Imbroglioni o imbrogliati?

POTERI DEL PREMIER E REPUBBLICA PARLAMENTARE
La costituzione immateriale
Uno dei quesiti messi in evidenza dalla sentenza della Corte costi tuzionale sul lodo Alfano è se il capo del governo sia, in Italia, un primus inter pares oppure un primus super pares . In nome della «costi­tuzione formale» (il testo della costituzione vigente) la Corte ha ribadito che è un «primo tra pari». Ma in Ita lia viene invece diffusa l’idea che la costituzione for male sia oramai superata da una «costituzione materia le » per la quale Berlusconi incarna la volontà della maggioranza degli italiani; il che gli attribuisce il diritto, in nome del popolo, di sca valcare, occorrendo, la vo lontà degli organi che non sono eletti dal popolo (tra i quali la Corte costituzionale e il capo dello Stato). Ora, la distinzione tra costituzione formale e costituzione mate riale, e cioè la prassi costitu zionale, è una distinzione largamente accolta dalla dottrina. Ma si applica al ca so in esame?

Precisiamo bene la tesi. Intemperanze verbali a parte, la tesi di fondo di Berlusconi è che lui ha il diritto di prevalere su tutti gli altri po teri dello Stato (questione di diritto), perché lui e soltan to lui è «eletto direttamente dal popolo» (questione di fatto). Va da sé che se l’asserzione di fatto è falsa, anche la tesi giuridica che ne deri va risulta infondata. Allora, Berlusconi è davvero un pre mier insediato «direttamen te » dalla volontà popolare?

Per Ilvo Diamanti questa asserzione è «quantomeno dubbia» perché è smentita da tutti i dati dei quali disponiamo. Purtroppo è vero che sulla scheda elettorale viene indicato il nome del premier designato dai partiti (un colpo di mano che fu a suo tempo lasciato incautamente passare dal presi­dente Ciampi); ma il fatto resta che il voto viene dato ai partiti. Pertanto il voto per Berlusconi è in realtà soltanto il voto conseguito dal Pdl. Che ha ottenuto nel 2008 (cito Diamanti) «il 37,4% dei voti validi, ma il 35,9% dei votanti e il 28,9% degli aventi diritto. Insomma, intorno a un terzo del ‘popolo’». Aggiungi che in questa maggiore minoranza (o maggioranza relativa) sono inclusi i voti di An, in buona parte ancora fedeli a Fini; e che se guardiamo agli anni precedenti FI non ha mai superato il 30%. Deve anche essere chiaro che il voto per FI, e ora per il Pdl, non equivale automati­camente ad un voto per Berlusconi. Una parte degli elettori di destra vota contro la sinistra, non necessariamente per Berlusconi. Fa una bella differenza.

Dunque la tesi del popolo che si identifica, quantomeno nella sua maggioranza assoluta di almeno il 51%, con un leader che vorrebbe onnipotente (o quasi), è di fatto falsa. Chi la sostiene è un im­broglione oppure un imbrogliato. E questa conclusione è dettata dai numeri.

Ciò fermato, torniamo alla costituzione materiale. In sede di Consulta gli avvocati di Berlusconi hanno soste nuto che per la costituzione vivente (come dicono gli in glesi) il principio che vale per Berlusconi è che sta «sopra », che è un primus su per pares . E siccome è possibile che questa formula l’abbia inventata io in un libro del 1994, mi preme che non venga storpiata. Io l’ho usata per precisare la differenza tra parlamentarismo classico e la sua variante inglese e anche tedesca del premierato. Ma in Italia il fatto è che questa variante non è mai stata messa in pratica. E dunque in Italia non c’è differenza, a questo proposito, tra costituzione formale e costituzione materiale. Come dicevo, la tesi del premierato di Berlusconi voluto dal popolo è seppellita dai numeri. Sul punto, il punto è soltanto questo.

Giovanni Sartori

http://www.corriere.it/editoriali/09_ottobre_31/sartori_6ce1d912-c5ed-11de-a5d7-00144f02aabc.shtml

Intervista a Franco Battiato

Intervista a Franco Battiato, requiem per la politica, il cantautore siciliano e i “rincoglioniti” al governo.

