Fascisti a Chioggia

Lapide per due gerarchi fascisti bufera sulla delibera del Comune
L’atto di Boscolo Pecchie che «riabilita» il bisnonno
L’assessore: non erano assassini. Il Pd: irricevibile

pennone--190x130.jpgLa base del pennone dove furono appesi i gerarchi fascisti a Chioggia (archivio)

CHIOGGIA — Per l’assessore si tratta di un gesto di «riappacificazione nazionale », ma per la sezione locale dell’Anpi si tratta di un tentativo «furbesco» di «riscrivere la storia». La proposta dell’assessore alla Cultura Nicola Boscolo Pecchie di apporre una lapide in ricordo dei gerarchi fascisti Gennaro Boscolo Marchi e del nolano Mario Manlio sullo stendardo di Piazzetta XX settembre, dove i due furono impiccati il 22 maggio del 1945, sta creando in città sdegno e pure qualche imbarazzo anche nel centrodestra. Ma Pecchie apre all’Anpi e si dice pronto a «modificare l’atto amministrativo». L’episodio feroce e brutale della loro uccisione da parte dei partigiani è ricordato nel libro di Giampaolo Pansa Il sangue dei vinti. Marchi, bisnonno di Nicola Pecchie, fu fatto annegare nel canal Vena. Pare gli fu fracassata la testa con una macchina da scrivere, e poi appeso allo stendardo. Manlio si risparmiò l’annegamento e fu impiccato con la testa intera. Tutti i partigiani che furono testimoni di quel giorno a Chioggia «sono ormai morti », come ricorda Giorgio Varisco di Rifondazione, ma l’Anpi fa leva sui giovani e dirama una nota in cui solleva il caso. La proposta di una lapide in ricordo delle «vittime delle violenze del 22 maggio 1945» è inserita una una delibera quadro che assegna a luoghi della città privi di toponomastica i nomi di personaggi o di ricorrenze meritevoli di ricordo.

La lista fece già scalpore nel 2009, l’assessore riuscì a far intitolare ai martiri delle foibe e agli esuli giuliano-dalmati due piazzali. Ora, accolte le proposte per due partigiani, Otilla Monti e Egidio Perini, e per un giardino da intitolare a quelli che gli ebrei chiamano «I giusti tra le nazioni», l’assessore ha aggiunto la targa che ricorda l’uccisione dei due gerarchi. Motivazione: non esiste giustizia senza democrazia. «È la rimozione — spiega Pecchie — che è inaccettabile. Io non mi sogno di intitolare la lapide ai due personaggi. Le questioni parentali rimangono fuori dal mio ruolo di amministratore. Quel che è certo è che lì, a guerra finita, fu commessa un’ingiustizia: l’omicidio di due uomini. Non erano assassini, fu un crimine e nulla lo ricorda». «Una proposta semplicemente irricevibile — la bolla il segretario del Pd Pino Penzo — L’assessore è partito largo coi riconoscimenti a tutti gli ex sindaci e a qualche partigiano, ma resta un uomo di destra legato ai valori del fascismo. Marchi e Manlio contribuirono a creare un clima di terrore tra i nostri concittadini che ancora si tramanda. Ci sono gli studi fatti da Sergio Ravagnan su questi due personaggi, basta leggerli, mi auguro vivamente che l’amministrazione faccia marcia indietro». Perplessità che però arrivano anche dall’anima più centrista del Popolo della Libertà: «Stiamo forzando troppo la mano—dice Brunetto Mantovan—Bisognerebbe rifletterci e decidere dopo un’attenta analisi storica. Dovremmo capire perché nel caso di questi due uomini ci sia stata una reazione popolare così violenta e feroce. Mi pare che da parte dei proponenti non ci sia una scheda che ne illustri la vita. Conviene lasciar stare e riparlarne tra trenta o quarant’anni».

Enrico Bellinelli
18 maggio 2010

http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/cronaca/2010/18-maggio-2010/lapide-due-gerarchi-fascisti-bufera-delibera-comune-1703037861974.shtml

Un vitalizio per tutti i politici la proposta c’è, e va avanti…

soldi.jpgPensione di fine carriera non solo per i parlamentari, si costruisce una legge. Parte dal Pd ma il Pdl è d’accordo Perché solo i parlamentari devono godere di un vitalizio? Perché un politico la cui carriera non ha bucato il diaframma comunale, deve restare  –  a fine mandato – senza più un euro in tasca?
Con questa preoccupazione tre deputati del Partito democratico, Maria Luisa Gnecchi, Oriano Giovannelli e Lucia Condurelli, hanno affrontato la questione della quiescenza dei politici senza altra passione che la politica. Coloro che, rimanendo esclusi dal consiglio comunale, si troverebbero a spasso, senza un soldo e uno straccio di impiego. 

