Se non c’è il codice fiscale…

Mentre stiamo ancora aspettando qualche risultato, dopo i primi instant-poll, che ci confermino (o no) sul grado di putrescenza del paese, mi colpisce una notiziola apparsa sul web. A Napoli una studentessa ucraina è bravissima, parla 6 lingue, nel suo paese ha già il titolo di studio ma qui no. Non può dare la maturità, perchè? Grazie a una delle tante gelminate, chi non ha il codice fiscale (e quindi è cittadino italiano), non può fare la maturità.

Mi sembra giusto: il codice fiscale è fondamentale in un paese dove pagare le tasse è un simpatico hobby di qualche maniaco. E poi: se incominciamo a dare titoli di studio a tutti quelli bravi (ma non italioti), come faremo con la massa di idioti figli di papà, ignoranti come zucche, ma già con la laurea prenotata per eredità? Una studentessa reggiana, collega di mia figlia, diceva con un pizzico di vanità: “io farò i test di ammissione, ne so poco, ma tanto lo so che il mio papà…”. E se poi ti arriva la prima ucraina? Un po’ di decenza, prima i nostri ignoranti, poi, se mai, gli altri, ma se mai, eh?

p.s. Ma la Gelmini non era quella tizia che s’era andata a fare al sud il concorsino aggiustato? Vedete? Così si fa, forse non aveva altre doti, non era versata in un qualche capitolo del kamasutra, però ce l’ha fatta! Ministra! E se ce l’ha fatta una come lei, allora tutti (ma proprio tutti) abbiamo qualche speranza (ucraine escluse, ovvio).

http://www.repubblica.it/2009/05/sezioni/scuola_e_universita/servizi/padova-permesso-soggiorno/napoli-ucraina/napoli-ucraina.html

Imperatore dell’immaginazione

Tempi duri per i troppo buoni“, diceva lo slogan di certi biscotti della mia infanzia. E allora tornano fuori (come segnala Travaglio sull’Unità) i vecchi mastini del premier (provvisorio)-satiro, mentre i leccobardi d’ufficio (Battista, Panebianco, Polito,..) tirano il fiato (stare sempre con la lingua fuori è faticoso, immagino) e ci deliziano con articolesse sublimi. Stavolta, ahinoi, l’ex agente CIA Ferrara, ci sput.., pardon ci s-prostituisce anche all’estero, nell’amica Germania, dove è apparso il suo articolo su Die Welt .

http://www.ilfoglio.it/soloqui/2536

Leggetelo! E’una epifania, una rivelazione, un passaggio iniziatico. Noi pensavamo di avere un premier (provvisorio) degno di un dancing di terzo ordine? Noo, si tratta di un “imperatore dell’immaginazione e della politica”. Credevamo fosse entrato in politica per sfuggire alle patrie galere? Noo,quando ha visto il pericolo di perderla [la sua fortuna] per mano di giudici moralisti e politici di sinistra, ha deciso di entrare in politica e di prendere il potere”. Bello, eh? Ma le rivelazioni non sono finite: pensavamo di avere a che fare con un guitto arricchito privo di scrupoli? Noo:Uno dei suoi più recenti capolavori è stato dichiararsi fautore dell’anarchia etica e garantirsi al tempo stesso l’appoggio della gerarchia cattolica, dal Papa in giù“. Capito? Calpestare i dieci comandamenti nei primi venti minuti della giornata si chiama “anarchia etica”. Geniale!

Gli italiani lo amano, logico “amano il suo tratto populista, la sua vicinanza ai loro difetti, verso i quali nessuno al mondo sa essere indulgente come i miei compatrioti“.

E l’ultima quisquilia? Pinzellacchera? Sì, quella robina lì di minorenni, feste, velina, ragazze di gamba svelta, viaggi a nostre spese? E’roba surreale“, frequentare una minorenne cos’è per un 73enne? Codice penale, roba da ludi porcorum? Nooo: tenetevi, si tratta dipatronage“!! E le suddette ragazze di piccola virtù, le “demivierges” di prevostiana memoria? Semplice: sonooggi una sorta di nuova classe sociale postmoderna che produce plusvalore e si guadagna da vivere attraverso l’immagine“. Che queste “demivierges” siano produttrici di plusvalore è una tautologia (“c’è chi l’amore lo fa per noia, chi se lo sceglie per professione, Boccadirosa…”) ma che si fosse formata anche una nuova classe sociale ci era sfuggito. Pensavamo fosse roba da codice penale, da Squadra Buoncostume, invece fra un po’ salterà fuori Durkheim.  Sull'”immagine” poi come fonte del loro reddito…rinvierei al ben noto quadro di Courbet “L’origine del mondo” (1866) per identificare con maggior accuratezza tale fonte…

