Un paese complicato

La costituzione del Pdl(l), Popolo delle libertà (loro) è occasione dei più vari commenti. Osservo solo che la cosa che mi colpisce di più è la difficoltà italiana ad essere un paese normale, europeo. Perchè, comunque si voglia valutare la novità politica, è chiaro che si tratta di un passo indietro, non certo uno avanti. Non è nato un nuovo partito democratico/liberale ma un “qualcosa” di estraneo alla tradizione liberale e democratica. Il partito monarchico, il culto del capo, del “re”. Il sovrano-demiurgo che decide e dirige, che chiama e licenzia, che guida e che profetizza. La transizione italiana, come è stata definita, apertasi nel 1992 è ancora incagliata lì. Ormai il vecchio guitto è l’ostacolo sulla strada della soluzione, l’elefante che chiude il passaggio. Che crea un movimento che si presenta come il paese intero, tutto il popolo italiano è/deve essere lì, gli altri non contano, la metà (e più) del paese non ha legittimità: senza patria, siamo esclusi dalla “comunione dei santi”. Un salto indietro e nel buio. Quando l’elefante sarà finito dove merita la transizione si potrà completare, prima avremo ancora danni, nani, ballerine ed ètere in prima fila a cantare sul palco d’occasione.

L’altra cosa che è emersa evidente non è solo la vittoria del berlusconismo, ma la definitiva affermazione dei suoi caratteri spettacolari e personali. La volgarità, l’arroganza, il “tutto e subito”, la mancanza di qualunque etica non solo come regola ma come modalità esistenziale sono evidenti. Ed è una vittoria trasversale. Come ci mancano uomini pensanti, come Giorgio Gaber quando rifletteva sull’arrivo dei “barbari” e concludeva che non solo i “barbari” erano già arrivati, ma eravamo noi quei “barbari”, ormai privati della cultura e dell’etica necessaria allo sdegno che la quotidianità ci richiederebbe. Pronti ad ingoiare tutto, a tirarci su il bavero e a badare a sopravvivere, al nostro “particulare”. E invece dobbiamo ritrovare tutti quello sdegno e non accettare come “normale” quello che “normale” non è. A destra come a sinistra. Sempre.

 

A studiare! A studiare!

Il discorso del premier (provvisorio), devo dire, mi ha un po’ destrutturato. Credevo di aver vissuto in Italia almeno gli ultimi 53 anni e mi accorgo che non è stato così. Credevo di aver letto qualche tomo sulla storia d’Italia del XX secolo e mi accorgo di aver solo perso tempo, forse invischiato in inutili pagine stampate a Smolensk o a Leningrado.

Perchè il paese dove ho vissuto fino a ieri non è quello che conoscevo, un’altra storia, che, finalmente, posso iniziare a scoprire. A studiare, quindi, a studiare la “vera” storia d’Italia e del mondo e, finalmente, imparare cosa è successo. Del resto le fonti già le indicava l’on.(si fa per dire) Cicchitto-tessera P2n.2232-Giuseppe Gargani, Giancarlo Lehner, Mauro Mellini, Pansa, Colletti, Baget Bozzo. Su questi testi “liberi” finalmente potrò intraprendere il cammino della “vera” conoscenza. Ci manca solo l’opera omnia di Wanna Marchi, le ricette di cucina di Antonella Clerici e le memorie del boudoir di qualche ministra e poi la mia “rieducazione” sarà completa. Grazie. E pensare che ero convinto che il nostro premier (provvisorio) fosse entrato in politica solo per salvarsi dalla galera (l’aveva detto Confalonieri, ma sarà stata una falsa dichiarazione, una macchinazione dei soliti comunisti)!

Grazie, ancora grazie (si fa per dire).

p.s. Solo una cosa in tanta epifania di conoscenza e saggezza non mi è chiara: il nostro premier (provvisorio) nella sua enciclica di ieri ha reso onore a Craxi (Fregolo), con tanto di standing ovation degli astanti. Poi, parlando della “pesante eredità” del passato ha detto: “Abbiamo infatti ricevuto dai governi precedenti e dalla sinistra un’Italia afflitta da pesanti eredità. Abbiamo ereditato un debito pubblico che a causa dei famigerati governi consociativi del compromesso storico, si è moltiplicato per 8 tra il 1980 e il 1992 e oggi è pari al 106 per cento del pil.” Domanda: ma Craxi (Fregolo), mitico sdoganatore della destra, dov’era fra il 1980 e il 1992? Sul pianeta Papalla? Chiuso in un gulag? In vacanza con Sandra Milo? Si attendono risposte (si fa per dire).

