Flores d’Arcais a Reggio Emilia

Paolo Flores D’Arcais a Reggio Emilia
By iniziativalaica
Giovedì 21 maggio ’09 alle ore 17,30 -20,00 presso il cinema CRISTALLO via Ferrari Bonini, 4 – R.E.

PAOLO FLORES D’ARCAIS
Filosofo e direttore di MicroMega

Presenta e discute il suo libro
“A chi appartiene la tua vita?”

Una riflessione su testamento biologico, eutanasia,
libertà e autodeterminazione, diritti civili nell’epoca oscurantista
di Ratzinger e Berlusconi

Nel corso dell’incontro sarà inoltre:
-distribuito un modello di testamento biologico (abbiamo chiesto ad alcuni notai di intervenire all’incontro e applicare un “compenso simbolico” a chi vorrà sottoscriverlo)
-annunciato l’utilizzo della petizione (ca. 700 firme) per richiedere la cittadinanza onoraria di RE e PR a Beppino Englaro

“Con che diritto il cardinal Bagnasco, l’onorevole Formigoni, l’onorevole Roccella,il ministro Sacconi pretendono di decidere al posto nostro se quel sondino dovrà essere lasciato o dovrà essere tolto?
Chi siete voi per decidere delle nostre vite? Solo in uno Stato totalitario si può arrivare a questa enormità: che la vita non appartenga al cittadino e che sulla sua malattia e sulla sua sofferenza decida il governo anziché il malato. La vita appartiene a chi la vive: non al governo e neppure alla Chiesa delle gerarchie”.

Paolo Flores d’Arcais durante la manifestazione a Roma del 21 febbraio 2009

– c/o ARCI Via Emilia Ospizio, 102 – 42100 Reggio Emilia
tel. 339.1614102 – 347.8262964 – e.mail: iniziativalaica@alice.it

“La realtà è sempre un passo avanti”

“La realtà è sempre un passo avanti”, diceva un poeta, e le cose stanno lì davanti al nostro naso e non le vediamo. O, semplicemente, non possiamo ogni giorno farci carico del male del mondo, impegnati nella piccola, minuscola, lotta quotidiana per l’esistenza e i suoi dintorni.

Così quando stamattina, sfogliando il mio quotidiano, l’occhio è caduto su alcuni dati elettorali relativi alle elezioni politiche del 2008, l’impressione è stata forte. Il titoletto era “I consensi di PdL e Lega nei luoghi delle sfide di giugno”. Tralascio le percentuali del Pollo della Libertà (loro) ma riporto qualche dato relativo alla lega. Province: Sondrio 35,8%, Bergamo 31,1, Brescia 27,1, Lecco 25,3%, Belluno 27,5%, Verona 33%.

Basterebbero i numeri. Da ingenuo e confuso elettore di sinistra, mi verrebbe da chiedere: ma come è successo? Ma soprattutto: in che Italia viviamo? Che Italia lasciamo ai nostri figli? Una Italia dove la ignoranza, l’egoismo, l’arroganza, il rifiuto dell’altro raggiungono queste percentuali? Un disastro trasversale, una frana morale che sfugge alle categorie obsolete delle classi e del conflitto sociale. Un’Italia misera e spaventata, ricca e rozza, povera e impaurita, dove il potere trova nuove strade ed armi per eternare il suo controllo.

Non lo nascondo: verrebbe voglia, per dirla in reggiano “di darci all’alta”, di mollare tutto, di preparare solo ai nostri figli un futuro altrove, in Europa, in paesi civili perchè il nostro, l’Italia, è ormai inesorabilmente compromesso.

Ma non si può. Non possiamo farlo proprio perchè questo è il nostro paese, perchè non possiamo darla vinta a questa gente, perchè tante persone hano dato la loro vita per una speranza di un paese migliore. E’ la loro eredità, o la nostra follia, che ci dice di tener duro.

In un suo bellissimo e acuto intervento Giuseppe Dossetti, con le parole della Bibbia, si chiedeva “Sentinella, a che punto è la notte?”. La notte è fonda, molto buia, ma non possiamo far finta di niente e girarci dall’altra parte. No, non possiamo.

