Tutti a Roma a difendere la libertà

Come sanno i lettori più affezionati, ho un debole per il ferreo ingegnere di Casina, lo seguo, lo ascolto, lo monitoro nelle sue splendide performance. E lui non mi delude, mai. Questo il geniale pezzo odierno (per i lettori meno avvezzi ripeto che è vero, non è satira):

Ancora una volta la sinistra, non sapendo vincere sul campo, tenta la vittoria a tavolino. Ciò che sta accadendo a Roma sulle liste elettorali è la riprova di questa volontà. Gli ex comunisti (ma sono davvero ex?), “quell’alfiere” della legalità a giorni alterni, tale Di Pietro ex magistrato, i loro compagni radicali, libertari a parole, ma giustizialisti nei fatti, vogliono che la lista del PdL venga esclusa dalla competizione elettorale.

Faccio appello al “popolo berlusconiano” a cui mi onoro di appartenere sin dal lontano 1994, affinché anche da Reggio arrivi un significativo segnale politico: tutti a Roma per difendere la libertà.

Organizzeremo dalla nostra città e dalla provincia 10 pullman che si recheranno a Roma, per quella che si preannuncia essere, una grande manifestazione a difesa di uno dei più elementari diritti democratici: il diritto di voto, contro chi, questo elementare diritto vuole negare.

Fabio Filippi
Candidato capolista PdL

http://reggio24ore.netribe.it/reggio24ore/Sezione.jsp?titolo=Tutti+a+Roma+a+difendere+la+libertà&idSezione=11489

Domandine sparse: ma gli oceanici, azzurri, manifestanti, si sono chiesti “contro” chi vanno a Roma a manifestare? Se loro sono il governo (si fa per dire) contro chi leveranno alti lai e lamenti? Apriamo il totorisposta:

1. Contro il TAR del Lazio (notoriamente comunista).

2. Contro il Ristorante “El Bujaccaro” che ha fornito il panino incriminato al povero Milione (nel senso di pirlotto infila).

3. Contro l’Arma dei Carabinieri (infiltrata da comunisti già dai tempi di Dalla Chiesa) che ha verbalizzato l’accaduto?

4. Contro la sede della Roma Calcio (“perchè c’hanno la majia rossa ‘anvedi stì impuniti!”)?

Fra le risposte esatte pervenute saranno assegnati i seguenti premi:

Al vincitore 1 volantino firmato dall’ingegnere, al secondo 2 volantini firmati, al terzo 3 volantini firmati…

Croati ingenui!

ISTRIA E ANTIFASCISMO
Pola, in un supermercato il grembiule col Duce e il tricolore. Dopo le polemiche, l’oggetto è stato ritirato dal commercio. Ma sulla stampa croata è ancora bufera.


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Un particolare del grembiule in vendita in un supermercato di Pola (da ipress.hr)

MILANO – Vendesi grembiule da cucina con l’immagine di Benito Mussolini. Dove? In un supermercato di Pola. Non è sfuggito all’occhio attento di una cliente abituale del supermercato «Pula» (che fa parte di un gruppo di cui è proprietario un uomo d’affari istriano, Alberto Faggian) quell’oggetto che sembra inneggiare al Duce: il grembiule ritrae infatti Mussolini in divisa militare. Alle spalle del Duce, la bandiera italiana e e sulla testa la scritta: «Benito Mussolini – statista» con l’indicazione dell’anno di nascita e di morte.
LA NOTIZIA SULLA STAMPA CROATA – Dopo la segnalazione della donna, la notizia è stata diffusa da un portale d’informazione locale, iPress e poi ripresa dalla stampa nazionale croata, secondo la quale oggetti con immagini che inneggiano o mettono in una luce positiva il fascismo non dovrebbero essere messi in commercio. Secondo il portale iPress, l’oggetto è stato già ritirato dal commercio. L’Istria è la regione croata più attaccata ai valori dell’antifascismo, anche perché durante il Ventennio e la guerra, le popolazioni croata e slovena furono sottoposte a costanti discriminazioni e persecuzioni da parte del regime di Mussolini. (Fonte Ansa)

