Ancora sull’esule…

Torniamo all’esule, pardon al ladro (singolarmente rilevo l’assonanza fra leader e lèder) di Hammamet. Chi ha avuto la forza di vedere 14.30 di L.Annunziata oggi magari qualche pensierino se l’è fatto. Massimo rispetto umano per Stefania Craxi (come figlia), ma sentire le stesse cose (e giustamente Annunziata questo sottolineava) ripetute per craxi allora, oggi per il vecchio satiro incerottato qualcosa vorrà dire. Il complotto dei comunisti, della magistratura, dei giudici, etc…ma soprattutto il diritto ad essere supra legem allora di craxi come oggi del nostro bel tomo.

E sempre si discute rimuovendo i fatti, che sono, a parte le sentenze, un bel pezzo della storia d’Italia degli anni ottanta. Leggete il pezzo di Guido Crainz oggi su Repubblica (Il segno di Craxi sugli anni ottanta) per una salutare rinfrescata di idee. In particolare quando racconta quando il Censis iniziò a segnalare “crescenti fenomeni di <società incivile>”, le sempre più diffuse tendenze della politica <ad usare il pubblico come strumento di interessi privati>” e concludeva: “Una società che si sente non governata…finisce per esprimere al proprio interno una specie di dislocazione selvaggia, particolaristica e furbastra dei poteri e delle decisioni…in cui tutto c’è tranne moralità collettiva, coscienza civile, senso delle istituzioni, rispetto delle regole del gioco statuale”.

Conclude Crainz: “Molta parte della successiva storia d’Italia è inscritta in queste brevi righe, e su di esse sarebbe bene riflettere anche oggi. Sempre pensando all’oggi, non stupisce che si pensi di indicare ai cittadini come esempio, dedicandogli una via o un parco, un leader politico che si è sottratto alla magistratura e alle istituzioni di un Paese che aveva governato. Una via o un parco della città che più di altre vide quell’affermarsi della corruzione pubblica come sistema di cui Bettino Craxi non su solo un marginale e quasi incolpevole comprimario.

Ah, dimenticavo la chicca: volevate che mancasse in un’affare sporco il nostro Aureliano Buendia di Gallipoli? Riferisce la figlia dell’esule: “Un’ora dopo la morte di mio padre, telefonò D’Alema [all’epoca primo ministro], offrendo i funerali di Stato!” Chapeau!

Per rinfrescarsi le idee: http://www.manipulite.it/travaglio_cronistoria.php

http://dailymotion.virgilio.it/video/x39ic5_marco-travaglio-contro-la-leggendar_news

Oggi su Il Giornale:

Una via Craxi? Non scelgono gli ex pm

Sergio Rotondo

(…) Ma Milano no, non può farlo. Milano, la città dove Bettino Craxi è nato e si è formato politicamente, no non deve farlo. E, guarda caso, i più feroci oppositori dell’iniziativa lanciata dalla Moratti nelle ultime ore del 2009 sono tra i protagonisti di Mani pulite: l’ex pm, ora leader dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, e l’ex procuratore capo di Milano Francesco Saverio Borrelli.
Sprezzanti e durissime le loro dichiarazioni: «Indecoroso e offensivo dedicare una strada a chi è morto da latitante» ha detto Borrelli. «Facciamola questa piazza Bettino Craxi, ma sotto il nome, come in tutte le targhe, scriviamo politico, corrotto, latitante» ha detto Di Pietro. Ma, tutto sommato, dichiarazioni comprensibili. Dedicare una via o un parco a Bettino Craxi vorrebbe infatti dire archiviare definitivamente Mani pulite, mettere una pietra tombale sulla rivoluzione giudiziaria. Logico che chi di quel ribaltone politico è stato artefice opponga resistenza. Del resto non fu proprio Francesco Saverio Borelli, divenuto nel frattempo Procuratore generale di Milano, a lanciare nel 2002 il famoso «resistere, resistere, resistere» contro le proposte di riforma della giustizia del governo Berlusconi?
Non solo. Una via dedicata a Craxi potrebbe favorire un dibattito serio, storico, non più politico e quindi fazioso, proprio su Mani pulite. Decantandone i meriti, che indubbiamente ci sono stati, ma anche mettendo in risalto, una volta per tutte, le zone d’ombra che, altrettanto indubbiamente, ci furono. I metodi, la «selezione» dei partiti e dei politici da mettere alla gogna, l’uso della stampa per amplificare al massimo ogni mossa del pool alla faccia del segreto istruttorio. No, non si può permettere una revisione storica di quel periodo soprattutto ora che è in atto il tentativo di una seconda rivoluzione politica per via giudiziaria.
Ma una città come Milano non può consentire che le sue scelte siano condizionate da ex magistrati. Perciò mi auguro che la Moratti abbia il coraggio di andare avanti, di portare la sua decisione in giunta e in consiglio. Tocca a lei, agli assessori e ai consiglieri di Palazzo Marino decidere se è il caso di dedicare una via, un parco, una statua a Bettino Craxi. Non ad Antonio Di Pietro, non a Francesco Saverio Borrelli.

