Chi ci difende dai difensori?

Chi ci difende dai difensori, dai protettori, dai venditori di paura che battono le nostre contrade? Fra un qualunque extracomunitario e un leghista non ho dubbi su chi devo temere. Non ho dubbi su chi rappresenti un rischio concreto per la tenuta sociale, per il nostro (sempre più precario) essere una comunità. E su questo pericolo l’allarme va dato, anche se il tempo perduto è tanto. Le parole sono pietre e non si può accettare tutto con una alzata di spalle, liquidando quelle parole orrende come chiacchiere da bar. Certo, il livello è quello, ma la pericolosità resta tutta. Quanti conoscenti abbiamo sentito pronunciare la famosa frase: “Io non sono razzista. Però….” e giù roba da KuKluxKlan, da Borghezio o simile feccia? Quanti, anche già elettori di “sinistra”, grattando appena, si scoprivano antimeridionali, antiterroni, anti..?
Certo il frutto di quello che Serra ha definito (La Repubblica, 16.1.2009) il “deterioramento ambientale” è davanti a noi. Le vittime della “paura sociale, dell’ignoranza ottenebrante sulla quale soffia la demagogia razzista” sono quelle che poi pontificano sulla “sicurezza”, sul “adesso sono troppi”, anche senza arrivare a concepire idee appena più complesse, ignote al loro buio intellettuale e morale. Gente normale, padri e madri di famiglia, senza arrivare alla vergogna del Presidente del Consiglio provvisorio che racconta la barzelletta sui lager.
Allora bisogna rialzare le difese, ascoltare le parole e fermarle. Non lasciarle correre. Far capire che no, non è normale dire (e pensare) certe cose. Domani un nero diventa Presidente degli USA e noi siamo a riflettere di quanta cultura, istruzione, senso del bello, rispetto della persona ci sia ancora bisogno in questo povero e disperato paese.

Informazione?

Polemiche, dichiarazioni indignate, si grida alla censura. Ma di cosa stiamo parlando? Siamo sicuri che la “informazione” sia quella cosa lì? Vespa-Santoro-Ballarì/Ballarò-Matrix? O siamo così assuefatti che crediamo davvero a tutto? E scattiamo a comando a urlare anche noi “censura”, “vergogna”, in perfetto stile da curva sud? Informazione? Stamattina Mino Fuccillo suggeriva in un corsivo intelligente di parlare non di “informazione” ma di “spettacolo”, con i suoi personaggi, trame e siparietti. Spettacolo, e ognuno si sceglie il suo, il suo plot, come una fiction o un giallo. Tanto per stare a San Toro: quanti si guardano Travaglio, fanno altro e aspettano Vauro? Informazione, spettacolo.

Chiedere scusa

Quel giorno del 2003 quando gli USA e la Gran Bretagna invasero l’Iraq ero a Berlino, assistevo ad una seduta del Bundestag, massima tensione per gli avvenimenti eppure quanta civiltà e misura negli interventi dei diversi parlamentari! E io lì a vergognarmi, pensando al nostro Parlamento ridotto ad un lupanare. E ancora non avevano stappato champagne e agitato fette di mortadella. E la Carfagna mostrava ancora le sue grazie sui paginoni patinati. Alla Porta di Brandeburgo ci unimmo al corteo degli studenti, Carlo Porta, classe 1918, fu il primo. Era contento di essere lì, ancora una volta a dire no. Ci hanno definito terroristi, cattocomunisti, filoiracheni, amici di Saddam. Oggi quel poveretto di Bush, prima di andarsene, lasciando macerie su macerie, chiede scusa e ammette di essersi sbagliato. Mi piacerebbe che qualcuno dei cialtroni che ci governa, degli “atei devoti”, dei “liberali sottolio”, avesse un attimo di dignità e chiedesse scusa. Ma non lo faranno, non ce la possono fare, e allora: vergognatevi, cialtroni!

40 anni fa , un ragazzo a Praga

40 anni fa. A Praga. Un ragazzo decise di essere la “torcia numero 1”. Ian Palach, un nome che è rimasto anche per chi allora era soltanto un ragazzino di 13 anni ma che, confusamente forse, o invece con la nettezza propria dei ragazzini, aveva capito che se qualcuno doveva uccidersi per protestare contro un socialismo, portato dai carri armati, forse quel socialismo era solo una dittatura e basta. Mentre quelli che oggi ci parlano di “riformismo” andavano in vacanza sul Mar Nero, insieme ai “compagni” sovietici. E quelli che oggi ci parlano di “fine delle ideologie” pochi anni dopo avrebbero inneggiato al colonnello Pinochet.
“Di nuovo Ian Hus sul rogo bruciava all’orizzonte del cielo di Praga”, quella storia l’abbiamo imparata anche da una canzone. 40 anni fa.

