Ricordate?

Ricordate? Il 3 febbraio 2002 Nanni Moretti indicando i dirigenti radunati sul palco di Piazza Navona disse “Con questa classe dirigente non vinceremo mai”.
Quella “Classe eterna” di dirigenti, sconfitti e risconfitti ma ancora lì. D’Alema e Veltroni stanno litigando da 4 partiti, come ricordava oggi Ezio Mauro, partiti scomparsi nel frattempo, eppure tutti ancora lì. Senza che nessuno capisca quale sia mai stata la causa del conflitto, salvo frattaglie personali.
Rutelli sconfitto nel 2001? Ancora lì, a minacciare scissioni. Il nulla che si scinde, roba che neanche Heidegger…
Nasce un nuovo partito a freddo, unito da qualche passata di colla Pritt, che unisce pezzi di potere qui e là, di Fondazioni e Comuni, di Giunte da occupare ad aeternum. Un partito dove ancora si ragiona in termini di “noi” e “loro”, mentre gli elettori se ne vanno al mare, o ai monti. Valeva la pena?
Oggi Veltroni si è dimesso. Emozione, scompiglio “PD nel caos” recitano i titoli sul web. Semplice normalità. Correttezza. Perdo? Me ne vado.
Ma in Italia dove un ministro che si dimise per il caso Moro lo fecero, come premio per l’eccezionalità, Presidente della Repubblica (si chiamava Kossiga), come pretendere?
Di fronte alla forza di un partito populista che fa della mancanza di qualunque etica la sua forza corruttrice della morale pubblica, se non c’è una risposta chiara e basata su linee chiare che si confrontano all’interno di un partito con vincitori e sconfitti, come impone la democrazia, cosa aspettarsi? E le linee chiare, come Obama ha insegnato, devono essere su temi forti, su scelte impegnative, anche al limite dell’utopia. O pensiamo di mobilitare i giovani sulla lotta per l’ICI, lasciandoli in un paese senza speranze per il domani (anzi per oggi pomeriggio)?

Rompiamo il silenzio

“Il cammino della democrazia non è un cammino facile. Per questo bisogna essere continuamente vigilanti, non rassegnarsi al peggio, ma neppure abbandonarsi ad una tranquilla fiducia nelle sorti fatalmente progressive dell’umanità… La differenza tra la mia generazione e quella dei nostri padri è che loro erano democratici ottimisti.
Noi siamo, dobbiamo essere, democratici sempre in allarme”.
Norberto Bobbio

Primi firmatari: Gustavo Zagrebelsky, Gae Aulenti, Giovanni Bachelet, Umberto Eco, Claudio Magris, Guido Rossi, Sandra Bonsanti, Giunio Luzzatto, Simona Peverelli, Elisabetta Rubini, Salvatore Veca.

Rompiamo il silenzio. Mai come ora è giustificato l’allarme. Assistiamo a segni inequivocabili di disfacimento sociale: perdita di senso civico, corruzione pubblica e privata, disprezzo della legalità e dell’uguaglianza, impunità per i forti e costrizione per i deboli, libertà come privilegi e non come diritti. Quando i legami sociali sono messi a rischio, non stupiscono le idee secessioniste, le pulsioni razziste e xenofobe, la volgarità, l’arroganza e la violenza nei rapporti tra gli individui e i gruppi. Preoccupa soprattutto l’accettazione passiva che penetra nella cultura. Una nuova incipiente legittimità è all’opera per avvilire quella costituzionale. Non sono difetti o deviazioni occasionali, ma segni premonitori su cui si cerca di stendere un velo di silenzio, un velo che forse un giorno sarà sollevato e mostrerà che cosa nasconde, ma sarà troppo tardi.

Non vedere è non voler vedere. Non conosciamo gli esiti, ma avvertiamo che la democrazia è in bilico.

Pochi Paesi al mondo affrontano l’attuale crisi economica e sociale in un decadimento etico e istituzionale così esteso e avanzato, con regole deboli e contestate, punti di riferimento comuni cancellati e gruppi dirigenti inadeguati. La democrazia non si è mai giovata di crisi come quella attuale. Questa può sì essere occasione di riflessione e rinnovamento, ma può anche essere facilmente il terreno di coltura della demagogia, ciò da cui il nostro Paese, particolarmente, non è immune.