Patti scellerati

Breve storia dei 15 anni di patti scellerati tra D’Alema, Berlusconi e gli altri

di Peter Gomez e Marco Travaglio

In principio c’era solo una questione economica. La salvezza delle tv del Cavaliere in cambio della sua non opposizione al governo Dini. Poi dalla “roba” di Berlusconi si passò ai processi. I suoi e quelli degli altri. Dalla Bicamerale alle leggi ad personas del centrosinistra. Oggi siamo al bis, anzi al tris dell’”inciucio” (“accordo informale tra forze politiche di ideologie contrapposte che mira alla spartizione del potere”, Dizionario De Mauro, Paravia). Tutti (o quasi) vogliono riscrivere la Costituzione e Berlusconi apre al Pd in attesa d’incassare il salvacondotto definitivo: quello che lo renderà anche ufficialmente più uguale degli altri.

Violante confessa. Il 28 febbraio 2002 Luciano Violante, durante il dibattito alla Camera sulla legge Frattini sul conflitto d’interessi, si lascia sfuggire a Montecitorio la genesi dell’inciucio. A chi accusa la sinistra di voler espropriare il Cavaliere, il capogruppo ds replica: “L’on. Berlusconi sa per certo che gli è stata data la garanzia piena – non adesso, nel 1994 quando ci fu il cambio di governo – che non sarebbero state toccate le televisioni. Lo sa lui e lo sa l’on. Letta…Voi ci avete accusato di regime nonostante non avessimo fatto la legge sul conflitto d’interessi e dichiarato eleggibile Berlusconi nonostante le concessioni…Durante i governi di centrosinistra il fatturato di Mediaset è aumentato di 25 volte!”.
Senza volerlo, Violante ha detto la verità, anche se il suo partito si era sempre dimenticato di raccontarla agli elettori.

Come ti spengo i referendum. Quelli del dicembre ‘94 sono giorni duri per il Cavaliere. Il 7 dicembre la Consulta stabilisce che la Fininvest deve scendere da tre a due tv, dunque dovrà cedere Rete4 o trasferirla su satellite. Il 22 la Lega sfiducia il suo governo. Il gruppo Berlusconi, fiaccato dalla concorrenza Rai dei tre anni precedenti, è indebitato fino al collo (4500 miliardi di lire nel ‘92).
Le indagini della magistratura avanzano. E sono alle porte quattro referendum, proposti da Acli, Arci e Gruppo di Fiesole (un’associazione di giornalisti), che rimettono in discussione la legge Mammì lasciando al Biscione una sola rete, ridimensionano la raccolta pubblicitaria e vietano gli spot durante i film in tv. Per farli saltare, Berlusconi invoca le elezioni anticipate e promette che venderà le sue tv (“basta che non sia un esproprio”). Ma contemporaneamente tratta in segreto il suo appoggio a un governo tecnico. Così, dopo urli e mugugni, si astiene sul governo Dini (ex ministro di Berlusconi), anche perché alla Giustizia e alle Poste e Telecomunicazioni i ministri sono “fidati”: Filippo Mancuso e Agostino Gambino, già avvocato di Sindona. E il Pds (Violante dixit) gli garantisce che il referendum fallirà. La trattativa, a maggio, la conduce Gianni Letta per modificare la legge sulle tv ed evitare le urne.
Così il centrosinistra non fa campagna elettorale per il Sì, mentre tutte le reti Fininvest martellano l’opinione pubblica per il No. Poi il 22 maggio Berlusconi rovescia il tavolo del negoziato e l’11 giugno vince i referendum.

