Un’idea: leggiamo insieme!

Stavolta lancio io un’idea: intorno al 25 aprile ci troviamo in Piazza a Reggio davanti al monumento al partigiano e leggiamo le “Lettere di condannati a morte della Resistenza”? Ognuno viene e ne legge una. Per ricordare dove stanno le radici della nostra libertà. Chi ci sta?

Una lettera del 1975

Roma, 24 maggio 1975

Carlo Leo…bisogna fare uno sforzo autocritico per comprendere le ragioni storiche e politiche dei limiti che ebbe la Resistenza. Ed a questa ricerca tutti, anche gli azionisti ed i socialisti, debbono portare il loro contributo. Non ho risposto a Sandro (Pertini, ndr), perchè con lui è impossibile discutere. Dopo il mio libro “Lettere a Milano” mi inviò una letteraccia perchè avrei esaltato la funzione del partito d’Azione e sottovalutato quella svolta dal Psi. Ed è inutile indicargli “esasperazioni massimalistiche e cedimenti opportunistici compiuti in questa o in quella occasione dal Psiup”. Egli pretende di riassumere tutta la vita del Psiup…Credo che tu potresti essere il più preparato a fare la storia della vita (gloriosa) e la fine (dolorosa) del partito d’Azione…

Il problema principale per me è sempre quello del ritardo con cui vennero ricostituiti e riorganizzati i partiti antifascisti, e quindi della mancata preparazione programmatica. Noi comunisti avevano alle spalle vent’anni di ininterrotto travaglio, spesso assai doloroso. Ciò non escludeva i motivi di dissenso, ma permetteva a tutti di muoverci, oltre che per ragioni di costume e di disciplina, entro un quadro unitario. Perchè, ad esempio, non si riuscì a formare un partito dei “democratici del lavoro” che si richiamasse al pensiero e all’esempio di Giovanni Amendola? Molte volte ho chiesto a La Malfa ed a Parri perchè avessero lasciato quella bandiera a Meuccio Ruini. Fu la “pregiudiziale repubblicana” che separò democratici, come La Malfa e Sergio Fenoaltea, da liberali come Antonicelli e Pepe, impedendo la formazione di un partito laico di nuova democrazia. Invece la bandiera del laicismo liberale rimase a quelli che erano i sopravissuti della vecchia democrazia prefascista, ormai tagliati fuori dal processo storico.

Insomma, sostengo, c’era da parte di tutti noi: 1. Scarsa conoscenza della realtà italiana; 2. Mancanza di un progetto di ricostruzione economica; 3. Sottovalutazione del peso dell’eredità fascista (nell’economia, nella cultura, nella scuola, nell’amministrazione dello Stato e, soprattutto, nel costume). Credo che questa autocritica possa essere utile, perchè, malgrado questi limiti, abbiamo fatto grandi cose e lasciamo ai giovani un paese che è migliore di quello in cui ci trovammo a combattere le nostre prime battaglie.

Lettera di Giorgio Amendola a Leo Valiani.

( in: Repubblica, 2 marzo 2009)

Una novità: la Resistenza

Il primo atto ufficiale del nuovo segretario del PD è stato quello di andare a giurare sulla Costituzione nella sua città, davanti ad un muretto, dove nel novembre 1943 iniziò la strada sanguinosa della Repubblica Sociale (che oggi si vorrebbe parificare alla lotta di Liberazione). Bravo Dario. E pensare che è passato poco più di un anno da quando si dovette protestare per far inserire nello statuto del PD un richiamo all’antifascisismo e alla Resistenza, entrambi assenti (e poi ci dissero che era sottinteso: no, i principi non si sottindendono, o ci si crede e si dice o si tace perchè si crede ad altro). Per ritrovare senso e consenso si riparte dalle radici. Si ritrova la Resistenza e la Costituzione. E noi che qualcuno ci pensava come quei giapponesi rimasti nella giungla con le loro divise lacere e i fucili arruginiti! Bene, possiamo stirare le divise, mandare a quel paese qualche “amico” (con i suoi “ragazzi di Salò”) e continuare la strada, perchè, noi, non c’eravamo mai fermati.

