Costanza Tricolore

DSC00338.JPGMia figlia Costanza ha nove anni. Aveva meno di un mese quando le Twin Towers andarono giù. Oggi ha deciso lei il primo piatto: è il giorno del Tricolore? Facciamo la pasta così!

Buon appetito! E auguri a questo povero paese!

‘B. ha divorziato dal Paese. Sarà un crepuscolo violento’ (Marco Belpoliti)

Marco Belpoliti: Il dissolvimento è anche del suo corpo, il sogno è diventato insulto

Cadono sassi dal palazzo che crolla. Marco Belpoliti risponde da un’isola sperduta, l’ultimo insulto di Francesco Giro, lontano chilometri, sembra fasullo: “Come dice?”. No, il sottosegretario Giro dice: “L’editoriale di Famiglia Cristiana è pornografia”. L’autore del Corpo del capo e Senza vergogna s’avvicina al telefono: “Tempo fa avevo previsto due eventi: il 25 luglio e l’8 settembre, un disfarsi progressivo di un regime politico e mediatico. Un disfarsi violento”.

E di lingue acuminate: Casini contro Bossi e Bossi contro Verdini, e tutti contro tutti…
Sintomi del pensionamento del capo. La confusione provoca mal di testa e terrore, le truppe lottano per un pezzetto, sbattono i piedi perché sentono il cambiamento. Non parlano di politica per assenza della stessa. Hanno paura del nuovo: la Seconda o Terza Repubblica che verrà, i naufraghi della Prima e di Mani Pulite hanno trovato rifugio in Forza Italia e poi nel Popolo della Libertà. Sarà traumatico conoscere il futuro.

Quando arriva il futuro per noi?
Ho lasciato l’Italia nei giorni dell’espulsione di Fini e dei finiani. Le puntate successive erano facili da pronosticare. La storia italiana replica con facilità, il cammino dal 25 luglio all’8 settembre è ben avviato. Impressiona il 9 settembre, in vent’anni di Berlusconi ne abbiamo sviscerato le contraddizioni ma dimenticato un particolare: cosa accadrà al suo tramonto? Siamo impreparati.

Come rimediare?
Forse la soluzione è nel saggio di Javier Cercas, presto in uscita: Anatomia di un istante, un viaggio nel fallito colpo di Stato spagnolo del 23 febbraio del 1981. Lì erano avanti, Franco era morto e il franchista Adolfo Suàrez trascinava la Spagna nella democrazia. Qui il franchismo è morente e il nostro Suàrez sconosciuto. Siamo così indietro che dobbiamo ricominciare da poco. Dalle basi: dalla democrazia. Succederà…

Quel giorno i dossier di Vittorio Feltri saranno un paragrafo storico?
Berlusconi ha un palese segreto che nelle dittature tradizionali era l’esercito. Ovvero un vasto schieramento mediatico: telegiornali, rotocalchi, quotidiani. Parti che aggrediscono col fuoco di fila, parti che cantano buone novelle. Quando la situazione è sotto controllo, e la legislatura lunga e larga, l’esercito fa ordinaria amministrazione: censura le notizie cattive e gonfia il resto. Ma appena un nemico s’avvicina, l’esercito reagisce con durezza per volere del capo. L’esercito è forte e capace di orientare i cittadini, arruolato grazie a un conflitto d’interessi mai nemmeno sfiorato. Ora siamo a un passo dalla svolta, in fondo a una Prima Repubblica mascherata. Scopriamo le facce più o meno scampate a Tangentopoli.

Come scompare un regime?
All’improvviso. Eppure una sera precisa e discussa che la storia segnerà. Il ciclo di Berlusconi s’è dissolto a Casoria, al compleanno di Noemi Letizia: era l’ultimo atto di onnipotenza, oltre qualsiasi vergogna e qualsiasi limite. In ordine di cronaca seguono due divorzi per liberarsi dalle catene: da Veronica Lario e da Gianfranco Fini. Un doppio divorzio con il Paese. I notisti politici appuntavano il rientro da luna di miele, invece era un matrimonio smontato. Una fuga dai cittadini oltre che da Veronica e da Fini.