Silvio & Max, promessi sposi. Sul finire del ‘95 Berlusconi smette d’invocare le elezioni. Come scrive La Stampa, “si è preso una cotta per D’Alema” e lo chiama anche tre volte al giorno per “convincerlo che ‘la grande intesa si può fare’ e ‘andare al voto non conviene né a noi, né a voi’”. Cos’è successo? Deve quotare Mediaset in Borsa e ha bisogno del placet di tutto l’arco politico. Su di lui e i suoi manager si moltiplicano le indagini sui fondi neri esteri del gruppo. Così punta al governissimo.
Il 26 gennaio ‘96 il Cavaliere e D’Alema si presentano a braccetto da Bruno Vespa per parlare di riforme istituzionali. Il 2 febbraio Berlusconi annuncia: “L’accordo è fatto, di Massimo mi fido”. Poi vieta per iscritto a tutti i club di Forza Italia di usare la parola inciucio: devono parlare di “governo dei migliori”, da affidare al grand commis Antonio Maccanico. Il giorno 9, Silvio e Max s’incontrano a cena in casa Letta. Ma An punta i piedi e Prodi, candidato premier, pure. L’inciucio tramonta. Gasparri spara sul Cavaliere: “Noi siamo contrari ai conflitti d’interesse. E chi deve andare in galera ci vada”. Maccanico rinuncia all’incarico. Non prima di aver accusato il Polo: “Volevano che travalicassi la Costituzione”. Si va alle urne.

Maccanico Riparazioni. Il 21 aprile ‘96 l’Ulivo di Prodi vince le elezioni. La tesi 51 del programma elettorale è chiara: basta conflitto d’interessi e duopolio tv. Ma D’Alema se ne infischia e il 4 aprile, a due settimane dalle urne, rende visita a Mediaset incontrando Confalonieri e il Gabibbo e rassicurando le maestranze: “Non abbiate timore, non ci sarà nessun Day After, avremo la serenità necessaria per trovare intese. Mediaset è un grande patrimonio del paese”. In luglio la legge Maccanico manda in soffitta la sentenza della Consulta e concede una proroga sine die alle tre reti Fininvest. Intanto D’Alema e Berlusconi si accordano per riscrivere la seconda parte della Costituzione con un’apposita commissione Bicamerale. Il Cavaliere è imputato a Milano per corruzione, finanziamento illecito e falso in bilancio, indagato a Palermo per mafia e riciclaggio e a Firenze per concorso nelle stragi del 1993. In settembre, a La Spezia, esplode la “Tangentopoli-2” con l’arresto del banchiere Pacini Battaglia e del presidente delle Fs Lorenzo Necci, che vanta ottimi rapporti tanto con Berlusconi quanto con D’Alema. Terrorizzati dall’avanzata dei pm, centrodestra e centrosinistra si accordano per mettere in riga la magistratura. Ma restano da convincere i rispettivi elettori, tutt’altro che favorevoli all’inciucio. Si tratta di creare un clima emergenziale che giustifichi l’abbraccio fra i due poli che fino a quel momento se ne son dette e fatte di tutti i colori.

La bufala del cimicione. L’11 ottobre Berlusconi mostra al mondo intero una microspia di dimensioni imbarazzanti trovata a Palazzo Grazioli. Giura che è “perfettamente funzionante”, in grado di trasmettere “fino a 300 metri”. Punta il dito contro le “procure eversive”. Spiega di aver subito avvertito, prim’ancora dei carabinieri, “l’amico Massimo”: cioè D’Alema, che assicura subito la sua solidarietà: “È un fatto grave, che testimonia il clima torbido di un paese inquinato da intrighi, manovre, veleni e sospetti. Bisogna reagire con fermezza, con un colpo di reni, riscrivendo le regole della convivenza civile e democratica”. Il 16 ottobre il presidente della Camera, Violante, convoca una seduta straordinaria e dà la parola al Cavaliere. Che scandisce: “Onorevoli colleghi, l’attività spionistica ai danni del leader dell’opposizione… rientra perfettamente nel panorama non limpido della vita nazionale. Mai, in nessun periodo della storia repubblicana, sono gravate sulla libera attività politica tante ombre e tanto minacciose”. Pisanu e Taradash additano le “procure deviate”. E l’Ulivo a rimorchio. La Procura di Roma appurerà che la microspia era un ferrovecchio inservibile per nulla funzionante. E che, a piazzarla in casa Berlusconi, era stato un amico del capo della sua sicurezza incaricato di “bonificare” Palazzo Grazioli. Ma intanto il falso cimicione (come poi nel 2009 il gesto del folle in Piazza Duomo) ha già svolto il suo ruolo.

