Commenti

L’amico Giannifotografo così ha commentato il post di R.Cotroneo di ieri:


Non mi iscrivo al rito collettivo dell’isteria di sinistra sul caso escort-querela-boffo.
Mi da fastidio questa scorciatoia che ci evita di vederci allo specchio privi di idee e progetti, privi di una identità se non quella riflessa e contraria all’immagine del novello Belzebu.
Mi urta molto l’intelligenza questa polemica che vuole la nostra morale meglio della sua, i nostri agguati giornalistici giusti e i suoi illeciti, le nostre querele una difesa le sue un’aggressione.
E trovo desolante essere l’unico a scandalizzarsi del livello in cui ci stiamo dimenando.
Per convenienza, anzi per aggregazione oppositiva, oggi andiam d’accordo con la sottana di Ruini e Bertone, senza capire che non siam neanche invitati al palazzo.
Domani saremo pronti a decretare Santo il Draghi-Montezemolo della rinascita nazionale e sommessamente giudicheremo necessario portare le pensioni a 65 anni anche per le donne del settore privato.
Scusate, ma non mi iscrivo in questa politica.

Parto dalla fine: credo che chiamarsi fuori dalla politica non sia mai una cosa saggia. Ho avviato l’avventura di questo piccolo blog di montagna proprio alla domanda di mia figlia “quando tutto questo sarà finito, cosa diremo di aver fatto mentre succedevano queste cose?”. Chiamarsi fuori è istintivo, magari anche comprensibile (chi potendo scegliere fra un tuffo in piscina e uno nella fanghiglia fognaria non sceglierebbe il primo?) ma la realtà è questa, queste le “condizioni al contorno” come diceva il mio prof di Analisi matematica il secolo scorso. E allora, lo dico subito e chiaramente: aspetto Draghi, Montezemolo, Zoff, Burgnich, Facchetti… e chiunque possa farci salire almeno un centimetro dalla melma dove siamo chiamati a sguazzare ogni giorno. Accetto fino in fondo la teoria del male minore e auspico l’arrivo di una destra “normale” ed “europea” che non ci faccia vergognare ogni giorno. Una destra con cui si possa riprendere a confrontarsi, se e quando anche noi, della “sinistra” avremo qualche idea plausibile, cosa che oggi mi pare latitante. Raccolgo del resto la lezione dei nostri nonni del CLN: figuriamoci se il cattolico Dossetti godeva a discutere con il comunista “Eros” (e viceversa) e Marconi con “Miro”, ma quelle erano le “condizioni al contorno”, le accettarono e andarono avanti, convinti di lavorare per quella cosa divenuta per noi incomprensibile che si chiama “bene comune”. Certo ci fu anche di arricciò il naso, disse “no”, che lui non si sporcava le mani per una questione “borghese”: affiancare i capitalisti nella lotta contro altri capitalisti. Jamais. Che si rompessero le corna fra loro e poi, allora sì, si sarebbe fatta la rivoluzione mondiale. Erano quelli di “Stella rossa”. Duri e puri. Inutili, dannosi e cancellati dalla storia. Per fortuna.

Sulla morale. Io credo che la mia morale, come quella di tante persone che conosco sia meglio di quella degli altri, basta intenderci sul pronome “nostra” che Giannifotografo usa. Crollate le grandi agenzie formative (partiti, scuola, famiglia, chiesa) la morale è quella dei singoli, di quei singoli che si uniscono insieme per scelta. Certo di non condividere la “morale” di una “sinistra” che ha assunto i medesimi riferimenti degli “altri”. Stessi gusti, stesse facce, stesse vacanze, stessa divorante fame di denaro e potere, stesso gusto per l’ignoranza. Non siamo tutti uguali, non accetto la vulgata feltriana della merda diffusa e unificante, c’è un’Italia migliore, probabilmente non tutta collocabile in una delle tradizionali caselle della geografia politica. Una Italia nascosta e (per ora) sconfitta e umiliata ma presente. A me piace pensare di parlare soprattutto a quel tipo di persone, convinto, nella mia senile ingenuità, di non essere finito in un patetico soliloquio.


Riformismo

Riformismo. Parola difficile. Inflazionata. Spesa da tutti, come un talismano, come un mantra. In realtà parola vuota che tradisce il vecchio principio “nomina sunt consequentia rerum”. Nessuna res quindi nessuna parola, così dovrebbe essere.

Al contrario di quanto sarebbe logico aspettarsi, la sinistra che del termine riformismo ha fatto un uso intensivo, viene percepita come conservazione, negazione del riformismo, che è innovazione, cambiamento, capacità di progettare oltre l’immediato. Paradossi. O no?

