa e deicidi. Omosessuali? Misericordia, ma gli animali sono più ordinati di loro. Caso Claps: sconsacrata la Chiesa

(http://www.pontifex.roma.it/index.php/interviste/religiosi/3973-massoni-ed-ebrei-contro-il-papa-sbagliato-chiedere-perdono-di-che-cosa-gli-ebrei-da-sempre-nemici-della-chiesa-e-deicidi-omosessuali-misericordia-ma-gli-animali-sono-piu-ordinati-di-loro-caso-claps-sconsacrata-la-chiesa)

Vignetta sul Papa: Pontifex denuncia Vauro e Santoro

vauro.jpgMichele Santoro e il vignettista Vauro hanno ricevuto una denuncia da Pontifex. Le accuse: offese a Capo di Stato, per la vignetta che ha provocato, durante l’ultima puntata di Annozero, l’uscita dallo studio di una Daniela Santanchè indignata.

“Se a lui piacciono tanto le minorenni, può sempre farsi prete”, dice Papa Benedetto XVI riferendosi a Silvio Berlusconi.

La visione di Vauro sul caso Ruby rappresenta, da questa mattina, una denuncia per offese da parte di Pontifex, presentata alla questura di Bari.
Il direttore, Bruno Volpe, ha dichiarato: “Pontifex, nella persona del sottoscritto direttore, ha deciso di denunciare alla Autorità giudiziaria, questura di Bari, la oscena, volgare, infame vignetta anti Papa che Vauro ha esibito durante l’ultimo numero di Annozero. La denuncia si estende anche a Santoro, al Presidente della Rai e ai capi struttura del programma che non potevano non sapere la blasfemia in arrivo e comunque potevano distanziarsene pubblicamente dopo”.
L’unica a prendere le distanze, negli attimi successivi allo sfoggio del disegno, è stata la Santanchè, cui, nei giorni a venire, è stata lodata per il gesto ribelle dallo stesso direttore: “Non possiamo non elogiare la bella figura dell’ onorevole Santanchè che, indignata, ha lasciato quella autentica gogna mediatica”.

Volpe ha concluso affermando: “Il Papa, oltre che simbolo religioso per i cattolici, dunque di per sé stesso meritevole di rispetto, é assimilabile a capo di Stato Estero e come tale meritevole di protezione giuridica e dunque non offendibile. Mandare in tv una vignetta che ricorda la pedofilia e ridere sul Papa é un atto grave, di somma inciviltà e antigiuridico. Attendiamo con fiducia quello che diranno i Magistrati, anche se quando si tratta di insultare il Papa bisogna essere tolleranti, ma se si espone la vignetta di Maometto o di un rabbino, apriti cielo”.

Il giorno dopo la messa in onda di Annozero, il quotidiano Avvenire è stato il primo organo di stampa a gridare allo scandalo, ma il direttore generale della Rai, Mauro Masi, aveva già inviato un comunicato ai direttori per chiedere rispetto nella trattazione di temi religiosi.

http://www.newnotizie.it/2011/01/24/vignetta-sul-papa-pontifex-denuncia-vauro-e-santoro/

Grazie Pontifex! Finalmente abbiamo capito una cosa: il Papa “é assimilabile a capo di Stato Estero”. Quindi possiamo valutare le cose che dice come quelle dette da Sarkozy, Zapatero, Merkel. O no?

p.s. Lo so, è diffficile da credere, anche in tempi così fantasiosi. “Pontifex” esiste davvero (http://www.pontifex.roma.it/), esiste e lotta insieme a noi (si fa per dire).

Chiesa e politica, tutte le menzogne del cardinal Bagnasco (Paolo Farinella)

Il regalo natalizio di Ratzinger
Se Bagnasco fa politica
di Paolo Farinella, prete

Il cardinale Angelo Bagnasco ha rilasciato una intervista a Repubblica, raccolta da Marco Ansaldo e pubblicata domenica 19-12-2010 a p. 13. Una valutazione globale: povertà di argomenti, triti e ritriti e incapacità del giornalista di porre le domande circostanziate con fatti e dichiarazioni, esattamente contrarie alle dichiarazioni del cardinale. In alcuni momenti si ha la sensazione che il giornalista sia accondiscendente oltre misura perché afferma di riportare «la completezza con cui [il cardinale] risponde, nell’intervista concessa a Repubblica, a tutte le domande. Senza sottrarsi a quelle più scomode». Non ho letto domande scomode, semmai banali. Viene il sospetto che l’intervista non sia stata concessa dal vivo, ma per scritto: il cardinale ha risposto a tavolino alle domande inviate preventivamente dal giornalista.

Sin dal titolo («La Chiesa non fa politica ma sui valori dei cattolici non si tratta») cadono le braccia e si ha la certezza che i porporato e i suoi pari vivano sulla luna o siano soliti sniffare incenso che gli annebbia la vista e la logica. Se il continuo interventismo cardinalizio e papale non è politica – e dei bassifondi, per giunta – mi chiedo come si possa ragionare con questa gente che nega anche l’evidenza. Mi chiedo se le cattive frequentazioni di uomini perversi e bugiardi che fondano la loro azione sulla falsità strutturata come sistema e metodo politico, non abbiano influenzato sua eminenza fino al punto da fargli assimilare lo stravolgimento non solo della verità, ma dei fatti crudi e nudi da non rendersene conto. Occorre una lunga terapia disintossicante perché il virus del berlusconismo ha avuto il sopravvento sull’aspersorio.