Radical chic e Radical choc

I.Diamanti, Radical chic e Radical choc

…E’ vero: la sinistra è impopolare, perché non la votano più neppure gli operai. Perché è lontana dal popolo. Radical chic. Non vincerà mai se non ascolterà il suo popolo. Come sa fare la Lega. Tallonata da Berlusconi, che magari non passa il tempo nei bar di paese, come i leghisti, ma ha un paio di sondaggi al giorno che ascoltano la gente per suo conto. Tutto ciò, semmai, suggerisce una domanda, relativa a un’altra epoca, finita e irripetibile. La prima Repubblica, quando i sondaggi non c’erano o comunque non si usavano con questa frequenza. Ma i partiti maggiori erano radicati e presenti sul territorio quanto e anzi più della Lega. La Dc e il Pci come avrebbero agito negli anni Cinquanta e Sessanta se avessero ascoltato e soprattutto assecondato la gente? Se avessero inseguito il sentimento popolare? Allora non c’erano gli immigrati provenienti da tutto il mondo. Allora. Erano gli italiani a emigrare in giro per il mondo. Allora. Oppure migravano all’interno. Si trasferivano dal Sud al Nord. Dal Nordest a Nordovest. A Torino oppure a Milano. Se avessero dato ascolto alla gente, il Pci e prima di tutto la Dc. Nel Nord: forse avrebbero promosso i respingimenti degli immigrati siciliani o napoletani. Magari, perché no? anche veneti. Gli immigrati nostrani. Minaccia per l’ordine, l’etica e l’estetica. Sporchi, ignoranti e disonesti. Non c’è bisogno di sondaggi. Vi sono molti documenti: letterari, storici, giornalistici. Basta averci vissuto, in quel tempo. Io, figlio di veneti, ho girato il Nordovest fino all’adolescenza. D’altronde, non ci vuole grande sforzo di memoria. Basta tornare agli anni Ottanta, ai tempi dell’insorgenza leghista. I “nemici” erano Roma, il Sud, i meridionali. Molto più degli africani, che d’altronde erano ancora pochi. Lo slogan “Meglio negri che terroni” risuonava spesso. E sulle superfici più singolari apparivano incitamenti alle forze naturali: “Forza Etna! Forza Vesuvio! Fate il vostro dovere”.

Se si fossero inseguiti i sentimenti del popolo, se si fosse ascoltata la “voce della gente”, allora, il “decreto sulla sicurezza” avrebbe avuto altri bersagli. Non ci risulta sia mai avvenuto, nella prima Repubblica. Perché in democrazia, si dice, la maggioranza vince e governa, com’è giusto (anche se non è nel giusto). Il problema, semmai, è chi “rappresenta” il popolo. Come lo rappresenta. La sinistra, si dice, non lo sa ascoltare. E va bene. Siamo d’accordo. Però la destra, forse, lo ascolta anche troppo. E, anzi, fa del suo meglio perché esprima tutte le sue paure, tutta la sua insofferenza, tutta la sua intolleranza. Chissà cosa avverrebbe (e magari avverrà) se, in nome della sicurezza, qualcuno proponesse la pena di morte. Qualche punto percentuale, alle elezioni, potrebbe guadagnarlo. E qualche punto percentuale avrebbero potuto guadagnarlo i partiti di massa cavalcando l’intolleranza “interna”. Magari in modo incrociato. Accentuando le tensioni territoriali. Il localismo in Italia ha radici profonde, anche se, per prudenza, non sono mai state “scoperte”. Fino a ieri. La rappresentanza non è un’opera automatica, notarile. Non è uno specchio. Semmai è come una fotografia. Dipende dal fotografo scegliere come rappresentare la realtà. Su quale particolare puntare l’obiettivo. Quanto ingrandirlo. Quali emozioni cogliere, quanto e come amplificarle. Perché tutti siamo, in misura diversa, buoni e intolleranti. Xenofobi e generosi. Invidiosi e disponibili. Egoisti e altruisti. Impauriti e tranquilli. Poi, molto dipende dallo specchio che viene offerto. La sinistra, narcisa e irrealista, propone un’immagine radical chic. La destra è iperrealista. Offre un’immagine radical choc.