Commissione Dalemoni. Il 22 gennaio ‘97 nasce la Bicamerale sotto la presidenza di D’Alema (votato pure da Forza Italia). La legge costituzionale che istituisce la commissione non fa alcun cenno alla Giustizia. Infatti all’inizio D’Alema dichiara: “Sulla giustizia non vedo questioni costituzionalmente rilevanti”. Ma Giuliano Ferrara avverte: “La giustizia è il problema politico numero uno. Il capo dell’opposizione è perseguitato dai giudici. D’Alema fermi gli aggressori e rimetta in riga i pm sotto controllo della politica. Vedrete che la sinistra qualcosa concederà”. Ottima profezia. D’Alema fa subito retromarcia: “Il rapporto fra magistratura e potere politico è uno dei temi che più seriamente dovrà impegnare la Commissione”. Il relatore sulla Giustizia è Marco Boato, ex Lotta continua, ex Psi, molto ostile alla magistratura. Il 30 ottobre ‘98 la bozza Boato viene approvata da tutti i partiti, tranne Rifondazione. Pare la riedizione del Piano di rinascita democratica di Licio Gelli: la magistratura non è più un “potere” dello Stato; carriere di pm e giudici separate, con due Csm in cui aumenta la presenza dei politici rispetto ai togati; i giudizi disciplinari sottratti al Csm e affidati a una “Corte di giustizia” con i magistrati ordinari in minoranza; le Procure non possono più prendere le notizie di reato, ma dovranno attendere le denunce della polizia (che dipende dal governo); l’azione penale non è più obbligatoria; “il ministro della Giustizia riferisce al Parlamento sull’esercizio dell’azione penale e sull’uso dei mezzi di indagine”. Inoltre, per amnistie e indulti, non è più necessaria la maggioranza dei due terzi, ma basta il 50 più 1. E proprio questo è lo scopo finale, come annuncia il solito Violante al Foglio: “Nel 1999, al termine delle riforme, si porrà la questione dell’amnistia”. Poi però, contestatissimo da elettori, magistrati e intellettuali, il centrosinistra non osa andare fino in fondo sull’amnistia.

Inciucio forever. Così Berlusconi fa saltare la Bicamerale, avendo peraltro ottenuto in due anni tutto ciò che gli serve: niente legge sul conflitto d’interessi, niente antitrust sulle tv e una serie di leggi anti-giustizia. Il centrosinistra continua a lavorare per lui anche. Elimina lo scomodo gip Rossato dal processo Mondadori con la legge sull’incompatibilità fra Gip e Gup scritta dall’avvocato dalemiano Guido Calvi. Salva dal carcere Previti e Dell’Utri. E addirittura abroga di fatto i pentiti di mafia con la riforma Fassino del 2000, che li priva di gran parte dei benefici che fino a quel momento avevano indotto molti boss a collaborare. Nel ’98 Gherardo Colombo dice al Corriere della Sera: “La Bicamerale è figlia dei ricatti incrociati fra destra e sinistra”. È la miglior lettura di come vanno le cose nella politica italiana, più che mai attuale undici anni dopo. Già, perché oggi si ricomincia. Ancora Berlusconi. Ancora Violante. Ancora D’Alema.

da Il Fatto Quotidiano del 22 dicembre 2009

Imbroglioni o imbrogliati?

POTERI DEL PREMIER E REPUBBLICA PARLAMENTARE
La costituzione immateriale
Uno dei quesiti messi in evidenza dalla sentenza della Corte costi tuzionale sul lodo Alfano è se il capo del governo sia, in Italia, un primus inter pares oppure un primus super pares . In nome della «costi­tuzione formale» (il testo della costituzione vigente) la Corte ha ribadito che è un «primo tra pari». Ma in Ita lia viene invece diffusa l’idea che la costituzione for male sia oramai superata da una «costituzione materia le » per la quale Berlusconi incarna la volontà della maggioranza degli italiani; il che gli attribuisce il diritto, in nome del popolo, di sca valcare, occorrendo, la vo lontà degli organi che non sono eletti dal popolo (tra i quali la Corte costituzionale e il capo dello Stato). Ora, la distinzione tra costituzione formale e costituzione mate riale, e cioè la prassi costitu zionale, è una distinzione largamente accolta dalla dottrina. Ma si applica al ca so in esame?

Precisiamo bene la tesi. Intemperanze verbali a parte, la tesi di fondo di Berlusconi è che lui ha il diritto di prevalere su tutti gli altri po teri dello Stato (questione di diritto), perché lui e soltan to lui è «eletto direttamente dal popolo» (questione di fatto). Va da sé che se l’asserzione di fatto è falsa, anche la tesi giuridica che ne deri va risulta infondata. Allora, Berlusconi è davvero un pre mier insediato «direttamen te » dalla volontà popolare?

