Il silenzio dei cattolici (don Filippo Di Giacomo)

Cosa stanno perdendo i cattolici di questo Paese intenti a giocare a risiko sui giornali con le solite noie chiesastiche? Non hanno discusso i temi proposti dal documento della Cei su il Mezzogiorno: «Cultura del bene, della cittadinanza, del diritto, della buona amministrazione e della sana impresa nel rifiuto dell’illegalità». Si sono lasciati passare, abbandonandolo nelle mani dei manganellatori di comunione e fatturazione, gli avvertimenti del responsabile episcopale per gli affari giuridici, monsignor Mogavero: «Cambiare le regole del gioco democratico mentre il gioco è in corso è un atto altamente scorretto». Anche perché, come riassume in un comunicato del 14 marzo il consiglio nazionale di Pax Christi, «il pasticcio delle liste elettorali con relativo decreto interpretativo, l’introduzione del legittimo impedimento, il disprezzo delle regole, l’accusa reiterata da parte governativa dell’esistenza di complotti organizzati da chi dissente o dalla magistratura stanno esasperando una situazione già grave di pericolosa confusione che il presidente Napolitano chiama “una bolgia”, che nell’inferno dantesco è il luogo dei “fraudolenti”». Sempre pronti ad insegnare la grammatica dei “sani” diritti individuali e collettivi, i cattolici hanno gravemente peccato di omissione facendo finta di non sentire la voce del Pontificio Consiglio dei Migranti che denunciava la gravità della valutazione che fa ritenere la tutela delle frontiere più importante della famiglia e dell’educazione dei minori.

E che hanno detto i cattolici italiani a chi ha tentato di denunciare gli abusi e le speculazioni legate al terremoto in Abruzzo? E come interpretare il silenzio che sta circondando sempre in ambito cattolico, le privatizzazioni di beni essenziali come l’acqua, i gravi problemi del mondo del lavoro, il rischio che venga cancellata la legge 185 sul controllo del commercio di armi? Pier Paolo Pasolini, nel settembre del 1974, scriveva: «In una prospettiva radicale, forse utopistica o, è il caso di dirlo, millenaristica è chiaro ciò che la Chiesa dovrebbe fare per evitare una fine ingloriosa. Essa dovrebbe passare all’opposizione riprendendo una lotta che peraltro è nelle sue tradizioni, ma non per la conquista del potere.

La Chiesa potrebbe essere la guida, grandiosa ma non autoritaria, di tutti coloro che rifiutano il nuovo potere consumistico che è completamente irreligioso. È questo rifiuto che potrebbe dunque simboleggiare la Chiesa: ritornando alle origini, cioè all’opposizione, alla rivolta». Invece, la tristezza di questi giorni – sempre parlando in un’ottica ecclesiale – è nella reiterazione quasi magica con la quale i cattolici continuano a perdere tempo ed energie nell’inutile tentativo di stringere l’attuale Papa nella conservatoria internazionale dello status quo socio-politico. Come ha osservato Sandro Magister, è dal 2005 che l’antiratzingerismo è stato incorporato nella panoplia della protesta cattolica di tipo progressista. E questo, con un furore tale da riuscire egregiamente a distrarre i media da quanto Benedetto XVI sta facendo per aprire gli occhi e le menti sull’attuale fase di formazione della nuova società mondiale, destinata a distinguersi da quella attuale in modo netto, proprio come dopo la rivoluzione industriale il mondo si differenziò dal lungo evo agrario precedente. Si tratta, come insegna questo Papa nella sua ultima enciclica di eventi spartiacque, l’inversione del corso di una corrente, che ci obbligheranno a chiamare “pace” solo le politiche che aiuteranno «l’aumento della qualità degli aiuti per lo sviluppo internazionale; la promozione di un sistema di commercio internazionale concentrato sullo sviluppo umano; l’adozione di modelli di sviluppo fondati sulla solidarietà e sostenibilità; la soluzione definitiva al problema del debito estero; la creazione di istituzioni internazionali che favoriscano la crescita dei popoli».

In una fase storica in cui anche per la Chiesa ancora non c’è un oggi ma solo un non-più ieri e un non-ancora domani, questa dovrebbe essere proprio una stagione bella per ricominciare a sentirsi cattolici ad ogni livello ed in ogni campo, compreso quello della politica. E già che siamo alla vigilia di una tornata elettorale: c’è forse in giro qualche politico cattolico senza complessi capace di mettersi all’opera rispettando i paletti tra sacro e profano e capace di promettere che ciò che predicherà nella vita pubblica lo rispetterà poi con coerenza nella vita privata? Con buona pace del celibato dei preti e di altre quisquilie sacrestane, this is the question, diceva Amleto…

http://www.unita.it/news/don_filippo_di_giacomo/96297/il_silenzio_dei_cattolici

Il silenzio dei cattolici (don Filippo Di Giacomo)ultima modifica: 2010-03-17T18:57:00+01:00da pelikan-55
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