Quella lunga notte

Il primo atto di Franceschini come segretario del PD sarà quello di giurare sulla Costituzione davanti al luogo, nella sua Ferrara, dove i fascisti fecero la prima strage del regime di Salò. E’ un atto forte, simbolico, che lega l’antifascismo, la Costituzione alla difficile situazione della nostra Repubblica. Sarebbe bello che ognuno di noi, almeno simbolicamente, giurasse su quella carta costituzionale nata, come ci ricorda Calamandrei, in tutti i luoghi dove un partigiano (ma, aggiungo io, anche un deportato, un ebreo, un rom, un omosessuale…) è stato ucciso. Giuriamo tutti fedeltà a quella carta e ogni volta che ci sarà occasione ricordiamocelo e viviamo da veri cittadini della Repubblica la nostra vita di ogni giorno. Convinti che solo così il nostro paese uscirà da questa lunga notte.

Discutere, pensare

Ierisera a Castelmaggiore la 26a presentazione del mio libro. Un grazie agli amici del Circolo Arci Sputnik Tom e all’Anpi di Castelmaggiore. Anche là una sala piena di gente ad ascoltare, a chiedere. A rivolere indietro la propria storia, corrotta e devastata da una propaganda violenta e culturalmente fascista (di destra e non solo), ma anche con la consapevolezza che la storia va raccontata tutta, anche nelle pagine buie e tristi, senza far sconti a nessuno. Tornare alla storia, alle fonti. In queste mie presentazioni dall’aprile 2008 ormai ho incontrato oltre 1500 persone, una esperienza umana e politica (in senso alto) davvero unica, e ovunque scoprire che esiste una Italia migliore di quella che ci raccontano ogni giorno, una Italia anche ferita, ma vitale e che non ci molla. Un’Italia che non ha una sua adeguata rappresentanza politica, ma che crede davvero nei valori che qualcuno (a destra come a sinistra) vorrebbe farci credere “vecchi” e in disarmo. I miei giri continueranno (Fabbrico, Imola, Formigine, Ravenna, Verona, etc..)e non posso far altro che ringraziare le tante persone che ho incontrato e che incontrerò ancora per la grande lezione che mi hanno dato.

La destra ci riprova: è un’infamia

LA DESTRA CI RIPROVA: E’ UN’INFAMIA
Vittorio Emiliani

Criminalizzare la Resistenza, i suoi eroi è una pratica diffusa, tesa a dimostrare che democrazia e Costituzione sono nate dalla vendetta, dal sangue dei vinti. Ci provarono, attivamente, anche nei primi anni ’50: a migliaia (5.144 soltanto a Modena), ex resistenti vennero incarcerati e processati. Dopo mesi e anni di galera molti furono assolti. Ora la destra getta nuovo fango su Arrigo Boldrini, decorato sul campo di medaglia d’oro dal generale dell’VIII Armata, Richard Mac Creery. Organizzatore della più incredibile e coraggiosa resistenza di pianura. Nel Ravennate nazisti e repubblichini fra i più feroci imperversarono: 70 stragi, 426 civili uccisi, intere famiglie (Baffè, Foletti, Orsini) spente. Uno dei suoi uomini, il ventiduenne Umberto Ricci, torturato, ferito, malato, scrisse ai genitori e agli amici: «Io ho l’onore di rinnovare qui a Ravenna l’impiccagione. Però non ho nessuna paura della morte». Impiccato con Lina Vacchi il 24 agosto ’44 al Ponte degli Allocchi, fu lasciato marcire appeso. Dieci suoi compagni vennero fucilati.
Agli uomini di Bulow dobbiamo anche la salvezza dei monumenti ravennati. Gli Alleati erano decisi a bombardare preventivamente la città. Boldrini li scongiurò: «I nazifascisti si sono già ritirati». Poi chiese e ottenne di venire incorporato nell’VIII Armata. Bulow sperava – me lo disse anni dopo – di arrivare con gli Alleati fino a Trieste e di costituire una sorta di cordone protettivo rispetto ai partigiani di Tito. Purtroppo non gli fu concesso. Nel 1949 alcuni dei suoi furono accusati di aver partecipato all’eccidio di Codevigo: assolti. Nel ’91 la Procura di Padova giudicò «infondata» un’altra denuncia. Anche Cossiga lanciò un’accusa contro Bulow, per poi riconoscere che «fonti storiche e giudiziarie escludono in modo inoppugnabile tale coinvolgimento». Ora ci riprovano, infami.