Meglio evitare di guardarsi allo specchio.

L’articolo completo è in: http://www.repubblica.it/2007/02/rubriche/bussole/gente/gente.html

Fuga dalla realtà (uno e due)

Il premier (provvisorio) dice che l’Italia non deve essere un paese multietnico. Capisco che l’anziano satiro sia troppo indaffarato in feste e che la gnocca in quantità massiccia dia alla testa (tanto più a chi ha una certa età) ma mi chiedo: dove vive il (poco) onorevole cavaliere? Gira per le strade, lui che è un uomo del popolo? Mai andato in una scuola, un asilo? Mi ricorda un imbianchino austriaco che aveva fatto carriera che, chiuso in un bunker, spostava bandierine su una carta per mandare all’attacco divisioni inesistenti. Ma almeno lui chiuse la sua esperienza di governo in maniera dignitosa, ma questo qua? Per quanto dobbiamo tenercelo?

Dall’altra parte della barricata altri singolari personaggi si stanno impegnando per scomparire definitivamente dalla scena. Cancellati dal nostro parlamento appena un anno fa, anzichè andare tutti a casa (con pensioni e casali in campagna), lasciare spazio ad altri e unire, unire, unire i dispersi resti della sinistra estrema, hanno continuato a scannarsi per presentare liste e listine alle europee, con falci e martelli, trotzkisti e bordighisti. Ci mancano solo gli etruschi e i rosacroce e poi ci sono tutti. Questi qua, però, almeno sappiamo quando spariscono: il pomeriggio del 8 giugno, a urne chiuse e conti fatti. O no? Magari, si divideranno ancora! Io mi prenoto, aderirò alla corrente degli etruschi trotzkisti, tanto per stare sul sicuro!

La corruzione delle parole

Prima si corrompono le parole, poi si distruggono le idee. Giorno per giorno, con metodo, nell’indifferenza generale. Una parola perde il suo significato e, o ne assume un altro ben diverso, o diventa un suono vuoto. Già con termine “socialista” in passato si definivano strutture dittatoriali in varie parti del mondo che con il socialismo non avevano nulla a che fare (ricordate le “Repubbliche socialiste” dell’Est?).

Ora, qui da noi la parola “libertà” e l’aggettivo “libero”.

C’è qualcosa di meno libero del neonato Pollo della Libertà? Libertà? La “loro” libertà, di fare, disfare, strafare, senza regole se non l’arbitrio o la privata libidine. Tutti agli ordini del sultano.

Libero. C’è qualcosa di più osceno e ributtante del giornale che inalbera questa parola come testata?  Sì, forse c’è, un altro quotidiano che si titola con un toponimo. Ma della geografia scomparsa parleremo un’altra volta.

Mentre Silvio ci liberava…

Mentre Silvio ci liberava dai nostri inutili prìncipi, dalle nostre fisime morali, una domanda sorge spontanea: ma la Chiesa (leggi gerarchia) dov’era? Mentre veniva cancellata ogni remora all’illegalità, allo spreco, alla mercificazione, dov’erano i tanti vescovi, cardinali e compagnia orante? Ad un omino verde caduto nel nostro Belpaese sarebbe difficile capire come la nazione che ospita lo Stato della Chiesa, che rivendica le sue radici cristiane ogni giorno, prima e dopo i pasti, sia arrivato a questo degrado, a questa puttanizzazione a tappeto, a questo alzheimer di massa che ci troviamo a vivere ogni giorno. Magari si sarebbe aspettato cose simili in altre nazioni, ma in Italia! La cristiana Italia. E allora?

In un vecchio film di Bunuel un gruppo di frati, approdato in una locanda, si mescolava agli avventori. Quando parlavano secondo il vangelo, il regista li metteva dentro alle stanze, in mezzo alla gente, quando giocavano a carte, berciavano, lumavano le pupe, erano raffigurati fuori da quelle stanze, da soli, isolati. In Italia c’erano, tanti, monsignori e cardinali, a lusingare il potere, a rafforzare loro stessi il potere. Pochi a parlare del Vangelo, a vivere del Vangelo. E quei pochi regolarmente bastonati, isolati, messi in disparte.

