Pover Flèp!

brindisi.jpgUn attimo di raccoglimento. Un istante di riflessione. Un lampo di pietà. Pover Flèp! Ti organizza un mega evento nel cortile di casa sua a Casina (previste 2700 persone dal suo ufficio stampa, 27 dalla Questura), con nientepopopopodimeno che ANgelino Jolie ALfano! Per la “festa della vittoria”. Sì, avete letto bene, “festa della vittoria”. Vittoria de che?

Forse Flèp aveva l’asso nella manica: collegamento skype con il polpo indovino Paul e rivelazione di chi vincerà domenica: Spagna? Olanda? A Casina si sarebbe saputo già venerdì sera! Capperi! Loro sì che sono avanti! Grande, geniale, sublime, superno!

Ma. Pover Flèp! ANgelino Jolie non viene! Dramma, sventura, disgrazia, stipsi. E il polpo? E skype? Manifesti ricoperti e corretti. AL posto di Angelino sui manifesti ora brilla “ai presenti sarà offerto un rinfresco!”. Wow! Almeno per i beoni del circondario l’occasione è ghiotta. Vedo già, dalla torre di Fortezza Bastiani pullman di alpini alla carica. Hic!

Pover Flèp! Quasi quasi ci vado anch’io: un prosecchino come aperitivo non si rifiuta mai (si fa per dire…).

buone notizia dalla lega

antilega.jpgBuone notizie dalla lega (che non merita nemmeno la maiuscola). Cioè notizie normali che testimoniano che esiste un ordine nell’universo. alessandri ha buttato fuori lusetti. Lotte intestine, potere, spazi, poltrone e divani.

alessandri gira con le auto blu pagate da noi e non paga le multe. Come l’on.Scatafuro o Capocchione. Uhhh, ma lo fa per il nostro bene, no?

Nella amministrazioni del nord la lega mangia a quattro ganasce, infila i suoi omini verdi ovunque, dalle Fondazioni bancarie alle Bocciofile padane.

Ah, dannata sete dell’oro…direbbero i vecchi saggi latini.

Ah, il potere…

Chi lega avvelena anche te, digli di smettere….

Nuovo mondo, vecchi sistemi

bavaglio.jpgGiornata oggi di sciopero dell’informazione contro la Legge-bavaglio. In edicola solo i giornali del Padrone e il Riformista, il quotidiano di sinistra di estrema destra.

Giusto protestare. La legge è una delle ultime raffiche di un governo in agonia (che però ha la pelle dura e tanti caricatori in saccoccia pronti).

Però. Non troviamo nulla di meglio che uno sciopero che taglia l’informazione a tutti? Protestiamo contro la censura e poi, nei fatti, per un giorno, ci autocensuriamo? Questa dello sciopero generale mi sembra un riflesso pavloviano. Di fronte al problema, alla legge sbagliata, alla ennessima mascalzonata del Regno dei Birboni, zac! Sciopero! E poi?

Oggi il cavaliere plastificato se la gode, o almeno sta tranquillo fra ètere e sciampagn. Certo non con le mani in mano, lui e gli altri della banda. Ma noi, duri e puri (e poco furbi) gliela abbiamo fatta vedere! Vuoi censurarci? E non ci censuriamo prima! Diabolici!

Usiamo sistemi dei tempi di Pellizza da Volpedo, “compagni avanti il gran partito…”. Già il partito è partito e non è mai arrivato. Ma noi a scioperare come le mondine, i tornitori della Breda nel 1943.

Siamo un paese dove ogni giorno solo 2 milioni di persone leggono i giornali (Gazzetta dello Sporc compresa) ma 11 milioni si scolano il videovangelo. E che facciamo? Sciopero, niente giornali. Mah!

Una volta lo sciopero era un atto forte, che arrecava danno al Padrone (con sacrificio del lavoratore). Oggi ci martelliamo le gonadi mentre il Padrone se ne frega allegramente, sorseggiando un Daiquiri con i servi attorno.

Fantasia. Immaginazione. Qualche idea nuova, no? Io oggi non solo avrei fatto fatto uscire i quotidiani, ma li avrei fatti uscire al 50% del costo, 3×2, anche gratis. Distribuendoli porta a porta come si faceva una volta. Andando dalla gente che non legge e dire loro “prova, magari ti piace”. Eh, bravo furbo, mi dice l’amico Drogo, qui a Fortezza Bastiani: ma così gli editori democratici ci perdevano talleri, money, zwanziche.

