“Per molti osservatori, sia in Italia che all’estero, è difficile capire come un uomo che sembra mostrare così poco rispetto per i valori dello Stato,e ha ripetutamente calpestato la distinzione fra sfera pubblica e sfera privata, riesca a ottenere un così ampio sostegno elettorale. Ma perché gli individui possano liberamente sceglierli come bussole per il comportamento, i valori pubblici, non diversamente da quelli privati, hanno bisogno della sanzione dell’autorità morale; e a quanto pare nel corso dell’Ottocento e Novecento l’esperienza di molti italiani comuni è stata purtroppo tale da creare un diffuso scetticismo nei confronti dei fini e valori collettivi, a tutto vantaggio del perseguimento di fini e valori privati”.
“Al principio del ventunesimo secolo l’Italia presentava un volto completamente trasformato rispetto al paese povero e arretrato in cui due secoli prima erano nati Mazzini, Garibaldi e Cavour. La grande maggioranza dei suoi abitanti si nutrivano di gran lunga meglio, erano di gran lunga più istruiti, e notevolmente più ricchi e più sani (e magari più felici). Erano anche indubbiamente più italiani. Ma le preoccupazioni che avevano tormentato i patrioti del Risorgimento-al cui centro stava il problema di come costruire una nazione con un passato condiviso e un senso forte di un destino e di una meta collettivi-conservavano negli anni di Forza Italia un’urgenza quasi altrettanto grande che nell’epoca dei Carbonari e della Giovine Italia. Fin dal principio, la nazione italiana era stata difficile da definire e ancor più difficile da costruire; e malgrado gli sforzi di poeti, scrittori, artisti, pubblicisti, rivoluzionari, soldati epolitici di vario colore e orientamento, era chiaro che i vecchi modelli di pensiero e di comportamento erano tuttora profondamente radicati, e che la fede nell’ideale dell’”Italia” non aveva avuto lo sviluppo auspicato da tanti patrioti.
È d’altronde possibile che l’insistenza con cui il progetto di “fare gli italiani” era stato perseguito fino alla seconda guerra mondiale avesse finito col risultare controproducente, contribuendo a erodere la credenza in valori nazionali collettivi. Ma per funzionare bene gli Stati hanno bisogno di un senso pervasivo e dominante del più vasto insieme cui gli interessi degli individui, dei gruppi e dei partiti debbono in ultima analisi subordinarsi. E al principio del nuovo millennio l’”Italia” continuava ad apparire un’idea troppo malcerta e contestata per poter fornire il nucleo emotivo di una nazione, o almeno di una nazione in pace con se stessa e capace di guardare con fiducia al futuro.” (pag.672-3).