Cosa dire agli ingenui amici Croati? Qui si può leggere un libro (G.Udovisi, Foibe. L’ultimo testimone, Ed Aliberti) dove si racconta che Tito invase la pacifica Italia. Si possono comperare su internet divise da SS, X Mas, manganelli, sciabole, fez. Si può aprire una sede di casa Pound dove si vuole. Ci si può iscrivere alla lega e fare una ronda contro i “negri” e via così. E questi amici d’Istria si incacchiano per un grembiulino?? Ma noi un “grembiulino” lo abbiamo fatto Presidente del Consiglio!!!!

http://www.corriere.it/cronache/10_marzo_10/pola-grembiula-mussolini_46d0555c-2c66-11df-b239-00144f02aabe.shtml

Meraviglioso Panebianco!

cicchitto-grembiulino ci delizia, gasparri-stereoscopio ci stuzzica, lupi-joker ci eccita, ma chi ci manda in visibilio, ci fa raggiungere (quasi) l’acme del piacere intellettivo sono i pompieri del corrierone: i creatori dell nuova opposizione, la “diversamente concorde”, quelli che sognano un PD ancora più malleabile e gelatinoso di quell’ameba che tutti conosciamo (e ce ne vuole). Ecco l’ultima sublime pippozza di oggi, un supplì croccante di consigli, ditini alzati e reprimende. A proposito di ditini alzati, Panebianco usa l’indice, io a lui ne mostrerei un altro..

Un partito prigioniero
La tragicommedia non è ancora finita. Per ora il «golpe » (come certi oppositori, dotati, come ognun vede, di senso della misura e dell’equilibrio, hanno subito definito il decreto salva-liste) è stato bloccato da un Tar. Ieri la lista pdl nella provincia di Roma ha subito un nuovo stop. Vedremo gli sviluppi. Al momento, si constatano due conseguenze. La prima è data dal grave danno d’immagine che il centrodestra si è auto-inflitto e di cui è il solo responsabile. La seconda riguarda gli effetti sull’opposizione. La reazione del Partito democratico fa riflettere. È possibile che abbia ragione Giuliano Ferrara («Il Foglio», 8 marzo): il Pdl aveva fatto un clamoroso autogol ma il Pd non è stato poi capace di approfittarne. I dirigenti del Pd avrebbero potuto dire: accertato che i nostri avversari sono dei pasticcioni, noi che abbiamo a cuore la sorte della democrazia e che non possiamo accettare che una competizione democratica venga svuotata di significato per assenza del nostro principale antagonista, sosterremo le scelte che farà il presidente della Repubblica per sanare questa anomala situazione. Sarebbero usciti da questa vicenda a testa alta, come l’unico partito importante dotato di senso delle istituzioni. Ma ciò avrebbe anche richiesto che il Pd fosse un partito diverso da ciò che è, un partito forte, capace di decidere da solo la propria agenda politica, non un partito debole e etero- diretto, un partito che l’agenda, nei momenti critici, se la fa dettare sempre da altri, si tratti dei giornali di riferimento o di Antonio Di Pietro.

All’indomani del decreto, incapaci di sfruttare il grande vantaggio tattico che il Pdl aveva loro offerto, i dirigenti del Partito democratico si sono subito infilati in una trappola. Parlo della manifestazione di sabato prossimo. Se non verrà annullata, risulterà per il Pd un boomerang e un pasticcio politico, in qualche modo summa e specchio di tutte le sue debolezze. I dirigenti del Pd possono negarlo quanto vogliono ma la manifestazione avrebbe necessariamente il carattere di una presa di posizione contro il capo dello Stato e non solo contro il governo. Il decreto salva-liste, infatti, è stato firmato e difeso da Napolitano. In questa situazione, la stella di Di Pietro, oggi vero leader morale dell’opposizione, brillerebbe: egli è infatti il solo non-ipocrita della compagnia, quello che dice pane al pane, quello che ha chiesto subito l’impeachment per il capo dello Stato. Si badi: se fosse vera la tesi (ma i costituzionalisti sono assai divisi ) secondo cui il decreto crea un grave vulnus al processo democratico, allora Di Pietro avrebbe mille volte ragione a proporre l’impeachment. Quello del Pd risulterebbe dunque un capolavoro politico alla rovescia. Consentirebbe (e ha già consentito) al centrodestra, responsabile del pasticcio, di fare la vittima e di ergersi a difensore del presidente della Repubblica.