Ogni credente sa che la propria esperienza di fede, la propria quotidiana conversione passa attraverso un rapporto diretto con qualcuno che vive il Vangelo, che ti rende partecipe della follia contenuta in quel libro. La gerarchia ha fatto altro in questi anni, ci ha abbandonato, ci ha lasciato isolati a difenderci, ognuno, come poteva, dall’ondata che ha travolto il nostro povero paese. Nella migliore delle ipotesi (si fa per dire).

Liberi, e poi?

So bene che uno storico non dovrebbe mai occuparsi di futuro, ma queste pagine sono una specie di territorio franco in cui esprimere idee e varie cose senza troppe preoccupazioni (al massimo i miei 25 lettori con un semplice click cambieranno pagina). Quindi posso pormi una domanda sul futuro, sul “dopo-liberazione” ad opera del nostro Silvio nazionale: una volta liberi cosa faremo/faranno? Perchè è chiaro che indietro non si torna. Viviamo forse in un incubo ma dal quale non possiamo aspettarci un risveglio dolce, con la mammina o la moglie a dirci “tranquillo, tutto va bene…”. Indietro non si torna, ergo andiamo avanti, ma dove, come e, soprattutto, con chi?

Perchè una delle cose peggiori accadute in questi ultimi 15 anni è la spaccatura, quasi antropologica, fra due Italie, diverse, divise e, ormai, incomunicabili. E’ una lacerazione drammatica, su cui è inutile, ora, stare a strologare le motivazioni e/o la tempistica. Esiste e basta. Esistono ampi territori in questo paese in cui le regole di convivenza democratica sono un ricordo. Esistono fasce di popolazione che trovano normale essere razzisti, xenofobi, omofobi e delizie simili. Fasce di popolazione nelle zone più ricche ma non per questo più evolute del paese. che non mostrano più alcuna remora etica o morale. Mentre intere regioni del sud sono sottratte ad ogni forma di legalità. Come convivere con tutto ciò, come agire perchè si possa convivere ancora all’interno della medesima identità repubblicana? Una delle cose che non posso perdonare a questi presunti e provvisori governanti è di farmi avere spesso idee che non condivido, idee in contrasto con quei famosi “principi” di cui si parlava qualche giorno fa. Ma tant’è: come non provare un senso di esasperazione di fronte ai leghisti (scusate la parolaccia) e alle loro ronde e barbarie varie? Come non sentire inadeguata l’opposizione culturale al diffondersi di negazionisti, fascisti e altro?

Allora che futuro davanti? Quando ci sveglieremo dall’incubo perchè picchieremo (tutti) il naso, non basterà dire “noi l’avevamo detto”. Per noi storici si apriranno nuovi, inesplorati, campi di ricerca sul tema: “Come si torna alla barbarie nel XXI secolo”, ma per il nostro povero paese che domani ci sarà?

Sicurezza e no

Secondo dati aggiornati ai primi mesi del 2009 la struttura delle organizzazini criminali attive in Italia è così sintetizzabile:

Camorra: 231 cosche, 9.401 affiliati, 132.001 fiancheggiatori.
Cosa nostra: 230 cosche, 9.400 affiliati, 132.000 fiancheggiatori.
‘Ndrangheta: 160 cosche, 6.000 affiliati, 72.000 fiancheggiatori.

La sola camorra ha ucciso 121 persone nel 2007, 67 nel 2008, 22 al 31 marzo 2009.

Nel maggio 2008 sono stati sequestrati, in una solo operazione di polizia, 154 chili di cocaina in 140 panetti. Il corriere era un noto buttafuori di varie discoteche romane.

Nel 2008 sono morte 502 persone per abuso di sostanze stupefacenti. Alto anche il numero delle vittime delle stragi del sabato sera: 302 persone decedute in 280 incidenti mortali, la maggior parte dovuti all’abuso di alcol e droga.