(L’Unità, 23.1.2009)

Rieccoli!!!! L’Ordine del Tricolore!!

Rieccoli! Ci avevano già provato una a volta a presentare una proposta di legge sulla equiparazione dei soldati di Salò ai partigiani e ai combattenti del vero esercito italiano. Poi san Carlo Azeglio Ciampi disse no: lui quella legge non l’avrebbe firmata.
Ora ci riprovano! Il 23 giugno 2008 alla Camera dei deputati è stata presentata una proposta di legge d’iniziativa dei deputati Barani,Angeli, etc.. per la “Istituzione dell’Ordine del Tricolore e adeguamento dei trattamenti pensionistici di guerra” (http://leg16.camera.it/_dati/leg16/lavori/stampati/pdf/16PDL0011740.pdf)
Qualche passaggio del testo: “Non si intende proponendo l’istituzione di questo Ordine sacrificare la verità storica di una feroce guerra civile sull’altare della memoria comune, ma riconoscere, con animo ormai pacificato, la pari dignità di una partecipazione al conflitto avvenuta in uno dei momenti più drammatici e difficili da interpretare nella storia d’Italia…”
Pari dignità?
“L’istituzione dell’Ordine del Tricolore deve essere considerata un atto dovuto, da parte del nostro paese, verso tutti coloro che, oltre sessanta anni fa, impugnarono le armi e operarono una scelta di schieramento convinti della “bontà” della loro lotta per la rinascita della Patria.”
Convinti della “bontà”? Ma da quando in qua la “buona fede” (ammessa e non concessa?) è una categoria storica? Bene quindi, per stare all’attualità, oggi 28 dicembre, 65° della fucilazione dei Cervi diamo la stessa “dignità” alle vittime e ai carnefici. Tanto erano in “buona fede” anche loro, no??
Il 7 gennaio il presidente della Camera on.Fini sarà a Reggio. Vogliamo ricordargli chi ha ridato onore e dignità al Tricolore, vilipeso da 20 anni di fascismo? O è politicamente scorretto?

Manovalanza democratica

Giovedì 27 febbraio, ieri, ho presentato il mio libro “Il sangue dei vincitori” (ed.Aliberti) a Bergamo. E’ stata la 22ima presentazione in 6 mesi. Un piccolo libro su una provincia che interessa così tanto anche in giro per l’Italia. Forse perchè la gente è stufa di sentirsi distruggere la propria storia sotto gli occhi, ogni giorno. Forse perchè vorrebbe vivere in un paese diverso e migliore dove il fascismo sia un argomento davvero solo per gli storici e non la quotidianità nelle nostre strade, sui giornale e i media. Forse perchè tanti hanno voglia di vivere davvero pienamente una dimensione europea, senza vivere in bilico fra il Paraguay e il Kazachistan, con cialtroni al governo e tanti quaquaraquà all’opposizione. Forse. So però che la gente, nel ringraziare un modesto storico di provincia/quartiere, voleva esprimere un senso forte di cittadinanza, di orgoglio per essere diversi in un paese orribile. Girando in provincia e in mezza Italia ho avuto questa fotografia, esiste un paese migliore, fatto di gente “per bene”, forse una minoranza, nel paese dei furbi e delle veline, ma un paese reale, un patrimonio etico e politico che sarebbe ora trovasse davvero una classe dirigente alla sua altezza.
Grazie ad Eugenia, Santo, Barbara e Damiano per il pomeriggio bergamasco, un piccolo atto, fatto insieme agli amici presenti, di “manovalanza democratica”.