L’intera vicenda si presta a considerazioni amare sulla qualità, la tempra e la professionalità della classe politica, di destra e di sinistra. Sulle debolezze (tante e complesse) del centrodestra avremo modo di ragionare in seguito. Per quanto riguarda il Pd, basti ricordare che esso, incapace di tracciare una linea di divisione netta fra sé e il movimento giustizialista, incapace di combattere i giustizialisti (apprezzati da tanti anche al suo interno), ha finito per abbracciarli. E questo è il risultato.

Angelo Panebianco

www.corriere.it/editoriali/10_marzo_10/editoriale-panebianco-partito-prigioniero_4ea492f6-2c0d-11df-b239-00144f02aabe.shtml

Parliamo di Tarnow (2)

Tarnow
Prima della seconda guerra mondiale circa 25.000 ebrei vivevano a Tarnow, una città nel sud della Polonia, 45 miglia a est di Cracovia. La loro presenza risaliva alla metà del XV secolo  e rappresentava circa la metà della popolazione della città. Buona parte degli ebrei erano impegnati in attività artigianali nel settore abbigliamento e nella produzione di cappelli. C’erano vari gruppi all’interno della comunità, compresi religiosi Hassidim e laici sionisti.
Subito dopo l’occupazione della città l’8 settembre 1939 iniziò la persecuzione antiebraica. Truppe tedesche bruciarono gran parte delle sinagoghe già il 9 settembre e arrestarono ebrei per lavori forzati. Tarnow fu inclusa nel Governatorato Generale (territorio della Polonia occupata). Molti ebrei di Tarnow fuggirono verso est mentre aumentava il numero degli ebrei in città per i rifugiati da varie parti della Polonia. Ai primi di novembre i tedeschi ordinarono l’istituzione di un Judenrat (Consiglio ebraico) per trasmettere ordini e disposizioni alla comunità ebraica. Fra i compiti del Judenrat era di aggravare la tassazione alla comunità e di fornire manodopera per lavori forzati.
Nel corso del 1941 la vita degli ebrei a Tarnow divenne ancora più precaria. I tedeschi imposero una pesante multa collettiva alla comunità. Rastrellamenti per il lavoro forzato divennero più frequenti come pure omicidi arbitrari e casuali. Le deportazioni iniziarono nel giugno 1942 quando 13.500 ebrei furono  inviati al campo di sterminio di Belzec. Durante la deportazione le SS e la polizia massacrarono centinaia di ebrei nelle strade, nella piazza del mercato, nel cimitero ebraico e nei boschi intorno alla città. (nella foto: umiliazione di ebrei a Tarnow, 1940).