L’onda triste

“…Ed è polemica anche alla Sapienza. Dall’assemblea degli studenti di Fisica, cuore dell’Onda, ieri pomeriggio è uscito un nuovo documento destinato a far discutere. Un appello rivolto al direttore del Dipartimento e a tutti i ricercatori italiani, con la richiesta espressa di «interrompere ogni collaborazione con le istituzioni di ricerca israeliane, pubbliche o private, per sostenere la pressione sociale internazionale che richiede la fine degli attacchi di Israele ai territori palestinesi».

Contrarie le prime reazioni dei professori. Il direttore del Dipartimento di Fisica, Giancarlo Ruocco, è responsabile da tre anni di un progetto sulla fotonica in collaborazione con tre università israeliane, tra cui Tel Aviv. Dice già che il progetto andrà avanti. «L’unica cosa che farò è convocare per mercoledì prossimo il consiglio dei docenti (150 scienziati tra cui Cabibbo, Parisi e Maiani ndr) e sottoporre loro il documento. Daremo una risposta collegiale». Epperò, a titolo individuale, ecco arrivare già severe bocciature: «È allucinante », s’indigna Carlo Di Castro, docente di Meccanica Statistica a La Sapienza e membro della comunità ebraica di Roma. «Anche ammesso che si debba condannare l’intervento attuale, come si fa a confondere la politica del governo israeliano con la libera produzione culturale del Paese? Questi studenti non sanno che con la nascita dello Stato d’Israele nel 1948 si ebbe l’affermazione della libertà e della vita sulla tirannide e la barbarie».

È allarmato infine David Meghnagi, ex vicepresidente dell’Ucei e docente di Psicologia clinica a Roma Tre: «Già in Francia nel 2003 e poi in Inghilterra fu organizzato un boicottaggio degli accademici israeliani. Nel 2005 promossi un appello contro questo boicottaggio. E il 26 gennaio, inaugurando il Master in Didattica della Shoah, con 20 università da tutto il mondo, anche israeliane, faremo sentire di nuovo la nostra voce».

(http://www.corriere.it/cronache/09_gennaio_15/lite_santoro_annunziata_annozero_6ed76b2a-e34d-11dd-abc2-00144f02aabc.shtml)

Solo in Italia…(3)

PARTIGIANI UGUALI AI FASCISTI? UN’OFFESA
Nicola Tranfaglia

“Siamo di nuovo al punto di prima. Durante il quinquennio 2001-2006 che ha visto la seconda, lunga esperienza di Silvio Berlusconi alla guida del governo italiano abbiamo già assistito al tentativo di equiparare giuridicamente (dal punto di vista storico l’operazione è ancora più difficile) i combattenti della guerra partigiana, e i soldati, regolari e irregolari, della repubblica sociale italiana, gli alleati consapevoli del Terzo Reich sconfitti al termine di venti mesi feroci e terribili dalle truppe angloamericane che risalivano la penisola e dalla resistenza italiana. Quel tentativo fallì.

Qualcuno direbbe: perché c’era ancora in Italia una opinione pubblica democratica o perché l’opera di berlusconizzazione del paese era ancora incompiuta? Non lo so. Fatto sta che quel parlamento alla fine aveva bloccato il progetto di legge per equiparare partigiani e repubblichini. Ora l’occasione si ripresenta e nel giugno scorso una carovana che vede in prima linea alcuni socialisti che hanno scelto la destra (come l’on. Caldoro e l’on. Barani) insieme con una truppa composta da deputati di Alleanza Nazionale che sembrano in polemica aperta con le recenti dichiarazioni del loro leader, attuale presidente della Camera, Gianfranco Fini. Quest’ultimo infatti è ormai approdato all’idea che l’antifascismo è un requisito essenziale della democrazia repubblicana. La carovana anzidetta è tornata alla carica con il progetto numero 1360 che accentua l’assurdità del provvedimento della precedente legislatura.