Ebbene sì, lo confesso…

Ebbene sì, lo confesso: mi sono ascoltato tutto il discorso del premier provvisorio all’apertura del Congresso di fondazione del cosiddetto Popolo della Libertà. Tutto. Perchè ho peccati da scontare? Perchè voglio soffrire? No, perchè voglio capire. Per raccontare quando tutto questo finirà. Se ci sarò ancora (spero) e se il mio povero neurone sarà ancora in grado di mettere in fila 12 parole.

Un discorso lungo e la prima cosa che mi è venuta in mente è il film “Monty Python e il senso della vita”, perchè è stato un discorso proprio sul senso della vita, del mondo, della storia. Una specie di ri-lettura della storia da Noè in giù, ma un discorso che dà risposte, semplici, elementari. Ormai basta ripetere una cosa-qualunque cosa-abbastanza volte perchè quella cosa diventi vera. Semplice e facile. Efficace.

Standing ovation per Craxi, per Fini, per Tatarella, per Bossi.

Celebra anche la Resistenza (con la Mussolini lì). Cosa si vuole di più? Il tutto in un clima di speciale televisivo, con tanto di stacchetti “Volare” fra un intervento e l’altro. C’è anche il Movimento politico della Liguria, cosa si vuole di più?

“Vi voglio bene, vi vogliamo bene, portateci nel vostro cuore!” Tutti i presenti potranno ritirare l’attestato di partecipazione alla giornata storica, per poter dire “ai vostri figli: io quel giorno c’ero!”

Sigla finale “Meno male che Silvio c’è”. Sipario (si fa per dire)

Egemonia culturale….

L’on.(si fa per dire) Fabrizio Cicchitto, tessera P2 n.2232, ci onora della spiegazione del successo dell’egemonia culturale del premier provvisorio. Certamente l’argomento è interessante ma l’intervista all’onorevole (si fa per dire), in qualche modo, parla da sola:

«Una delle conquiste del Pdl dev’essere quella di superare il complesso di inferiorità culturale verso la sinistra. La sinistra è sconfitta anche perché la sua egemonia è stata smontata pezzo a pezzo, sul terreno di una grande battaglia culturale. E oggi c’è un’egemonia berlusconiana».

“…Intanto, tutti gli intellettuali italiani più importanti degli ultimi trent’anni sono stati avversi alla sinistra. Renzo De Felice. Lucio Colletti. Augusto Del Noce. Luigi Giussani. E non è affatto vero che Berlusconi non c’entri nulla con loro…Berlusconi ha un antico rapporto con i ciellini, in cui ha visto gli unici che, pur prendendo calci in faccia, hanno resistito al ’68. Ha del fascismo la stessa visione “laica” di De Felice e in fondo della borghesia italiana: nessuna simpatia o indulgenza, ma diffidenza verso l’antifascismo di maniera e strumentale. Quanto a Del Noce, ha portato in Parlamento suo figlio. Così come Piero Melograni e Colletti: il più importante studioso italiano del marxismo, che ha distrutto il marxismo. Penso poi al rapporto con Giuliano Ferrara e Gianni Baget Bozzo».

…È stato smontato il connubio Gramsci-Togliatti, mostrando come sulla strategia del primo, basata sulla conquista dei cervelli, sia prevalsa quella del secondo, fondata sul totalitarismo criminale sovietico. È stato smontato il mito dell’autonomia del Pci, mostrando come dietro la svolta di Salerno ci fosse Stalin. Ed è stata smontata la narrazione postcomunista, che indicava in democristiani e socialisti i grandi ladri e rimpiazzava l’operaismo e il bolscevismo con il primato della magistratura come una sorta di nuova classe generale e del giornale di Scalfari come fonte di legittimazione. La svolta di Violante, uno dei registi dell’operazione, è indicativa.

La battaglia si è combattuta anzitutto con i libri…Il lavoro di storici come Perfetti. Le traduzioni di Furet e Glucksmann. I saggi controcorrente di Giuseppe Gargani, Giancarlo Lehner, Mauro Mellini. Gli stessi libri di Pansa ancora qualche anno fa non avrebbero avuto lo stesso successo. E poi il colpo di teatro: Berlusconi che al congresso di Verona di An, propensa (o indotta) a legittimare i postcomunisti per legittimare se stessa, porta migliaia di copie del Libro nero del comunismo. Quale altro leader politico ha fatto qualcosa del genere?