Fotogramma: agosto romano di afa e turisti, il presidente del Consiglio passeggia in tuta scolorita e mostra la fatica sul volto.
Non può fare altro. La sua fisicità è il programma politico del Pdl. Chi di corpo colpisce di corpo perisce. Uscirà di scena – e la scena è questa – quando il suo corpo s’incurverà come una candela sempre accesa ormai consumata. L’immagine e il potere di Berlusconi sono una cosa sola. È arrivato il momento del dissolvimento perché il corpo servito è più vecchio di vent’anni e il sogno azzurro è l’insulto.

Addio anche al privato che diventa politica con il corpo, le mogli e i figli?
L’italiano ha il comportamento del pendolo, oscilla tra due estremi e oggi siamo al culmine delle foto in bermuda o in montagna su Chi. Spinti da Berlusconi che trasforma il privato in pubblico per fare politica. Un controsenso che, siamo ottimisti, deve finire. Per forza.

Da Il Fatto Quotidiano del 25 agosto 2010

Quei bolscevichi di Famiglia Cristiana…

La Costituzione dimezzata

Il Cavaliere è sempre più insofferente delle “forme” e dei “limiti” previsti dalla Costituzione.

Ecco l’Editoriale di “Famiglia Cristiana” n.35, in edicola dal 25 agosto.

di Beppe Del Colle

Berlusconi ha detto chiaro e tondo che nel cammino verso le elezioni anticipate – qualora il piano dei “cinque punti” non riceva rapidamente la fiducia del Parlamento – non si farà incantare da nessuno, tantomeno dai “formalismi costituzionali”. Così lo sappiamo dalla sua viva voce: in Italia comanda solo lui, grazie alla “sovranità popolare” che finora lo ha votato. La Costituzione in realtà dice: «La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione». Berlusconi si ferma a metà della frase, il resto non gli interessa, è puro “formalismo”. Quanti italiani avranno saputo di queste parole? Fra quelli che le hanno apprese, quanti le avranno approvate, quanti le avranno criticate, a quanti non sono importate nulla, alle prese come sono con ben altri problemi? Forse una risposta verrà dalle prossime elezioni, se si faranno presto e comunque, come sostiene Umberto Bossi (con la Lega che spera di conseguire il primato nel Nord e, di conseguenza, il solo potere concreto che conta oggi in Italia). Ma più probabilmente non lo sapremo mai. La situazione politica italiana è assolutamente unica in tutte le attuali democrazie, in Paesi dove – almeno da Machiavelli in poi – la questione del potere, attraverso cento passaggi teorici e pratici, è stata trattata in modo che si arrivasse a sistemi bilanciati, in cui nessun potere può arrogarsi il diritto di fare quello che vuole, avendo per di più in mano la grande maggioranza dei mezzi di comunicazione. Uno dei temi trattati in queste settimane dagli opinionisti è che cosa ci si aspetta dal mondo cattolico, invitato da Gian Enrico Rusconi su La Stampa a fare autocritica. Su che cosa, in particolare? La discesa in campo di Berlusconi ha avuto come risultato quello che nessun politico nel mezzo secolo precedente aveva mai sperato: di spaccare in due il voto cattolico (o, per meglio dire, il voto democristiano). Quale delle due metà deve fare “autocritica”: quella che ha scelto il Cavaliere, o quella che si è divisa fra il Centro e la Sinistra, piena di magoni sui temi “non negoziabili” sui quali la Chiesa insiste in questi anni? A proposito. Ivan Illich, famoso sacerdote, teologo e sociologo critico della modernità, distingueva fra la vie substantive (cioè quella che riassume il concetto di “vita” mettendo insieme, come è giusto, e come risponde all’etica cristiana, tutti i momenti di un’esistenza umana, dalla fase embrionale a quella della morte naturale) e ogni altro aspetto della vita personale o comunitaria, a cui un sistema sociale e politico deve provvedere. Il berlusconismo sembra averne fatto una regola: se promette alla Chiesa di appassionarsi (soprattutto con i suoi atei-devoti) all’embrione e a tutto il resto, con la vita quotidiana degli altri non ha esitazioni: il “metodo Boffo” (chi dissente va distrutto) è fatto apposta.