Urca! Che ingenuo che sono! Business as usual allora. Sempre in difesa della libertà di stampa, però…o no?

Ciao Lauro, Emilio, Ovidio, Afro, Marino.

reggio-farioli-morto.jpgQuesto per il consigliere Eboli era uno degli insorti quel 7 luglio di 50 anni fa. Lauro Farioli.

Strani insorti, a mani nude contro fucili e mitra.

Ma si sa i comunisti sono perfidi, vanno all’assalto disarmati…

Che dire? La rubrica “Aiutiamoli a vergognarsi” sembra inadatta a simili porcherie. Gente così, come Eboli, Filippi, don Gaetano Incerti, è così proprio perchè non sa dove la vergogna stia di casa.

Ciao Lauro, Emilio, Ovidio, Afro, Marino.

Un letterale assaggio reggiano


abstract logo.jpg
Scrittori che presentano libri… Libri che presentano scrittori
2° edizione – Reggio Emilia, luoghi vv.
8-29 luglio 2010
Direttore artistico e conduttore degli incontri: DAMIANO PIGNEDOLI
WEB | unletteraleassaggioreggiano.blogspot.com
E-MAIL | unletteraleassaggioreggiano@gmail.com
FACEBOOK | Un letterale assaggio reggiano
INFO LINE | 0522 454252


Concept e descrizione generale
Rassegna culturale promossa da Confesercenti e FIEPeT – Federazione Italiana Esercenti Pubblici e del Turismo, col Patrocinio del Comune di Reggio Emilia.
Avrà luogo ogni martedì e giovedì sera dall’8 al 29 luglio 2010 nelle distese all’aperto di alcuni locali di ristorazione del centro storico reggiano alle ore 21.15 circa.
In un ambiente conviviale coordinato con le esigenze dell’evento live, e slittando informalmente dalla fine cena alla consecutiva situazione di ascolto mirato e attento, ecco sette appuntamenti con la cultura e la riflessione che si svolgeranno in accoglienti e suggestivi spazi offerti da cinque esercizi pubblici.
Una serie di incontri dal vivo assieme ad autori, artisti e intellettuali di rilievo, con i quali confrontarsi su un loro libro di recente pubblicazione: spaziando tra analisi e riflessioni, tuttavia nell’ottica di allargare lo sguardo sull’insieme dell’opera e su altri territori d’indagine ed espressione, con sguardo sensibile alle problematiche dettate dall’attualità. Tutto ciò lungo un’ora/un’ora e mezza di dibattiti, di conversazioni pubbliche a contatto quantomai ravvicinato con la platea.
Una manifestazione giovane, popolare, che punta a recuperare una dimensione aggregativa rifacendosi a una cultura della convivialità tipica delle nostre terre. Dove seduti attorno a un tavolo, dopo aver nutrito il corpo, si dà agio alla mente di alimentare l’anima di storie, pensieri e visioni di costruttiva alterità da condividere insieme, nell’immediatezza comunicativa rinvigorita da un tal contesto e abbraccio di riscoperta familiarità e vicinanza. Ascoltando e facendo ascoltare, avvicinando e facendo avvicinare, sì da dissolvere la dispersione di idee e sentimenti di questi nostri tempi sgraziati e strani.
Un evento fatto in casa ma, gradualmente, pensato in grande: UN LETTERALE ASSAGGIO REGGIANO è uno spazio intellettivo vibrante di contenuti e argomenti, che se nasce piccolo è soltanto per crescere nel tempo e maturare. Usando e osando l’Incredibile per fare il Possibile.