Franco Battiato è molto diverso da come lo immagini. Allegro, scherzoso, spiritoso, talora persino un po’ cazzone. Forse perché, con la sua cultura sterminata e la sua pace interiore, se lo può permettere. Un uomo, però, armato di un’intransigenza assoluta, di un’insofferenza antropologica per le cose che non gli piacciono. E’ appena tornato da due concerti trionfali a Los Angeles e New York e ancora combatte il jet-lag nella sua casa di Milo (Catania). Parliamo del suo ultimo pezzo-invettiva “Inneres Auge”, già anticipato sulla rete: uno dei due singoli inediti che impreziosiscono l’album antologico in uscita il 13 novembre (“Inneres Auge – Il tutto è più della somma delle sue parti”). Una splendida invettiva che si avventa sugli scandali berlusconiani e sulla metà d’Italia che vi assiste indifferente e imbelle, con parole definitive: “Uno dice: che male c’è a organizzare feste private con delle belle ragazze per allietare Primari e Servitori dello Stato? Non ci siamo capiti: e perché mai dovremmo pagare anche gli extra a dei rincoglioniti…”.

Che significa “Inneres Auge”?

“Occhio interiore. Ma lo preferisco in tedesco. In italiano si dice “terzo occhio”, ma non mi piace, fa pensare a una specie di Polifemo. I tibetani hanno scritto cose magnifiche sull’occhio interiore, che ti consente di vedere l’aura degli uomini: qualcuno ce l’ha nera, come certi politici senza scrupoli, mossi da bassa cupidigia; altri ce l’hanno rossa, come la loro rabbia”.

Lei, quando ha scritto “Inneres Auge”, aveva l’aura rossa.

“Vede, sto bene con me stesso. Vivo in questo posto meraviglioso sulle pendici del Mongibello. Dalla veranda del mio giardino osservo il cielo, il mare, i fumi dell’Etna, le nuvole, gli uccelli, le rose, i gelsomini, due grandi palme, un pozzo antico. Un’oasi. Poi purtroppo rientro nello studio e accendo la tv per il telegiornale: ogni volta è un trauma. Ho un chip elettronico interiore che va in tilt per le ingiustizie e le menzogne. Alla vista di certi personaggi, mi vien voglia di impugnare la croce e l’aglio per esorcizzarli.C’è un mutamento antropologico, sembrano uomini, ma non appartengono al genere umano, almeno come lo intendiamo noi: corpo, ragione e anima”.

I “lupi che scendono dagli altipiani ululando”.

“Quello è un verso di Manlio Sgalambro che applico a questi individui ben infiocchettati in giacca e cravatta che dicono cose orrende, programmi spaventosi, ragionamenti folli e hanno ormai infettato la società civile. Quando li osservo muoversicircondatidaguardiedel corpo, li trovo ripugnanti e mi vien voglia di cambiare razza, di abdicare dal genere umano. C’è una gran quantità di personaggi di questa maggioranza che sento estranei a me ed è mio diritto di cittadino dirlo: non li stimo, non li rispetto per quel che dicono e sono. Non appartengono all’umanità a cui appartengo io. E, siccome faccio il cantante, ogni tanto uso il mio strumento per dire ciò che sento”.

L’aveva fatto già nel 1991 con “Povera Patria”, anticipando Tangentopoli e le stragi. L’ha rifatto nel 2004 con “Ermeneutica”, sulla “mostruosa creatura” del fanatismo politico-religioso e della guerra al terrorismo ingaggiata dai servi di Bush, “quella scimmia di presidente”: “s’invade si abbatte si insegue si ammazza il cattivo e s’inventano democrazie”.

“Sì, lo faccio di rado perché mi rendo conto di usare il mio mezzo scorrettamente. La musica dovrebbe essere super partes e non occuparsi di materia sociale. Ma sono anch’io un peccatore e la carne è debole…”

Lei non crede nel cantautore impegnato.

“Per il tipo che dovrei essere, no. Ma non sopporto i soprusi e ogni tanto coercizzo il mio strumento. Il pretesto di “Inneres Auge”, che ha origini più antiche, è arrivato quest’estate con lo scandalo di Bari, delle prostitute a casa del premier. E con la disinformazione di giornali e tiggì che le han gabellate per faccende private. Ora, a me non frega niente di quel che fanno i politici in camera da letto. Mi interessa se quel che fanno influenza la vita pubblica, con abusi di potere, ricatti, promesse di candidature, appalti, licenze edilizie in cambio di sesso e di silenzi prezzolati. Questa è corruzione, a opera di chi dovrebbe essere immacolato per il ruolo che ricopre”.

