Discorso sulla servitù (G.D’Elia)

“Se l’idelogia è la distanza tra ciò che si è e ciò che si dice di essere, bisogna tornare all’analisi delle parole che dicono il loro contrario. Dopo la Casa della Libertà, il Partito della Libertà, eccoci giunti al Popolo della Libertà. Facciamo l’antìfrasi. Il riassunto italiano degli ultimi quindici anni merita ormai una definizione storico-linguistica, che attinga alla storia (francese) della cultura e della critica umanistica del dispotismo politico: si pensi all’opera di Etienne de la Boétie (1530-1563) intitolata Discorso della servitù volontaria, composta giovanissimo nel 1546 o nel 1548 e pubblicata postuma grazie al suo erede testamentario e amico Montaigne nel 1574, manifesto della libertà protestante. “La distanza fra ciò che gli uomini sono e quello che dicono di essere” (Franco Fortini) deve far sostituire alla parola libertà il suo contrario; avremo così il rovescio della falsità, la verità storica e presente dell’Italia, dal plurale della Casa della Servitù al singolare del Partito della Servitù, e , ancora più pregnante per il nostro riferimento, l’irresistibile Popolo della Servitù.
Il celebre libello di La Boétie, composto “in onore della libertà contro i tiranni”, fu da allora ribattezzato “Il Contro Uno” e spesso riutilizzato nella storia francese come appello alla rivolta contro l’autorità costituita: diritto e dovere di difesa. E tuttavia, cosa oggi assi più interessante per noi, dopo la rovina della strategia e della tattica rivoluzionaria comunista, la resistenza alla miseria e all’oppressione non passa, secondo La Boétie, attraverso la violenza e il delitto, ma attraverso la coscienza e la sua diffusione, contro l’unico Maîstre, Signore e Padrone.
La servitù dei popoli è infatti volontaria, perché “non si può dubitare che noi siamo naturalmente liberi, dato che siamo tutti compagni, se non può cadere nell’intendimento di nessuno che la natura abbia messo qualcuno in servitù, avendoci tutti messi in compagnia!”, pare il cuore della “Ginestra” leopardiana, il “vero amor”, gli “uomini confederati”, contro i deliri razzisti e sciovinisti delle fasulle identità padane dei leghisti nostrani.
Il “Discorso” è infatti una difesa della dignità umana, e dei suoi inalienabili diritti individuali e collettivi, civili, religiosi. La Boétie elenca tre tipi di tiranni, che derivano da tre tipi di fonti, azioni e funzioni: elezione (popolo), forza (violenza delle armi), successione (dinastia). A questi tre tipi di tiranno corrispondono tre tipi di servitù: elettiva, armata, dinastica. La servitù elettiva è quella che ci riguarda, perché è quella volontaria della democrazia mediatici e parlamentare che viviamo. La servitù del popolo italiano è volontaria; sono i cittadini che “si tagliano da soli la gola” e che, accettandone il giogo, snaturano la natura umana e democratica: la maggioranza degli italiani. Gli italiani sfuggiranno dunque alla loro orribile soggezione, soltando riconquistando la loro prima verità, la loro “natura franca”. Da questo risorgimento ontologico, contro la restaurazione politica, dipende la grande peripezia della vita civile che, in una prospettiva di nuovo contrattualistica e concreta farà di ogni cittadino un uomo e non un suddito, il solo artefice del mondo politico, non più delegato né a Dio né ai suoi luogotenenti, “unti del Signore”, Padroni e servi e masse manipolate.

“Contro la separazione dei fenomeni” (Pasolini) vediamo l’insieme. Dopo Mussolini, Berlusconi è il caso italiano più esasperante. Ascoltiamo Baudelaire, da  Il mio cuore messo a nudo…:”Insomma, davanti alla storia e di fronte al popolo francese, la grane gloria di Napoleone III sarà stata quella di provare che il primo venuto può, impadronendosi del telegrafo e della stampa, governare una grande nazione. Imbecilli quelli che credono che simili cose si possonorealizzare senza l’assenso popolare, così come quelli che credono che la gloria non si possa fondare che sulla virtù. I dittatori sono i domatici del popolo, niente di più, un fittuto ruolo, del resto se la gloria è il risultato dell’adattamento di uno spirito tale alla stupidità nazionale”. Il primo venuto si è impadronito, da noi, non del telegrafo, ma della televisione e della Stampa nazionale, e quindi del governo. Anche noi non siamo imbecilli e sappiamo che l’accondiscendenza del popolo italiano è fondata sul voto e sul fascino del reato e del vizio che il piccolo tiranno italiano di oggi incarna, per tutti gli evasori e i puttanieri della nostra sterminata piccola borghesia arricchita e razzista: è la sua gloria, e la loro.

L’adattamento alla stupidità nazionale dice che la questione italiana, purtroppo, è una questione di servitù volontaria degli italiani, più che della loro classe politica, di una buona metà. Sarebbe bello poter dire, a compenso, la famosa frase del film: “E’la stampa bellezza!”. Purtroppo, anche la stampa dovrebbe scioperare contro la maggioranza di sì stessa, perché finisca l’Italia della servitù volontaria che ci soffoca se, secondo Pasolini, noi non sapremo mai, ma almeno diremo la verità: “Ora, quando si saprà, o, meglio, si dirà tutta intera la verità del potere di questi anni, sarà chiara anche la follia dei commentatori politici italiani e delle èlites colte italiane. E quindi la loro omertà” (“Il Mondo”, 28 agosto 1975). Questa è la lettera luterana che dovremmo impugnare, nel conflitto dirompente tra l’interesse al silenzio e l’interesse al dissenso della verità politica, contro la pratica politica di sempre.
(“Il Fatto quotidiano, sabato 10 ottobre 2009”)

La Boëtie Etienne de, Discorso sulla servitù volontaria. Testo francese a fronte, 2007, La Vita Felice, € 6,00

Gianni D’Elia (Pesaro, 1953) è un poeta, scrittore e critico letterario italiano.
Ha fondato e diretto la rivista Lengua (1982-1994), collaborando come critico con numerose riviste e giornali. Nel 1993 ha vinto il premio Carducci. Ha pubblicato varie raccolte poetiche, fra cui Notte privata (Einaudi 1993), Congedo dalla vecchia Olivetti (Einaudi 1996), Bassa stagione (Einaudi 2003). Nel 2005 ha pubblicato L’eresia di Pasolini. L’avanguardia della tradizione dopo Leopardi (Effigie, Milano 2005), studio seguito poi da Il petrolio delle stragi. Postille a L’eresia di Pasolini, (Effigie, Milano 2006).

Discorso sulla servitù (G.D’Elia)ultima modifica: 2009-10-11T18:11:00+02:00da pelikan-55
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