34013.jpg.jpeg Dopo la deportazione di giugno, i tedeschi costrinsero agli ebrei sopravissuti a Tarnow, insieme a migliaia di ebrei delle città limitrofe, nel ghetto, circondato da un’alta palizzata di legno. Le condizioni di vita nel ghetto erano dure: scarsità di cibo, forti carenze sanitarie e lavoro forzato in fabbriche e fattorie per l’economia del Reich. Nel settembre 1942 i tedeschi ordinarono agli ebrei del ghetto di radunarsi nella PiazzaTargowica dove furono sottoposti alla “selezione”, inviando le persone “non necessarie” a Belzec. Furono così deportate circa 8.000 persone. Dopo questa deportazione i trasferimenti furono occasionali, ancora nel novembre 1942 altri 2.500 ebrei finirono a Belzec.
Verso la metà del 1942 alcuni ebrei a Tarnow organizzarono forme di resistenza, molto dei capi erano giovani sionisti del movimento giovanile Ha-Shomer Ha-Tsa’ir. Molti di quelli che avevano raggiunto i partigiani nei boschi caddero negli scontri con le SS, altri resistettero e cercarono scampo verso l’Ungheria ma in  numero molto limitato.
I tedeschi decisero la distruzione del ghetto di Tarnow nel settembre 1943. I rimanenti 10.000 ebrei furono trasferiti: 7.000 ad Auschwitz e 3.000 a Plaszow, vicino a Cracovia.
Alla fine del 1943 Tarnow fu dichiarata “Judenrein” (libera da ebrei). Alla fine della guerra circa 700 ebrei sopravissuti tornarono a Tarnow ma ben presto fuggirono di nuovo per sfuggire il locale antisemitismo.

http://www.ushmm.org/wlc/article.php?lang=en&ModuleId=10005461
(traduzione dell’autore)

Le donne votano dal 1946 ma la Carfagna non lo sa (Silvia D’Onghia)

Ieri avevamo titolato: “Dite alla ministra chi è la ministra”. Oggi aggiungiamo: dite alla ministra di studiare qualche data, tanto per non fare pessime figure planetarie. Sì, perchè Mara Carfagna, in arte ministro per le Pari opportunità, a un esame di storia sarebbe bocciata senza appello. 8 marzo, “Punto di vista”, approfondimento delle 23 del Tg2.
In studio, oltre al conduttore, Maurizio Martinelli, la ministra Carfagna e Gabriella Carnieri Moscatelli, presidente di Telefono Rosa. Si parla di donne, naturalmente, ma siccome è meglio non parlare della condizione femminile in Italia (sennò che festa sarebbe?), l’argomento è la legge sullo stalking. Ottimi risultati, per carità. Ma le chicche arrivano negli ultimi due minuti.
La ministra accenna: “Sacche di maschilismo ancora ci sono, ma le donne sono ovunque: al governo, in Parlamento, ai vertici di Confindustria, persino tra i senatori a vita”.
Chissà perchè tutte le altre continuano a lamentarsi. Poi la Carfagna fa sfoggio della sua cultura: “In Italia paghiamo un grande ritardo: le donne hanno guadagnato il diritto di voto soltanto nel 1960, fino al 1919 erano sottoposte ad autorizzazione maritale, il delitto d’onore è stato abolito nel 1980, la riforma del diritto di famiglia è del 1970”.
Se non fosse per il ‘19, diremmo che non ne ha azzeccata una. Ministro, le donne in Italia (per fortuna) votano dal ‘46, la riforma del diritto di famiglia è del ‘75, l’abolizione del delitto d’onore dell’‘81. Ma, almeno per la tv, non si potrebbe preparare un po’?

http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2453338&yy=2010&mm=03&dd=10&title=le_donne_votano_dal_1946_ma_la

Parliamo di Tarnow..