E per noi, obsoleti cattocomunisti, incapaci di capire e apprezzare i “pubblici primati di potenza virile” del vecchio satiro (primati dopati, visto l’uso di pilloline blu in quantità industriali)? Per noi non resta che la forca. L’obeso del Foglio così ci condanna “Non resta altro mezzo per rimettere in onore la politica, si devono come prima cosa impiccare i moralisti(Nietzsche). Povero Friedrich! Avessi saputo che un giorno  un simile cefalopenico avrebbe usato un tuo scritto, magari avresti lasciato carta e penna e saresti andato prima a cercare la meravigliosa (lei sì, altro che queste mezze calzette di gomma) Lou Salomè…

Giacomo Ulivi, anni 19

Cari amici,
vi vorrei confessare, innanzi tutto, che tre volte ho strappato e scritto questa lettera. L’avevo iniziata con uno sguardo in giro, con un sincero rimpianto per le rovine che ci circondano, ma, nel passare da questo all’ argomento di cui desidero parlarvi, temevo di apparire «falso», di inzuccherare con un preambolo patetico una pillola propagandistica. E questa parola temo come un’offesa immeritata: non si tratta di propaganda ma di un esame che vorrei fare con voi.
Invece dobbiamo guardare ed esaminare insieme: che cosa? Noi stessi. Per abituarci a vedere in noi la parte di responsabilità che abbiamo dei nostri mali. Per riconoscere quanto da parte nostra si è fatto, per giungere ove siamo giunti. Non voglio sembrarvi un Savonarola che richiami al flagello. Vorrei che con me conveniste quanto ci sentiamo impreparati, e gravati di recenti errori, e pensassimo al fatto che tutto noi dobbiamo rifare. …
Ma soprattutto, vedete, dobbiamo fare noi stessi: è la premessa per tutto il resto. Mi chiederete, perché rifare noi stessi, in che senso? Ecco, per esempio, quanti di noi “sperano nella fine di questi casi tremendi, per iniziare una laboriosa e quieta vita, dedicata alla famiglia ed al lavoro? Benissimo: è un sentimento generale, diffuso e soddisfacente. Ma, credo, lavorare non basterà: nel desiderio invincibile di «quiete », anche se laboriosa, è il segno dell’errore. Perché in questo bisogno di quiete è il tentativo di allontanarsi il più possibile da ogni manifestazione politica. E il tremendo, il più terribile, credetemi, risultato di un’opera di diseducazione ventennale, di diseducazione o di educazione negativa, che martellando per vent’anni da ogni lato, è riuscita ad inchiodare in molti di noi dei pregiudizi. Fondamentale quello della «sporcizia» della politica che mi sembra sia stato inspirato per due vie. Tutti i giorni ci hanno detto che la politica è lavoro di «specialisti ».
Duro lavoro, che ha le sue esigenze: e queste esigenze, come ogni giorno si vedeva, erano stranamente consimili a quelle che stanno alla base dell’opera di qualunque ladro e grassatore; Teoria e pratica concorsero a distoglierci e ad allontanarci da ogni attività politica. Comodo, eh? Lasciate fare a chi può e deve; voi lavorate e credete, questo dicevano: e quello che facevano lo vediamo ora che nella vita politica – se vita politica vuol dire soprattutto diretta partecipazione ai casi nostri – ci siamo scaraventati dagli eventi. Qui sta la nostra colpa, io credo: come mai, noi italiani, con tanti secoli di esperienza, usciti da un meraviglioso processo di liberazione, in cui non altri che i nostri nonni dettero prova di qualità uniche in Europa, di un attaccamento alla cosa pubblica, il che vuol dire a se stessi, senza esempio forse, abbiamo abdicato, lasciato ogni diritto, di fronte a qualche vacua, rimbombante parola? Che cosa abbiamo creduto? Creduto grazie al cielo niente ma in ogni modo ci siamo lasciati strappare di mano tutto, da una minoranza inadeguata, moralmente e intellettualmente.
Questa ci ha depredato, buttato in un’avventura senza fine; e questo è il lato più «roseo» io credo. Il brutto è che le parole e gli atti di quella minoranza hanno intaccato la posizione morale, la mentalità di molti di noi. Credetemi, la «cosa pubblica» è noi stessi, ciò che ci lega ad essa non è un luogo comune, una parola grossa e vuota, come « patriottismo » o amore per la madre che in lacrime e in catene ci chiama, visioni barocche, anche se lievito meraviglioso di altre generazioni. Noi siamo falsi con noi stessi, ma non dimentichiamo noi stessi, in una leggerezza tremenda. Al di là di ogni retorica, constatiamo come la cosa pubblica sia noi stessi, la nostra famiglia, il nostro lavoro, il nostro mondo, insomma, che ogni sua sciagura, è sciagura nostra, come ora soffriamo per l’estrema miseria in cui il nostro paese è caduto: se lo avessimo sempre tenuto presente, come sarebbe successo questo? L’egoismo ci dispiace sentire questa parola – è come una doccia fredda, vero? Sempre, tutte le pillole ci sono state propinate col dolce intorno; tutto è stato ammantato di retorica. Facciamoci forza, impariamo a sentire l’amaro; non dobbiamo celarlo con un paravento ideale, perché nell’ombra si dilati indisturbato.

