Mi scuso con i miei 25 lettori se ho marinato FB per qualche settimana. Ma credo che sia giusto scrivere se e qualora si abbia qualcosa da dire e le cose intorno non erano (e tali restano) particolarmente stimolanti. Cose vecchie, quasi antiche, un paese che non riesce a cambiare, dove tutti si dicono riformisti purchè le riforme inizino sempre un po’ più in là. Una continua e ripetuta fuga dalla realtà, come se non fossimo ancora sull’orlo di un precipizio, tutti presi (loro) a discettare su alleanze, percento, in un perpetuo moto immobile che coinvolge tutti gli schieramenti, o almeno quelli che conoscevamo finora.
E in più il terremoto che ha preso tutti alla gola, anche qui che, per fortuna, ne abbiamo subìto solo la paura. Un terremoto che ha svelato tutte le debolezze e l’avidità di questa terra ricca, la mia/nostra terra, che però vediamo sotto una nuova luce, più ambigua e complessa. Case squarciate ci mostravano arredamenti lussosi, cucine hi-tech su solai vecchi e fragili, capannoni tirati su in sette (7) giorni afflosciati come la casetta dei tre porcellini. Ma qui la favola non c’entra e persone ci sono rimaste sotto. Niente da ridere.
Ma il crollo nei magazzini del grana mi sembra, come dicono quelli colti, archetipico. Scaffalature alte 10 metri, cariche di tonnellate di “grana” (non a caso noi lo chiamiamo così il Parmigiano-Reggiano) lasciate libere, senza ancoraggi, senza sicurezza. Pronte a oscillare ad innescare un drammatico domino che ha sfondato muri e abbattuto colonne. Nessun s’è fatto male, bene, meglio. Però. Anche nelle scatole di montaggio Ikea per uno scaffale Billy, altro nemmeno due metri, viene inserito l’apposito gancetto di fissaggio alla parete. Non per le tonnellate di grana? Se non siamo in grado di tutelare il nostro “grana”, cosa pretendere? E il terremoto c’entra poco, è la minima sicurezza che si richiede. In archivio se vado oltre i 2,50m. devo ancorare, fissare, legare. Logico. Ma costoso e allora, risparmiamo, ottimizziamo, razionalizziamo, etc…E le chiese, torri rovinate a terra? Ci fidavamo nella non sismicità emiliana? Non sismicità? Ma gli architetti del Duca d’Este nel XVI secolo lo dissero a chiare lettere: “Il terremoto non è un disastro, è un fenomeno naturale, è l’uomo che lo trasforma in disastro”. Tutti presi nel gioco del mattone, a tirar su villette in stile geometrile (che, ahimè, sono rimaste su quasi tutte), condomini postmoderni et similia, abbiamo lasciato andare in malora un patrimonio che avevamo ereditato senza meritarlo.
Poi, è vero, siamo emiliani, un po’ matti e con tanta voglia di fare, sempre. In fondo il nostro motto potrebbe essere “Pochi bàli, sò ch’andòm!”, siamo gente strana, come è stato scritto sul web: se vogliamo costruire auto noi facciamo le Ferrari e la Lamborghini, se vogliamo della musica abbiamo Verdi, se vogliamo un formaggio facciamo il grana (ancorato però la prossima volta). Ce la faremo, è la nostra storia che ci ha insegnato a non aspettare gli altri ma a lavorare noi, e bene. Ma riflettiamo su questo evento, riprendiamo a lavorare sul nostro presente/futuro, uscendo dagli slogan dell’Emilia felix, meraviglioso paradiso. Oggi un po’ meno meraviglioso.
Ma la mia assenza da FB è stata motivata anche da un’altra questioncella: ero impegnato in un altra impresa editoriale. Confesso: ho scritto un altro libro! Che volete farci: “è capitato ed è quello che so fare”, dice il poeta.
Un altro libro. Ma stavolta è una cosa diversa. Lascio per un po’ la storia e racconto storie. Curiosi? Spero di sì.