All’inizio dell’estate 1941 la maggioranza degli Ebrei d’Europa, sottomessi al giogo nazista era ancora in vita.
A partire dal Settembre 1939, dopo l’invasione della Polonia – che aveva comunque aperto larghi vuoti tra la popolazione ebraica di quello che sarebbe divenuto il Generalgovernatorato – le condizioni generali delle diverse comunità israelitiche erano andate via via peggiorando: le violenze, le restrizioni discriminatorie, la progressiva costrizione nei ghetti erano divenute pratica comune, così come il costante degradarsi delle materiali condizioni di vita, soffocata dal lavoro obbligatorio, dal razionamento e da improponibili sistemazioni abitative: tutti eventi che provocavano il diffondersi di malattie e malnutrizione, nonchè il progressivo aumento della mortalità, soprattutto tra i più deboli ed anziani.
Ciò nonostante, dal punto di vista strettamente numerico, si può affermare che il Genocidio non era ancora incominciato.
L’uragano cominciò ad addensarsi nel Giugno 1941, dopo l’inizio della Campagna di Russia, che spalancò il Vaso di Pandora della più incommensurabile tra le tragedie umane. Il destino di milioni di uomini, donne e bambini, entrò in gioco in quella torrida e polverosa estate del 1941, quando dal Baltico al Mar Nero, interminabili colonne di uomini e mezzi varcarono il confine sovietico diretti ad est. Dietro di loro, come un quinto cavaliere dell’Apocalisse, la lucida follia annientatrice, che attraverso piccole, erranti coorti genocide (Völkermordkohorten), avrebbe inghiottito uno “shtetl” dopo l’altro con modalità tattiche ed operative che apparivano ancora piuttosto confuse ed improvvisate, ma che con il procedere delle settimane e soprattutto dopo l’attivazione in Polonia delle cosiddette “fabbriche della morte” di Belzec, Sobibor e Treblinka, si sarebbero affinate e “razionalizzate”.
Queste coorti genocide, che dal tardo Giugno 1941 alla fine dello stesso anno perpetrarono i più apocalittici eccidi di massa mediante fucilazioni in fosse comuni, erano composte da poche migliaia di individui, in parte forniti dalla Sichereitspolizei ed in parte dall’Ordnungspolizei: se i primi, in senso generale, potevano a buon titolo definirsi “guerrieri dell’ideologia”, i secondi erano invece piuttosto lontani da questa immagine un po’ stereotipata e per certi versi attualmente obsoleta. Erano piuttosto una flessibile massa di manovra, che poteva essere utilizzata nelle circostanze più disparate.
Dopo le stragi dell’estate/autunno 1941 e la relativa “pausa” invernale, all’inizio dell’estate 1942, in Polonia, reparti di Ordnungspolizei furono presenti alla “riduzione” dei ghetti di Tarnow, di Rzeszow, di Przemysl, i cui abitanti furono deportati al campo di sterminio di Belzec, così come a Kaunas, in Lituania, il cui ghetto veniva periodicamente “svuotato” mediante selezioni che avviavano alla fucilazione i cosiddetti “inabili” . Kommando tratti da battaglioni di polizia presero parte ad esecuzioni mediante camion a gas: così ad esempio, questo avvenne a Belgrado, in Serbia, a Mogilev e Smolensk, in Bielorussia e Russia centrale, nonché a Dzialdowo nella Prussia sud-orientale 3. Plotoni d’esecuzione formati con personale di polizia furono impiegati nell’eliminazione degli elementi ideologicamente indesiderabili rinchiusi nei campi di prigionia o presenti nelle varie comunità che di volta in volta subivano la furia distruttrice della “Weltanschauungskrieg” .
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Non si contano, né sarà mai possibile ricostruire, gli atti di violenza, le vessazioni, le uccisioni singole o di piccoli gruppi, le esecuzioni conseguenti a presunte mancanze verso le regole imposte alle comunità ebraiche rinchiuse nei ghetti attorno ai quali i reparti di polizia sovente prestavano servizio di guardia, oppure gli “abbattimenti” dovuti ai cosiddetti “tentativi di fuga”, durante i rastrellamenti.
E tutto questo senza considerare le attività non strettamente legate alla guerra ideologica, ma riconducibili alle operazioni di controinsurrezione, che regolarmente si concludevano con esecuzioni sommarie, distruzione di villaggi e deportazione di contadini, spesso del tutto estranei alla guerriglia e qualche volta, addirittura, vittime di essa e quindi vittime due volte. Non vi fu aspetto della guerra ideologica che non vide il coinvolgimento – ancorchè con modalità e termini differenti – di reparti dell’Ordnungspolizei: dall’esecuzione di malati di mente allo sradicamento ed espulsione di intere comunità nell’ottica di una pulizia etnica “ante litteram”; dalla persecuzione degli intellettuali alle vessazioni nei confronti del clero, specialmente quello polacco; dalla repressione del dissenso agli arresti in massa di studenti e scioperanti; dalle rappresaglie all’esecuzione delle condanne a morte comminate dai tribunali speciali.
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L’esposizione di tutto questo campionario genocida viene per scelta limitata in questo libro all’estate 1942. Ciò non significa che nel prosieguo del conflitto non si siano verificati, da parte dei reparti di Ordnungspolizei, ulteriori atti criminali: al contrario, altri ve ne furono, e di efferati, per tutto il resto del 1942 ed ancora nel 1943. Semplicemente, si è voluto chiudere con questa data, la quale per motivi tecnici legati alla saturazione dei campi di sterminio di Belzec, di Sobibor e di Treblinka, vide il rinnovato impiego dei reparti di polizia nelle esecuzioni di massa durante la cosiddetta “Operazione Reinhardt” – che comunemente è considerata il punto d’avvio della “soluzione finale del problema ebraico”.
In un certo qual modo, il Luglio 1942 in Polonia chiude anche il cerchio genocida dei reparti di polizia, che proprio in Polonia si era aperto sperimentalmente nel Settembre 1939 e che fra questi due termini vide la sua fase di massima espansione. La stessa data, il 12 Luglio 1942, coincide con il massacro di Jozefòw, da cui prende avvio la narrazione di Christopher Browning, che nel 1992 con la sua opera “Uomini Comuni” , fece luce per la prima volta sulla reale portata del coinvolgimento dell’Ordnungspolizei nel Genocidio ebraico.