La demagogia è il rovesciamento del rapporto democratico tra governanti e governati. La sua massima è: il potere scende dall’alto e il consenso si fa salire dal basso. ll primo suo segnale è la caduta di rappresentatività del Parlamento. Regole elettorali artificiose, pensate più nell’interesse dei partiti che dei cittadini, l’assenza di strumenti di scelta delle candidature (elezioni primarie) e dei candidati (preferenze) capovolgono la rappresentanza. L’investitura da parte di monarchie o oligarchie di partito si mette al posto dell’elezione. La selezione della classe politica diventa una cooptazione chiusa. L’esautoramento del Parlamento da parte del governo, dove siedono monarchi e oligarchi di partito, è una conseguenza, di cui i decreti-legge e le questioni di fiducia a ripetizione sono a loro volta conseguenza.

La separazione dei poteri è fondamento di ogni regime che teme il dispotismo, ma la demagogia le è nemica, perché per essa il potere deve scorrere senza limiti dall’alto al basso. Così, l’autonomia della funzione giudiziaria è minacciata; così il presidenzialismo all’italiana, cioè senza contrappesi e controlli, è oggetto di desiderio.

Ci sono però altre separazioni, anche più importanti, che sono travolte: tra politica, economia, cultura, e informazione; tra pubblico e privato; tra Stato e Chiesa. L’intreccio tra questi fattori della vita collettiva, da cui nascono collusioni e concentrazioni di potere, spesso invisibili e sempre inconfessabili, è la vera, grande anomalia del nostro Paese. Economia, politica, informazione, cultura, religione si alimentano reciprocamente: crescono, si compromettono e si corrompono l’una con l’altra. I grandi temi delle incompatibilità, dei conflitti d’interesse, dell’etica pubblica, della laicità riguardano queste separazioni di potere e sono tanto meno presenti nell’agenda politica quanto più se ne parla a vanvera.

Soprattutto, il risultato che ci sta dinnanzi spaventoso è un regime chiuso di oligarchie rapaci, che succhia dall’alto, impone disuguaglianza, vuole avere a che fare con clienti-consumatori ignari o imboniti, respinge chi, per difendere la propria dignità, non vuole asservirsi, mortifica le energie fresche e allontana i migliori. È materia di giustizia, ma anche di declino del nostro Paese, tutto intero.

Guardiamo la realtà, per quanto preoccupante sia. Rivendichiamo i nostri diritti di cittadini. Consideriamo ogni giorno un punto d’inizio, invece che un punto d’arrivo. Cioè: sconfiggiamo la rassegnazione e cerchiamo di dare esiti allo sdegno.

Che cosa possiamo fare dunque noi, soci e amici di Libertà e Giustizia? Possiamo far crescere le nostre forze per unirle alle intelligenze, alle culture e alle energie di coloro che rendono vivo il nostro Paese e, per amor di sé e dei propri figli, non si rassegnano al suo declino. Con questi obiettivi primari.

Innanzitutto, contrastare le proposte di stravolgimento della Costituzione, come il presidenzialismo e l’attrazione della giurisdizione nella sfera d’influenza dell’esecutivo. Nelle condizioni politiche attuali del nostro Paese, esse sarebbero non strumenti di efficienza della democrazia ma espressione e consolidamento di oligarchie demagogiche.

Difendere la legalità contro il lassismo e la corruzione, chiedendo ai partiti che aspirano a rappresentarci di non tollerare al proprio interno faccendieri e corrotti, ancorché portatori di voti. Non usare le candidature nelle elezioni come risorse improprie per risolvere problemi interni, per ripescare personaggi, per pagare conti, per cedere a ricatti. Promuovere, anche così, l’obbligatorio ricambio della classe dirigente.

Non lasciar morire il tema delle incompatibilità e dei conflitti d’interesse, un tema cruciale, che non si può ridurre ad argomento della polemica politica contingente, un tema che destra e sinistra hanno lasciato cadere. Riaffermare la linea di confine, cioè la laicità senza aggettivi, nel rapporto tra lo Stato e la Chiesa cattolica, indipendenti e sovrani “ciascuno nel proprio ordine”, non appartenendo la legislazione civile, se non negli stati teocratici, all’ordine della Chiesa.

