La Bolognina reggiana (II)

Caro Giannifotografo,
ho apprezzato molto la tua testimonianza. Come detto nel mio pezzullo volevo lasciare da parte la giacca dello storico e rimanere sul ricordo. Il ricordo di chi il pci lo vedeva da fuori, lo percepiva nei militanti, nelle manifestazioni di massa, nelle tante iniziative che portava avanti e alle quali magari anch’io aderivo ma sempre rimanendo, per mia precisa scelta, fuori. Fuori perché mi sembrava, pensa un po’, poco di sinistra, troppo burocratico, troppo legato al potere. Ancora dai tempi del liceo quando avevo visto un’occupazione scolastica trasformarsi da iniziativa “rivoluzionaria” a operazione politica gestita da apparati(1971). Da credente laico mi irritava a morte la proclamata attenzione al “mondo cattolico” che si risolveva invece nell’attenzione a pezzi della Dc con cui gestire il potere, fino al compromesso storico. Continuavo a non capire come si potesse parlare di antifascismo e poi rimanere attaccati ad una dittatura come quella sovietica che, sono convinto, rimaneva il riferimento di tanti compagni, la speranza, l’utopia di una rivoluzione. Accetto e riconosco la buona fede dei tanti militanti-come storico mi capita sempre più spesso, da non comunista, di dover difendere la storia del Pci dai tanti excomunisti divenuti destri orrendi-ma credo davvero che la “fine fosse nota”. La fine del pci era nella sua stessa, nobile, storia.
Si impiegarono anni per discutere, come dici, ma non si arrivò mai alla Bad Godesberg italiana perché non era possibile. Troppo legata la storia del Pci con quella dell’Urss per riuscire a scendere dal treno in corsa, seppur sempre più lento e stanco. Se nel 1989 circa il 40% fu contrario alla svolta, figuriamoci cosa sarebbe accaduto nel 1956 o nel 1968.
Questa è la mia esperienza, che non è quella di chi “ha vinto”. Tutto il contrario. Appartengo a una schiera eletta di esclusi. Tranquillamente esclusi. Era l’esperienza di tante persone che avrebbero potuto dare un piccolo contributo a una forza politica democratica, di sinistra europea e non poterono farlo. Da quella frattura nacque un partito/i che mentre non accettò forze nuove dall’esterno, progressivamente emarginò anche quei militanti che, al suo interno, conducevano da anni una battaglia interessante e potenzialmente utile. Rimasero i gestori del potere, oltretutto giovani anagraficamente a gestire fino ad oggi il progressivo vuoto.

La Bolognina reggiana (II)ultima modifica: 2009-11-16T10:53:00+01:00da pelikan-55
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Un pensiero su “La Bolognina reggiana (II)

  1. Caro Max, sì, ora ci sono tante cose che ci danno una visione “stereofonica” di quegli anni.
    Quello in cui mi riconosco pienamente in te è il sentimento di esclusione.
    Forse è per questo che teniamo blog…

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