http://www.ordnungspolizei.org/index.php?option=com_content&view=article&catid=37%3Aprogetti&id=150%3Aestratto-dal-progetto-polizia-dordine&Itemid=56&lang=it

La primavera intanto tarda ad arrivare..

La primavera intanto tarda ad arrivare..” (Povera patria, F.Battiato)e, signora mia, mai è stato così vero come quest’anno. In una giornata a Reggio ho preso più freddo che in una settimana a Cracovia. Sarà, le stagioni non sono più quelle di una volta, neanche i posti, però. Nevica e almeno ho avuto la conferma della spietata Legge di Ginnasi-Taglienti: “Data una qualunque precipitazione atmosferica e un ciclista in transito, qualunque sia la direzione del ciclista la precipitazione gli arriverà sempre sui denti”, con il gentile corollario di simpatici cristalli di ghiaccio che si solidificano sulla nostra barba ormai canuta. Un fenomeno che fa molto “sergente nella neve”, ma fa soprattutto freddo.

Del resto, signora mia, non ci sono più neanche gli uomini di una volta, quelli che schiattavano virilmente per una palla in fronte o per una schidionata in duello a vent’anni. Adesso sopravvivono tutti, crescono, invecchiano, diventano infestanti, parassiti, saprofiti, licheni umani, muffe evolute (poco): come spiegare altrimenti la comparsa sulla terra di skjfani o di sallusti? O specie resistenti anche alle radiazioni, cugini un po’ meno schifiltosi degli scarafaggi, come belpietro e littorio feltri. New generation, signora mia!

Però una cosa l’ho capita. I soldi non danno la felicità (qualche mignotta magari, sì) ma non consentono neanche di avere il meglio, come spiegare altrimenti il kasino cosmico, l’ennesimo, che i legulei del signore dei tranelli hanno combinato anche stavolta? Con i fantastiliardi a disposizione non poteva pagarsi uno di quegli studi americani (tipo “Baker-Gordon-Smith & Westland”) che abbiamo visto in tanti film, che gli scrivessero un lodo come si deve, una legge ben fatta, una norma-sì ad personam-ma che durasse almeno più di una mozzarella? Con i fantastiliardi che ha chi ti va a trovare? Un ghedini qualunque che sembra arrivare dallo studio “Bongo-Cicciobello-Pisquani associati”? Del resto con i fantastiliardi che ha, chi ti va prendere per gli azzurri sollazzi? Una supertopextramodel da urlo? No, una signora 35enne di Bari o squinzie che si chiudono al cesso a fare i video…!