Promuovere la cultura politica, il pensiero critico, una rete di relazioni tra persone ugualmente interessate alla convivenza civile e all’attività politica, nel segno dei valori costituzionali.

Sono obiettivi ambiziosi ma non irrealistici se la voce collettiva di Libertà e Giustizia potrà pesare e farsi ascoltare. Per questo chiediamo la tua adesione.

Adesioni a: http://www.libertaegiustizia.it/appelli/dettaglio_appello.php?id_appello=11

C’è un’altra Italia

Oggi presentazione del mio libro a Pistoia, nel Palazzo Comunale. E’ stata la 25a presentazione di questo piccolo libro su storie reggiane, ma che hanno assunto una valenza, evidentemente, più ampia. Ad ogni presentazine 40, 50, anche 80 persone che escono di casa, non guardano la boiate del video,ma leggono un libro, vogliono parlare. Francamente non mi interessa la quantità, la percentuale. La osservazione: ma la maggior parte…Se in tante parti del centro nord ci sono persone che hanno ancora voglia di uscire di casa per discutere un libro (e a Casalgrande nevicava forte) non tutto è perduto. Persone che ne hanno i cabasisi (per dirla con Camilleri) pieni di Vespa, talk show e informazione strisciante alle suole dei potenti di turno. E’ un mondo che c’è ed è lì. Che non si sente rappresentata politicamente. Magari se qualche partito anzichè ascoltare gli obsoleti ed incartapecoriti monsignori (ai quali noi cattolici per primi non diamo nessuna importanza) cercasse di recuperare un po’ di dialogo con la SUA gente, chissà, magari forse, prima o poi, il signore dei pirati andrebbe a chiudere i suoi giorni felici fra nani, ballerine e fanciulle di gamba svelta. Dove, peraltro, avrebbe sempre dovuto rimanere.

Bachelet: «La chiesa sta sbagliando sul testamento biologico così come sbagliò sui trapianti»

Bachelet: «La chiesa sta sbagliando sul testamento biologico così come sbagliò sui trapianti»
Cesare Baquicchio

«Diciamo la verità. A Berlusconi è andata male. Speculare sul dolore del prossimo alla fine gli si rivolterà contro».
Giovanni Bachelet, cattolico, professore di fisica a l’università La Sapienza e deputato del Partito democratico, è stato uno dei primi a firmare l’appello de l’Unità a sostegno di Napolitano e sarà in piazza giovedì 12 febbraio alla manifestazione indetta dal Pd a difesa della Costituzione.
«Il premier sperava di tenerci crudelmente per settimane a votare ogni giorno in Parlamento – spiega Bachelet –. Se avessimo fatto ostruzionismo avrebbe detto che eravamo assassini, se votavamo avrebbe detto che ci eravamo arresi. Non gli è andata bene e si è visto anche con l’applauso che ha avuto Napolitano a Napoli. Gli italiani ragionano con la loro testa. E questa forzatura è stata un autogol».

Ma come e perché si è arrivati a questo scontro su una vicenda così delicata come quella di Eluana Englaro?
«Al governo il problema interessava poco. È stato usato solo in modo strumentale per sviare l’attenzione pubblica da tanti altri guai dell’economia o della sicurezza o dal terribile decreto che obbliga i medici a denunciare i clandestini».

Qual è la sua posizione di cattolico e di parlamentare Pd nel merito del problema?
«Innanzi tutto è bene chiarire che nel caso di Eluana non stavamo parlando di una alternativa tra la vita e la morte. E poi come cattolico voglio ricordare che la definizione di accanimento terapeutico l’ha “inventata” Pio XII in una udienza con le infermiere che gli chiesero proprio come regolarsi nei casi in cui non c’è più niente da fare, quando al paziente rimane solo la sofferenza. La questione del testamento biologico, inoltre, è un problema che riguarda tutti. Con il migliorare delle terapie e delle tecniche mediche sempre più persone si troveranno in quelle condizioni difficili tra la vita e la morte».

