Il fondamentalismo padano: una “Jihad” in salsa lumbard

di Massimiliano Boschi

Entrambi auspicano una guerra santa, entrambi vogliono i propri simboli religiosi sulle bandiere nazionali, entrambi utilizzano la religione per pura propaganda e alimentano la paura per volontà di potere. Le vicinanze tra i fondamentalisti islamici e i leghisti nostrani non sono mai state così evidenti. Ovviamente fare propaganda alla guerra santa tra i campi profughi piuttosto che nei bar della Padania produce effetti diversi. La violenza da una parte è solo evocata, dall’altra praticata ma, nei fatti, i leghisti inseguono gli integralisti sul loro stesso terreno.

Un esempio è l’articolo del 29 dicembre scorso sulla Padania dove Enrico Macchi attacca la Chiesa “schiacciata com’è su posizioni solidaristiche del tutto perdenti” e invoca una nuova battaglia di Lepanto “perché a volte la guerra, metaforica o meno, è necessaria per ottenere la pace”. Dalla Padania, quindi, l’invito a tutti i cristiani a coalizzarsi contro i mussulmani come fece Pio V a Lepanto. Una “Lega santa” per una “Jihad” in versione “lumbard”. Che i leghisti si ispirino ai fondamentalisti è poi esplicitato da loro stessi. Si veda la proposta di un referendum contro le moschee in Italia in nome di una presunta reciprocità: “là niente chiese, qua nessuna moschea”. In Marocco, però la Chiesa cattolica è presente con 18 chiese che possono ospitare i 20.000 fedeli presenti.ln Tunisia le parrocchie sono 6, mentre i luoghi di culto in generale sono circa 15.

La chiesa cattolica è presente persino in Pakistan con sette diocesi. É invece in Arabia Saudita, terra di Bin Laden, che sono proibiti gli edifici cristiani. Non risulta, però che la maggior parte degli immigrati presenti in Italia sia di origine saudita. Senza contare che centinaia di moschee sono presenti in Germania, Francia, Olanda. Evidentemente la Lega ha altre fonti di ispirazione e preferisce il modello saudita.

Ultimamente gli unici europei che stanno simpatici ai leghisti sono gli svizzeri solo perché hanno votato contro i minareti. Anche se la Svizzera ospita comunque 200 tra moschee e luoghi di preghiera islamici. Restano proprio solo i sauditi. Altrove hanno compreso che se si chiede il rispetto per la propria religione si deve rispettare quella dell’altro. In caso contrario si rischia di arrivare a quella guerra santa che sembra tanto affascinare i fanatici di ogni religione. Quelli che insieme al fanatismo coltivano un identico vittimismo. Si legga quanto scriveva Bin Laden nel sua “fatwa” del 1996: “Non dovrebbe venirvi nascosto che il popolo dell’lslam ha sofferto per le aggressioni, le iniquità e le ingiustizie infertegli dall’ alleanza di crociati e sionisti e dai loro collaboratori; a tal punto che il sangue dei musulmani è diventato quello meno prezioso e il loro benessere è il bottino nelle mani dei nemici. Il loro sangue è stato versato in Palestina e in Iraq. Le orrende immagini del massacro di Cana, in Libano, sono ancora vive nella nostra memoria. Massacri in Tajikistan, (…) Filippine, Somalia, Eritrea, Cecenia e Bosnia. Massacri che danno i brividi e scuotono le coscienze”.

Questo “invece” (si fa per dire), ha scritto il Gruppo Consiliare della Lega Nord in Emilia Romagna nell’introduzione all’opuscolo/slam e immigrazione. I numeri di un’invasione: “Nelle capitali dei paesi islamici si assaltano sedi diplomatiche, si bruciano simboli dell’odiato occidente, si distruggono chiese e si uccidono preti e missionari, si mettono bombe per annientare quel poco che resta delle comunità cristiane che da centinaia di secoli popola quei paesi”. Da “Al Qaeda” alla Lega: stesso tono, stesso vittimismo, stesso invito alla rivolta contro il nemico religioso. Così, se da una parte si semina il terrore, dall’altra una più gestibile “fifa”, ma intanto si innalza il muro attraverso una propaganda assillante su quanto “l’altro” sia pericoloso, tra provocazioni reciproche. E se da un parte si bruciano le bandiere occidentali, dall’altra si cammina con i maiali sui terreni adibiti alle costruzione delle moschee.

Ma l’effetto più assurdo e preoccupante è quello per cui per difendere “le nostre libertà”, i leghisti propongono di limitarle costantemente e in molti, anche a sinistra, si adeguano. Si veda per esempio la costante “talibanizzazione” delle città italiane. Ovvero il lunghissimo elenco di divieti in cui sono maestri i sindaci leghisti, seguiti purtroppo da primi cittadini di ogni colore politico in cerca di facile consenso. E così ci ritroviamo a vivere in città in cui è vietato lo stazionamento “a più di tre persone nei parchi nelle ore notturne” (come a Novara), in cui si multa un bambino di quattro anni perché mangia un panino davanti a una chiesa (Verona) in cui non si può camminare a torso nudo (Sanremo) o si segano le panchine dei parchi pubblici come a Treviso. Mentre il ministro dell’Interno, il leghista Roberto Maroni, vieta le manifestazioni davanti ai luoghi di culto. Destino inevitabile,perché quello che spaventa realmente leghisti e fondamentalisti non è la religione altrui, ma la libertà.

 

 da Il Fatto quotidiano, 14 gennaio 2010

 

Il fondamentalismo padano: una “Jihad” in salsa lumbardultima modifica: 2010-01-16T10:47:00+01:00da pelikan-55
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