Reggio Emilia, la riserva indiana (Nicola Fangareggi)

L’analisi del voto regionale non si presta a semplificazioni eccessive pena il rischio di fare confusione e di approdare a conclusioni sbagliate. Un certo giornalismo grossolano non aiuta, ma tant’è: dalle testate nazionali più autorevoli all’ultimo dei fogli locali Reggio Emilia emerge nella trita narrazione luogo-comunista secondo cui l’ex roccaforte rossa sarebbe finita o in procinto di finire nelle mani dei barbari invasori leghisti.
Trattasi non di semplificazione, ma di sciocchezza. Bisogna avere la pazienza e la voglia di osservare i numeri per capire che è avvenuto il contrario e che le letture da rotocalco, quelle buone per un titolo a effetto ma della durata di un mattino, non fotografano correttamente la realtà. Che è molto diversa.
Il voto di Reggio dice che l’avanzata della Lega si è fermata sulle rive del Po e dell’Enza. E che al netto di un’astensione peraltro gigantesca il centrosinistra, nella sua accezione più estesa ma non per questo meno verosimile, si conferma nelle preferenze di due cittadini su tre.
Le urne del capoluogo non lasciano dubbi se si osserva il raffronto tra il voto regionale e quello amministrativo di dieci mesi fa. La Lega si ferma al 14,5%, tetto notevole sì, ma già consolidato nel 2009. A sinistra mutano gli equilibri ma la forza è quella del passato, se non superiore. Liberato dall’ipoteca spaggiariana il Pd in città conquista il 45,55%. Di Pietro balza al 7,8. I grillini crescono, seppure non come in altre città, e arrivano al 5,36. La sinistra tradizionale (Sel e comunisti) mette insieme a sua volta un cinque per cento. Dove sarebbe caduta la roccaforte?

Lega e Berlusconi si spartiscono i consensi di una fetta minoritaria che raggiunge a fatica il 33% dei voti. Gli stessi di dieci, di quindici anni fa. E ciò a dispetto di uno sfondamento al di sopra del Po che ha consegnato al Carroccio Veneto e Piemonte, ma che in Emilia si è fermato a Guastalla.
Altro che le dichiarazioni sovreccitate di Alessandri: per quanto la Lega possa avere lavorato bene sul territorio e per quanto il localismo a matrice xenofoba possa esercitare attrazione sull’elettorato emiliano in crisi di identità, il messaggio non fa breccia. Se ne facciano una ragione, le camicie verdi e i loro amici.

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Reggio Emilia, la riserva indiana (Nicola Fangareggi)ultima modifica: 2010-04-07T18:52:00+02:00da pelikan-55
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