Finora lo Stato si sostituisce al datore di lavoro nella contribuzione previdenziale del dipendente chiamato a rappresentare i cittadini. E paga anche le spese forfettarie dei lavoratori autonomi divenuti assessori o sindaci. Ma chi non ha mai conosciuto un ufficio né una fabbrica, chi si è solo appassionato di politica, e con la politica ha campato per l’intera vita, il destino di un miserabile tramonto verso il nulla è oggi assicurato. Questa preoccupazione ha condotto i tre parlamentari, tutti residenti a nord di Roma (la Gnecchi è di Bolzano, Giovannelli di Urbino, Codurelli di Sondrio) ad avanzare la proposta di legge numero 2875/09. “Per una ragione di equità”, hanno scritto nell’unico articolo del testo che sta per essere licenziato dalla commissione Lavoro.

Equità e giustizia. Dare una pensione al sindaco, all’assessore di un paese, al presidente della comunità montana, e anche al presidente della circoscrizione, raggiungerebbe il doppio obiettivo di rendere meno faticoso l’ingresso nella comunità  e soprattutto dare ai colleghi che hanno avuto meno fortuna in carriera quel giusto ristoro di tanto sacrificio.

In effetti i parlamentari, con o senza lavoro, godono di un vitalizio, della pensioncina che poi diventa anche robusta, e persino di una buonuscita – quando dovessero dismettere la funzione – per reinventarsi una lavoro. La buonuscita si chima infatti “indennità di reinserimento”. Clemente Mastella, per esempio, quando ha chiuso con la Camera dei deputati ha ottenuto un bonus di alcune decine di migliaia di euro per poter affrontare dignitosamente un nuovo inizio. Poi, vero, ha cambiato idea e l’anno di disoccupazione e il bonus conseguito sono serviti nella preparazione dell’unico lavoro a lui congeniale: la politica. Si è candidato e ha ottenuto un seggio all’europarlamento. Armando Cossutta oggi è uno dei tanti felici e ricchi pensionati.  Ma i sindaci? E i piccoli assessori rimasti per la vita intera in un assessorato? Chi ci pensa?

Ecco, oggi sappiamo chi. Dunque, anche i politici delle categorie minori, altrimenti senza alcun altra arte,  hanno diritto alla pensioncina. Contribuendo così a dare un senso previdenziale alla teoria dalemiana della superiorità dei professionisti della politica, ancorché ai rami bassi della carriera. La proposta ha fatto breccia anche nel cuore del Popolo della libertà. “Se ne può discutere”, ha risposto ai colleghi l’onorevole Pelino. “Però capiamo bene come andare avanti”. La Gnecchi, soddisfatta: “Garantisco un atteggiamento costruttivo del Pd”. Il presidente della commissione, Silvano Moffa, ha ceduto il passo alla ragioneria generale dello Stato: “Bisogna conoscere il costo della misura”. I ragionieri hanno fatto i conti, circa quaranta milioni di euro e, sommessamente, hanno avanzato un’obiezione: “forse è un privilegio”.

Obiezione accantonata e percorso quasi ultimato. “Cose da non credere” ha esclamato Antonio Borghesi, deputato dell’Italia dei Valori, “è l’ultima follia della Casta”.

http://www.repubblica.it/rubriche/piccolaitalia/2010/05/18/news/pensione_politici-4150797/?ref=HREC2-2

Senza parole….

Follia! Follia!

calici.jpgFollia! Follia! Cantava la povera Violetta fra brindisi nei calici e sbocchi di tisi. Qui nella nostra Regium Lepidi fra lambrusco e raffreddori di stagione se ne sentono-e vedono-delle belle (sfpd: si fa per dire).

Una fanciulla, ignota ai più (tranne ai congiunti e colleghi), capace di raccogliere alle elezioni ben NOVE (9) preferenze, è diventata Vice-Sindaco (con la delega al Bilancio..). Domanda: se di preferenze ne prendeva 90 cosa la nominavamo? Governatore di Paperopoli?