Dice il cardinale con candore inverosimile: «la Chiesa non è un’agenzia politica chiamata a prendere parte alla battaglia dei partiti. Il suo compito è quello di annunciare la salvezza di Cristo e quindi di elevare la coscienza morale e spirituale della società, rendendo Dio presente nello spazio pubblico». In due frasi di 23 parole (senza contare articoli, preposizioni e congiunzioni) si trovano cinque affermazioni anche erronee se non false. L’errore di fondo (vero peccato originale) è l’attribuzione alla sola Gerarchia della valenza teologica di «Chiesa»: è una attribuzione indebita ed errata in termini puramente teologici. Direi che è una usurpazione. Se un teologo del primo anno agli esami facesse una simile affermazione verrebbe bocciato e rimandato a casa perché inadatto al ministero pastorale. Secondo, se la «Chiesa» non è un’agenzia politica, può spiegare sua eminenza cosa ci faceva Berlusconi e Letta a colazione con Ruini, manovrando le elezioni politiche della Regione Lazio?

Può dire in nome di quale «principio non negoziabile» il Segretario di Stato Bertone decide di andare a cena con Berlusconi Letta, Casini, Geronzi, Draghi di notte e quasi di nascosto a casa di Bruno Vespa, noto maggiordomo a libro paga, per convincere Casini ad entrare nel governo Berlusconi? Può dire sua eminenza, di grazia, se era politico o no, il pranzo innaturale che Berlusconi e Letta (più mezzo governo di complemento, tra cui spiccano, Giustizia, Scuola/Università e Economia) offrono ai nuovi cardinali sfornati freschi e a cui partecipa il Segretario di Stato, ma non il presidente della Cei?

Se sono cardinali italiani, che c’entra il Segretario di Stato? A meno che le fusa tra B&B (Bertone&Berlusconi) non fossero l’obiettivo principe di quel convivio debosciato. Il delinquente Berlusconi che giura coram cardinalibus che «mai nulla contro il Vaticano» e il suo compare Bertone che risponde: «il governo ha operato bene a favore della Chiesa». S’ode a destra uno squillo di tromba, a super-destra uno squillo risponde. Il cardinale arriva a compromettersi perché dichiara che «compito della “Chiesa” è quello di annunciare la salvezza di Cristo». Agli occhi della maggior parte degli osservatori, anche dei lattanti non ancora svezzati, non appare affatto questo compito, per cui si dovrebbe dire il cardinale «aspirerebbe» ad un compito che è lontano mille miglia dalle sue azioni concrete che mirano a raggiungere obiettivi terreni e materialissimi. Lo stesso vale per l’altro compito: «elevare la coscienza morale e spirituale della società».

Che bello! Con quale morale, se è lecito! Con quella di Berlusconi come individuo e come uomo pubblico? Con quella dell’economia a favore solo dei ricchi? Con la morale dello scudo fiscale che premia i corrotti, le mafie, gli evasori, i puttanieri e i riciclatori di proventi da droga e omicidi e furti ed evasione fiscale? Con quale morale? Con quella «bene comune» – che il cardinale pone in testa alla sua etica – calpestato impunemente da 39 leggi individuali volute dall’uomo che ha scardinato l’unità del Paese e il senso della legalità per mettere al sicuro tutte le sue immoralità etiche ed economiche? Si vede che un muro di incenso impedisce al cardinale di vedere oltre perché ha gli occhiali appannati.

Se è vero che «l’anima della nostra gente, che nasce dal Vangelo, è stata “terremotata” dal relativismo e dal consumismo», può, per piacere, il signor cardinale chiamare «per nome» il terremoto? Non è forse la politica ammaliatrice e degenere di Berlusconi e del suo governo, composto da ricercati, indagati, corrotti come lui, che ha diffuso il relativismo e il consumismo in cui il berlusconismo ha piombato il nostro Paese? Questi fenomeni li ha portati la cicogna, che non ha usato il preservativo, o sono il frutto dell’uso spregiudicato e puramente commerciale e politico delle tv private e pubbliche che sono di un solo uomo, cioè il signor presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, uomo corrotto e corruttore e bugiardo, «a planta pedis usque da verticem capitis»? E’ sicuro sua eminenza di essere sano di mente mentre parla di morale e nel frattempo elogia la governabilità del governo Berlusconi? Non dovrebbe forse andare a confessarsi per la palese peccaminosità delle sue asserzioni che o sono blasfeme o sono false?

Il cardinale poi fa l’elenco dei «principi non negoziabili» che sono sempre gli stessi e sempre nello stesso ordine: «la vita, la famiglia, la libertà di educazione e ancor prima quella religiosa». Quattro valori per i quali vale pena vendersi l’anima anche al demonio che abita Berlusconi? Questi «principi» dovrebbero essere garantiti dall’unto del Signore che ha posto la tenda ad Arcore e i pascoli in Italia a spese degli Italiani. O il cardinale è un illuso, o è un trafficone trafficante. Decida lui. Sicuramente non si nutre di illusioni.

