Caro vecchio nonno…

Caro vecchio nonno! Un po’ suonato, un po’ porcello, si crede ancora di essere qualcuno. Con gli anni pensa di piacere ancora alle ragazze, caro vecchio nonno! Ognitanto straparla, si sa gli anziani sono così, ma sono simpatici, anche se un po’ rimba. Come dite? Assomiglia a qualcuno? Nooo, non assomiglia, è lui! Se glielo facciamo vedere, poco a poco si abitua…Caro vecchio nonno!

 

B.jpg

Animali e padroni…

Il rapporto uomo-animale è antico come il mondo. Come è noto la eccessiva frequentazione può dare luogo a fenomeni di mimetismo: l’uomo tende ad assomigliare al suo animale e viceversa. Alcune prove di questo fenomeno:

092516373-cbed1528-4fb4-4aab-a04c-a607ed5bab0e.jpg.jpegIl pesce di Bondi.

 

 

092515584-d460cc93-aaa8-4976-a997-86154d002dde.jpg.jpeg

 

 

 

 

 

 

 

Il cane della Santanchè

 

092516962-2b972568-7ca3-43e4-a2da-75383b1ee1d9.jpg.jpegLa scimmietta della Carfagna.

092515812-3aa49ff1-edc9-41b3-8c45-117d10be578b.jpg.jpeg

 

 

 

 

 

 

 

Il maialotto di Calderoli

 

092516409-82d1721c-9654-414b-a2b3-975f834d42e3.jpg.jpegL’orango di Bersani

 

092515645-7d8f90da-8210-4aaa-a371-c1f79c008046.jpg.jpeg

 

 

 

 

 

 

 

 

I tarsi di Tremonti

 

092516568-ab312157-7d9f-4a44-8063-332ccecdd826.jpg.jpeg

 

 

 

 

 

 

 

La ranocchia di Capezzone

Milena Cecchetto, sindaco…

Che da un leghista (scusate la parolaccia) non ci si possa aspettare nulla di buono è una banalità assoluta, ma questi individui verdi, usciti come certi alieni da baccelli fognari, riescono a sorprenderci ogni volta. Dopo il sapone distribuito per pulirsi dagli extracomunitari ce ne voleva, ma ecco il sindaco protempore di Montecchio Maggiore (Vicenza), tale Milena Cecchetto raggiungere nuovi vertici di imbecillità, violenza e ignoranza. I genitori non hanno regolato la retta per la refezione scolastica? «Le regole sono regole per tutti e vanno rispettate. Il mondo non può essere dei furbi» dice la leghista (scusate ancora il termine). Ai bimbi refezione dimezzata: gli altri mangiano pasta alla zucca, hamburger, insalata e frutta? Per loro pane (imbottito) e acqua.

Neanche le bestie affamano i loro cuccioli, ma le bestie hanno una loro dignità. I leghisti no.

Una parola ai cari cittadini di Montecchio Maggiore: li avete votati questi reflui di amministratori? Magari pensarci meglio la prossima volta?

Per la “signora” Milena Cecchetto: lei lo fatto per far “quadrare i bilanci”. Roba di soldi insomma. Beh, come diceva quel professore: “Che le vadano tutti in medicine…” Auguri (si fa per dire).

Adunate e manifestazioni

Lo so, non è bello trattare così gli amici, ma oggi ho avuto una giornata difficile, ho mal di testa e la tosse e quindi vi sbatto sui dentini queste due belle immagini che ci raccontano della grande manifestazione epocale di sabato scorso.

brunetta-300x200.jpg.html.jpegpiazza_pdl_croceceltica-300x117.jpg.html.jpegSono immagini forti, che sconsiglio a un pubblico debole di stomaco e di vescica, ma dobbiamo bere l’amaro calice e arrenderci davanti all’amore che trasuda da queste icone. In fondo cosa c’è di più amorevole di una croce celtica? Non vi sentite rassicurati? Non come una runa o un discorso di Goebbels, però…

E che dire di Gridolo? Eccolo urlare al mondo la sua gioia di vivere, del resto chi terrebbe uno così al governo e dentro l’Università in un paese “normale”? Vedete l’importanza di nascere al momento giusto nel posto giusto?

Comunque siamo tranquilli. Amor omnia vincit. Se poi qualcuno si ricorda del Ministero dell’Amore di Orwell, il gioco è fatto.