Ricordate, siete uomini, avete il dovere, se il vostro istinto non vi spinge ad esercitare il diritto, di badare ai vostri interessi, di badare a quelli dei vostri figli, dei vostri cari. Avete mai pensato che nei prossimi mesi si deciderà il destino del nostro Paese, di noi stessi: quale peso decisivo avrà la nostra volontà se sapremo farla valere: che nostra sarà la responsabilità, se andremo incontro a un pericolo negativo? Bisognerà fare molto. Provate a chiedervi un giorno, quale stato, per l’idea che avete voi stessi della vera vita, vi pare ben ordinato: per questo informatevi a giudizi obbiettivi. Se credete nella libertà democratica, in cui nei limiti della costituzione, voi stessi potreste indirizzare la cosa pubblica, oppure aspettate una nuova concezione, piu equalitaria della vita e della proprietà. E se accettate la prima soluzione, desiderate che la facoltà di eleggere, per esempio, sia di tutti, in modo che il corpo eletto sia espressione diretta e genuina del nostro Paese, o restringerla ai più preparati oggi, per giungere ad un progressivo allargamento? Questo ed altro dovete chiedervi. Dovete convincervi, e prepararvi a convincere, non a sopraffare gli altri, ma neppure a rinunciare.
Oggi bisogna combattere contro l’oppressore. Questo’ è il primo dovere per noi tutti ma è bene prepararsi a risolvere quei problemi in modo duraturo, e che eviti il risorgere di essi ed il ripetersi di tutto quanto si è abbattuto su di noi.
Termino questa lunga lettera un po’ confusa, lo so, ma spontanea, scusandomi ed augurandoci buon lavoro.

GIACOMO ULIVI
Di anni 19 – studente di terzo anno alla facoltà di legge dell’Università di Parma – nato a Baccanelli San Pancrazio (Parma) il 29 ottobre 1925 -. Dal febbraio 1944 è incaricato dei collegamenti fra il C.L.N. di Parma ed il C.L.N. di Carrara nonché con ufficiali inglesi – collabora all’avvio ed all’organizzazione di renitenti alla leva sull’ Appennino tosco-emiliano – cat- turato una prima volta 1’11 marzo 1944, riesce a fuggire rifugiandosi a Modena, mentre la madre viene anch’essa arrestata e sottoposta ad interrogatori e minacce – riprende il lavoro organizzativo – è catturato una seconda volta dai tedeschi nei dintorni di Modena – riesce ancora a fuggire -. Catturato una terza volta il 30 ottobre 1944 in Via Farini a Modena, ad opera di militi delle Brigate Nere – tradotto nelle carceri dell’Accademia Militare – torturato -. Dapprima amnistiato, poi fucilato per rappresaglia il mattino del 10 novembre 1944, sulla Piazza Grande di Modena, da plotone della G.N.R., con Alfonso Piazza e Emilio Po -Medaglia d’ Argento al Valor Militare.
(Lettera scritta agli amici fra il secondo e l’ultimo arresto.)

Entusiasmo popolare

I GR della giornata hanno riportato la notizia del premier(provvisorio)-satiro salutato da ali di folla nel suo tragitto a piedi da Piazza Venezia a palazzo Grazioli. Era tutto preparato: da ieri alle 13 i circoli del Pollo della Libertà loro di Roma erano stati allertati perchè si presentassero stamattina, con bambini al seguito. Per i presenti era offerto il pranzo.Non si sa se fosse previsto anche un compenso.

Insomma una “spontanea” manifestazione di entusiasmo per il vecchio satiro.

E’ vero, non è ciarpame

Esce il libro della candidata L’Alloro “Noi, le ragazze di Silvio”. In cui l’autrice nega di far parte di quel “ciarpame” stigmatizzato da Veronica Lario.

Secondo il dizionario dicesi “ciarpame”: “Insieme di cose vecchie e senza valore, ammucchiate alla rinfusa.”

Siamo d’accordo, le “ragazze di Silvio” non sono ciarpame. Sono qualcos’altro. E lo sappiamo tutti.

Grazie!

Grazie! Devo dire un grazie agli amici, conosciuti e no, che si prendono la briga e l’onere (spero qualche volta il piacere) di leggere questo blog. Nel mese di maggio le visite sono state 1254, per un totale di 2882 pagine lette. Una media di 40 lettori/giorno, con punte di 79!! E pensare che Manzoni si rivolgeva ai suoi 25 lettori! Questa è la miglior dimostrazione della catastrofe culturale nazionale: tante persone leggono quello che questo modesto storico da cortile scrive!

Comunque sia, grazie, ancor di più questo mi sembra un risultato, piccolissimo, minimo, ma che mi conferma nel fatto che ci sono ancora persone vere, che hanno voglia di pensare, anche di non essere d’accordo, ma vive. Il che, in questa specie di Mirabilandia (o Mignottopoli) che è diventato il nostro povero paese, non è poco.