La vita. Mi auguro che il cardinale non si riferisca a quella dei immigrati venduti alla Libia perché muoiano ammazzati, letteralmente ammazzati, nel deserto lontani da occhi indiscreti europei. La famiglia, mi auguro che non si riferisca alla doppia di Berlusconi e tanto meno all’abituale commercio di minorenni e prostitute a cui l’uomo è aduso e per giunta orgoglioso: «Gli Italiani mi vogliono così». Poveri, si sacrifica sempre! Libertà di educazione. Si spera che il cardinale non si riferisca alla distruzione dell’educazione scolastica pubblica che ha portato il mondo giovanile e studentesco in piazza contro una ministra imbelle che si trova in parlamento per meriti non certo culturali e per competenza. Sarebbe bello che il cardinale chiedesse alla cattolica ministra: «Signora, mi può dire come mai il presidente ha tanto affetto per lei tanto da farla ministra, pur non avendone né le caratteristiche né la competenza»?

Riguardo all’accenno dell’8xmille che il cardinale chiede a credenti e non credenti in nome della provvisorietà della Chiesa, è sufficiente che sua eminenza compulsi il ministero dell’economia e si faccia dire qual è il trend degli ultimi anni, scoprirebbe che c’è un calo abissale e una diminuzione costante delle offerte deducibili. La causa prima e «princeps» è il comportamento della gerarchia cattolica che, tramite Berlusconi, ha messo le mani sul parlamento, imponendo le leggi conformi alla sua morale ed esautorando lo Stato italiano dalla sua sovranità. E’ finito il potere temporale come possesso materiale di territorio fisico, si è decuplicato il possesso immateriale dello Stato, estendendo il potere temporale, più raffinato e demagogico, sulle leggi e sulla convivenza civile. L’Italia non è una repubblica autonoma, ma l’orto di servizio dello stato estero, la Città del Vaticano con cui un corrotto presidente del Consiglio ha stipulato un contratto di mutua assistenza, vendendo la dignità di un popolo al prezzo immorale del sostegno al suo potere.

E’ deprimente che il cardinale accanto ai «principi non negoziabili» di suo interesse non abbia sentito il pudore di aggiungere altri «principi civili non negoziabili» come il principio della democrazia contro cui è stata varata la legge elettorale, il principio dell’autonomia del parlamento conculcato e vilipeso dal possesso ingordo del governo, il principio dell’onestà e del decoro di chi governa che il presidente de Consiglio e i suoi giannizzeri offendono ogni giorno 24 su 24 ore, il principio dell’unità d’Italia maciullato dall’insano connubio Berlusconi/Bossi che a tutto mirano tranne che ad un qualche valore, il principio della sacralità del giudizio davanti al proprio giudice naturale che Berlusconi violenta facendosi leggi su misura pur di fuggire lontano da un‘aula di tribunale, il principio del rispetto delle opposizioni e delle minoranze, garanzie di democrazia costituzionale e sostanziale/materiale, il principio del lavoro come diritto innato e naturale contro la politica economica di Berlusconi/Tremonti che creano precariato per dominare le coscienze e infine il principio che il potere non è dominio, ma servizio libero e gratuito, mentre Berlusconi e i suoi lanzichenecchi stanno devastando il devastabile e in più si sono appropriati del futuro delle prossime generazioni, che non avranno lacrime per piangere e tanto meno per vivere da persone libere.

Se tutto questo non è fare politica, allora vuol dire che è solo complicità consapevole con il male che il cardinale non vede o non vuole vedere.

(20 dicembre 2010)

http://temi.repubblica.it/micromega-online/il-cardinale-bagnasco-la-chiesa-non-fa-politica-amen/

Non abbandoniamo il Risorgimento ai servi (Maurizio Viroli)

bandiera_tricolore912007104438.jpgl 150esimo Anniversario dell’Unità nazionale cade in un momento disgraziato. A celebrarlo sarà infatti una classe politica non solo indifferente o addirittura ostile agli ideali del Risorgimento, ma anche in larga misura semplicemente incapace, per mancanza di adeguata preparazione culturale e di animo meschino, di capire quelle vicende, quelle donne e quegli uomini. Lo stato penoso di molti dei progetti legati alle celebrazioni, come ha documentato assai bene Marco Lillo (Il Fatto Quotidiano, 6 gennaio) è lo specchio fedele di questa triste realtà.

Queste considerazioni forse impietose ma facilmente documentabili, valgono in primo luogo per Berlusconi e la sua corte, ma toccano anche molta parte dell’opposizione. Se è vero che Berlusconi non sa neanche che cosa sia il Risorgimento (e ha dichiarato di prediligere piuttosto l’antirisorgimento) e Bossi lo detesta con tutto se stesso, è del pari vero che fuori dalla corte non ci sono partiti o forze politiche che hanno le loro radici nella lotta per l’Unità nazionale o che ad essa si sono collegati idealmente. I repubblicani, per citare l’esempio più ovvio, si distinguono per essere fra i servi più zelanti del signore, mentre il Partito d’Azione, che cercò di essere l’erede del Risorgimento, viene quasi sempre denigrato o deriso.

In siffatta situazione il buon gusto e un minimo senso della decenza impongono di tenersi il più possibile lontani dalle celebrazioni in cui si esibiranno Berlusconi o i personaggi della sua corte. Dei servi che commemorano uomini e donne che hanno lottato e si sono sacrificati per la patria e per la libertà comune sono uno spettacolo ripugnante e diseducativo. Un’orazione di Bondi, o Cicchitto o Dell’Utri o Casini, su Garibaldi, Mazzini, Cavour o i Martiri di Belfiore, non la imporrei neanche al mio peggior nemico.

