Fortezza Bastiani

L’addio Usa agli F-35 e l’impatto in Italia (F.Lo Sardo)

L’austerity militare di Washington potrebbe rilanciare l’industria europea

Il Pentagono di Leon Panetta come il settimo cavalleggeri. Nelle stesse ore in cui in Italia si estendeva il fronte dei contrari tout court all’acquisto (18,1 miliardi di euro entro il 2018) o di una drastica riduzione dell’ordine all’americana Lockheed per i 131 cacciabombardieri F-35 Joint Strike Fighter, con grande imbarazzo dei vertici della nostra difesa e del ministro Di Paola, a sorpresa arrivano gli Usa a togliere le castagne dal fuoco agli italiani. Il New York Times di ieri, riferendo indiscrezioni sui prossimi necessari tagli alla difesa americana in tempi di crisi e austerità economica, indica proprio il progetto degli F-35 come il potenziale primo obiettivo delle forbici del segretario alla difesa Panetta.
Non soltanto ci saranno riduzioni al mega-budget di 400 miliardi di dollari per l’acquisto dei previsti 2500 Jsf, ma il Pentagono si sta interrogando sulla stessa natura strategica (oltre che sulle numerose criticità funzionali evidenziate da un monumentale rapporto datato 29 novembre 2011) del velivolo studiato per poter eludere le difese radar in lunghissimi attraversamenti di spazi aerei “nemici” difesi da apparati tecnologicamente molto avanzati.
Se si pensa a una potenziale minaccia russa, con le basi Nato ormai collocate ai confini dell’Ucraina, l’F-35 si presenta in altre parole come una macchina inutilmente troppo potente: a meno di immaginare rischi di conflitti con la Cina.
L’effetto dei possibili tagli da parte del Pentagono sarà un duro, forse letale colpo per la Lockheed i cui prototipi di F-35 stanno fornendo prestazioni tutt’altro che brillanti. La produzione dell’F-35 a decollo verticale è stata interrotta, la versione dell’F-35 a decollo breve e atterraggio verticale per portaerei con ponti ridotti testata a fine ottobre ha evidenziato numerosissimi problemi tecnici.
Conclusione del rapporto del Pentagono: l’analisi combinata di tutti i fattori critici dell’F-35 ne «suggerisce una seria riconsiderazione della fornitura e della produzione». Amen.
Quale sarà l’impatto della decisione americana sul caso F-35 in Italia? L’ulteriore rallentamento, se non la morte per asfissia economica del progetto nato nel lontano 1996 e che procede con molte difficoltà, sembra cadere, in tempi di tagli e austerità anche per la nostra difesa, come pietra tombale sulla vexata quaestio dell’acquisto italiano. La conseguenza per la Marina militare (informalmente si ipotizzava l’acquisto di 20-22 Jsf per l’imbarco sulla nuova portaerei Cavour) è il possibile declassamento, per l’impossibilità di sostituire i vecchi Harrier, del gioiello della nostra marina a portaelicotteri e mezzi da sbarco. Per l’aeronautica militare, che avrebbe dovuto acquistarne 110, un ulteriore ritardo della produzione degli F-35 base potrebbe imporre una svolta. La rinuncia al progetto Jsf che non comporta penali (si perderebbero gli 1,5 miliardi già spesi per le prime fasi ideative, mentre il sito-officina da 450 milioni creato a Cameri per l’allestimento dei set alari può essere riconvertito) riapre la questione di un possibile rilancio di un progetto europeo di riconfigurazione degli attuali Eurofighter Typhoon– produzione cui Alenia partecipa al 34% – verso la quinta generazione. La forza aerea italiana da caccia e bombardamento conta oggi su 14 F-16, 75 Typhoon, 43 Amx, 76 Tornado: un parco in via di graduale pensionamento.
Se si abbandona il Jsf, gli unici rimpiazzi previsti per l’arma azzurra restano i 21 Typhoon già commissionati. Come fare, a quel punto, per il rinnovo del grosso della nostra forza aerea? Forse non è troppo tardi per un’iniziativa europea. Alla cui industria il flop del Jsf, in altre parole, può aprire grandi spazi e offrire enormi opportunità. Sempre che le politiche nazionali e quella europea battano un colpo.
 
L’addio Usa agli F-35 e l’impatto in Italia (F.Lo Sardo)ultima modifica: 2012-02-01T09:31:00+01:00da
Reposta per primo quest’articolo