“Non ci siamo capiti”, dice nella canzone.

“Non dev’essere molto in gamba un signore che si fa portare le donne a domicilio da un tizio che poi le paga, dice lui, a sua insaputa per dargli l’illusione di piacere tanto, di conquistarle col suo fascino irresistibile. Quanto infantilismo patologico in quest’uomo attempato! Ma non c’è solo il premier”.

Chi altri non le piace?

“Tutta la banda. I cloni, i servi, i killer alla Borgia col veleno nell’anello. Li ho sempre detestati questi tipi umani. Per esempio il bassotto che dirige un ministero e fa il Savonarola predicando e tuonando solo in casa d’altri, senza mai applicare le stesse denunce ai suoi compagni partito e di governo. Meritocrazia: ma stiamo scherzando? Badi che, quando dico bassotto, non mi riferisco alla statura fisica, ma a quella intellettuale e morale: un occhio chiuso dalla sua parte e uno aperto da quell’altra”.

“La Giustizia non è altro che una pubblica merce”, dice ancora.

“Penso al degrado della giustizia: ma i magistrati dovrebbero ribellarsi tutti insieme e appellarsi al mondo contro le condizioni in cui sono costretti a lavorare. Non possono accettare, nell’èra dell’informatica, di scrivere ancora sentenze e verbali col pennino e il calamaio, mentre la prescrizione si mangia orrendi delitti e, in definitiva, la Giustizia”.

Quando Umberto Scapagnini divenne sindaco di Catania, lei minacciò addirittura di espatriare. Come andò?

“Avevo previsto un decimo di quel che poi è accaduto. Un inferno.Catania era uno splendore: in pochi anni, come Palermo, è stata devastata da questa cosiddetta destra. Ma nessuno ne parla”.

Lei è di sinistra?

“E chi lo sa cos’è la sinistra. Basta parlaredidestraedisinistra,anche perchè a sinistra c’è un sacco di gente che ha sempre fatto il doppio gioco al servizio della destra, spudoratamente. Per evitare tranelli, uso un sistema tutto mio: osservo i singoli individui, poi traggo le mie conclusioni”.

Ha votato alle primarie del Pd?

“Sì, per Bersani. Non che sia il mio politico ideale, ma mi sembra un tipo in gamba. Forse l’ho fatto perché almeno, in queste primarie, il voto non era inquinato. Non è poco, dalle mie parti, dove alle elezioni politiche e alle amministrative i seggi sono spesso presidiati da capibastone e capimafia che ti minacciano sotto gli occhi della polizia”.

Quella cosa dell’espatrio non era esagerata?

“La ripeterei oggi. Io sono sempre pronto: se in Italia le cose dovessero peggiorare, me ne andrei. Ubi maior, minor cessat. Mica puoi fare la guerra ai mulini a vento. Per fortuna è difficile che si ripeta il fascismo, anche perché sono convinto che molti italiani la pensano come me e sarebbero pronti a impedirlo. Comunque, “pi nan sapiri leggiri nè sciviri”, comprerò una casa all’estero”.

Lei è molto antiberlusconiano.

“Sono un Travaglio un po’ più bastardo. Penso che la tecnica migliore sia l’aplomb misto all’irrisione, senza urli né insulti”.

Ma Berlusconi non è finito, al tramonto?

“Dipende da quanto dura, il tramonto. Ma non credo sia finito: la cordata è ancora robusta. Però mi sento più tranquillo di qualche mese fa: sta commettendo troppi errori”.

I partiti hanno mai provato ad arruolarla?

“Mai. A parte Pannella, tanti anni fa. Qualche mese fa mi ha chiamato un ministro di questo governo per dirmi che mi segue da sempre e concorda in pieno con una mia intervista. Forse non aveva capito o avevo sbagliato qualcosa io. Ma ora, dopo il mio ultimo singolo, magari fa marcia indietro”.

“Inneres Auge” già impazza sulla rete. Teme reazioni politiche?