Questo lo scenario. Eppure si continua  a discutere di sicurezza, di città diventate invivibili per i rom, sinti, romeni, albanesi e quanti altri poveri diavoli. Si progettano ronde di diverso tipo e colore e fanno affari i venditori di paura. Forse perchè la coca non sporca e la camorra paga bene? Per chi può interessare: seguendo l’andamento economico negativo nelle ultime settimane anche la cocaina costa meno.

Secondo la  Relazione annuale al Parlamento sulle tossicodipendenze, la Regione con il più alto consumo di coca nel 2008 è la Lombardia. Considerata l’espansione della Lega qualcuno aveva dei dubbi?

Primo: non demonizzare

Leggo una intervista a Marc Lazar (L’Espresso, 26 febbraio). Si torna su due questioni: non demonizzare Berlusconi e la necessità di proporre valori di sinistra.

Sul primo tema ormai, per dirla con Camilleri, ne ho i cabasisi pieni: non demonizzate Berlusconi è il mantra di buona parte della sinistra e dintorni. Intendiamoci sulla questione: se qualcuno ha pensato che Berlusconi sia il demonio che ha stregato i poveri cittadini-elettori-consumatori e che basti attendere la sua scomparsa perchè la parentesi si chiuda, beh, credo che quel qualcuno possa prendere il primo volo per Goa e cercare qualche spiaggia adeguata al suo presente di consumatore di sostanze pesanti. Uso una veccchia metafora gobettiana ma il Cavalier Banana è l’autobiografia del nostro paese, un paese “orribilmente sporco” che si riconosce in un simile figuro che rappresenta ceti economici e sociali ben definiti, altro che innocenti cittadini ammaliati dal grande venditore. Che poi questo cavaliere abbia collaborato attivamente a creare questa decomposizione morale e culturale con i suoi massmedia non è certo un luogo comune ma un dato di fatto. Domani il suddetto potrebbe scomparire ma i problemi resterebbero immutati, non basta avere in mano il volante se non si sa dove si vuole andare.

E qui torna la questione dei valori, legata a quella dell’identità. O siamo in grado di capire in cosa crediamo e farlo capire agli altri oppure resteremo sempre in una nebbia che non fa altro che nascondere la nostra inconsistenza. Sono stato precario per anni ma non ho mai sentito che il problema del precariato fosse sentito come una emergenza, anzi. Come fosse un metoerite caduto sulla terra. C’era e basta. Arrangiarsi. Per anni le nostre amministrazioni si sono sperticate in lodi della “esternalizzazione”, il sindacato ha curato i garantiti e i pensionati, lasciando alla deriva migliaia di giovani.

Sulle questioni etiche non parliamone: preoccupati di turbare le “sensibilità ” di dodici deputati e di sette vescovi e prelati si è rinunciato a dar voce alla maggioranza dell’opinione pubblica laica e non (e sottolineo il non) che, a.e., sul caso Englaro aveva una posizione limpida e moralmente di alto profilo. Terrorizzati (loro) dalla eventuale uscita della Binetti che sta al Vangelo come una Trabant a una Porsche.

Nel primo statuto del PD non figuravano termini come “antifascismo”, “Resistenza”, “memoria”. “Ma erano scontati” ci hanno detto: come se si potesse dare per scontati i principi fondamentali. Ma come pensiamo di attirare i giovani? Con una battaglia sull’ICI? O sulla rottamazione dell’usato? O presentando l’antifascismo ancora come negli anni 70 con vecchi arnesi e gerarchie defunte?

Magari riprendere i temi berlingueriani della modestia, della misura, della severità, no? O, perchè siamo di sinistra, ci limitiamo a comprare il video piatto a 24 pollici anzichè 32? O a volare con Ryanair che fa tanto proletario?

Terremoto: mancano i fondi. Perchè non dire che i nostri signori deputati per 3/6 mesi si dimezzano lo stipendio che viene versato a un fondo di solidarietà?