Per Ilvo Diamanti questa asserzione è «quantomeno dubbia» perché è smentita da tutti i dati dei quali disponiamo. Purtroppo è vero che sulla scheda elettorale viene indicato il nome del premier designato dai partiti (un colpo di mano che fu a suo tempo lasciato incautamente passare dal presi­dente Ciampi); ma il fatto resta che il voto viene dato ai partiti. Pertanto il voto per Berlusconi è in realtà soltanto il voto conseguito dal Pdl. Che ha ottenuto nel 2008 (cito Diamanti) «il 37,4% dei voti validi, ma il 35,9% dei votanti e il 28,9% degli aventi diritto. Insomma, intorno a un terzo del ‘popolo’». Aggiungi che in questa maggiore minoranza (o maggioranza relativa) sono inclusi i voti di An, in buona parte ancora fedeli a Fini; e che se guardiamo agli anni precedenti FI non ha mai superato il 30%. Deve anche essere chiaro che il voto per FI, e ora per il Pdl, non equivale automati­camente ad un voto per Berlusconi. Una parte degli elettori di destra vota contro la sinistra, non necessariamente per Berlusconi. Fa una bella differenza.

Dunque la tesi del popolo che si identifica, quantomeno nella sua maggioranza assoluta di almeno il 51%, con un leader che vorrebbe onnipotente (o quasi), è di fatto falsa. Chi la sostiene è un im­broglione oppure un imbrogliato. E questa conclusione è dettata dai numeri.

Ciò fermato, torniamo alla costituzione materiale. In sede di Consulta gli avvocati di Berlusconi hanno soste nuto che per la costituzione vivente (come dicono gli in glesi) il principio che vale per Berlusconi è che sta «sopra », che è un primus su per pares . E siccome è possibile che questa formula l’abbia inventata io in un libro del 1994, mi preme che non venga storpiata. Io l’ho usata per precisare la differenza tra parlamentarismo classico e la sua variante inglese e anche tedesca del premierato. Ma in Italia il fatto è che questa variante non è mai stata messa in pratica. E dunque in Italia non c’è differenza, a questo proposito, tra costituzione formale e costituzione materiale. Come dicevo, la tesi del premierato di Berlusconi voluto dal popolo è seppellita dai numeri. Sul punto, il punto è soltanto questo.

Giovanni Sartori

http://www.corriere.it/editoriali/09_ottobre_31/sartori_6ce1d912-c5ed-11de-a5d7-00144f02aabc.shtml

Cabaret

Per chi vuol godersi un numero da vero cabaret si può vedere il video, parziale (non voglio infierire sui miei 25 lettori), del vecchio satiro con la scarlattina (overdose di pilloline blu?) ierisera a Ballarò, fra l’ilarità degli astanti, indecisi fra lo sbigottimento e il compatimento.

Per i più coraggiosi, o autolesionisti, è visibile anche l’intera gag (20 minuti, se ce la fate…)

http://tv.repubblica.it/copertina/berlusconi-a-sorpresa-a-ballarò-pm-comunisti/38441?video

Gli ultimi giorni…

Come noto, stasera, per chi sta in casa e schiaccia il tastino maledetto del telecomando si becca “sporcasporca” con vespa che leccobarda il suo padrone satiro isterico sul tema: “il miracolo edilizio del più grande statista degli ultimi 150 anni”.

Prima considerazione: non ho troppa pena per chi cliccherà il telecomando, ognuno si fa male come può e vuole, nella maggior parte si tratta di maggiorenni. E’ vero, potrei loro suggerire almeno 10 modi per farsi male in maniera più creativa e utile, ma la libertà è la libertà.

Seconda considerazione: il vecchio satiro inaugura casette costruite dalla Regione Trentino, con buona parte di manodopera straniera. Quegli stessi stranieri che, eroicamente, cacciamo nel nostro bel mare.

Terza considerazione (e auspicio): se proprio volete stare in casa, vostra moglie/morosa ha il mal di testa, non avete uno straccio di amico per uscire a fare una bevuta, saltate su Rai3 (quella komunista) e guardatevi il film “La caduta. Gli ultimi giorni di Hitler” con un magnifico Bruno Ganz. Hitler chiuso nel bunker che delira su armate che non ci sono più, sulla riscossa alle porte. Mentre alle porte c’erano solo quei ragazzacci dell’Armata Rossa. Senza pretendere di immaginare paragoni impropri (la tragedia contro la farsa) però un certo delirio di onnipotenza, rabbia e vendetta a tappeto sono elementi che tornano in entrambi i casi. Le ultime raffiche di vonfeltren, le faide interne fra generali, la fucilazione del cognato, il ripudio della moglie tradita…Certo, là si era in un bunker, qui su soffici alcove, ma la paura di perdere il potere, il desiderio di portare tutti con sè nel gorgo finale, il non volere arrendersi alla morte, mi sembrano elementi interessanti.

Chissà che magari fra qualche anno non si vada tutti al cine a vedere “Il coccolone. Gli ultimi slanci del vecchio satiro“.