Per completezza pubblico altre due foto. Queste storiche:

14 DICEMBRE 1944 LIRICO.jpg.jpegQuesta è del 14 dicembre 1944. Teatro Lirico, Milano, l’ultima adunata di Mussolini.

Mussolini_e_Petacci_a_Piazzale_Loreto,_1945.jpg.jpegQuesta è del 29 aprile 1945. Ancora Milano. Piazzale Loreto. C’era lo stesso molta gente. Erano passati solo quattro mesi e mezzo…

Silvio ancora superstar (Mario Giordano)

Come al solito: è tutto vero. Oggi su “Libero” (si fa x dire)

Silvio ancora superstar
La piazza incorona il leader, l’unico che è tutt’uno con la sua gente. In attesa delle Regionali e del successivo rimpasto di partito


“Silvio bello e invicinbile”, dice un cartello. “Silvio sei meglio di Giulio Cesare”, scherza un altro. E un gruppo di sedicenni porta uno striscione che recita: “Nato con Berlusconi, cresciuto libero”. Fa un po’ effeto pensare che quando ci fu la discesa in campo questi ragazzi discendevano lungo l’utero delle loro mamme. Adesso sono qui e animano i cori: «Sil-vio, Sil-vio», è un boato. Il premier comincia a parlare, ancora «Sil-vio, Sil-vio», si  deve pure interrompere. Allora i ragazzi intonano un canto da stadio: «Un presidente, c’è solo un presidente», la folla segue. Lui si ferma di nuovo. E sorride: «È quasi un boicottaggio». Nella piazza dei moderati, per quanto sia piena, c’è sempre spazio per l’ironia. L’inevitavile retorica si stempera fra i sorrisi di gente che non riesce a odiare, al massimo può sorridere. Nessun insulto, nessuna invettiva. In compenso un gruppo solleva uno striscione a caratteri cubitali: “T.A.R. Tanto Adesso Rivinciamo”.

Berlusconi e la sua gente, la gente di Berlusconi. C’è un rapporto speciale, un filo diretto, un’onda corta di emozione che supera i rappresentanti di lista, i notabili di partito, persino la distanza che separa l’immenso palco dalla folla. È la prima volta che il premier scende in mezzo alla gente dopo l’attentato di piazza Duomo. Le misure di sicurezza sono massime. Il contatto fisico viene evitato. Il Silvio rockstar di tanti comizi, quello che si butta in mezzo alla platea, quello che si fa toccare e graffiare dalle mille mani tese nell’abbraccio d’affetto non c’è, non può esserci. Silvio è costretto a stare sul palco. Ma la lontananza non lo gela, anzi. La differenza non si sente. Lui stabilisce comunque un contatto diretto con i suoi, perché è nella loro testa, nella loro pancia. Annulla ogni possibile distanza. E ogni possibile titubanza

Gli altri politici quando salgono sul palco fanno comizi. Berlusconi no. Berlusconi parla alla sua gente. Di più la avvolge, la coinvolge, a volte ci gioca, la stuzzica. La chiama a rispondere in coro alle domande («Volete voi essere governati dalla sinistra che vi tassa?». Noooo. «Volete voi essere spiati nelle vostre case?».  Noooo. «Volete voi il governo della libertà anche nella vostre regione?». Sììììì.). A un certo punto finge che la risposta non sia abbastanza forte per ottenere un coro più entusiasta. Quando Bossi si avvicina per sussurrargli all’orecchio che il candidato governatore del Veneto, Luca Zaia, non può essere sul palco, parlano per un attimo sottovoce. Poi ad alta voce scherza: «Stiamo parlando di donne…». Non c’è niente di rituale anche nel momento di massimo ritualità, non c’è niente di così formale che non possa essere vivificato da un pizzico di quotidiana umanità.

La gente di Silvio si riconosce in quelle battute, in quei sorrisi, in quel modo di parlare che sembra rivoluzionario tanto è vicino a quello usato fino a un secondo prima dentro il pullman, sul treno, fra i capannelli di militanti. Silvio annulla le differenza tra leghisti, ex di Forza Italia, giovani nostalgici di  An perché traccia la linea del comun denominatore, perché attira gli sguardi a sé, oltre alle barriere degli ex partiti, oltre agli aspiranti capicorrente e capifazione. C’è tanta gente in piazza. Ma soprattutto è tutta gente che è lì per Berlusconi, che si riconosce nel leader, nel suo richiamo, nelle sue parole. Tutta gente che guarda alto verso il palco, che sente il filo diretto con il premier, e si aspetta qualcosa da lui. Mica dal sottosegretario o dal consigliere provinciale che sfila qualche metro più in là.