Al tempo stesso è doveroso e politicamente saggio promuovere iniziative alternative nelle quali prendano la parola persone serie (ce ne sono ancora tante, per fortuna) che con i loro comportamenti hanno testimoniato di avere a cuore il bene comune della patria e non il loro potere o il loro conto in banca. Abbiamo un dovere di gratitudine verso chi si è sacrificato per l’Unità e per l’indipendenza. Un popolo di ingrati non può che vivere servo, perché non ha le energie morali necessarie per difendere o per riconquistare la libertà. Celebrare con le persone giuste e in modo serio il Risorgimento è dunque un modo intelligente per difendere la nostra libertà e la nostra dignità di cittadini.

Il nostro Risorgimento, lo ha ribadito Paul Ginsborg, (Salviamo l’Italia, Einaudi, 2010) ha elaborato l’ideale della “nazione mite” che non discrimina, ma accoglie e rispetta le altre patrie. Il nazionalismo che prese piede in Italia agli inizi del Novecento e trovò nel fascismo la sua espressione ideologica e politica compiuta, non era l’erede legittimo, ma il più infame tradimento degli ideali del Risorgimento. Così come il federalismo leghista è l’antitesi del federalismo di Cattaneo, il quale riteneva, fa bene Ginsborg a citare questo bel passo, che la virtù non fosse esclusiva prerogativa di un’unica nazione o di un singolo gruppo etnico: “Barbaro può suonare quanto tedesco quanto francese, quanto italiano; e che dei barbari ogni nazione ha i suoi”.

Vale anche la pena di ricordare che i personaggi di maggior rilievo del nostro Risorgimento avevano animo mite, anche quando erano formidabili combattenti. Non mancarono certo fra i patrioti, nota Ginsborg, figuri che si distinsero per la loro crudeltà e disumanità. Ma le descrizioni di Mazzini, Settembrini, Santorre di Santarosa, Goffredo Mameli e tanti dei Mille ci restituiscono l’immagine di persone “che mostravano compassione in battaglia e, deposte le armi, la dolcezza poteva tornare in campo, nella vita come nella morte”. “Mite Giacobino” era poi chiamato, è bene ricordarlo, Alessandro Galante Garrone, mentre Norberto Bobbio, l’altro grande erede della tradizione azionista, scrisse uno splendido Elogio della mitezza.

Alla “nazione mite” si sono ispirati i migliori esponenti dell’antifascismo. Carlo Rosselli (ecco, insieme a Nello e ad Amelia, a chi dovrebbe essere dedicata una grande iniziativa celebrativa nell’ambito delle manifestazioni del 150 anniversario), ad esempio, considerava la patria del Risorgimento non l’antitesi, ma il fondamento dell’internazionalismo e la base preziosa della futura Europa democratica costruita dal basso. E in nome della patria mite (che non vuol dire né docile né debole) è possibile oggi unire molte forze sociali e intellettuali per contrastare il degrado civile che ci soffoca.

La nostra storia è lì ad insegnarci – s’intende a chi ha la grandezza d’animo e l’umiltà di voler imparare – che le conquiste di libertà sono sempre state realizzate non contro, ma con l’idea di patria. Mai come in questi tempi abbiamo bisogno dell’idea di patria. L’esperienza del presidente Carlo Azeglio Ciampi dimostra che quando ascoltano persone degne parlare di patria, gli Italiani capiscono e sentono la bellezza di quell’ideale e sono pronti ad operare. Non dobbiamo lasciare il Risorgimento ai servi.

da Il Fatto Quotidiano del 9 gennaio 2011

“L’Italia è il laboratorio del totalitarismo moderno”. Intervista a Stefano Rodotà

di Miguel Mora, da El Paìs, traduzione italiana di Andrea Pinna da megachip.info

Difensore della laicità, della democrazia e del buon senso, Stefano Rodotà è uomo di squisita gentilezza. Maestro del diritto, schierato senza ambiguità ed erede dell’operosità di Pasolini, è forse il penultimo umanista europeo ed uno dei pochi intellettuali di razza che rimangono in questa Italia «triste e sfilacciata che si guarda l’ombelico e sembra sempre di più un’appendice del Vaticano mentre si avvicinano i 150 anni dell’unità del Paese.»

Professore emerito di diritto civile alla Sapienza di Roma, Rodotà nato a Cosenza 73 anni fa, scrive libri ed articoli, partecipa a congressi, dirige il Festival del Diritto a Piacenza, promuove manifesti e combatte battaglie per innumerevoli cause,dalla libertà di stampa all’etica pubblica, all’eutanasia.

Eletto deputato del PCI nel ’79, visse come parlamentare la convulsa decade finale della prima Repubblica e fu poi il primo presidente del PDS, fondato nel ’91 da Achille Occhetto dalle ceneri del PCI. Appena un anno dopo, forse prevedendo ciò che sarebbe successo, abbandonò la politica.

Oggi insegna in molte università del mondo e come specialista in filosofia del diritto e coautore della Carta fondamentale dei Diritti dell’Unione Europea, è un riferimento obbligato in tema di libertà individuali, nuovi diritti, qualità democratica e abusi di potere. Sono ormai dei classici i suoi lavori sulla relazione tra diritto e privacy, tecnologia, lavoro, informazione e religione.

È stato appena tradotto (in spagnolo, NdT) il suo libro “La vita e le regole. Tra diritto e non diritto”, un saggio del 2006 ampliato nel 2009, nel quale Rodotà riesamina i limiti del diritto e ne rivendica una natura «più sobria e rispettosa delle molteplici e nuove forme che ha assunto la vita umana».