Un grazie

Un grazie, non formale, agli amici di Campagnola e di Casina, dove abbiamo presentato nelle ultime sere il libro “Il primo giorno d’inverno”. Trovare persone, attente, interessate che scelgono di dedicare una serata estiva a discutere di un libro, anzichè prendersi un gelato o farsi una passeggiata è il miglior riscontro per chi si ostina a fare il mestiere dello storico. E stavolta, non succede spesso, vedere anche amministratori e sindaci interessati alla nostra storia comune, è un buon segnale nel mare di guano che ormai ci sommerge e al quale, sembra, i più abbiano fatto l’abitudine (in fondo ci si abitua a tutto, no?). Non abbiamo la pretesa di cambiare il mondo, continuiamo a svolgere la nostra azione di “manovalanza democratica”per dare un contributo, tutti insieme, a migliorare un po’ questo bel paese (sfpd).

Un letterale assaggio reggiano


abstract logo.jpg
Scrittori che presentano libri… Libri che presentano scrittori
2° edizione – Reggio Emilia, luoghi vv.
8-29 luglio 2010
Direttore artistico e conduttore degli incontri: DAMIANO PIGNEDOLI
WEB | unletteraleassaggioreggiano.blogspot.com
E-MAIL | unletteraleassaggioreggiano@gmail.com
FACEBOOK | Un letterale assaggio reggiano
INFO LINE | 0522 454252


Concept e descrizione generale
Rassegna culturale promossa da Confesercenti e FIEPeT – Federazione Italiana Esercenti Pubblici e del Turismo, col Patrocinio del Comune di Reggio Emilia.
Avrà luogo ogni martedì e giovedì sera dall’8 al 29 luglio 2010 nelle distese all’aperto di alcuni locali di ristorazione del centro storico reggiano alle ore 21.15 circa.
In un ambiente conviviale coordinato con le esigenze dell’evento live, e slittando informalmente dalla fine cena alla consecutiva situazione di ascolto mirato e attento, ecco sette appuntamenti con la cultura e la riflessione che si svolgeranno in accoglienti e suggestivi spazi offerti da cinque esercizi pubblici.
Una serie di incontri dal vivo assieme ad autori, artisti e intellettuali di rilievo, con i quali confrontarsi su un loro libro di recente pubblicazione: spaziando tra analisi e riflessioni, tuttavia nell’ottica di allargare lo sguardo sull’insieme dell’opera e su altri territori d’indagine ed espressione, con sguardo sensibile alle problematiche dettate dall’attualità. Tutto ciò lungo un’ora/un’ora e mezza di dibattiti, di conversazioni pubbliche a contatto quantomai ravvicinato con la platea.
Una manifestazione giovane, popolare, che punta a recuperare una dimensione aggregativa rifacendosi a una cultura della convivialità tipica delle nostre terre. Dove seduti attorno a un tavolo, dopo aver nutrito il corpo, si dà agio alla mente di alimentare l’anima di storie, pensieri e visioni di costruttiva alterità da condividere insieme, nell’immediatezza comunicativa rinvigorita da un tal contesto e abbraccio di riscoperta familiarità e vicinanza. Ascoltando e facendo ascoltare, avvicinando e facendo avvicinare, sì da dissolvere la dispersione di idee e sentimenti di questi nostri tempi sgraziati e strani.
Un evento fatto in casa ma, gradualmente, pensato in grande: UN LETTERALE ASSAGGIO REGGIANO è uno spazio intellettivo vibrante di contenuti e argomenti, che se nasce piccolo è soltanto per crescere nel tempo e maturare. Usando e osando l’Incredibile per fare il Possibile.

Martedì 20 luglio 2010 | ore 21.15  CAFFÈ TROPICAL, PIAZZA C. BATTISTI
MASSIMO STORCHI [fortezzabastiani.myblog.it].
A ridosso dello scorso 25 aprile è uscito Il primo giorno d’inverno. Cervarolo, 20 marzo 1944 – una strage nazifascista dimenticata, Aliberti editore, Reggio Emilia 2010, l’ultima sua fatica di storico rigoroso ed estremamente documentato elaborata con il giurista ITALO ROVALI, il quale sarà parimenti al centro dell’appuntamento a rendere testimonianza delle ragioni di famigliari e parenti delle vittime dell’eccidio evocato dal titolo anzidetto. Dalle pagine del libro, pertanto, alla condivisione riflessiva dal vivo di un tragico quanto emblematico crimine (avvenuto in una frazione dell’appennino reggiano), al fine di continuare a rinvenire e rilanciare un Mythos della Liberazione italiana dalla dittatura nazifascista, riscoprendone le potenzialità simboliche al fine di riedificare un’identità nazionale condivisa capace di lucida critica (ed autocritica…) in tempi – quali quelli odierni – di frammentazione sociale e di dittature più occulte e subdole.