Un’altra fanciulla, salita alle cronache per le siliconiche terrazze, si lamenta di non essere stata lei ad ascendere al soglio da vicesindaco per colpa…delle siliconiche terrazze! Ma se era nota solo per quelle, perchè lamentarsi, ognuno gioca le carte che ha, si vince, si perde, rien ne va plus!

Il nostro buon Sindaco, forse in crisi ipoglicemica, presentando il nuovo fantastico vicesindaco s’è lasciato scappare: “Sarà la nostra Mara!” (Carfagna). Qualche post fa avevamo richiamato l’attenzione su questo nuovo farmaco: il Carfagnax, così descritto:

CARFAGNAX: succedaneo biologico del Viagra e del Cialis, può essere assunto anche per via cartacea (calendari, etc..). Controindicazioni: l’uso prolungato provoca l’impossibilità a chiudere e/o battere le palpebre.


Sul “bugiardino” (il foglietto di istruzioni all’interno della confezione) dovremo aggiungere: “da non somministrare a Sindaci buoni e pii per rischio di ipersensibilità e possibilità di deliri verbali”(leggasi sparare cazzate orrende…)


Giunge notizia che eminenti Dirigenti Comunali vadano in pensione. Il tempo passa per tutti e dopo anni di strenuo lavoro è giusto godersi la pensione (per chi ce l’ha). Ma giunge voce che il giorno dopo, lo stesso medesimo ipso dirigente, rientrerà-come d’uso- con congruo contratto professionale. Bello. Giusto. Come farebbe la comunità reggiana a sopravvivere senza alcune menti geniali e sopraffine? Tanto geniali e sopraffine da farsi pagare 2 (due) volte dai medesimi cittadini: una volta con la pensione e un’altra con il contratto. Girano i cabasisi. A proposito: la stessa amministrazione che firma i contratti è quella che ci dice di lavorare per i giovani…

 

Ennesima puntata telenovela “Filippi a Cernaieto”. Danneggiato ancora il “sacrario” ai “martiri RSI” (come c’è scritto sulla croce). Signora mia, ‘sti comunisti!

 

Cultura e genialità: se qualcuno ha dubbi sull’attualità della favoletta dei vestiti nuovi dell’Imperatore, vada a visitare il terzo piano dei nostri bombardati Civici Musei. Qui i cabasisi volano alto! Promemoria personale: la prossima volta che nasco devo ricordarmi di fare l’architetto genio (al servizio dell’Imperatore…)

 

Manifestazione contro la ‘ndrangheta in piazza. Discorsi. Poi una rappresentante delle istituzioni vede uno striscione. Non le piace. Che fa? S’incacchia come una biscia, insulta i portatori del suddetto e tenta di stracciarlo…Mah.. A me piace ricordare cosa diceva il buon Sandro Pertini: “Libero fischio in libera piazza”. O no?

La Resistenza imparata dai nonni (Leonardo Tondelli)

partigiani.jpgMa è vero che la Gelmini vuole cancellare la Resistenza dalle scuole? Sì e no. Non è vero che i nuovi programmi ministeriali abbiano eliminato la lotta antifascista. È semplicemente successo che i collaboratori della Gelmini, dovendo sintetizzare il programma di Storia del Novecento in una paginetta, non abbiano usato la parola “Resistenza”. Per loro stessa ammissione, affrontare la Seconda Guerra Mondiale e il dopoguerra senza toccare l’argomento è praticamente impossibile. Dipenderà poi da ogni singolo insegnante, che alla paginetta allegata a una circolare darà un’occhiata a settembre, per poi rinchiuderla in un cassetto e non guardarla probabilmente mai più. L’approccio degli insegnanti dipende molto più dai libri di testo, e sui libri per ora la Resistenza resiste.