Signora mia! Non c’è più stile, classe! Anche nel peccato si deve grandeggiare, qui siamo alle trasgressioni da piastrellari arricchiti, da industrialotto di provincia, tempi duri, non c’è che dire e poi…nevica ancora…

per ascoltare:http://www.youtube.com/watch?v=3UUS65a1c6Y

Per la precisione (M.Gramellini)

Nell’Italia dove ogni regola è tutt’al più uno stato d’animo, spuntano all’improvviso dei personaggi che rispettano a tal punto la forma da calpestare il senso comune. Come l’impiegata del Pantheon che, in un video che sta facendo il giro del mondo, scavalca la balaustra oltre la quale alcuni musicisti stanno suonando Vivaldi e interrompe il concerto perché «di domenica il Pantheon chiude alle 18». Le spiegano che resta da suonare l’ultimo movimento: quattro minuti appena. Macché, la donna è inflessibile. I concertisti ripongono gli strumenti nelle custodie, fra le urla degli spettatori. http://www.youtube.com/watch?v=zUXd7U-A9FA

Nel monumento di Agrippa è in corso una eroica rivolta del buon senso contro la stupidità. Viene stroncata dal grigiore dell’impiegata, che torna al microfono per ribadire l’unico pensiero che sembra abitarla: «Di domenica il Pantheon chiude alle 18». La prospettiva che possa chiudere alle 18 e 04 evidentemente l’atterrisce: cozza contro il regolamento e la voglia di chiudere baracca e tornare a casa. Non c’è umanità nelle sue parole, neanche un «mi dispiace». Solo quel mantra ottuso ripetuto all’infinito, così simile a quelli che talvolta si sentono pronunciare negli uffici pubblici.

L’elasticità, di cui siamo maestri quando ci fa comodo, trova in questi soprassalti di formalismo il suo contraltare inesorabile. La stessa impiegata, spedita a consegnare le liste elettorali di un partito, sarebbe giunta in ritardo, lamentandosi della burocrazia altrui. Perché di solito chi applica troppo rigidamente le regole è come chi le infrange: un menefreghista.

http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/hrubrica.asp?ID_blog=41


Leggere! Leggere. Leggere?

Una settimana a Cracovia. Polonia. Quel luogo che Jarry nell’inizio di Ubu Roi definisce “nessun posto”. Poi è divenuto nel secolo scorso il luogo del male che sappiamo. Birkenau. Il freddo, il vento e la neve.

Ritorno. Sulla mia scrivania il pacco dei giornali di questi gorni. E nessuna voglia di aprirli e leggerli. Per sapere cosa? Come si siano inventati un’altra legge truffaldina? Che attendersi nel Regno dei Birboni? Che qualcuno ha prostituito sua madre-sorella-cugina per qualche decina di euro o per un fuoriserie? Che novità in un paese dove tutto si vende e si compra! Che ogni giorno si affonda in una melma di cui non abbiamo alcuna responsabilità, almeno avessimo fatto anche noi una qualche cazzata! Sono anni che stiamo a guardare i mediocri e/o i “fenomeni” diventare onorevoli, consiglieri e assessori!

No, guardo il pacco dei giornali con nessun interesse o avidità. Magari passa. Domani è un altro giorno (si fa per dire).

Ritorno da Birkenau

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Le parole rimangono come sospese, dentro ognuno di noi.

Sperimentare tutta le debolezza dell’uomo nelle proprie carni, in un freddo dove anche un pezzo di pane secco diventa tuttto.

Lo sento, lo assaggio, lo mastico, mentre il vento fa piangere gli occhi, ma lo so bene:

non è solo vento.