La memoria e il futuro

Nella nuova prefazione al suo “Questo novecento” (Einaudi, 2008), poco prima di lasciarci, Vittorio Foa scriveva: “Mi sembra che esista un fenomeno dai tempi lunghi: una destra profonda che prende le forme più varie, a volte persino forme di sinistra. Le forme della destra profonda possono essere nazionaliste, militariste, razziste, fasciste, o puramente liberistiche. In tutti questi casi la chiusura nel proprio particolare, nella famiglia e il proiettare il rapporto con il mondo sulla propria particolarità diventano dominanti“.

Nessuno parla più di futuro, nessuno di politica. Un eterno commentare e rincorrere il dettaglio, perdendo il contesto. Un tirare avanti e sopravvivere, difendendo-appunto-sè stessi e la famiglia. C’è un grande bisogno, invece, di innovazione e di tenacia. Un dire, forte e chiaro, “non ci piegherete mai” ma, nello stesso tempo, la capacità di proporre innovazione e rigore, senza sconti, perchè di demagogia anche la sinistra ne ha fatta tanta e continua a muoversi in percorsi resi ormai ridicoli dalla realtà. Parole come meritocrazia, capacità, competitività sono state lasciate alle chiacchiere della destra, anzichè farne i nostri punti di riferimento. O c’è qualcuno che rimpiange ancora i tempi del “salario come variabile indipendente?”

La memoria e il futuroultima modifica: 2009-05-14T19:20:00+02:00da pelikan-55
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Un pensiero su “La memoria e il futuro

  1. Caro Max, credo che in questo post ci siano molti spunti buoni e una risoluzione verso tendenze sbagliate.
    Condivido l’analisi di Foa, ci sono tante articolazioni di destra, per tutti i gusti, comunque tutte partono dall’ombelico delle persone, come dice Casini “dall’interesse degli italiani”.
    La sinistra invece, pur avendo un’articolazione altrettanto estesa quanto frammentata, non pone MAI un problema di ombelico personale.
    Lo faceva una volta un partito che assommava la rivoluzione del sistema assieme alla lotta sindacale per lo stipendio, il posto di lavoro.
    Oggi lo fa la Lega.
    La sinistra e il PD se vanno al governo fanno l’esatto contrario dell’interesse individuale, al massimo applicano ulteriori tasse per il bene dello Stato e cambiamenti neanche l’ombra, neanche uno straccetto di DICO.
    Oggi addirittura abbiamo Calearo seduto nei banchi che un giorno erano di Rifondazione, e lui spiega al Giornale di Berlusconi che il suo disegno non era quello di andare al governo ma di sostituirsi alla sinistra.
    La tua soluzione, la tendenza sostanziata da parole come “meritocrazia, capacità e competitività” sono qualità, ma non possono essere piattaforma politica. Esattamente ciò che fu il governo Prodi: rispettabilissimo, ma non risolveva uno che uno dei problemi individuali.
    Lo scorso anno Prodi chiuse dando il cuneo fiscale agli imprenditori ed un anno in più di innalzamento dell’età pensionabile ai lavoratori, mentre non fece una beata minchia per i precari che aveva creato il governo di centro sinistra precedente con le sigle da cortile: cococo.
    Cosa vuol dire impegnarsi allora in politica oggi? Svuotata di ogni significato alternativo, la miglior interpretazione la dà ancora una volta Berlusconi che candida giovani, fra l’altro donne e per di più belle. Come dice lui: è una colpa? Per quel che c’è da fare, oltre ad avere anime belle è utile avere anche due belle gambe.
    Ti mando per mail copia del Gazzettino perchè in esso c’è un altro aspetto della pochezza della sinistra: l’incapacità di capire che dietro al razzismo c’è un profondo bisogno di pace e ordine della gente comune. La sinistra non sa declinare ciò in politica, la destra riesce da una parte ad organizzare lo schiavismo franco arrivo, dall’altra riesce a spremere voti con la paura.

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