È curioso che si accusi la Gelmini di questo tipo di revisionismo: si dà per scontato che la Resistenza sia un punto fermo dei programmi di Storia della scuola dell’obbligo. Eppure, se ci pensate bene, fino a poco tempo fa non lo era affatto. Sono piuttosto rari quelli della mia generazione che hanno fatto in tempo a studiare i partigiani a scuola: e questo non a causa del programma: sui foglietti del ministero magari la parola “Resistenza” c’era. Ma poi mancava il tempo, a Pasqua si arrivava a Sarajevo e il fascismo era confinato negli ultimi mesi. Ciononostante in qualche modo ce l’abbiamo fatta anche noi, a crescere antifascisti. Viceversa, oggi i programmi dedicano alla Storia del Novecento un anno intero di scuola dell’obbligo: c’è tutto il tempo per affrontare i totalitarismi e capire l’insidiosa differenza tra repubblichini e repubblicani; ci sono le giornate della Memoria e del Ricordo, da osservare nelle scuole di ogni ordine e grado; in pratica, non abbiamo mai avuto una scuola così antifascista; eppure le svastiche incise nei banchi non sono un granché diminuite.

Forse quello che rende ancora così affascinante quel periodo della nostra Storia recente è proprio il fatto che abbiamo dovuto studiarcelo da soli, con strumenti che la solita scuola gentiliana non ci dava. A differenza della Grande Guerra, con le sue triplici alleanze e le sue battaglie, ridotte a uno sbiadito ricordo scolastico, la Resistenza abbiamo dovuto impararla dai nonni: riuscivamo ancora a leggerla in certe scritte sbiadite sui muri tra i quali siamo cresciuti, e nei rancori di persone che conoscevamo. Se l’avessimo studiata a scuola forse l’avremmo sentita molto meno nostra. È una mia teoria: la scuola rende noioso qualsiasi argomento, e la Resistenza non merita di diventare un argomento noioso. Nessun professore di Storia potrà mai davanti a sé la platea di un concerto di piazza, come è successo ancora una volta al comandante Diavolo a Carpi, lo scorso 25 aprile.

I partigiani non erano soldati come gli altri. Non meritavano i soliti monumenti, e forse ha un senso che non si riesca a confinarli in una paginetta di riassunto del Novecento. Del resto, se negli ultimi anni erano riusciti a entrare a scuola, probabilmente non è lontano il giorno in cui ne usciranno: non a causa di una circolare ministeriale, ma perché di Storia se ne insegnerà sempre meno. Nei licei, ad esempio, le quattro ore di Storia e geografia dovrebbero ridursi a tre. A quel punto probabilmente si tratterà di scegliere se insegnare i partigiani o la Cina, i repubblichini o l’Australia. Non ci sarà nessun bisogno di cancellare la Resistenza dal programma: anzi, sarà facile attribuire la colpa agli insegnanti, che non riescono a procedere spediti lungo il ‘900 con classi di quasi trenta alunni. Insomma, è possibile che i nostri figli dovranno arrangiarsi a impararla in casa o in strada. Come abbiamo fatto noi. E non è detto che sia per forza un male.

http://www.unita.it/rubriche/hounateoria/98188

Vice direttore, cosa mi combina?

1273821055627_13.jpgSallusti, cosa mi combina? Dal vicedirettore di un “Giornale” così a modo, equilibrato e indipendente come il suo, ci aspettavamo uno stile ben diverso! Lei, che di solito ci appare così angelico e misurato, nasconde forse un lato oscuro come la foto lascerebbe supporre? O è stato l’effetto del “vada a farsi…” del nostro carissimo Aureliano Buendia di Gallipoli a ridurla così?

Mah, signora mia, non ci sono più i gentiluomini di una volta…

L’inevitabile prevalenza del mediocre (Nicola Fangareggi)

Condivido pienamente la proposta del Movimento a Cinque Stelle affinché le sedute del consiglio comunale vengano trasmesse in diretta web e mi auguro che il Comune di Reggio – come altri che lo hanno già fatto – l’adotti senza ulteriori indugi. Si tratta della stessa proposta che avanzai alla sala del Tricolore nell’estate del 1999, poco dopo la nascita di Emilianet, allora sdegnosamente respinta dall’aula. Ricordo in particolare la veemenza con cui il capogruppo della Margherita, all’epoca Giovanni Catellani, osteggiò quella proposta che avrebbe consentito al Comune di Reggio di conquistare non tanto un primato, ma di dare un segno di forte attenzione allo sviluppo della tecnologia digitale al servizio dei cittadini.