Per quanto mi riguarda io me ne vo al Rosebud a vedere “Videocracy“. So che soffrirò nel rivedere la storia televisiva del nostro povero paese, ma bisogna pur bere l’amaro calice. A casa, al ritorno, mi consolerò con un barattolo di gelato (a me la Nutella non piace).

Il trailer di “Videocracy” (rifiutato dalla RAI): http://www.youtube.com/watch?v=2_RkAOMd9tI



La borsa di Mary Poppins..

Vi ricordate della borsa di Mary Poppins? La appoggiava sul tavolo e poi, fra lo stupore dei due pargoli Banks, estraeva di tutto, compresa una lampada da tavolo e una abatjour da pavimento.

Più o meno dalla borsa di papi ne escono di tutti i colori, peccato che sia robaccia, che quasi le escort e altre ragazze di gamba svelta sembrano cosucce: i traffici con Gheddafi e con Putin, i rapporti con gli stallieri, il patrimonio nato chissà come e via andando. Compreso un bel caso di simonia: voi vescovi tacete e io vi do quello che volete: una legge sul testamento biologico che manco il card.Bellarmino (quello del processo a Galilei, per intenderci) avrebbe sognato? Voilà, fatto! E tutto questo nella placida indifferenza nazionale. Ha ragione giannifotografo, non è il vecchio satiro il problema. Il problema siamo noi, italiani (o quello che ne resta).

Del resto se a destra s’ode un suono di squillo, a sinistra risponde un’altra squillo. In Puglia cene elettorali con le medesime ragazze per onorevoli del PD. E che siamo i più scemi, si saranno detti? E così anche i “nostri” onorevoli (che ricordo non abbiamo scelto ma abbiamo dovuto votare) si sono dedicati a queste fanciulle (magari prendendo su le seconde scelte…). Come dicevo ieri un po’ di tetteeculi non si nega a nessuno, signora mia! Quante volte abbiamo visto a sinistra dirigenti correre dietro alla “modernità”, magari finendo per diventare “utilizzatori finali” del mestiere più antico del mondo? Che tutto andasse a finire a puttane l’avevamo pensato spesso, ma noi, ingenui “moralisti”, pensavamo fosse un modo di dire, una logora metafora. No. Non era una metafora.

Ma noi cosa possiamo dire, cribbio, noi “gattocomunisti”, noi “moralisti” (per dirla alla panebianco). Siamo mai stati “utilizzatori finali”? No. E allora? La solita presunzione degli intellettuali bolscevici. Parlano senza avere esperienza. Tutta invidia, signora mia. Cosa vuole, il maschio è fatto così, ragiona con le gonadi, altro che il cervello di quella gente che legge e scrive. Le gonadi contano. Tutti lo invidiano sotto sotto. Semplice. E del resto cosa vediamo in giro ogni giorno, pur nella civile Reggio, anche nella nostra sinistra? Taciamo per carità di patria e perchè abbiamo famiglia. E’ lo stile italico. Per vent’anni abbiamo preso la tessera del PNF (Per Necessità famigliari), convinti che, per dirla con Longanesi, “l’adesione è obbligatoria ma non impegnativa”. Ci sono voluti i tedeschi in casa, e non erano turisti, per darci uno scossone di dignità. Ma leggete le lettere dei costituenti del nord, arrivati a portare il “vento del nord” (quello vero, partigiano, mica la fangaglia leghista) di fronte alla Roma repubblicana e democratica del 1946…

Nell’attesa, gambe in spalla e lavorare, questo vale per tutti. Tanto possiamo stare tranquilli l’80% della stampa è comunista….

p.s. circa l’ultima impresa editoriale intitolata “Noi”, come ha detto Benigni a Verona, forse il titolo allude a “noi”, tre, quattro, sei al massimo, rimasti a votare a sinistra (si fa per dire).

Dio li fa….

Dio li fa, e poi li accoppia, dice il vecchio adagio, in realtà piccole cose, dettagli, ci fanno capire come, forse, in questo mondo che sembra ogni giorno di più impazzire, ci sia invece una segreta armonia che lo sottende, una logica sapiente che ci rassicura.

Ci si poteva chiedere il perchè dell’amicizia fra il vecchio satiro isterico  e il predone del deserto (a parte qualche affaruccio di qualche fantastiliardo di dobloni fra petrolio, armi e cosucce varie), ma poi è bastato aspettare ed ecco che loro stessi, l’esibizionista di Arcore e il nonno di Walter Matthau di Tripoli, ci hanno rivelato l’arcano.