Martedì 20 luglio 2010 | ore 21.15  CAFFÈ TROPICAL, PIAZZA C. BATTISTI
MASSIMO STORCHI [fortezzabastiani.myblog.it].
A ridosso dello scorso 25 aprile è uscito Il primo giorno d’inverno. Cervarolo, 20 marzo 1944 – una strage nazifascista dimenticata, Aliberti editore, Reggio Emilia 2010, l’ultima sua fatica di storico rigoroso ed estremamente documentato elaborata con il giurista ITALO ROVALI, il quale sarà parimenti al centro dell’appuntamento a rendere testimonianza delle ragioni di famigliari e parenti delle vittime dell’eccidio evocato dal titolo anzidetto. Dalle pagine del libro, pertanto, alla condivisione riflessiva dal vivo di un tragico quanto emblematico crimine (avvenuto in una frazione dell’appennino reggiano), al fine di continuare a rinvenire e rilanciare un Mythos della Liberazione italiana dalla dittatura nazifascista, riscoprendone le potenzialità simboliche al fine di riedificare un’identità nazionale condivisa capace di lucida critica (ed autocritica…) in tempi – quali quelli odierni – di frammentazione sociale e di dittature più occulte e subdole.

Un governo “geograficamente scorretto” (Ilvo Diamanti)

s21649.jpgPuò apparire una sindrome maniacale, la mia insistenza sulla geografia. Eppure non mi capacito della disattenzione sull’argomento. Tanto più da parte di questa maggioranza e di “questo” governo. Che, come rammenta Gino De Vecchis, Presidente dell’Associazione Italiana Insegnanti Geografia, ha sensibilmente ridimensionato la materia nei diversi indirizzi delle scuole superiori. Infatti, la geografia è stata eliminata del tutto dagli Istituti Professionali, mentre negli Istituti Tecnici è rimasta solo nell’Indirizzo economico (con decurtazioni di orario). Nel biennio dei Licei, infine, è stata accorpata con la Storia antica (tre ore insieme).?

Insomma, l’idea implicita  –  anzi, esplicita –  nelle scelte del legislatore è che la geografia non serva. Che non sia, comunque, un bene primario ma, semmai, voluttuario. Come il dessert a fine pranzo. A cui si può rinunciare, con beneficio per il peso. Non torno a ripetere quel che ho già scritto altre volte, sulla geografia, come scienza dei confini: del territorio, della società, della persona. Dell’identità.  Per non apparire noioso. E un po’ maniaco (anche se, indubbiamente, un po’ lo sono). Però  fatico a capire un provvedimento del genere da parte di “questo” governo. Di “questa” maggioranza. La più “geograficamente” definita di ogni epoca. A partire, ovviamente, dalla Lega Nord. Poi il PdL. Che somma Forza Italia. E Alleanza Nazionale.  Più che una coalizione, un catalogo di definizioni e di appartenenze riferite al territorio. La Lega, in particolare. Più del Nord, da tempo, evoca la Padania. Come potrà spiegare di che si tratta, senza chiarirne i confini? Dove comincia e dove finisce? E quando invoca il modello “catalano! oppure “bavarese”: come riuscirà a chiarire, a un popolo di geo-analfabeti, che di Comunità autonome della Spagna e di Länder tedeschi si tratta – e non (appunto) di dessert?

Poi: il “federalismo”. Per la Lega, più che un progetto, il Progetto. Anzi, un’ideologia. Il Federalismo come la Riforma delle riforme. Che, ai contesti regionali, garantisce poteri, competenze, identità. Come crederci davvero, quando il governo riduce loro le risorse? Se inibisce la geografia? (Che sta al federalismo come la televisione sta a Berlusconi).

Insomma, se perfino questo governo – fondato sul territorio (e sui media) – dimentica la geografia, allora: non c’è più speranza per noi. Individui etero-diretti da navigatori satellitari e GPS. Viaggiatori sperduti in un mondo di non-luoghi senza nome. Un movimento immobile. Da un aeroporto all’altro. Da un villaggio turistico all’altro. Spaesati in un paesaggio sempre più devastato e devastante. Impegnati a divincolarsi da una rotatoria all’altra.
Non c’è più speranza. Non c’è più senso. Anche i “marchi” delle mie rubriche, ispirati alla geografia e al territorio: Mappe, Bussole, Atlanti. Rischiano di diventare incomprensibili – oltre che inattuali. Al più: reperti di antiquariato. Meglio ricorrere ad altre metafore, meno consumate. Più trendy. Chessò: Tagli, Ritagli, Rimozioni. Perché oggi l’importante non è trovare e ritrovarsi, ma risparmiare. Senza troppi interrogativi. Adeguiamoci.

http://www.repubblica.it/rubriche/bussole/2010/07/01/news/un_governo_geograficamente_scorretto-5303290/?ref=HREC1-5

Televisione e realtà (U.Galimberti)