Il professore denuncia la tirannia che i nuovi chierici del diritto vogliono imporre ai cittadini: una «casta di notabili» costituita da giuristi e avvocati, dai grandi studi internazionali che «elaborano le regole del diritto globale su incarico delle multinazionali», gli «invisibili legislatori che sequestrano lo strumento giuridico, trasformando una mediazione tecnica in una procedura sacralizzata».

Il libro traccia una critica post-marxista della giungla dei vincoli legali che comprimono le libertà introdotte dalle innovazioni tecniche e scientifiche. Citando Montaigne («la vita è un movimento variabile, irregolare e multiforme») Rodotà spiega come il “vangelo del mercato”, il potere politico e la religione abbiano prodotto insieme «una mercantilizzazione del diritto che apre la strada alla mercificazione persino dei diritti fondamentali», come si rileva da questioni tanto diverse quali l’immigrazione, le tecniche di fecondazione artificiale, o le nuove frontiere della biologia.

A parere di Rodotà questa logica mercantilista e invasiva è «in totale contraddizione con la centralità della libertà e dignità» e la privatizzazione della legalità in un mondo globale crea enormi diseguaglianze, paradisi ed inferni, «luoghi dove si creano nuovi diritti e libertà e altri dove il legislatore pretende di impadronirsi della vita delle persone».

«Il paradosso è che questa disparità, che in teoria dovrebbe favorire la coscienza dell’eguaglianza nel mondo, rischia invece di consacrare una nuova cittadinanza basata sul censo», spiega. «Se si legifera sui geni, il corpo, il dolore, la vita, i privilegi o il lavoro applicando la repressione, l’arroganza e la tecnica d’impresa della delocalizzazione, le libertà diventano merci e solo chi può permettersi di pagare ne potrà fruire».

Rodotà cita come esempio il matrimonio omosessuale o la fecondazione assistita, «che in Italia producono un flusso di turisti del diritto verso paesi come la Spagna e altri meno sicuri come la Slovenia o l’Albania». E per converso, «i paradisi fiscali e i paesi meno rispettosi dei diritti di chi lavora o con una blanda legislazione ambientale che attraggono imprese e capitali».
La grande sfida, afferma Rodotà, è «uscire dal diritto e tornare alla vita». O come afferma nel prologo del libro il prof. Josè Luis Piñar Mañas «unire vita e diritto, diritto e persona, persona, libertà e dignità; mettere il diritto al servizio dell’uomo e non del potere».

D. Non è paradossale che un giurista metta in guardia dagli eccessi del diritto?
R. Il vero paradosso è che il diritto, che dev’essere solo una mediazione sobria e sensata, si trasformi in un’arma prepotente e pretenda di appropriarsi della vita umana; il che è collegato alle innovazioni scientifico-tecnologiche. Prima nascevamo in un solo modo, da quando Robert Edwards, premio Nobel, ha inventato il bebè in provetta, sono cambiate le regole del gioco e la legge naturale non è governata solo dalla procreazione naturale. Ci sono altre possibilità e nasce quindi il problema: deve intervenire il diritto? E fino a dove? Talvolta la sua pretesa è di mettere in gabbia la scienza, contrapporre il diritto ai diritti, usare il diritto per negare le libertà. Questo è lecito? Talora può sembrare che lo sia, ad esempio nella clonazione.

D. E in altri contesti?
R. A mio parere il diritto deve intervenire senza arroganza, senza abusare, lasciando le persone libere di decidere in coscienza. Il caso di Eluana Englaro è un esempio lampante dell’uso prepotente della legge e anche del ritardo culturale e politico che vive l’Italia. Il potere e la Chiesa hanno deciso, violando il dettato costituzionale sull’inalienabile diritto della persona alla dignità e alla salute, che era necessario intervenire per limitare la dignità di quella donna ormai senza vita cerebrale e il diritto di suo padre a decidere per lei. Il problema non è solo lo strappo autoritario del potere politico, ma l’insensata sfida alla norma suprema, la Costituzione, e l’attiva partecipazione della Chiesa a quell’attacco.

D. La proibizione della fecondazione assistita è stata confermata in Italia da un referendum popolare.
R. Alcune scoperte scientifiche pongono in dubbio l’antropologia profonda dell’essere umano come l’uso e il non utilizzo di diversi embrioni nelle tecniche di fecondazione assistita. Il diritto deve prevedere queste innovazioni, non bloccarle. Gli scienziati chiedono regole per sapere se le loro scoperte sono eticamente e socialmente accettabili. Un uso prepotente della legge limita le loro ricerche, nega il progresso umano e così si appropria delle nostre vite perché ci nega ogni diritto o peggio, lo nega solo ad alcuni. Gli italiani ricchi possono andare in Spagna a sottoporsi alle tecniche di fecondazione, ai poveri ciò è precluso. Si crea una cittadinanza fondata sul censo e si distrugge lo Stato sociale. La vita viene prima della politica e del diritto.