Per uno che salvato il mondo dalla nuova guerra fredda, che ha evitato all’Italia la crisi economica, che ha già ricostruito L’Aquila, ci voleva un degno compare, pardon alleato. Ed ecco il nostro Muhammar lanciare, nientepopodimenoche, uno nuova pagina della geopolitica europea: abolire la Svizzera! Restituire i vari cantoni a Francia, Germania e Italia. Così la nazione degli orologi e della cioccolata impara ad arrestare il  suofigliolino e la nuora! Meraviglioso! Per intelligenza, lungimiranza e senso del ridicolo una uscita simile poteva venire in mente solo a calderoli (scusate la parolaccia), invece no, è del nostro colonnello, l’amico dell’esibizionista di Arcore, deliziato dall’idea della sparizione della vile nazione di cui il suo acerrimo nemico Carlo De Benedetti ha il passaporto. Che coppia di statisti! Che profilo!

Dal duo italo libico ci aspettiamo ancora molto: introduzione obbligatoria delle tazzine con il manico a sinistra in tutti i bar, creazione di una confederazione far Ossezia, Inguscezia, S.Marino e Hawaii con capitale a Bra, disputa dei campionati di escort a Bengasi e via dicendo. E’ rassicurante sapere di vivere in questo mondo (si fa per dire).

Domandine serali

Le giornate si accorciano, il sole cala fra nuvole rossastre sulle colline davanti a Fortezza Bastiani, fra poco calerà la notte e le sentinelle inizieranno il loro primo turno di guardia. E mi chiedo:

A Tripoli le Frecce Tricolori avrebbero dovuto diventare Frecce Verdi. Verde, colore dell’Islam, della Libia del brigante del deserto, dell’integralismo islamico, dei suicidi per il profeta. Ma verde anche come le camicie della lega, come le cravatte dei (poco) onorevoli leghisti, delle bandiere a Pontida. Stesso colore. Stessa testa (si fa per dire)?.

C’era una volta in Italia il Partito socialista. Una volta. Poi arrivò l’eroico esule di Hammamet e la cosa finì lì. Un secolo di storia finito, letteralmente, nello sciacquone di mario chiesa. E i socialisti? Sono diventati gli àscari del sultano. Il piduista cicchitto (scusate la parolaccia) ulula roba che neanche Farinacci avrebbe detto, in quanto a stupido servilismo verso il capo. Sacconi, brunetta “gridolo” e via così. Tornasse Pertini, basterebbe un container di sberle per questa gente?

Devo aver alzato il gomito (anche se quel Montepulciano d’Abruzzo non era male..) perchè ho avuto l’impressione di aver letto che qualcuno ha proposto di candidare bassolino (nomen omen) a sindaco di Napoli. Noooo. Avevo bevuto, vero? Ditemi che avevo bevuto troppo!

Come noto, non sono un estimatore del vecchio satiro isterico. Però una domanda me la devo porre: uno che è nei guai come lui, che ha più scheletri nell’armadio che veline sul divano, che si è messo contro l’Europa e anche il Vaticano (mica Istoreco, eh?), cosa fa? Se ne sta buono, zitto, naviga a pelo d’acqua, sull’esempio di andreotti spegne, calma, sopisce? Noooo. Tutte le mattine si alza, un po’ azzurrino per il farmaco preso, ma ancora arzillo nonostante l’età e inizia a sparare boiate ad alzo zero contro il mondo. Demenza senile? Intossicazione da farmaci? Sindrome di Vasco (gli piace la vita spericolata)? Mah!

Buonanotte.


Un paese indecente (R.Cotroneo)

È davvero troppo. Una degenerazione inarrestabile, laida e torbida, si è impadronita di questo paese. Messaggi mafiosi sul direttore di “Avvenire” Boffo. Un meccanismo inarrestabile fatto di giornali che avvertono, di premier che denunciano, di partite giocate su dossier riservati e inopportuni, di giornali che si comportano come guappi: avvertono, intimidiscono, cercano di ottenere vantaggi per il fratello del proprio editore, il fratello di quel Paolo Berlusconi, che di nome fa Silvio. E che a sua volta finisce in scandali di festicciole di compleanno con minorenni napoletane, e poi si lascia ricattare e ridicolizzare da una escort di Bari, che gira per le sue stanze con un registratore. Tutto questo inframmezzato da foto ricordo con Obama e con i più grandi statisti del mondo come se Berlusconi fosse come loro, e invece non lo è.
E nessuno riesce più a tenere un contegno da paese civile. Nessuno ha parlato di inclinazioni omosessuali di Boffo. Nessuno si rende conto che la degenerazione del paese è arrivata a un livello tale, da stupire anche i più cinici, anche quelli che mai avrebbero pensato potesse finire così.
Berlusconi è una iattura. È una iattura per quello che fa, e persino per quello che non fa. È una iattura non tanto perché, come pensa qualcuno, è il male assoluto, ma per la sua assoluta irresponsabilità, perché ormai non ha più il senso dello Stato e non ha il senso delle proporzioni. Perché è inaccettabile per tutto il resto del mondo occidentale e democratico che stia ancora seduto su quella poltrona da presidente del Consiglio. Perché in questa deriva vergognosa in cui è finito il nostro paese lui è il regista assoluto.
E in questo paese, davanti allo sguardo sgomento di tutte le persone per bene, di destra come di sinistra, sta arrivando l’ultimo atto di un degrado che prima aveva molto di ridicolo, e oggi è decisamente drammatico. Se Berlusconi non si dimetterà finiremo nel dramma definitivo. Leggete, vi prego, leggete tutti i giornali del mondo: quelli inglesi, quelli americani, e poi quelli tedeschi, spagnoli e francesi. Leggeteli e capirete in che infimo livello siamo precipitati. Siamo nel grottesco, un grottesco che pagheremo tutti, e che pagheranno in nostri figli. Siamo ormai un paese spaventoso: razzista, spietato, vergognoso, indecente e irresponsabile. Bisogna fare qualcosa. E se non ora, quando?