Diciamocelo tutta: anche se riesce a portare un milione di persone in piazza, il PdL resta un partito fragile sul territorio, con strutture esigue, capacità di organizzazione modesta. Ma questa sua debolezza è anche la sua forza. Perché le persone che sono scese in piazza ieri non l’hanno fatto nella speranza di avere una candidatura, una poltrona nella municipalizzata, un appalto o almeno una consulenza di risulta. Dietro quella folla non c’è il sistema organizzato delle cooperative, la ferrea macchina di potere della sinistra. Dietro quella folla c’è un popolo che guarda al proprio leader, e che ha con lui un rapporto diretto, un’intesa passionale, per nulla clientelare, che supera le mediazione dei burocrati, dello stato maggiore del partito. Non ci sono colonnelli e nemmeno caporali: c’è un leader, c’è la sua gente. E c’è una piazza di moderati che stanno cambiando per sempre il modo di fare politica: fuori dalle clientele, fuori dalle partitocrazie, seppellendo per sempre i vizi della Prima Repubblica che ancora si annidano negli altri partiti. E cercando una via nuova e più moderna, magari il presidenzialismo, per governare questo Paese.  Altre volte s’era visto in piazza il popolo del centrodestra, mai come stavolta s’era visto il popolo di Silvio. “Nato con Berlusconi, cresciuto libero”, come diceva lo striscione di quei sedicenni. Un popolo libero, appunto. E per questo deciso a non fermarsi qui.

http://www.libero-news.it/news/375124/Silvio_ancora_superstar_.html

Sconnessi e somari (Giovanni Sartori)

Analfabeta è chi non sa l’alfabeto, e che perciò non sa leggere né scrivere. Beninteso, anche l’analfabeta parla e capisce frasi elementari. Per esempio capisce la frase «il gatto miagola», ma è già in difficoltà se la frase diventa «il gatto miagola perché vorrebbe bere il latte». L’esempio è di Tullio De Mauro, principe dei nostri linguisti, che torna alla carica con una nuova edizione del suo libro La cultura degli italiani. Cultura o incultura?

I suoi dati dicono che il 70% degli italiani è pressoché analfabeta o analfabeta di ritorno: fatica a comprendere testi, non legge niente, nemmeno i giornali. Per il sapere un 70% di somari è una maggioranza deprimente; e per la politica costituisce un’asinocrazia travolgente e facile da travolgere. Perché siamo arrivati, o scesi, a tanto? Quasi tutti puntano il dito sullo sfascio della scuola, a tutti i livelli. Perché è la scuola che dovrebbe «alfabetizzare ». Sì, ma chi ha sfasciato la scuola? Alla fonte, e più di ogni altro, sono stati i pedagogisti, il «novitismo pedagogico», i diseducatori degli educatori. E poi, s’intende, tanti altri: il sessantottismo demagogico dei politici, e anche la marea dilagante delle famiglie Spockiane (illuminate dal permissivismo a gogo del celebre dottore Benjamin Spock).

Ma quando si discute di trasformazioni della natura umana (io nel 1997 nel libro Homo Videns e di recente altri con la formula dell’Homo Zappiens) allora il fattore decisivo è la tecnologia. Così alla fine del 1400 nasce l’uomo di Gutenberg con l’invenzione della riproduzione a stampa della preesistente scrittura a mano; così, sostengo, l’invenzione della televisione crea un uomo forgiato dal «vedere» il cui sapere e capire si riduce all’ambito delle cose visibili a danno delle idee, delle immagini mentali create dal pensiero. Al limite, l’homo videns sa soltanto se vede e soltanto di quel che vede. Il che equivale a una perdita colossale delle nostre capacità mentali. Invece la teoria dell’homo zappiens trasforma questa perdita in una glorificazione, in un annunzio di nuovi e gloriosi destini.

La dizione è ricavata dal telecomando che consente e produce il cambiamento incessante dei canali televisivi; il che abituerebbe il nostro cervello al cosiddetto multitasking, al saper fare molte cose contemporaneamente. Davvero? Io direi, invece, che così veniamo abituati alla «sconnessione », a un saltare di palo in frasca che equivale alla distruzione della logica, della capacità logica di pensare una cosa alla volta, di mettere questa scomposizione analitica in sequenza, e nell’accertare se un rapporto prima-dopo sia anche un rapporto causa- effetto. Il progresso della tecnica è inevitabile.Ma deve essere contrastato quando produce l’homo stupidus stupidus. Sempre più i ragazzi di oggi vivono per 12 ore al giorno in «iperconnessione » e così, anche, in «sconnessione». Sono giustamente disgustati dalla politica. Ma dovrebbero anche essere disgustati di se stessi. Cosa sapranno combinare da grandi?

http://www.corriere.it/editoriali/10_marzo_22/giovanni_sartori_sconnessi_e_somari_1cbe80ba-3579-11df-bb49-00144f02aabe.shtml

La poesia salverà il mondo?

Oggi-primo giorno di primavera-è la Giornata Mondiale della poesia. Bello pensare che la poesia (come la bellezza) salverà il mondo.

Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l’incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.

Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.

(E.Montale, Ossi di seppia)

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
E ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
Le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.

Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
Non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
Le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.

(E.Montale, Satura)