D. L’Italia attuale è sottomessa al fondamentalismo cattolico?
R. L’Italia è un laboratorio del totalitarismo moderno. Il potere, abusando del diritto, privatizzandolo e considerandolo una merce, crea le premesse per un fondamentalismo politico e religioso e questo mina la democrazia. I vescovi italiani si oppongono al testamento biologico; quelli tedeschi ne hanno proposto una regolamentazione che è più avanzata di quella elaborata dalla sinistra italiana. Ad un anno dalla morte di Eluana, Berlusconi ha scritto una lettera alle suore che l’assistettero comunicando loro il suo dolore per non averle potuto salvare la vita. Ha ammesso pubblicamente che il potere ha tentato di appropriarsi della vita di Eluana; adesso sta proponendo alla Chiesa un “piano per la vita”, come moneta di scambio perché lo appoggi e gli permetta così di continuare a governare. Cioè ha svenduto lo Stato di diritto al Vaticano per quattro soldi.

D. Gli omosessuali continuano a non avere diritti e i laici contano sempre meno.
R. La Corte costituzionale si è pronunciata nel senso che il Parlamento deve legiferare riconoscendo il matrimonio omosessuale; questo diritto è già garantito dalla Carta dei diritti dell’Unione europea. Abbiamo bisogno di un diritto sobrio, non negatore dei diritti; la religione non può condizionare la libertà. La Costituzione del 1948 all’art.32 afferma che la legge non può mai violare i limiti imposti dal rispetto della vita umana; detto articolo fu elaborato ricordando gli esperimenti nazisti e con la memoria rivolta ai processi contro i medici (nazisti NdT) a Norimberga. Fu un articolo voluto da Aldo Moro, un politico cattolico!

D. Ha mai pensato che avrebbe un giorno rimpianto la Democrazia Cristiana?
R. Quei politici avevano ben altro spessore culturale. La dialettica parlamentare tra la DC e il PCI era di un livello che oggi appare impensabile. Mentre la DC era al potere, si approvarono le leggi sul divorzio e sull’aborto; i democristiani sapevano che la società e il femminismo le volevano e capirono che opporsi li avrebbe danneggiati politicamente. Molti di loro erano dei veri laici,avevano il senso della misura e maggior rispetto verso gli avversari. Oggi siamo ridotti al turismo per poter nascere e morire, la gente si prenota negli ospedali svizzeri per poter morire con dignità. È mai possibile che uno Stato democratico obblighi i suoi cittadini a chiedere asilo politico per morire? Il diritto deve regolare questi conflitti, non acuirli.

D. Rosa Luxemburg diceva che dietro ogni dogma c’era un affare da difendere.
R. Certo, immagino che gli interessi della sanità privata influenzino le posizioni del Vaticano. Rispetto alle conclusioni del Concilio, le cose sono andate progressivamente peggiorando e oggi l’Italia è governata da movimenti come Comunione e Liberazione, che fanno affari favolosi con l’aiuto e il consenso del Governo. La cattiva politica è figlia della cattiva cultura; i problemi attuali nascono dal degrado culturale. Spero che il regime politico di Berlusconi finisca al più presto, ma ci vorranno decenni per superare gli effetti di questo deserto culturale. L’uso della televisione non solo come strumento di propaganda, ma come mezzo di abbruttimento; la degenerazione del linguaggio… tutto è peggiorato. Il degrado ha invaso un’area molto più ampia di quella del centro-destra e c’imbattiamo dovunque in comportamenti speculari a quelli di Berlusconi.

D. Vengono posti in discussione persino i diritti del lavoro.
R. Il pensiero giuridico si è molto impoverito. Negli anni settanta approvammo una riforma radicale del diritto di famiglia perché la cultura giuridica e la sua ispirazione democratica lo permisero. Si chiusero i manicomi, si approvò lo Statuto dei lavoratori… riforme che oggi sarebbero impensabili.

D. La sinistra non reagisce adeguatamente, perché?
R. Il recupero della cultura è la premessa per ridar fiato all’iniziativa della sinistra. Tutti dicono che si deve guardare al centro, io credo che si debba prima rianimare la sinistra. Craxi distrusse la socialdemocrazia, il PCI si è suicidato, un cataclisma di cui perdurano ancora gli effetti. Abbiamo perso il primato della libertà e oggi comanda l’uso privato e autoritario delle istituzioni. La società si è decomposta, il Paese rischia il disfacimento. La politica mostra i muscoli e il diritto si sbriciola.

D. L’Europa ci salverà?
R. L’Europa non vive un momento splendido. Aumentano xenofobia e razzismo; la debolezza culturale italiana si allarga a tutto il continente. Trono e altare sono di nuovo alleati, anche se in un’altra maniera rispetto al passato. Oggi assistiamo alla fusione di mercato, fede e politica che pretendono di organizzare le nostre vite manipolando il diritto. Il problema italiano non è l’insufficiente contrasto della corruzione, bensì che la si promuove ai sensi di legge, come emerge dallo scandalo della Protezione civile: si è derogato dalla trasparenza e dai controlli ordinari per poter rubare più facilmente. Negli anni settanta le tangenti erano ridicole e comunque c’era maggiore compostezza e rispetto della collettività. Craxi ebbe un ruolo devastante, rappresentò un cambio d’epoca. Adesso si è imposta la regola “Se lo fa Berlusconi, perché non lo posso fare io?”.

