Referendum. I “due” Pd a un punto di non ritorno (Patrizia Rettori)

Da qualunque prospettiva la si guardi, la direzione Pd di lunedì 10 ottobre appare un punto di non ritorno. La frattura tra le due parti in conflitto non potrà più essere composta, neppure nel caso di un’improbabile tregua pre-referendaria, quale sarebbe la costituzione in tempi rapidissimi della “commissione” proposta da Renzi per indagare la possibilità di riformare l’Italicum. E allora davvero il referendum si trasforma in una specie di giudizio di Dio, da cui dipende non solo la sorte della Costituzione, ma anche il destino del partito democratico e, per ovvia ricaduta, anche quello di tutti gli altri attori politici del momento.

Inutile affannarsi nella ricerca dei colpevoli. Come insegna il buon senso, le responsabilità sono distribuite. Magari non equamente, perché un leader, per definizione, è sempre più responsabile degli altri, ma certo i suoi avversari non sono innocenti. In ogni caso, si tratta ormai di un esercizio improduttivo. È più utile riflettere su quel che potrà accadere d’ora in poi, e cioè dopo il referendum.

Se vincesse il Sì, è difficile che Renzi usi clemenza verso gli sconfitti. Non l’ha fatto quando avrebbe potuto tornargli utile, figuriamoci se lo farà gratis. Tanto per fare un esempio: quando si liberò la poltrona del ministero delle Infrastrutture il premier avrebbe potuto offrirla a Bersani, e la storia del Pd sarebbe stata diversa. Non è successo perché Renzi non procede così e magari il tempo gli darà ragione. Ma sta di fatto che, se uscirà vittorioso dal referendum, la minoranza sarà annichilita dentro il partito e non avrà altra strada che uscirne. Bersani, per quel che se ne sa, non vuole, ma non si vede quale scelta alternativa abbia, tranne che ritirarsi a vita privata.

A quel punto si formerebbe, a sinistra del Pd, una formazione con qualche speranza di ottenere una percentuale elettorale a due cifre. Che tuttavia, per il meccanismo dell’Italicum, difficilmente riuscirebbe ad essere in partita. Ma ci sono due incognite, e la prima è nel giudizio della Consulta sull’Italicum: se infatti alcune parti della nuova legge elettorale fossero bocciate i giochi si riaprirebbero e per Renzi potrebbe essere necessario coalizzarsi proprio con i suoi ex avversari interni.

La seconda incognita deriva dalla presenza in campo del M5S. È vero che l’eventuale vittoria del Sì potrebbe segnare l’inizio del declino anche per i grillini, ma è altrettanto vero che l’Italicum in un sistema multipolare rischia di avere una funzione punitiva per il partito più forte, e cioè il Pd. Col risultato che, in caso di vittoria del M5S alle elezioni politiche, Renzi sarebbe spazzato via, e il Pd dovrebbe rifondarsi su nuove basi. Destino che toccherebbe anche alla destra. Se invece Renzi vincesse alle politiche, il suo Pd finirebbe per assomigliare molto all’antica Dc e renderebbe marginali sia la sinistra che la destra, tanto estrema quanto berlusconiana.

Se invece vincesse il No, ipotesi tutt’altro che peregrina visti gli schieramenti in campo, è evidente che Renzi, pur non obbligato alle dimissioni, sarebbe giunto al capolinea. In ogni caso non si potrebbe andare subito alle elezioni perché saremmo di fronte ad un sistema elettorale paradossale: l’Italicum, legge già approvata, è in vigore solo per la Camera, mentre il Senato, salvato appunto dal No, dovrebbe essere eletto con il proporzionale, derivante dal cosiddetto Consultellum, ovvero ciò che rimane del vecchio Porcellum dopo la sentenza della Corte costituzionale. Sarebbe dunque giocoforza rimettere mano alla legge elettorale: compito da far tremare le vene e i polsi visto il tasso di litigiosità tra i partiti e dentro i partiti. E nel frattempo bisogna governare, cioè fronteggiare una crisi economica che non accenna a diminuire. Oneri che peserebbero tutti sulle spalle dell’attuale minoranza Pd, alla quale la vittoria del No regalerebbe un futuro denso di possibilità ma anche di trappole micidiali.

Entrambi gli scenari sono poco piacevoli. Poteva andare diversamente? Certo che sì, ma ormai la frittata è fatta e i rimpianti sono fuori tempo massimo.

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Referendum. I “due” Pd a un punto di non ritorno (Patrizia Rettori)ultima modifica: 2016-10-15T09:32:56+02:00da pelikan-55
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