Allora la proposta non passò per ragioni di gelosie interne alla maggioranza. Anziché affidarsi a un servizio esterno, dissero, sarebbe stato meglio fare da soli. Indiscutibile. Solo che sono trascorsi undici anni, sono cambiati sindaci e giunte e la proposta è ancora lì. Se non fosse per il consigliere grillino Matteo Olivieri manco se ne parlerebbe. Quando si dice la buona amministrazione, vero?
La diretta web delle riunioni consiliari dovrebbe essere attiva da allora. Non già perché esse siano interessanti, tutt’altro, ma come atto indispensabile alla trasparenza dell’amministrazione. Molte altre assemblee hanno già adottato sistemi analoghi. D’altronde, viviamo in un mondo dove il presidente degli Stati Uniti non si separa mai dal suo Blackberry personale per consultare e inviare le email. In ritardo siamo noi.

Parlo di digitale perché la sfida di ogni amministrazione pubblica, oggi, si gioca su questo terreno.
Lo ripetiamo da anni con scarsi risultati. Gli amministratori e i politici, in genere, o non sanno di quel che si parla oppure tendono a mettervi il cappello. I più credono si tratti di una moda che, come tale, sia destinata a passare. Non hanno capito niente.
Quando giorni fa ho scritto che Fotografia Europea sarebbe un eccellente format pensato per la rete non volevo fare una battuta. Dicevo sul serio. Se fosse stata realizzata in versione web, con le idee giuste, sarebbe costata parecchi zero in meno e avrebbe raggiunto visitatori con diversi zeri in più.
Il problema è che politici e amministratori non lo credono possibile. Oppure divagano. Organizzano format festivalieri obiettivamente vecchi di decenni, forse perché si sono ispirati durante le vacanze in Europa negli anni giovanili e hanno imparato ad amare festival e mostre. Lo abbiamo fatto tutti ed è stato bello davvero. Ma andiamo avanti, santo cielo, non fermiamoci lì.
Non voglio parlare solo di cultura. Parlo di politica. Ne parlo perché vedo avanzare il Grande Nulla come nelle epopee di Michael Ende. Vedo trionfare la mediocrità e la definitiva, rassegnata sconfitta dell’intelligenza.
Le recenti vicende – il segretario del Pd, il vicesindaco, ma in fondo anche le regionali – confermano che il degrado è inarrestabile. Non ce l’ho con i singoli, che rispetto: è il sistema che produce l’inevitabile prevalenza del mediocre.
Possibile che il Pd a Reggio, dal quale in teoria dovrebbero partire idee e pratiche di buon governo, riesca a scovare un segretario oscuro di cui non si è letto né ascoltato mai nulla in sede pubblica? Possibile che una perfetta sconosciuta finisca per diventare vicesindaco? Qualcuno, a Ferrari e alla De Sciscio, ha fatto un esame di cultura generale?

Io farei così. Nominerei una commissione di saggi per l’accesso alle candidature. Vuoi fare il segretario del Pd? Bene, adesso ti interroghiamo. Materie: Gramsci, Sturzo, Gobetti, Prampolini, Moro. Poi Steve Jobs, la Costituzione, il Tricolore, la Repubblica Cispadana.
Non passi l’esame? Niente, stai a casa. Avanti il prossimo.

Paradossi, certo. Ma siccome “più diventa tutto inutile, più credi che sia vero”, e ne siamo avvertiti, bisogna che qualcuno si prenda la fatica di dirlo.
Signori, il degrado avanza perché abbiamo smarrito il senso dell’etica pubblica. E non c’è etica senza preparazione culturale, storica, letteraria, umanistica, scientifica. L’etica è un portato della conoscenza. Quando tutto diventa pragmatismo, la politica finisce. E vince Berlusconi, com’è ovvio.
Questo centrosinistra reggiano, lo dico con delusione, sta scivolando lungo una china pericolosa. Ogni scelta è al ribasso, ogni nomina abbassa l’asticella della presentabilità. Nelle amministrazioni vedo figure che non sarebbero in grado di organizzare un condominio.
E soprattutto ascolto fiumi di parole vuote, di slogan, uno sciocchezzaio infinito di bla bla slegati dalla realtà in cui viviamo e per la quale vorremmo di meglio.
Ora c’è questo can can sulla ‘ndrangheta. Toh, che scoperta. Si sono accorti che la ‘ndrangheta esiste anche dalle nostre parti perché un’automobile è stata fatta saltare in aria.
Se ne dovevano accorgere prima. Se ne dovevano accorgere quando la ‘ndrangheta muoveva i propri colletti bianchi nella gestione della pulizia del denaro anche dalle nostre parti. Vi dice niente l’esplosione demografica di Reggio Emilia tra gli anni Novanta e oggi? E quella edilizia? Tutto regolare?