Riforme istituzionali: Perchè non proporre l’abolizione delle Provincie subito e il taglio del 50% dei parlamentari? Forse perchè abbiamo dei presidenti di provincia che non hanno un lavoro a mano (e poi dove li mettiamo?) o perchè abbiamo parlamentari che piffero sappiamo cosa ci stanno a fare a Roma 3 giorni alla settimana?

Candidature: mettiamo in lista Cofferati? Ma diamoci una martellata subito alla Tafazzi: si fa prima e si soffre meno! Immaginatevi le folle che correranno ai seggi delle europee per votarlo!



L’uomo delle tende azzurre

Intervista di P. Spataro a Edoardo Sanguineti

…..

L’emergenza mostra sempre il lato migliore degli italiani. Ma secondo lei nella normalità l’Italia di oggi non è invece cinica e indifferente?

«Io direi che questa Italia è molto scoraggiata. È caduta ogni fiducia, ormai si dice solo “spendete e spandete”. Ma questo scoraggiamento va oltre i nostri confini. La globalizzazione infatti sta mostrando i suoi effetti perversi. C’è un mondo pieno di proletari che non sanno di esserlo e la coscienza di classe si è persa. Ormai la pratica sociale più diffusa è il mobbing».

Qualcuno dice che è fallito un modello, quello del consumismo. È d’accordo?
«Certo. Ormai siamo cittadini non più di una Repubblica fondata sul lavoro ma di una Repubblica fondata sulla concorrenza spietata. Quando il consumo è tutto la Costituzione può essere rovesciata come un guanto. È quel che dice il nostro premier».

Insomma ha vinto Berlusconi?

«Sì, ha vinto violando, tanti anni fa, le norme sulle tv. Lì è nato un avveduto affarista che costruisce il suo apparato di persuasione. La tv non serve più a insegnare a leggere e a scrivere come faceva il maestro Manzi, né a formare una coscienza critica. La tv si occupa di questioni di letto, di grandi fratelli. E allora Berlusconi diventa un modello. Appunto: è l’uomo che ricava consensi dalle tende azzurre del terremoto. Le tende azzurre sono il simbolo del berlusconismo.
Si è comprato il paese e utilizza ogni mezzo per dominarlo: il suo è un modello nazional popolare».

Che arriva persino all’uso delle ronde contro gli immigrati…
« Anche le ronde sono espressione di un paese arcaico. Un paese che non è più in grado di sopportare la presenza di chi non è noto. Non si tollera lo straniero e allora si occupa il territorio. È un elemento spaventoso della nostra storia recente».
«Ma che cosa c’è d’altro? Il mondo è precarizzato, l’uomo è ridotto a merce. Quando vai in banca ti rendi conto che chi ti serve dietro lo sportello è uno sportello. È un essere docile che obbedisce per salvarsi. Se questo è il mondo bisogna impegnarsi e non solo con le manifestazioni o con le notti bianche. Ho spiegato due anni fa, proprio in occasione di un compleanno di Ingrao, come si diventa materialisti storici, come ci sono diventato io…»

E come ci si diventa?
«Con gli operai. La mia storia di materialista comincia con un operaio. Per me, bravo ragazzo borghese, tutto è cambiato quando ho conosciuto un operaio per la prima volta. Eravamo in guerra, lui si è fermato e ho capito che era parte di un altro mondo. L’ho visto poi con il fucile in spalla il giorno della Liberazione: l’operaio era un partigiano. Abitavo a Torino, tutto è cominciato da lì».

Sanguineti, qual è il leader della sinistra a cui si è sentito più legato?
«L’ultima persona sana è stato Berlinguer. Poi certo la sua impresa è fallita. Ma è fallita perché sono arrivate le armi. Hanno rapito Moro, sono cominciate le sedute spiritiche e il progetto si fermò».

Quale lezione ha lasciato Berlinguer?

«Berlinguer diceva allora una cosa semplice e forte: far soldi non è lo scopo dell’esistenza. C’è ancora qualcuno che lo dice? Mi pare di no e infatti guardate dove siamo finiti».

“Questa Italia scoraggiata è finita nelle mani del’uomo delle tende azzurre” (Unità, 12.4.2009)