Modesta proposta scolastica

pallottoliere.jpgSo cosa sto per fare: in un attimo mi gioco alcune decine di lettori stipendiati da Profumo. Ma tant’è, stimo troppo chi fa seriamente il mestiere di insegnante per credere che proprio tutti mi toglieranno il saluto.

Giornate di polemiche, 18 ore, no 24, sì. No. Mah…

Osservo che solo due professioni a me note sono “a vita”: il sacerdote e l’insegnante. Vero è che per entrambe sarebbe richiesta la “vocazione” (o quanto meno fortemente consigliata) ma resta comunque il problema. Come genitore ho avuto esperienza, con i figli più giovani ancora in corso, di maestre, professori di ogni ordine e grado. Mi guardo bene dal generalizzare, parlando di “insegnanti”, come per i tubisti, gli storici o i maniscalchi, nella categoria c’è di tutto: l’ottimo, il pessimo, molto di frequente il mediocre.

Il problema è in quel lavoro “a vita”. “Semel abbas, sempre abbas”. Ottimo, pessimi, mediocri. Tutti uguali. Inamovibili. Una volta entrati nel tunnel dell’insegnamento, niente e nessuno, né Cesare né Dio potrà fare nulla. Come se il loro compito fosse quello di un qualunque guardiaporte e non quello, fondamentale, di educare, formare, costruire cittadini, prima ancora che persone in grado di affrontare il loro futuro di lavoro con un minimo di consapevolezza.

Una società avveduta selezionerebbe spietatamente chi dovesse svolgere un simile ruolo di costruttori di futuro. Premierebbe gli ottimi, caccerebbe i pessimi, stimolerebbe i mediocri e in caso di fallimento li accompagnerebbe alla porta. Insegnare non è obbligatorio, il reclutamento non è mai stato fatto manu militari dalle forze dell’ordine, ma è stato il frutto di una scelta. E qui nasce il primo problema: quante volte quella scelta è stata compiuta “perché non c’era altro da fare”? Perché gli sbocchi professionali di troppe facoltà non davano altre chance? Si è diventati insegnanti così”per caso”, “in attesa” di qualcosa che non è mai arrivato.

Poi, a chiudere un cerchio diabolico, si è saldato, negli anni, un patto scellerato fra Stato ed insegnanti, fra ministro della P.I. e docenti, fra potere democristiano e dipendente pubblico. “Tu fai quello che vuoi, io non ti controllo, ma ti ricordi di me nell’urna elettorale”. Nella I Repubblica due ministeri rimasero sotto il controllo della DC per decenni: gli Interni e la P.I. (solo nel 1979 Spadolini, laico, ricoprì tale carica strategica). Un caso? Non credo.

Così negli anni si è andato sedimentando il corporativismo più resistente e stolido. E’ esperienza condivisa aver avuto la fortuna di incontrare qualche insegnante in gamba affogato in un marea di mediocri e pessimi. Tutti uguali, tranne che nel ricordo, ma può bastare? Perché le istituzioni sono fatte, in gran parte, da persone e le scuole più che ogni altra struttura, quante occasioni perde uno studente incontrando un insegnante mediocre/pessimo? E dobbiamo pensare ai più deboli, quelli che hanno come unica occasione nella loro vita proprio la scuola, perché non hanno mammina e papino pronti a pagare lezioni, corsi e poi master e simili.

Perché allora rimanere chiusi in una corporazione ormai indifendibile? Ricordo il povero Berlinguer quando provò ad introdurre qualche timido cambiamento, ad esempio l’insegnamento della storia contemporanea come nocciolo centrale del percorso formativo. Fu linciato dagli stessi insegnanti “progressisti”, toccati nella loro “professionalità”, “autonomia didattica”, etc.. Schierati a sostenere quanto fosse indispensabile che lo studente si concentrasse sulla fase svedese della Guerra dei 30 anni (1618-1648), piuttosto che sul dibattito alla Costituente o sulla Guerra dei 7 giorni (1967) per garantire una “formazione” completa.

Adesso, dopo la desertificazione situazionista della Gelmini, la proposta di aumentare le ore di insegnamento. Ira, proteste. Sciopero (con partecipazione quasi irrisoria).

Come coniuge di un insegnante di scuola primaria conosco la quotidianità del docente, come storico conosco bene il crollo di valutazione sociale del ruolo dell’insegnante. Allora lancio una prima modesta proposta: amici insegnanti, di fronte alle accuse volgari e stupide di “lavorare poco”, la risposta esiste: richiedete, con decorrenza immediata, che nelle scuole siano installate, come in tutti i luoghi di lavoro, le macchinette marcatempo.

Entrate alle ore 8 e passate il badge, fate lezione, correggete compiti, preparate le lezioni. A scuola, non sul tavolo di cucina. Finiti i vostri incarichi, timbrate e uscite. Liberi di tornare alla vostra vita. A fine giornata ognuno avrà le sue ore svolte, certificate e garantite. Come in ogni ambiente di lavoro. Lavoro vero. Non il part-time cui ora siete destinati/abituati/costretti. Del resto che apprezzamento sociale può avere, appunto, un lavoro part-time? Se siete insegnanti a vita, siatelo anche a tempo pieno. Ma con valutazioni serie, periodiche, sul vostro lavoro da parti di veri dirigenti, non insegnanti riciclati a funzioni direttive non si sa su quali basi.

Ed infine la soluzione/selezione finale per cercare di accrescere gli ottimi e diminuire (se non eliminare) i mediocri/pessimi:

  1. Abolire i concorsi alle cattedre. Ma selezionare con corsi/esami solo la capacità, titoli e disposizione all’insegnamento;
  2. Ogni istituto scolastico stipuli contratti individuali a tempo determinato con i docenti, così selezionati, con compenso proporzionale alle capacità ed efficacia pedagogica e professionale. Ovvero si premi il merito, l’impegno, la capacità.
  3. I migliori verranno cercati, messi a contratto e adeguatamente stipendiati, i mediocri e i pessimi resteranno senza lavoro e (finalmente) andranno a fare altro nella vita con sicuro beneficio dei nostri figli e della società futura.

Lo so, è una proposta antisindacale, da “nemico del popolo”, ma ricordo che il buon Romanone Prodi ricordava che solo ad una generazione alla volta è ammesso essere stupidi. Il nostro turno l’abbiamo già malamente svolto, non sarebbe ora di cambiare?

Modesta proposta scolasticaultima modifica: 2012-10-24T12:51:00+02:00da pelikan-55
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