Leggo che ieri il consiglio comunale ha approvato un piano a Canali per altri 230 alloggi. Fantastico. Gli alloggi invenduti nella Reggio di oggi sono sette-ottomila. Cosa volete che siano 230 in più?

Vedo molta ignoranza, sì. Ma anche tanta ipocrisia. E piccole furbizie di un ceto politicante di livello troppo scarso perché lo si possa prendere sul serio. So bene che al peggio non c’è limite, dunque mi guardo bene dal rimpiangere il passato. Però, amici, lo spettacolo è sgradevole. Sul ponte sventola bandiera bianca.

http://www.reggio24ore.com/Sezione.jsp?idSezione=13522

Camilleri legge se stesso e svela l’imbecillità del regime

copj13.jpgDiavolo d’un Camilleri: questa volta se la suona e se la canta. L’ha scritto e lo legge. Il nipote del Negus, il nuovo romanzo della serie storica, da oggi in libreria per Sellerio (pp. 277, euro 13), esce in volume e contemporaneamente in versione audio, un cofanetto di cinque cd con la lettura integrale da parte dell’autore. Cinque ore e 28 minuti in cui il papà di Montalbano si cala con gusto mimetico nel dedalo di linguaggi che danno vita a questo racconto-resoconto costruito per accumulo di materiali disparati, con la tecnica già felicemente sperimentata per La concessione del telefono e La scomparsa di Patò.

Qui la vicenda, che come di consueto trae spunto (non più che uno spunto) da un fatto reale, è ambientata nella Vigàta del 1929, piena èra fascista. Il diciannovenne nipote del Negus d’Etiopia, «che chiamasi Grhane Sollassié Mbssa», dopo essersi diplomato a Palermo ha chiesto di potersi iscrivere alla Regia Scuola Mineraria dell’immaginaria cittadina siciliana. È l’inizio di una grande agitazione, tra Roma e le autorità isolane, perché il regime pensa di potersi servire del ragazzo come utile tramite in una fase di rapporti problematici con Addis Abeba (siamo sul piano inclinato che porterà di lì a cinque anni all’incidente di Ual Ual e quindi alla guerra d’Abissinia). Di conseguenza, a partire dal Regi Ministeri degli Esteri e dell’Interno, si prende ogni precauzione affinché il giovane – il quale, «benché Principe, è pur sempre un negro» – non abbia a soffrire sgarbi, magari attizzati da «qualche losco sovversivo comunista», «sì da far nascere uno scandalo internazionale che la stampa estera, al Fascismo ostile, sarebbe ben lieta di ingigantire a dismisura».

La narrazione si sviluppa attraverso tre «carpette» zeppe di documenti amministrativi, comunicazioni burocratiche e articoli di giornale, intervallate da altrettanti «frammenti di parlate» che registrano in una fantasmagoria di accenti, fissazioni verbali, secondi e terzi fini, le reazioni dei vigatesi all’arrivo dell’ospite ‘bissino (in questa pagina anticipiamo un dialogo registrato nella «camera da letto di casa Butticè, 8/9/1929, ore 22»).

Con Il nipote del Negus Camilleri torna per la terza volta alle grottesche atmosfere del Ventennio – dopo La presa di Macallè e Privo di titolo – per farne vedere in atto, sotto la grancassa ufficiale, tutta la fondamentale imbecillità. Ben lungi dal farsi strumentalizzare, il giovane gaudente capisce al volo la situazione e la volge a proprio vantaggio. Organizza una trama amorosa a quattro, manovra e persuade. E chiede soldi, sempre più soldi – 5 mila lire per scrivere una lettera al Negus, 20 mila per scriverla in un certo modo, 25 mila per recarsi di persona a Roma… Alla fine saranno tutti beffati, tronfi gerarchi e federali, obbedienti zelatori e piccoli intriganti. Il «negro» si è rivelato più intelligente di loro.


Maurizio Assalto

Autore: Andrea Camilleri
Titolo: Il nipote del Negus
Edizioni: Sellerio
Pagine: 277
Prezzo: 13

http://www3.lastampa.it/libri/sezioni/il-libro/articolo/lstp/169102/

Ma la moglie di Hakkinen lo sa?