Televisione e realtà (U.Galimberti)

Avverto un certo disagio nel guardare la tv, non mi fido e non mi sono mai fidato, ora è certo e chiaro che la tv è finzione, e non lo penso soltanto io. Il televisore è soltanto una scatola di bugie e noi, per mancanza di idee e stanchezza fisica, ne facciamo un uso smodato.
Mi rendo conto che per molte persone la tv sia una compagnia, per gli anziani ad esempio che escono poco e per i giovanissimi che non rinunciano ai cartoni giustamente, però nell’insieme e con gli anni il ruolo della tv ha preso una piega sempre più imbonitrice e inculcatrice, come fosse diventata la prima e indiscutibile fonte di cultura, educazione, informazione e veicolo primario di insegnamento di vita. La tv, o meglio chi la controlla, punta alla bonifica del pensiero dell’uomo libero, tenta giorno dopo giorno e con successo di omologare la gente al linguaggio e insegnamento televisivo e quindi punta a fare accettare per vera e buona n’informazione di parte, legata sempre più ai poteri che la governano.

Dario Olivastrini

In ogni tempo, in ogni luogo, in ogni epoca storica gli uomini non hanno mai abitato il mondo, ma sempre e solo la sua descrizione: mitica nel mondo antico, religiosa nel medioevo, scientifica nell’età moderna e oggi tecnica.
Se non c’è un mondo al di là della sua descrizione, la televisione non è un “mezzo” che rende pubblici dei fatti, ma la pubblicità che concede diventa il “fine” per cui i fatti accadono. L’informazione cessa di essere un “resoconto” per tradursi in una vera e propria “costruzione” dei fatti, E questo non nel senso che molti fatti del mondo non avrebbero rilevanza se i media non ce li proponessero, ma perché un enorme numero di azioni non verrebbero compiute se i mezzi di comunicazione non ne dessero notizia. Oggi il mondo accade perché lo si comunica, e il mondo comunicato è l’unico che abitiamo.
Non più un mondo di fatti e poi l’informazione, ma un mondo di fatti per l’informazione.
Questo è il vero problema: la costruzione televisiva del mondo che prende il posto del mondo. Con questo non si vuoi dire che la televisione mente.
Non ne ha bisogno in un contesto dove nulla viene più fatto se non per essere telecomunicato. Siamo quindi noi i veri responsabili della risoluzione del mondo nella sua narrazione televisiva.
Ma là dove la “realtà” del mondo non è più discernibile dal racconto del mondo, il consenso non avviene più sulle cose, ma sulla “descrizione” televisiva delle cose, che ha preso il posto della loro realtà. La conseguenza è l’abolizione dell’opinione pubblica, perché se tutti guardano la televisione, quando si sonda l’opinione pubblica, ciò che il sondaggio verifica non è la libera opinione dei cittadini, ma l’efficacia persuasiva della televisione, che prima crea l’opinione pubblica e poi sonda la sua creazione. A questo punto l’opinione pubblica altro non è che lo specchio di rifrazione del discorso televisivo in cui si celebra la descrizione del mondo.
In ciò nulla di nuovo. Anche la vita degli antichi o quella dei medioevali era lo specchio di rifrazione su cui si celebrava il discorso mitico o il discorso religioso.
La novità è che nelle società antiche, dove si disponeva solo di piazze o di pulpiti, non era possibile raggiungere l’intero sociale, per cui restavano spazi per idee e discorsi differenti, da cui prendeva avvio la novità storica. Oggi questo spazio è praticamente abolito, e la novità storica, se potrà esprimersi, dovrà prodursi in forme che ancora non si lasciano intravedere.
E allora il problema si risolve non spegnendo la televisione, ma creando altre fonti di informazione alternative alla descrizione televisiva del mondo, come i giornali che pochi leggono, o internet da noi ancora così poco frequentato. E questo per non trovarci in quella condizione che Günter Anders descrive in quel Racconto per bambini, dove si narra che un re non vedeva di buon occhio che suo figlio, abbandonando le strade controllate, si aggirasse per le campagne per formarsi un giudizio sul mondo; perciò gli regalò carrozza e cavalli: «Ora non hai più bisogno di andare a piedi», furono le sue parole. «Ora non ti è più consentito di farlo», era il loro significato. «Ora non puoi più farlo», fu il loro effetto.

