La grande riforma di Arlecchino (Michele Ainis)

Messe in archivio le elezioni, la politica ha ripreso a trastullarsi col suo gingillo preferito: le riforme costituzionali. Non è una novità, sono trent’anni che ci giriamo attorno. Nel frattempo abbiamo sfogliato tutti i petali di questa margherita, dal presidenzialismo al cancellierato, dal neoparlamentarismo al premierato. Ora è il turno del semipresidenzialismo in salsa francese, evocato a gran voce dalla Lega. Neanche questa è una prima assoluta, benché pochi ne serbino memoria. Un mercoledì di giugno del 1997 la Bicamerale di D’Alema lo scelse infatti come futuro sistema di governo, sia pure in modo alquanto accidentale. Era accaduto che i commissari della Lega, che da quattro mesi ne disertavano i lavori, si presentassero compatti al voto conclusivo, rovesciando la maggioranza favorevole alla premiership. Un’imboscata, ma alla fine tutti si dichiararono contenti, tanto per noi italiani ciò che conta è una bella targa straniera sul modello di riforma, francese o inglese fa lo stesso.

Sta di fatto che in Francia il semipresidenzialismo esprime precisi connotati. In primo luogo, nel 1958 venne imposto da De Gaulle con uno strappo costituzionale, giacché il progetto di riforma non fu mai discusso in Parlamento; ma speriamo che almeno questo ci venga risparmiato, dato che non abbiamo un’Algeria nei nostri confini, né i parà del generale Massu a rumoreggiare nelle piazze.

In secondo luogo, l’obiettivo di De Gaulle era di mettere un bavaglio alle assemblee elettive; e infatti il Parlamento francese non ha mai avuto una salute di ferro, nemmeno dopo la riforma predisposta nel 2008 dalla commissione Balladur. Per un Parlamento malaticcio com’è ormai quello italiano, il semipresidenzialismo insomma può risolversi nel colpo di grazia, quello che ti toglie il fiato in gola. In terzo luogo, e soprattutto, l’attributo più pregnante del modello francese descrive altresì il suo fattore di maggiore debolezza. La Quinta Repubblica – diceva Duverger – è infatti un’aquila a due teste, con un capo dello Stato eletto direttamente dal corpo elettorale e un Primo ministro sostenuto dalla maggioranza in Parlamento. Tutt’e due a dividersi il menu, talvolta litigando (è accaduto nei 9 anni di coabitazione fra esponenti di partiti avversi), talvolta con il secondo ridotto a maggiordomo del presidente in carica. Da qui una perenne fonte d’incertezza: non a caso in mezzo secolo di vita la Costituzione francese ha attraversato 23 revisioni.

Ma forse per i politici italiani vale di più l’unica certezza che si può comprare in Francia: la doppia poltrona. In una ci fai sedere Berlusconi, nell’altra può sempre accomodarsi Bossi. E Fini? Se il metro di giudizio è questo, più che un semipresidenzialismo servirebbe un tripresidenzialismo, un presidenzialismo al cubo. Senza dire che i modelli non si possono copiare a pezzi, questo sì, quello no. In Francia c’è una legge elettorale che contempla il doppio turno, e che a sua volta è un po’ come il cemento che tiene insieme l’edificio: prendiamo pure quella? Sempre in Francia c’è uno Stato accentrato, dove i 36 mila municipi hanno ben pochi poteri, le regioni men che meno, e dove i prefetti esprimono la voce del padrone: come si concilia questo monolite con il federalismo della Lega? Tanto varrebbe allora spingere lo sguardo verso un autentico Stato federale, gli Usa di Barack Obama. A patto d’importare tuttavia anche i poteri del Congresso americano, dove il presidente non può nemmeno metter piede. Nonché la sacralità del potere giudiziario, che può permettersi di convocare il Papa in qualità di testimone, come è stato appena chiesto al tribunale di Louisville.

No, non è un vestito d’Arlecchino l’abito che ci renderà eleganti. Né un vestito preso a prestito, perché ogni popolo ha la sua taglia, e ha pure la sua storia. La nostra racconta un’indipendenza nazionale che dura da 150 anni; tornare al rango di coloni sarebbe il modo peggiore di far festa.

http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=7185&ID_sezione=&sezione=

La grande riforma di Arlecchino (Michele Ainis)ultima modifica: 2010-04-07T18:37:05+02:00da pelikan-55
Reposta per primo quest’articolo