http://www.unita.it/rubriche/cotroneo

Tempi bui…

Note di fine agosto. Un amico, circa una volta alla settimana, mi telefona dall’estero e mi fa sempre la stessa domanda “Si è dimesso?”. La risposta è nota. No, non si è dimesso e non si dimetterà. Neanche la “opposizione” chiede le sue dimissioni, perchè dovrebbe farlo? Il problema è banale: cosa ci aspetta ancora? Si può ridere, scherzare, magari per esorcizzare la paura, ma poco cambia.

Hanno-abbiamo dato il paese in mano a una banda di manigoldi e di cialtroni e ora ci guardiamo stupiti per quello che vediamo. Quanti film western abbiamo visto, con il  riccone prepotente che ha occupato e corrotto tutto il paese, minaccia, uccide, fa il buono e il cattivo tempo? Per fortuna in un paio d’ore il Clint Eastwood di turno arrivava a sistemare le cose. Quante volte ho visto “The pale rider” (Il cavaliere pallido) con un pizzico di commozione per l’ultima scena, il disperato grido di amore della ragazzina verso Clint, lontano, che se ne va.

Se ne va, ma dopo avere sforacchiato adeguatamente i cattivi, uno a uno.

Qualcuno vede dei Clint in giro? Io vedo manigoldi e mascalzoni a pioggia, ogni giorno il livello del fango aumenta e con esso il catalogo di violazioni non solo della Costituzione, ma delle norme basilari del vivere civile.

E se allora ci facessimo noi tutti Clint? Senza armi, senza sforacchiare nessuno, ma con lo stile del buon Bartleby: “Preferirei di no”, ripeteva il buon scrivano. Consumi, tv, moda, chiacchiere? “Preferirei di no”. Piccola quotidiana eversione.

Incontri un leghista? Diglielo che lo compiangi, che si vergogni, con educazione, ma diglielo. Alessandri alla Festa Reggio? “Preferirei di no”. E diciamolo. Che ci siano fra i leghisti dei giovani preparati, come ha detto il mio sindaco, non me ne frega una cippa. Anche fra i nazi ce n’erano, anche fra le Brigate Nere. E allora? Sono leghisti. Punto. “Preferirei di no”.

Chi voti, chiedono, Marino, Franceschini, Bersani? Ma si rendono conto di cosa sta succedendo in Italia? Leggono i giornali stranieri, o solo Chi e il Riformista (più o meno la stessa fuffa)? Dobbiamo lasciare ai vescovi la difesa della Costituzione, o almeno ai Vescovi fino a quando qualcuno non offrirà di tutto, di più? Preferirei di no.

Ieri un barcone è stato respinto. Guardate gli occhi di quei disperati. Spero che quanto previsto dal buon Dante circa la legge del contrappasso sia vero: vorrei esserci a vedere certa gentaglia, leghista e non, quando tirerà le cuoia essere gettata in un mare ora gelato e ora bollente, con bei diavoloni (neri ovviamente) a riempirli di mazzate sulle loro testoline desolatamente vuote (magari solo per quello galleggiano). Non siamo più un paese civile, rifiutiamo il millenario diritto di asilo. Preferirei di no.

Piccole azioni eversive. Spegnere la tv e farla spegnere ad amici e congiunti, comprare due copie de “La Repubblica”, “L’Unità”, “La stampa” e darle agli amici. Per farglielo capire che non ci prenderanno mai. Come nella Bibbia: “Sentinella, a che punto è la notte?”. Chiediamocelo, sempre, ogni volta che scende il buio.