Umberto Galimberti
Repubblica “D”, 260610

S.Vitale di Carpineti

DSC00230.JPGAll’interno della Rassegna Duemiladieci (http://www.duemiladieci.net/duemiladieci.php) sabato pomeriggio abbiamo presentato il libro “Il primo giorno d’inverno” presso l’Ostello-Ristoro di S.Vitale di Carpineti. Luogo magico e, credo, un pomeriggio davvero speciale per l’interesse, l’attenzione, la simpatia dei presenti e degli organizzatori. Un grazie a Chiara, violinista e cantante e alla sua collega chitarrista.

In questa Italia orribilmente sporca (per dirla alla PPP) passare quasi tre ore e mezzo a parlare di libri, di storia, di memoria è un buon segno, un’altra piccola azione di manovalanza democratica.

Segnalazione turistica ai 25 lettori di Fortezza Bastiani: non perdetevi un luogo come S.Vitale!

L’otto per mille ai valdesi, una scelta di laicità (P.Flores D’Arcais)

Chiesa pigliatutto: le carte truccate dell’otto per mille

Per molti italiani è tempo di dichiarazione dei redditi. Dunque è anche tempo di otto per mille, questo balzello clericale che arricchisce la Chiesa gerarchica come Mammona e viola sfacciatamente il principio di laicità dello Stato.

All’origine della democrazia liberale, infatti, sono i Padri fondatori degli Stati Uniti d’America, che stabilirono in modo rigoroso il principio secondo cui ogni confessione religiosa si mantiene materialmente con le donazioni dei fedeli, “senza oneri per lo Stato” (per dirla con la nostra Costituzione, platealmente disattesa, riferita alle scuole private). Punto. Tanto è vero che Madison, quarto presidente, si avvalse addirittura del veto presidenziale per bloccare un provvedimento del Congresso non sufficientemente rispettoso del principio.

L’otto per mille è invece una violazione doppia del principio di laicità, l’Italia in questo vuole essere all’avanguardia. Non solo perché lo Stato si fa esattore per la Cei – Conferenza Episcopale Italiana – di oboli che i fedeli dovrebbero versare direttamente, secondo generosità volontaria (che comprende anche a quale istituzione particolare dentro la Chiesa destinare il proprio contributo), ma perché il cittadino che non firma per nessuna confessione religiosa e neppure per lo Stato (almeno la metà dei contribuenti), versa egualmente l’obolo che palesemente non intende dare: d’ufficio e obtorto collo, a tutte le confessioni religiose e allo Stato (cioè al governo) in proporzione alle scelte fatte dagli altri contribuenti. Ma non finisce qui.

Lo Stato, cioè il governo, della quota racimolata fa spesso un uso che più improprio non si può, cioè la storna di nuova alla Chiesa gerarchica come sostegno e contributo alle iniziative più diverse. Insomma: l’otto per mille andrebbe abrogato, questa è l’unico obiettivo coerente da un punto di vista democratico. Del resto andrebbe abrogato il Concordato in quanto tale, sempre secondo quella coerenza che nel centocinquantesimo anniversario della nascita della strombazzata – solo nella retorica – “Patria”, sarebbe un piccolo omaggio concreto alla memoria dei patrioti che l’Italia hanno fatto, cominciando da Garibaldi, Mazzini e Cavour, il più “moderato”, ma comunque intransigente nell’opporre a ogni cedimento concordatario il “sacrilego” (Pio IX dixit) “libera Chiesa in libero Stato”.

Oggi non c’è nessuna forza politica disposta a prendere neppure lontanamente in considerazione l’abrogazione dell’otto per mille (non parliamo del Concordato). E poiché il tema – almeno a sé stante – non sembra tale da mobilitare le masse in piazza, per il cittadino laico sembra non resti nulla da fare se non rodersi il fegato in isolata e impotente indignazione. E invece no, qualcosa si può fare, e anche di notevole e materialissima efficacia, contro questa prepotenza clericale.