Alla sinistra non resta nulla?
Resta l’organizzazione della cultura. Finita nelle mani della sinistra peggiore, quella giustizialista. L’università. I libri di testo. Il teatro. Il cinema e la distribuzione del cinema: si rende conto che non si riesce a vedere Katyn, il film di Wajda sul massacro degli ufficiali polacchi? Lo sa che in tutta Italia lo danno solo in 12 sale? Guardi Bondi alla Cultura: uomo di grande intelligenza, alle prese con una nomenklatura di sinistra che lo pressa da ogni parte.”

Da tanta sapienza è giusto cogliere due elementi positivi: il primo che i libri di Pansa sono, finalmente, riconosciuti parte della cultura della destra (per quanto mescolare a studiosi del calibro di Furet e Glucksmann autori come Gargani, etc.. e Pansa stesso sottopone l’umana decenza a una dura prova), il secondo è che a noi, la sinistra peggiore, rimarrebbe (ancora) l’organizzazione della cultura. Mah, per una volta devo sperare che la tessera P2 n.2232 abbia ragione e che almeno da lì, proprio dalla cultura, si possa ripartire per questa traversata nel deserto.

(http://www.corriere.it/politica/09_marzo_25/cicchitto_9dc39380-190a-11de-8031-00144f486ba6.shtml)

Altre sofferenze di un povero cattolico

“Gli ex diesse fanno fatica a capire. Quelli che per noi sono passi da gigante, come i passi in avanti fatti sul testamento biologico, per loro sono passettini. Noi non abbiamo una tradizione socialdemocratica o comunista. Non facciamo parte di un filone culturale. Noi abbiamo due appartenenze: una alla Chiesa, l’altra alla politica. Per me, come per Franceschini, per tutti noi cattolici insomma, il vero capo è lui: il Papa”.

(http://www.viaemilianet.it/notizia.php?id=1060)

La dichiarazione è dell’on.Castagnetti e io vorrei capire, da povero cattolico in affanno, vorrei capire. Reprimo le reazioni più istintive e sospendo il giudizio. L’impressione è che si cancellino alcuni secoli di storia del mondo occidentale, in particolare tutta la storia del cattolicesimo democratico.

“Ora più che mai, certo più che nei secoli passati, siamo intesi a servire l’uomo in quanto
tale e non solo i cattolici; a difendere, anzitutto e dovunque, i diritti della persona umana
e non solo quelli della Chiesa cattolica. Papa Giovanni XXIII, maggio 1963″

E il compagno Gianfranco mise la freccia..

…E il compagno Gianfranco mise la freccia…e ci sorpassò a sinistra…!

“Parole di apprezzamento per il sacrificio degli uomini e delle donne che non collaborarono con i nazisti e così “salvarono la patria” sono arrivate da Gianfranco Fini. Parlando a un convegno per ricordare una delle vittime delle Ardeatine, Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo, il presidente della Camera ha detto “Furono molti i soldati e gli italiani che la patria continuarono a farla vivere, anche in condizioni di estrema precarietà e di pericolo”. La patria sopravvisse “grazie a uomini che non accettarono la smobilitazione”.

“Quella nuova idea di nazione democratica – insiste Fini – è entrata nella Costituzione ed ne costituisce uno dei fondamenti morali”. Il presidente della Camera poi cita una frase di Piero Calamandrei che spiega le scelte fatte da uomini come Montezemolo in quei drammatici momenti: ‘Era giunta l’ora di resistere, era giunta l’ora di essere uomini: di morire da uomini per vivere da uomini’. “A questi uomini che vollero vivere da cittadini liberi in un paese libero – conclude Fini – deve andare sempre la gratitudine degli italiani”. “

(http://www.repubblica.it/2009/03/sezioni/politica/napolitano/fosse-ardeatine/fosse-ardeatine.html)

Sentire un uomo di destra, anche se ora nella veste istituzionale di Presidente della Camera, pronunciare simili espressioni, citare Piero Calamandrei e riconoscere che si debba ringraziare quegli uomini che scelsero la strada della libertà, combattendo contro il fascismo e il nazismo, non può che fare piacere. E’ un tratto europeo in un paese delle banane quotidiane che lascia intravedere un barlume di luce in fondo al tunnel. Da politico avveduto, Fini si sta costruendo, giorno per giorno, il proprio futuro di leader di una destra italiana più simile all’Europa che al circo equestre che, provvisoriamente, ci governa. Consapevole che, una volta caduto il Tappone mascarato, per la banda di nani, ballerine, etère, manigoldi e celti vari che sta imperversando non ci sarà un gran futuro, il buon Gianfranco si chiama fuori e guarda oltre le Alpi, dove ancora (e per fortuna) l’antifascismo è un valore aggiunto e non un fardello, se non una tara.

Ci piacerebbe sperare nel valore trascinante dell’esempio, per ora basta questa piccola buona notizia nello squallore quotidiano.