81104244.jpgMika Hakkinen è stato campione del mondo di Formula 1, andava davvero forte, poi, un giorno, sua moglie, un incrocio fra Crudelia Demon e la santanchè (scusate la parolaccia) gli ha comunicato che era ora che stesse a casa a cullare il pupo. Mika è sempre stato un buon ragazzo e disse l’unica cosa sensata: “Sì”. Così è diventato testimonial della Mercedes e in tale veste si è presentato sabato sera, ore 20.48 in Piazza del Duomo, al volante di una favolosa Mercedes “Ali di gabbiano”. Al suo fianco David Coulthard, un tot di GP vinti, un tot x 10 di modelle spatatunfate. Loro pensavano di essere lì per la 1000 miglia, una garetta che si fa da qualche decennio e che porta le macchine più belle del mondo in giro per le città più belle d’Italia. Ingenui. Bambinoni. Si chiama eterogenesi dei fini (per quelli colti e coltivati). Loro pensavano di fare una cosa e invece..Invece erano a Reggio solo e soltanto per Fotografia Europea. Dei tanti modi possibili i due hanno scelto la strada più lunga: sciropparsi 1500 chilometri (1000 miglia appunto) solo per essere qui sabato alle 20.48 e godersi l’incanto. Quando si dice la sportività! A proposito: ma la moglie di Hakkinen lo sa?

Abiura di Galileo Galilei. Letta il 22 giugno 1633

galileo_002.jpgIo Galileo, fìg.lo del q. Vinc.o Galileo di Fiorenza, dell’età mia d’anni 70, constituto personalmente in giudizio, e inginocchiato avanti di voi Emin.mi e Rev.mi Cardinali, in tutta la Republica Cristiana contro l’eretica pravità generali Inquisitori; avendo davanti gl’occhi miei li sacrosanti Vangeli, quali tocco con le proprie mani, giuro che sempre ho creduto, credo adesso, e con l’aiuto di Dio crederò per l’avvenire, tutto quello che tiene, predica e insegna la S.a Cattolica e Apostolica Chiesa. Ma perché da questo S. Off.o, per aver io, dopo d’essermi stato con precetto dall’istesso giuridicamente intimato che omninamente dovessi lasciar la falsa opinione che il sole sia centro del mondo e che non si muova e che la terra non sia centro del mondo e che si muova, e che non potessi tenere, difendere ne insegnare in qualsivoglia modo, ne in voce ne in scritto, la detta falsa dottrina, e dopo d’essermi notificato che detta dottrina è contraria alla Sacra Scrittura, scritto e dato alle stampe un libro nel quale tratto l’istessa dottrina già dannata e apporto ragioni con molta efficacia a favor di essa, senza apportar alcuna soluzione, sono stato giudicato veementemente sospetto d’eresia, cioè d’aver tenuto e creduto che il sole sia centro del mondo e imobile e che la terra non sia centro e che si muova; Pertanto volendo io levar dalla mente delle Eminenze V.re e d’ogni fedel Cristiano questa veemente sospizione, giustamente di me conceputa, con cuor sincero e fede non fìnta abiuro, maledico e detesto li sudetti errori e eresie, e generalmente ogni e qualunque altro errore, eresia e setta contraria alla S.ta Chiesa; e giuro che per l’avvenire non dirò mai più ne asserirò, in voce o in scritto, cose tali per le quali si possa aver di me simil sospizione; ma se conoscerò alcun eretico o che sia sospetto d’eresia lo denonziarò a questo S. Offizio, o vero all’Inquisitore o Ordinario del luogo, dove mi trovarò.

Giuro anco e prometto d’adempire e osservare intieramente tutte le penitenze che mi sono state o mi saranno da questo S. Off.o imposte; e contravenendo ad alcuna delle dette mie promesse e giuramenti, il che Dio non voglia, mi sottometto a tutte le pene e castighi che sono da’ sacri canoni e altre constituzioni generali e particolari contro simili delinquenti imposte e promulgate.

Così Dio m’aiuti e questi suoi santi Vangeli, che tocco con le proprie mani.

Io Galileo Galilei sodetto ho abiurato, giurato, promesso e mi sono obligato come sopra; e in fede del vero, di mia propria mano ho sottoscritta la presente cedola di mia abiurazione e recitatala di parola in parola, in Roma, nel convento della Minerva, questo dì 22 giugno 1633.
Io, Galileo Galilei ho abiurato come di sopra, mano propria.