Abbiamo visto che firmare per lo Stato anziché per la Cei è come dalla padella nella brace, visto che comunque significherebbe dare altri soldi a partiti lottizzatori e alle loro cricche di affaristi al seguito. Altra cosa sarebbe se l’alternativa a una confessione religiosa fosse un elenco di associazioni tipo la ricerca sul cancro, ma questa concorrenza leale la Chiesa gerarchica e i politici del bacio della pantofola non la consentiranno mai.

C’è però già la possibilità, per quanto possa suonare paradossale, di combattere il clericalismo con la religione. Esiste infatti una confessione religiosa che si impegna solennemente – e fornisce tutti gli strumenti di controllo – a utilizzare la sua quota di otto per mille esclusivamente per opere di beneficenza o promozione culturale, puntualmente elencate, e di non spendere neppure un euro per i propri pastori d’anime o per le strutture materiali delle proprie chiese.

Non a caso ho detto “pastori”, perché si tratta della Chiesa valdese, ora ufficialmente denominata “Chiesa Evangelica Valdese – Unione delle Chiese Valdesi e Metodiste”, dalle nobilissime origini eretiche e conseguenti persecuzioni di secoli, caratterizzata da un atteggiamento di rispetto della laicità che manca purtroppo a tanti scettici, miscredenti e atei (più o meno devoti). Versare l’otto per mille a questa confessione è oggi la scelta più radicalmente laica che si possa fare, e infatti a praticarla non sono solo tanti agnostici e atei (non devoti) ma perfino dei cattolici che sentono l’obbedienza a quanto dice il Vangelo più importante dell’obbedienza alla Cei dei Ruini e dei Bagnasco o al Vaticano del Papa e dello Ior.
Sarebbe perciò un bel segnale di civiltà se sul Web si scatenasse una campagna “dal basso” per invitare tutti i democratici a firmare l’otto per mille ai valdesi, se avvenisse quel contagio digitale virtuoso che amplifichi e moltiplichi un fenomeno molecolarmente già in atto da alcuni anni. E che ovviamente mass media proni nel bacio della pantofola si sono ben guardati dal raccontare.

Così come sarebbe necessario che finalmente il Parlamento (e forse anche la magistratura) si occupassero di un problema grande come una casa, o meglio gigantesco come l’intero patrimonio immobiliare della Chiesa gerarchica: il controllo sul “voto” che riguarda l’otto per mille, cioè sulle firme con cui ciascuno sceglie nella dichiarazione dei diritti a chi destinarlo.
Un “voto” non molto meno importante di quello che si esprime nelle urne, e di cui i funzionari del fisco sono certamente contabili scrupolosi. Come gli scrutatori ai seggi, cui però i partiti hanno il diritto di affiancare i “rappresentanti di lista”. Se lo stesso potessero fare i rappresentanti delle diverse confessioni, anche gli inguaribili sospettosi sarebbero più tranquilli.

Il Fatto Quotidiano, 8 giugno 2010

Caro Flores, plaudo alla tua proposta, ma per una volta c’è chi già ci aveva pensato: almeno da 10 anni il sottoscritto destina il suo 8 ‰ alla Chiesa valdese. Una scelta fatta come cristiano e come cittadino. Come cittadino per il senso dello Stato dimostrato dalla Chiesa Valdese, come cristiano per contribuire, nel mio piccolo, alla povertà della Chiesa…

Il mistero è svelato

Guatemala-Sinkhole-Photo.jpgDa tempo mi arrovellavo: dov’era finito il buon senso, l’educazione, la decenza, il senso dello Stato? Dove il senso dell’importanza della cultura? Della convivenza civile?

Dove è finita la speranza di un domani migliore per i nostri figli? Dove è finito quel po’ di orgoglio di essere italiani?

Poi finalmente il mistero si è svelato. La foto lo rappresenta bene: non è il cervello di Bondi o altre parti anatomiche di membri del Governo. E’ la voragine apertasi a Città del Guatemala, evidentemente per un qualche buco spazio-temporale la detta voragine ha ingoiato quelle cosette scomparse dal nostro povero paese.

Almeno adesso lo sappiamo, possiamo stare più tranquilli (sfpd).