La stupidità della sinistra (P.Flores d’arcais)

s19-berlusconi-moldavien-540x304.jpgda Die Zeit, 21 novembre 2010

Le spiegazioni semplici sono spesso le meno affascinanti. Per questo non fanno audience, e dunque non sono gradite. Ecco perché, quando si parla del successo di Berlusconi, della sua ascesa irresistibile, del suo potere ancora straripante malgrado un rosario di scandali che avrebbe distrutto dieci presidenti americani, tutti si interrogano sul suo carisma mediatico, sulla sua sintonia con l’animo anarchico-conservatore dell’Italia profonda, sugli interessi “strutturali” e il blocco sociale che rappresenta. Nessuno che prenda in considerazione la spiegazione più semplice, malgrado sia anche empiricamente verificabile: la forza di Berlusconi, TUTTA la sua forza, consiste solo nella debolezza della sinistra e negli errori dei suoi dirigenti. Troppo banale? Valga il vero.

Berlusconi ha vinto tre volte, ma è stato sconfitto due volte, e avrebbe potuto esserlo anche la prima. Siamo nel 1994, da due anni è esplosa l’inchiesta “mani pulite”, che ha coinvolto l’intera classe dirigente di governo (Dc e Psi, che con Craxi si stava trasformando in un partito di destra populista). Anche l’ex-Pci è toccato dalle indagini, ma perifericamente, non nel suo gruppo dirigente nazionale. Dunque, è l’unico partito sopravvissuto all’inchiesta giudiziaria. Berlusconi ha fondato “Forza Italia” proprio per raccogliere gli elettori orfani di Dc e Psi, e dialoga apertamente con gli ex-fascisti di “Alleanza nazionale” (non si dimentichi che solo due anni prima Gianfranco Fini aveva organizzato grandi celebrazioni per il 70° della “marcia su Roma” di Mussolini).

La sinistra ha tutti i pronostici favorevoli. Basta che scelga un candidato premier che venga dalla società civile, anziché dal mondo dei partiti (la cui popolarità, dopo “mani pulite”, è ai minimi storici). Ma il segretario del Pds, Achille Occhetto, in uno slancio di narcisismo (e di stupidità) pretende di essere il candidato, e parla del suo partito come di una “gioiosa macchina da guerra”. A gioire sarà invece Berlusconi. Occhetto è stato pur sempre l’ultimo segretario del Partito comunista, e una campagna elettorale tutta giocata sull’anticomunismo, ancora tradizionalmente maggioritario nel paese, e sul candidato “imprenditore” contro i politici di mestiere incorona Berlusconi.

Otto mesi dopo il suo governo è già in crisi, per il conflitto con la Lega di Bossi (che comincia a chiamare Berlusconi “Berluskaz”, con un’assonanza di pesantissima volgarità, e ad accusarlo di frequentazioni mafiose). Dopo la parentesi di un “governo tecnico”, nel 1996 si torna alle urne. Questa volta alla sinistra basta candidare un professore, un economista cattolico “progressista”, Romano Prodi, per vincere con facilità. Si ha la conferma empirica di quanto ogni analista lucido poteva prevedere: l’ “anti-politica” sarà ancora a lungo, per un’intera fase storica, il luogo strategico per ogni vittoria elettorale. In realtà non si tratta di anti-politica nel senso tradizionale di “qualunquismo” (poujadismo, ecc.). Al contrario, si tratta di ostilità sempre più radicale (e più che giustificata) alla degenerazione partitocratica della democrazia, ad apparati burocrati divenuti autoreferenziali e corrotti. Qualche anno dopo, per indicarli, un libro di successo straordinario farà entrare nell’uso comune la parola “Casta”. Chi riesce a presentarsi estraneo alla Casta vince.

Dopo la vittoria di Prodi tutti i giornali dell’epoca danno Berlusconi come finito. Sul piano politico, tanto che si fanno i nomi di chi lo sostituirà come leader del centro-destra. Sul piano imprenditoriale, poiché ci si domanda quando andrà in fallimento la sua impresa multimediale schiacciata dai debiti (“quando”, non “se”: e si ritiene il momento vicinissimo). Sul piano personale, poiché è convinzione generalizzata che data la mole (e la serietà) delle inchieste penali che lo riguardano presto arriverà un mandato di cattura.

In questa situazione, per chiudere definitivamente con Berlusconi, basterebbe che il centro-sinistra non facesse nulla. E invece fa. Non quello che ha promesso agli elettori (proseguire con mezzi politici l’opera anticorruzione avviata da “mani pulite”, stabilire una legge sul “conflitto d’interessi”, combattere il monopolio televisivo) ma esattamente l’opposto. A un Berlusconi finito, il nuovo segretario dell’ex-Pci, Massimo D’Alema, propone la partnership di “rifondatori” della Costituzione. Riscrivere insieme la Carta fondamentale, benché sia una delle migliori del mondo.

Berlusconi, da politico e imprenditore e cittadino finito, diventa “Padre della patria” per investitura del maggior partito della maggioranza, l’ex-Pci. Ovvie le conseguenze: la sua leadership sul centro-destra torna incontrastata, le banche aprono il rubinetto del credito, una politica bipartisan contro l’autonomia dei magistrati salva Berlusconi dalla galera.
Risultato prevedibilissimo: nel 2001 Berlusconi, risorto grazie a D’Alema, vince le elezioni. A Prodi viene dato il contentino della Commissione europea. D’Alema era convinto che Berlusconi fosse il migliore leader della destra dal punto di vista della sinistra, perché “il più debole”. Per ragioni misteriose i commentatori (anche stranieri) continuano a descrivere D’Alema come “molto intelligente”. Infatti, all’opposizione, non fa praticamente nulla. Al punto che nel 2002 nasce spontanea una opposizione nella società civile (la stagione dei cosiddetti “girotondi”, animata da Nanni Moretti, Pancho Pardi e da chi scrive, che culmina in una manifestazione completamente “autogestita” con oltre un milione di partecipanti): contro Berlusconi ma anche contro una “opposizione che non c’è”.

