E io? Perché non mi chiama mai nessuno? O se talvolta succede, tre/quattro volte all’anno, perché non colgo quell’occasione e chiudo la chiamata o, al massimo, accosto a destra e mi fermo? Non si fa così. Non si interrompe un’emozione, diceva quello. È che forse la mia vita non è interessante, nessuno mi propone l’occasione storica, non mi comunica la botta di c.. che cambia tutto. Oppure io non ho nulla da dire. Devo rassegnarmi alla dura realtà.
E se invece tutta ‘stà gente non stesse altro che cazzeggiando allegramente con altri cazzeggiatori, cazzeggiando del nulla assoluto e totale, ad esclusivo vantaggio delle società telefoniche? Un vaniloquio come momentaneo sollievo al vuoto imperante delle loro vite? Abbiamo vissuto quarant’anni senza cellulari: eravamo meno felici o incasinati di questi nostri semoventi contemporanei? Eppure ci siamo sposati, fatto figli, trovato un lavoro, come è stato possibile farlo senza neppure un sms? La questione mi tormenta in queste notti, calde anche a FB, poi, in un istante di lucidità (raro, è vero, ma possibile) penso quasi con simpatia a tutti questi cazzeggiatori semoventi e li capisco (sfpd). Tutti siamo caduti, almeno una volta, nella trappola/speranza che una chiamata potesse cambiare qualcosa, tutti abbiamo avuto l’illusione/assuefazione che comperando, spendendo, la nostra vita migliorasse, che una voce ci togliesse dalla fanghiglia quotidiana. Tutti poveracci in cerca di una piccola soddisfazione che ci allontani dalle domande vere, dal guardarci allo specchio ogni mattina senza riconoscerci, o, al contrario, incontrando sempre quella persona che non ci piace più.