Di fronte a un governo che è palesemente incapace di andare oltre i proclami, inadatto a gestire un paese in profonda crisi, dovrebbe essere facile per una opposizione andare all’attacco, proporre soluzioni, interventi, modifiche, riformare insomma. Invece no. Lasciamo da parte la “sindrome da lemmings” tipica della sinistra, l’inveterata abitudine a volere essere uno più a sinistra dell’altro e altri fenomeni patologici. Credo ci sia un altro elemento che blocca alla radice il vero riformismo. Lo chiamerei la compromissione con il potere, l’avere accettato fino in fondo (e in certi casi oltre) le regole esistenti. E ora tornare indietro è difficile. Qualche esempio.

Ci hanno chiamato alla mobilitazione contro la gelmina che avrebbe distrutto l’Università. Questa Università. La “loro” Università. Andate a vedere chi sono i professori, incaricati, associati, a contratto, a ore, a minuti. La sinistra ha partecipato a pieno titolo al banchetto di occupazione “a prescindere”, sono diventati “prof” onorevoli, portaborse, congiunti, famigli, compagne, ètere. Deve essere rimasto fuori qualche animale domestico ma rimedieranno. E adesso? Quella sinistra che massacrò il povero Berlinguer per le sue timide riforme, cosa fa? Ti propone una bella riforma dove si cacciano a calci in culo i suddetti “prof”, inserendo vero criteri di merito, tipo pubblicazioni, preparazione, esami? Jamais. E allora si glissa e dalli alla gelmina che distrugge l’Università. In piazza a difendere questi qua? Volete nomi e cognomi anche a Reggio? Non ve li darò nemmeno sotto tortura, “tengo famiglia”, ma basta fare mente locale e ve ne accorgerete.

Giustizia? Non funziona. Certo. Angelino Jolie progetta sfracelli. In piazza per la libertà della Magistratura! Quale Magistratura? Questa che non funziona, anche in questo caso quanti magistrati “di sinistra” sono stati eletti in Parlamento? Quanti promossi secondo il principio “uno a me uno a te”? E allora? Difficile tornare indietro e tagliare cifre e somme dai loro emolumenti e restituirli al mondo del lavoro. Quindi dalli ad Angelino Jolie e via così.

Riforma elettorale. Preferenze? Primarie? Ma anche prima della porcata di calderoli (scusate la parolaccia) abbiamo mai scelto noi i nostri candidati di “sinistra”? C’erano. Erano bravi “per definizione”. Punto. Una, due, tre, quattro legislature. Che traccia poi abbiano lasciato lo scopriranno i poveri storici fra qualche anno chiamati a scrivere le loro biografie…Non li invidio. Quindi perchè una nuova legge? Siamo contro, è una porcata, ma…

Enti locali. Si decise che era ora (la moda è anche negli enti pubblici, un anno va di modo l’efficienza, un altro la funzionalità, un altro la professionalità…) di dare un taglio manageriale ai Comuni e Province. In Francia esistono scuole apposite che formano dai tempi di Napoleone i dirigenti pubblici. Noi abbiamo preso la scorciatoia. Quelli che erano i livelli dirigenziali nel vecchio assetto li abbiamo trasformati in “Dirigenti”. Un po’ come nella scuola, abbiamo preso i presidi (che come noto erano le serie B o C degli insegnanti e per questi riciclati in ufficio per limitare i danni) e li abbiamo fatti “dirigenti scolastici” a stipendio doppio. Facile. Oplà. Così negli enti locali. Non si è fatto un semplice passaggio indispensabile: vuoi diventare “dirigente” del ComuneProvincia? Bene. Dimettiti e io ti faccio un contratto privato da “dirigente” di 2,3,5 anni. Poi vedremo. Ehhh, signora mia, troppo duro, eh? No, così i vari dirigenti si sono accumulati, coi i privilegi del pubblico e senza nessuna responsabilità, a stipendio doppio (almeno). Autoassegnantesi premi di produttività e via così. Contemporaneamente si tagliavano i dipendenti, si esternalizzavano i servizi e si privatizzava appena si poteva.

Questo ovunque, nei Comuni di sinistra in primisi. Ho conosciuto assessori che alla parola “esternalizzare” avevano immediati orgasmi e “dirigenti” che, messi sul mercato non durerebbero più che un pesciolino rosso in una vasca di piranha. Ma sono ancora lì, magari in “staff” (cioè senza incarico) ma ancora a libro paga nostro, usque alla pensione, visto che ogni nuova amministrazione si porta dentro i “suoi” dirigenti di fiducia. Uhhh, dimenticavo! Salvo poi quelli che dopo aver fatto danni in servizio, una volta andati in pensione rientrano dalla finestra grazie ad apposito contratto….(pensiero brutto, di destra, potete non leggere: e se Brunetta avesse fatto bene a pubblicare i compensi di questi “dirigenti”? Non è un’azione riformista dire quello che è, visto che il denaro è pubblico..?)