Avverto un certo disagio nel guardare la tv, non mi fido e non mi sono mai fidato, ora è certo e chiaro che la tv è finzione, e non lo penso soltanto io. Il televisore è soltanto una scatola di bugie e noi, per mancanza di idee e stanchezza fisica, ne facciamo un uso smodato.
Mi rendo conto che per molte persone la tv sia una compagnia, per gli anziani ad esempio che escono poco e per i giovanissimi che non rinunciano ai cartoni giustamente, però nell’insieme e con gli anni il ruolo della tv ha preso una piega sempre più imbonitrice e inculcatrice, come fosse diventata la prima e indiscutibile fonte di cultura, educazione, informazione e veicolo primario di insegnamento di vita. La tv, o meglio chi la controlla, punta alla bonifica del pensiero dell’uomo libero, tenta giorno dopo giorno e con successo di omologare la gente al linguaggio e insegnamento televisivo e quindi punta a fare accettare per vera e buona n’informazione di parte, legata sempre più ai poteri che la governano.

Dario Olivastrini

In ogni tempo, in ogni luogo, in ogni epoca storica gli uomini non hanno mai abitato il mondo, ma sempre e solo la sua descrizione: mitica nel mondo antico, religiosa nel medioevo, scientifica nell’età moderna e oggi tecnica.
Se non c’è un mondo al di là della sua descrizione, la televisione non è un “mezzo” che rende pubblici dei fatti, ma la pubblicità che concede diventa il “fine” per cui i fatti accadono. L’informazione cessa di essere un “resoconto” per tradursi in una vera e propria “costruzione” dei fatti, E questo non nel senso che molti fatti del mondo non avrebbero rilevanza se i media non ce li proponessero, ma perché un enorme numero di azioni non verrebbero compiute se i mezzi di comunicazione non ne dessero notizia. Oggi il mondo accade perché lo si comunica, e il mondo comunicato è l’unico che abitiamo.
Non più un mondo di fatti e poi l’informazione, ma un mondo di fatti per l’informazione.
Questo è il vero problema: la costruzione televisiva del mondo che prende il posto del mondo. Con questo non si vuoi dire che la televisione mente.
Non ne ha bisogno in un contesto dove nulla viene più fatto se non per essere telecomunicato. Siamo quindi noi i veri responsabili della risoluzione del mondo nella sua narrazione televisiva.
Ma là dove la “realtà” del mondo non è più discernibile dal racconto del mondo, il consenso non avviene più sulle cose, ma sulla “descrizione” televisiva delle cose, che ha preso il posto della loro realtà. La conseguenza è l’abolizione dell’opinione pubblica, perché se tutti guardano la televisione, quando si sonda l’opinione pubblica, ciò che il sondaggio verifica non è la libera opinione dei cittadini, ma l’efficacia persuasiva della televisione, che prima crea l’opinione pubblica e poi sonda la sua creazione. A questo punto l’opinione pubblica altro non è che lo specchio di rifrazione del discorso televisivo in cui si celebra la descrizione del mondo.
In ciò nulla di nuovo. Anche la vita degli antichi o quella dei medioevali era lo specchio di rifrazione su cui si celebrava il discorso mitico o il discorso religioso.
La novità è che nelle società antiche, dove si disponeva solo di piazze o di pulpiti, non era possibile raggiungere l’intero sociale, per cui restavano spazi per idee e discorsi differenti, da cui prendeva avvio la novità storica. Oggi questo spazio è praticamente abolito, e la novità storica, se potrà esprimersi, dovrà prodursi in forme che ancora non si lasciano intravedere.
E allora il problema si risolve non spegnendo la televisione, ma creando altre fonti di informazione alternative alla descrizione televisiva del mondo, come i giornali che pochi leggono, o internet da noi ancora così poco frequentato. E questo per non trovarci in quella condizione che Günter Anders descrive in quel Racconto per bambini, dove si narra che un re non vedeva di buon occhio che suo figlio, abbandonando le strade controllate, si aggirasse per le campagne per formarsi un giudizio sul mondo; perciò gli regalò carrozza e cavalli: «Ora non hai più bisogno di andare a piedi», furono le sue parole. «Ora non ti è più consentito di farlo», era il loro significato. «Ora non puoi più farlo», fu il loro effetto.

Umberto Galimberti
Repubblica “D”, 260610