Wunsiedel e Predappio (M.S.)

Dal Notiziario ANPI, settembre 2011:

 

In questo afoso agosto, tempo di vacanze e di riposo (crisi economica a parte) c’è stato anche il tempo di leggere con più attenzione la stampa quotidiana, così l’attenzione è stata attirata da una pagina di “Repubblica” (22 luglio) e ho così scoperto l’esistenza di una paesino della Baviera dove è accaduta una cosa interessante. Wunsiedel, ospitava nel suo camposanto le spoglie mortali di Rudolf Hess, il delfino di Hitler, fuggito in Scozia nel 1941 in una vicenda mai chiarita del tutto. Per questa sua fuga il gerarca nazista scampò la forca come i suoi colleghi al processo di Norimberga e fu condannato all’ergastolo (vero) che scontò nel carcere berlinese di Spandau fino all’agosto 1987 quando, bontà sua, decise di suicidarsi. Le spoglie mortali furono sepolte in quel cimitero bavarese e lì nacquero i problemi: ogni anno quella tomba, nella ricorrenza della morte, divenne luogo di adunata di naziskin, gentaglia in giubbotto e mimetica, rasati, eccetera, la solita paccottiglia che l’Europa ormai conosce.

Hans Jürgen Buchta, diacono evangelico di quella parrocchia, allo scadere della concessione cimiteriale, ha deciso di chiudere la questione e, nella notte del 20 luglio, insieme a sette assistenti, ha preso mazza e piccone  distruggendo la lapide e la sepoltura del caro estinto. Quello che resta del corpo sarà cremato e le ceneri sparse in mare.

Hess segue così il destino dei suoi camerati, anche i condannati di Norimberga, impiccati, furono cremati e le loro ceneri sparse in mare. Nel 1972, nel corso di lavori in un cantiere a Berlino, furono ritrovate le ossa di Martin Borman, il braccio destro del Führer, riconosciute dal DNA nel 1998. Si era favoleggiato di una sua salvezza dall’inferno di Berlino e di una sua presenza in Brasile. Bormann, invece, era morto alla fine di aprile 1945, nell’ultimo tentativo di fuga. Le ossa ritrovate, furono riconsegnate al figlio del defunto che, però, le rifiutò sdegnosamente. Lo stato tedesco provvide allora alla cremazione e decise, in linea con quanto già fatto nel 1946, a spargerle nelle fredde acque del Mare del Nord, stavolta però fuori dalle acque territoriali tedesche, a sottolineare  l’estraneità di quei resti alla sovranità del paese.

Così si è fatto (e si fa) in Germania, dove le leggi contro il nazismo sono serie e, soprattutto, vengono applicate. Quella gentaglia che andava sulla tomba di Hess si guardava bene da esporre simboli nazi, ben conscia che anche una minuscola svastica avrebbe comportato l’arresto immediato.

Noi, invece, abbiamo Predappio, dove nell’agosto 1957, su decisione dell’allora Presidente del Consiglio, il dc Odone Zoli (nativo del medesimo luogo), fu autorizzata la sepoltura nella tomba di famiglia della salma del cavalier Benito Mussolini. Da allora ogni anno centinaia (se non migliaia) di fascisti sfilano in quella cripta, lasciano messaggi appassionati sul registro d’onore, si irrigidiscono all’uscita nel saluto romano, quando poi, le foto/video sono disponibili sul web, vecchi e giovani idioti si presentano in divisa da federale, gnr, brigata nera. Come logico, intorno al cimitero di Predappio, operano lucrose bancarelle che offrono in vendita ai turisti del manganello, oggettistica relativa all’illustre defunto.

Parliamo pure di antifascismo ma risulta difficile coniugare il tema con la constatazione che noi italiani i conti con il fascismo li abbiamo chiusi nel 1957 con un bell’atto di perdono, concedendo a Mussolini l’onore di una sepoltura. Condannare quella scelta non significa mancare di rispetto a un defunto o accanirsi su povere spoglie, ma capire che quella sepoltura costituisce un palese atto di ingiustizia. Abbiamo concesso ai famigliari di un dittatore un onore e un conforto che è stato negato, nei fatti, alle migliaia di famiglie che non hanno avuto mai la possibilità di piangere sulla tomba di quei soldati mandati, ad esempio, a morire in Russia proprio ad opera di quel cavaliere di cui onoriamo le spoglie.

Sarebbe pensabile che fosse eletta al Parlamento tedesco la nipote di Hitler? Noi abbiamo l’onorevole Mussolini che, con vivacità partenopea, ci viene a raccontare in diretta tv quanto fosse buono e bravo il nonnino e quanto gli italiani siano ingrati nel suoi confronti.

Difficile parlare di antifascismo in un paese così. Ora alziamo gli scudi-giustamente-per la progettata cancellazione del 25 aprile ma siamo facili all’indignazione occasionale, dimentichi che il 25 aprile si costruisce tutto l’anno, con un serio lavoro di educazione, che non basta spargere belle parole dal palco in quella giornata e far finta di nulla per i restanti 364 giorni. Salvo poi stupirsi dell’ennesimo tentativo dei (post)fascisti di ridisegnare il calendario civile sui cui dovrebbe basarsi l’identità democratica di una nazione.

I (post) fascisti continuano a fare il loro (sporco) lavoro, non sarà che gli antifascisti hanno smesso, da troppo tempo, di fare il loro?

L’antifascismo non è un feticcio, un mitico graal che tutto salva e tutto spiega. Si deve tornare a ripensarlo, ridiscuterlo, prendere atto di una storia complessa e articolata. Chiederci perché l’antifascismo, uscito dalla guerra e dalla Resistenza, non sia divenuto un patrimonio condiviso ma sia rimasto limitato solo ad una parte culturale e politica del paese. Riflettere sulla necessità di aggiornarlo in un più corretto antitotalitarismo. Oppure possiamo fare finta di niente, alzare ancora grida e proteste, contemplare le nostre piazze piene di bandiere, fino alla prossima volta in cui ci troveremo ancora, increduli e sbigottiti, a chiederci “come mai?”, “perché?” ma, soprattutto, a porci la più ipocrita delle domande: “che fare?”.

Wunsiedel e Predappio (M.S.)ultima modifica: 2011-10-08T20:01:00+02:00da pelikan-55
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