Signora mia, e noi dovremmo essere innovatori? Riformisti? Pensi, cacciare a calci in culo questi docenti universitari, magistrati, presidi, dirigenti! Beh, qualche voto si perderebbe, certo (i loro), ma siamo sicuri che non ne acquisteremmo molti di più dai tanti cittadini davvero di sinistra, interessati a parole come giustizia, equità, lavoro?

Basta, Gianfilippo dice che ho esagerato e che inclino a destra. Mah, sarà, ma se questa è la sinistra…a me sembra davvero “sinistra”…

Ahhhh, rieccolo…!

Ahhhh, rieccolo! Non bastava la pausa ferragostana, le boiate di bossi, i ricorsi della gelmina, ci voleva anche il ritorno del rivoluzionario in cashmere, dell’erede di Menotti Serrati: il sig.bertinotti che torna ed esterna! Non pago della lauta pensione ci invita alla riflessione, al “dibbattito”, su cosa? Ma sulla sinistra, ovvio, no?

Per l’ex presidente della Camera: “non si tratta di unire tutto quello che c’e’ adesso a sinistra, al contrario si tratta di dar vita a un’altra cosa rispetto a tutto il campo dell’esistente. Un’altra soggettivita’, che oggi non c’e'”.

(http://www.repubblica.it/ultimora/24ore/BERTINOTTI-SCOMPORRE-SINISTRA-E-FONDARE-NUOVO-PARTITO/news-)

Ora, a parte l’evidente sconnessione cerebrale che testimonia un simile argomentare, degno del miglior onanismo solipsistico, mi chiedo: ne sentivamo il bisogno? Ci arrovellavamo sull’inquietante interrogativo: ma cosa dirà il compagno Fausto? Dove sarà il compagno Fausto?

No. In realtà il delirio berinottiano ci convince solo che, oggi, come allora (quando Menotti Serrati e gli altri massimalisti, i primi e migliori alleati del cav.benito) che c’è bisogno, per dirla evangelicamente, che “i morti seppelliscano i morti”, e che di simili geniali riflessioni si occupino gli psichiatri o gli psicologi sociali, meglio adusi a simili inutili elaborazioni.

Nell’attesa la classe operaia vota lega e partito delle libertà (loro). Magari questo è un problema più urgente, anche se mi rendo conto, non all’altezza della riflessione in cachemire sulla “soggettività”. Pazienza!

Una fredda primavera

Buona primavera! Anche se l’aria è fredda e l’inverno sembra non voler andarsene. Ma le gemme stanno già aprendosi anche nel giardino di Fortezza Bastiani. Le ho viste oggi, il sole già calato dietro i monti, 4 gradi e l’aria del crepuscolo tutta intorno. Questo blog fra pochi giorni compie quattro mesi di vita. L’ho aperto quando mia figlia, 18 anni, mi chiese: “Papà, ma un giorno, quando ci chiederanno noi cosa facevamo mentre tutto questo succedeva, cosa diremo?”. Oggi trovo sul bel libro di un amico (Marco Belpoliti “Il corpo del capo”, uscito presso Guanda) una dedica: “Alle mie figlie, affinchè, quando tutto sarà finito, ne resti memoria”. Ecco, detto in termini più nobili ed efficaci (Marco è sempre stato bravo), il senso di non voler tacere in questa Italia che sta andando alla deriva, di voler usare almeno le armi della scrittura (“é capitato, ed è quello che so fare” dice il poeta) per lasciare una traccia di un “No”, per riuscire a capire che c’è un’Italia migliore possibile che deve trovare il suo spazio anche in questo imbrunire continuo, in questo sgretolarsi di principi, idee e per esserci, ancora, magari quando tutto questo sarà finito e ci chiederemo “come è stato possibile?”

Domani andrò a Cervarolo, per il 65° anniversario della strage. 24 persone innocenti uccise sul’aia, proprio l’ultimo giorno di quel’inverno 1944. Poi venne la primavera e l’estate, l’autunno, ancora l’inverno ma la primavera 1945 arrivò davvero quell’anno. E si ricostruì e si riprese a vivere. Abbiamo dimenticato e per quasi tutti “martiri di Cervarolo” è solo una strada in città. Ma ogni anno, d’estate, su quell’aia i discendenti delle vittime mangiano tutti insieme, a riconsacrare con la vita un luogo di morte. Perchè si rinasce sempre, anche attraverso i figli e i nipoti o anche attraverso quelli che hanno le tue stesse idee. Sarebbe bello ricordarcelo più spesso in questo imbrunire continuo, in questo autunno della nostra Repubblica.