Tuttavia le doti governative di Berlusconi sono talmente deludenti che a due mesi dalla scadenza elettorale del 2006 i sondaggi danno Prodi (è di nuovo lui il candidato del centro-sinistra) in vantaggio di venti punti. Incolmabile, si direbbe. Di nuovo, basterebbe non fare nulla. I dirigenti del centro-sinistra invece fanno tutti gli errori possibili, moltiplicano le offerte di dialogo con Berlusconi, attaccano i movimenti della società civile come “giustizialisti”. Il risultato che esce dalla urne sarà così di sostanziale parità. Ma dato il sistema elettorale (voluto da Berlusconi!) il centro-sinistra ha alla Camera un vantaggio netto di una cinquantina di seggi. Lo avrebbe anche al Senato, se avesse accettato l’appoggio delle “Liste civiche regionali”, ma lo ha rifiutato: vincere con il sostegno di qualche “indipendente” è considerata una minaccia per il proprio “monopolio” partitocratico dai D’Alema e dai Veltroni. Che invece sollecitano l’alleanza di ex-alleati di Berlusconi, e a uno di loro (Clemente Mastella, ex boss democristiano della Campania) affidano addirittura il ministero della giustizia! Sarà proprio Mastella, inquisito per gravi episodi di malcostume, a far cadere il governo Prodi. Si torna alle urne. E torna Berlusconi.

Oggi siamo allo stesso punto: l’esplodere di mille scandali fa precipitare il governo Berlusconi nei sondaggi, ma il Partito democratico non guadagna nulla, anzi. Facesse un’opposizione vera, senza sconti, assumesse la “questione morale” come propria bandiera e la “Casta” come proprio nemico, stravincerebbe. La stupidità dei suoi dirigenti lo impedisce. O forse, sono ormai parte della “Casta” anche loro.

Quisquilie prenatalizie

Piccoli pensieri e interrogativi di inizio settimana (di Natale):

fassino_gollum.jpgA Torino si candida Piero Fassino per la carica di sindaco. Bene. Bravo. Peccato che Massimo D’Azeglio e Bettino Ricasoli siano defunti, altrimenti perchè non candidare anche loro? In fondo Fassino era già all’opera nel 1991 per far entrare il Pds nell’Internazionale socialista. Nel 1991 in Germania c’era Kohl, in Francia Mitterand, negli USA George Bush (padre). Tutti passati alla storia e noi ci teniamo ancora Fassino…A’ ridatece D’Azeglio!

p.s. Fassino è quello che nel 2009 rivalutò l’altro Bettino, quello galeotto contumace, definendolo “capro espiatorio”…

bertone.jpgAl Senato si tiene il concerto di Natale. Solisti veneti e Bocelli (che è un po’ il cugino di campagna di Pavarotti). Presenta Pippobaudo. Bene. Bravi. Intervengono (dice il solerte speaker) “le massime cariche dello Stato”, Napolitano e signora, Skifani e signora, Fini e “compagna” (chissà se il gianfranco pupillo di Almirante immaginava che un giorno si sarebbe presentato in pubblico con una “compagna”..) e il Cardinale di Stato Bertone. Ohh, finalmente, era ora. Adesso sappiamo che il Primo Ministro del Vaticano è un autorità dello Stato Italiano. Ekkè, ci voleva tanto a dirlo?

p.s. Bertone è quello che considera collegate pedofilia e omosessualità .

Piranha in camicia neroverde..

piranha-3d.jpgUna volta si parlava di “vento del nord”, quel desiderio di un’Italia migliore portato dai partigiani dopo la Liberazione al governo del paese. Poi, lo sappiamo, quel vento arrivò sì e no fino ad Orvieto-Orte e Roma rimase tranquilla com’era sempre stata.

Poi passarono i democristi (sì, perchè oggi di fronte all’orrore quotidiano dell’Impero marron-azzurro quasi rimpiangiamo quel sistema di (sotto) governo), dimenticandoci che proprio da lì viene il disfacimento morale ed etico di questo inizio di millennio. I democristi rubavano alla grande ma il ruttino di fine pranzo lo facevano in bagno. Per loro contava la comunione dei santi: vieni ce n’è anche per te…Questi qua prima ruttano e poi mangiano, loro e congiunti. Ma è il sistema che conta.

Ed il sistema è tanto forte e l’uomo tanto debole che anche i nuovi arrivati, quelli che si erano presentati come il cavaliere bianco, stile Dash, ce li ritroviamo anche loro nel guano e nella fanga fino alle ascelle. Alemanno ha piazzato cubiste, ex terroristi neri, amici, congiunti. Pare che il suo cane non sia stato assunto come autista all’ATAC solo perchè non arrivava ai pedali.

E i leghisti (scusate la parolaccia)? Quello che si sta rivelando come un vero partito nazi-popo-affaristico? Nella “Roma ladrona” si sono inseriti alla grande come nelle banche del nord, tanto, come noto, la moralità per un banchiere è come lo slip per una escort, prima te la togli e meglio è. Fame, fame e fame. Perchè lo spirito già è debole, figuriamoci poi la carne…