A giudicare dalle dichiarazioni degli ultimi giorni, la chiesa non sembrava della sua stessa idea.
«Sono cristiano e mi dispiace che la chiesa sbagli. Anche sui trapianti la chiesa si è sbagliata. Ha prima detto una cosa poi un’altra. Equiparava il trapianto di cuore ad un omicidio. Poi, con il tempo, i trapianti sono diventati un’opera buona e il Papa ora è in una associazione di donatori d’organi».

Avrebbe votato contro il Ddl del governo?
«Quando vengono violate in modo così plateale delle regole importanti della democrazia non so se è meglio abboccare alla provocazione, votare contro e andare sotto o dire io a questo gioco non mi presto. Non ci gioco. Penso che me ne sarei rimasto a casa».

Non tutti nel Pd la pensano come lei.
«Io rispetto chiunque abbia idee diverse, ma ho letto che i cattolici del Pd erano tutti a favore del Ddl. Due sono le possibilità: o era una forzatura, un errore, o io sono diventato mussulmano senza saperlo».

(l’ Unità, 11-02-2009)

Benvenuto mons.Tafazzi!

Il Vescovo Williamson e il poco reverendo Abrahamowicz (ma si è mai chiesto come mai ha quel cognome?) sono stati espulsi. Bene. Ma la domanda è inevitabile: ma era proprio necessario andare a ripescare questi vecchi arnesi? Perchè i casi sono due: o in Vaticano è entrato mons.Tafazzi oppure il recupero dei lefebrviani è inserito in un progetto che non voglio neppure immaginare per non subire ulteriori picconate alla mia appartenenza a questa Chiesa. Quindi volendo apprezzare la buona notizia (ce ne sono così poche) non ci resta che dire: Benvenuto mons.Tafazzi!

Stat rosa pristina nomine

“stat rosa pristina nomine nomina nuda tenemus.” (la rosa fin dall’inizio esiste solo nel nome: noi possediamo soltanto nudi nomi).
Possediamo soltanto nudi nomi, parole. Ma quel “soltanto” non è riduttivo, anzi. Le parole descrivono e contengono il mondo e noi dentro di esso. Prima si cambiano le parole, poi si cambia l’uomo e il mondo. Le parole si corrompono, si deformano, si rovesciano, ma non per un scherzo o per un gioco alla Bartezzaghi, ma per cambiare il mondo, per corromperlo, deformarlo. Basta ripetere, come a scuola, cento volte “gli stranieri ci invadono” e, oplà, il gioco è fatto: dato che gli stranieri ci stanno invadendo, è un dato di fatto (no?), dobbiamo difenderci. E chi meglio dei cialtroni che ci governano possono difenderci dal nulla, essendo essi stessi il nulla?
Ci hanno detto, in questi giorni tristi per il nostro paese, che noi siamo per una “cultura di morte”. Ripetuto cento volte e oplà, il gioco è fatto. “Loro” sono per una “cultura di vita”, come testimonia il CPT di Lampedusa, la proposta di cannonneggiare i barconi in arrivo, i pestaggi a morte di poveri disgraziati, il permesso di denunciare clandestini ammalati. Noi siamo contro la famiglia, loro sono “defensores familiae”, infatti ne hanno 2 o 3, unitamente a stuoli di fanciulle di gamba svelta.
“Il bello è brutto e il brutto è bello”, le streghe di Macbeth hanno fatto carriera e sono ministre, sottosegretarie, opinion leaders. Ma la distruzione di una democrazia inizia dalle parole, roba già vista. Si comincia equiparando “regola” a “impiccio”, “democrazia” a “confusione” e si promuovono nuove parole, giuste e moderne: efficienza, rapidità, governabilità, decisione. 2 volte a giorno prima e dopo i pasti la razione minima e la “cura” funzionerà a dovere.
Le parole sono preziose, sforziamoci sempre di non sprecarle. Esiste il dizionario della lingua italiana: difendiamo lo Zingarelli e magari, dopo aver spento l’inutile video, torniamo a leggere. Chissà, magari aiuta.