 

E’ primavera: spuntano nuovi partiti

E così Alleanza Nazionale si è sciolta e andrà a confluire nel nascente Partito delle libertà. Il partito che nacque come tentativo, in gran parte fallito, di portare fuori parte della destra estrema dal neofascismo, andrà a formare una costola di un nuovo partito populista, nazionalista, di forte impronta bonapartista. Nessuna democrazia interna nel nuovo partito, nessuna elezione del leader. Si sta discutendo se la nomina avverrà per standing ovation, plebiscito e/o orgasmo collettivo dei delegati. Abbiamo visto altri partiti costruiti intorno alla figura sacrale e mistica del capo, sono finiti male, malissimo, anche sotto la pensilina di una pompa di benzina.

Comunque i neofascisti entrano nel nuovo partito. Tutto normale, o almeno così sembra. Noto invece un silenzio assordante proprio dentro l’attuale Forza Italia, dove, ogni tanto sentiamo “illustri” personaggi rivendicare le loro origini ideali nel liberalismo o, addirittura, nel socialismo. E per questi “illustri” nessun problema diventare tutt’uno con i postfascisti? Il paradosso è dato invece dalle lamentazioni dei postfascisti medesimi, preoccupati di perdere le loro “idee” nel nuovo, meraviglioso, contenitore.

Così sono finiti gli epigoni del liberalismo e del socialismo italiano? Quando in tempi non sospetti si diceva, redarguiti dai soliti esperti della politica a sinistra, che il craxismo rappresentava la svolta a destra di una parte importante del centro-sinistra, si coglieva, semplicemente, l’essenza delle cose. Così è finito il socialismo italiano: Sacconi, Tremonti, Brunetta (Saccolo, Soldolo e Gridolo), ma ancora qualcuno ci viene a dire che bisogna rivalutare Craxi (Fregolo). Meraviglioso! (Si fa per dire).

Le finestre

.Le finestre
Ogni giorno una finestra si apre
davanti ai nostri occhi troppo miopi
per capire,
una finestra come una speranza,
un’altra possibilità,
oltre lo specchio
che ha riflesso la solita immagine
un istante prima.
E domani uscirà il sole,
e fuori strade coperte di altre parole
e vite fuggenti e pietose
a  cercare un’altra sera.
Noi,come siamo vissuti,
ancora gli stessi,
solo con meno strada davanti
e meno finestre da aprire.

Una fredda primavera

Buona primavera! Anche se l’aria è fredda e l’inverno sembra non voler andarsene. Ma le gemme stanno già aprendosi anche nel giardino di Fortezza Bastiani. Le ho viste oggi, il sole già calato dietro i monti, 4 gradi e l’aria del crepuscolo tutta intorno. Questo blog fra pochi giorni compie quattro mesi di vita. L’ho aperto quando mia figlia, 18 anni, mi chiese: “Papà, ma un giorno, quando ci chiederanno noi cosa facevamo mentre tutto questo succedeva, cosa diremo?”. Oggi trovo sul bel libro di un amico (Marco Belpoliti “Il corpo del capo”, uscito presso Guanda) una dedica: “Alle mie figlie, affinchè, quando tutto sarà finito, ne resti memoria”. Ecco, detto in termini più nobili ed efficaci (Marco è sempre stato bravo), il senso di non voler tacere in questa Italia che sta andando alla deriva, di voler usare almeno le armi della scrittura (“é capitato, ed è quello che so fare” dice il poeta) per lasciare una traccia di un “No”, per riuscire a capire che c’è un’Italia migliore possibile che deve trovare il suo spazio anche in questo imbrunire continuo, in questo sgretolarsi di principi, idee e per esserci, ancora, magari quando tutto questo sarà finito e ci chiederemo “come è stato possibile?”

Domani andrò a Cervarolo, per il 65° anniversario della strage. 24 persone innocenti uccise sul’aia, proprio l’ultimo giorno di quel’inverno 1944. Poi venne la primavera e l’estate, l’autunno, ancora l’inverno ma la primavera 1945 arrivò davvero quell’anno. E si ricostruì e si riprese a vivere. Abbiamo dimenticato e per quasi tutti “martiri di Cervarolo” è solo una strada in città. Ma ogni anno, d’estate, su quell’aia i discendenti delle vittime mangiano tutti insieme, a riconsacrare con la vita un luogo di morte. Perchè si rinasce sempre, anche attraverso i figli e i nipoti o anche attraverso quelli che hanno le tue stesse idee. Sarebbe bello ricordarcelo più spesso in questo imbrunire continuo, in questo autunno della nostra Repubblica.