Nella nuova proposta legislativa si ipotizza la costituzione di un Ordine Tricolore presieduto dal Capo dello Stato che avrebbe al suo interno l’istituto nazionale della Resistenza e quello storico della Repubblica Sociale Italiana e prevede che combattenti siano considerati non soltanto i soldati e gli ufficiali delle quattro divisioni di fanteria della RSI ma anche i componenti della Guardia Nazionale Repubblicana, delle Brigate Nere, delle Bande feroci come la Banda Carità e la Banda Koch che, nei venti mesi di guerra contro i partigiani e i civili italiani, oppositori dei nazisti, provocarono morti e lutti assai gravi nell’Italia occupata dalle truppe del Terzo Reich.

Un’offesa terribile per i caduti nella guerra che liberò l’Italia dalla barbarie nazista e che vide cadere quasi duecentomila persone tra partigiani e cittadini del nostro paese. Di fronte a quello che ancora una volta, malgrado le parole di Fini, Alleanza Nazionale, sostenuta da Berlusconi, vuol fare nel nostro parlamento c’è da sperare che anche questa volta il progetto non vada avanti. Un giurista di grande peso come Giuliano Vassalli, ex presidente della Corte Costituzionale, più volte ministro della repubblica, ha dichiarato nei giorni scorsi che non deve esserci” nessun riconoscimento ai repubblichini. Erano e restano nemici dello Stato.” E ha ricordato :”Che cosa vogliono ancora? Hanno avuto tutto, l’amnistia di Togliatti, la legittimazione democratica immediata, l’MSI in parlamento, adesso sono al potere. Eppure non esiste paese in Europa in cui i collaborazionisti dei nazisti sono stati premiati.”

(L’Unità, 15.1.2009_www.nicolatranfaglia.com)

Pro Judaeis aut pro nobis?

PAPA, L’ACCUSA DEL RABBINO DI VENEZIA
“Con lui cancellati 50 anni di dialogo”

L’attacco contenuto in un editoriale per il mensile dei gesuiti “Popoli”
“Sulla preghiera per la conversione degli ebrei sono mancate le risposte della Cei”

ROMA – Con Benedetto XVI, la Chiesa sta cancellando i suoi ultimi “cinquanta anni di storia” nel dialogo tra ebraismo e cattolicesimo: a lanciare la critica è il rabbino capo di Venezia, Elia Enrico Richetti, che – in un editoriale per il mensile dei gesuiti “Popoli”, ha spiegato i motivi che hanno portato il rabbinato italiano a non partecipare alla prossima Giornata sull’ebraismo, indetta per il 17 gennaio dalla Conferenza espiscopale.

Il rabbino di Venezia ricorda innanzitutto la decisione di Benedetto XVI di reintrodurre, con il messale pre-conciliare, la preghiera del Venerdì Santo per la conversione degli ebrei. Il rabbinato italiano – riferisce Richetti – ha chiesto spiegazioni ed un ripensamento: con risposte ufficiose, “una risposta della Conferenza episcopale, sia pure sollecitata, è mancata”, e la Chiesa – afferma l’esponente ebraico – ha fatto presente che “gli ebrei non hanno niente da temere”, in quanto “la speranza espressa dalla preghiera ‘Pro Judaeis’ è ‘puramente escatologica’, è una speranza relativa alla ‘fine dei tempi’ e non invita a fare proselitismo attivo”.

“Queste risposte – osserva tuttavia Richetti – non hanno affatto accontentato il Rabbinato italiano. Se io ritengo, sia pure in chiave escatologica, che il mio vicino debba diventare come me per essere degno di salvezza, non rispetto la sua identità. Non si tratta, quindi, di ipersensibilità: si tratta del più banale senso del rispetto dovuto all’altro come creatura di Dio”.

“Se a ciò aggiungiamo – aggiunge Richetti – le più recenti prese di posizione del Papa in merito al dialogo, definito inutile perchè in ogni caso va testimoniata la superiorità della fede cristiana, è evidente che stiamo andando verso la cancellazione degli ultimi cinquant’anni di storia della Chiesa”.

Poi la conclusione, durissima: “In quest’ottica, l’interruzione della collaborazione tra ebraismo italiano e Chiesa è la logica conseguenza del pensiero ecclesiastico espresso dalla sua somma autorità”

(http://www.repubblica.it/2009/01/sezioni/esteri/benedetto-xvi-29/rabbini-papa/rabbini-papa.html)