“Mi aspetto la contraerea. Ma siamo pronti”.

Non teme, con una canzone così “schierata”, di perdere il pubblico berlusconiano?

“Mi farebbe un gran piacere. Se invece uno che non mi piace viene a dirmi di essere un mio fan, sinceramente mi dispiace”.

Ai tempi del “La voce del padrone”, a chi la interpellava sul significato dei suoi testi ermetici, lei rispondeva “sono solo canzonette”. Lo sono ancora?

“Quello era un gioco, ma non sono mai stato d’accordo con questa massima di Edoardo Bennato. “La voce del padrone” era un’operazione programmata come un divertimento frivolo e commerciale, e riuscì abbastanza bene, mi pare. Ma in realtà avevo inserito segnali esoterici che sono stati ben percepiti e seguiti da molti ascoltatori. Ogni tanto mi dicono che qualcuno, ascoltando i miei pezzi, ha letto Gurdjieff e altri grandi mistici. E questo mi rende un po’ felice”.

“Inneres Auge”: serve a qualcosa, una canzone?

“Lei parla di corda in casa dell’impiccato: ho sempre avuto dubbi su questo nella mia vita. Ma, dopo tanti anni, posso affermare che un brano molto riuscito può scatenare influenze esponenziali. Una canzone può migliorarti e farti cambiare idea e direzione. Un giorno domandarono a un grande pianista dell’Europa dell’Est, ora a riposo: lei pensa di emozionare il suo pubblico? E lui: “Quando sono riuscito a emozionare anche un solo spettatore nella sala gremita di un mio concerto, ho raggiunto il mio scopo”.

da Il Fatto Quotidiano n°33 del 30 ottobre 2009

500 parole: Elogio della noia

Elogio della noia
“Adesso cosa faccio?” è la frase che, ogni tanto, mi sento rivolgere dai miei figli. Dopo, o invece, dei compiti e prima di cadere nel buco nero del pc o del video. E’ lì si gioca la partita, su quella domanda, che non può essere ignorata salvo cedere al quieto vivere di un figlio incollato, anesteticamente, ad un video, qualunque esso sia, qualunque cosa dica, faccia o proponga. Un figlio promessa di una decerebrazione progressiva e ineluttabile.
Invece è la noia che va incentivata, fatta crescere, non combattuta ma resa produttiva. La noia è, per chi può contare ancora i propri neuroni, una risorsa. Nella noia crescono le idee, i desideri. La noia non è ozio. La noia è accorgersi di esistere e di aver bisogno di coinvolgersi, la noia è vedere il mondo in torno a te che in quel momento sembra non suggerirti nulla. E allora è il tuo turno di proporre qualcosa al mondo.
La  noia è stata una grande amica. Figlio unico, madre iperprotettiva, ho passato molto tempo ad “annoiarmi”, poco incline ai rapporti umani, senza neppure un cortile di un condominio da giocare con altri simili (in centro non c’erano e non ci sono ancora, i cortili per giocare), me ne stavo per conto mio. Ogni tanto dall’altra stanza la domanda: “Cosa fai?”. “Gioco”. A posto. E magari non era vero. O forse sì, per un bambino il confine fra gioco e realtà può essere un muro invalicabile o non esistere un istante dopo. Ma ogni nuovo gioco nasceva da quella “noia”, ogni idea, accettabile e non stupida, mi veniva da quell’inizio, da quel “vuoto” fra un’ora e l’altra. Allora, quando non si passava da karaté, basket, scherma, lingua turca e corso di cucina come i nostri fanciulli fanno abitualmente. Al mattino, soprattutto nei periodi di vacanza in città, al mattino mi svegliavo presto e sapevo che dovevo gestire la mia giornata, proprio partendo da quella noia che mi trovavo dentro. Una giornata tutta per me, una lotta contro quel rischio, di trovarsi  non annoiato, ma in ozio, che come tutti sanno, altro non è che il padre di ogni fesseria umana.
Oggi è facile cadere nel rimpianto: anni felici senza scatole magiche, videogiochi, quando le uniche consolle erano quelle in legno nell’ingresso di casa, in finto stile maggiolini. Ma ogni essere umano si gioca la sua vita dove il Padreterno gliel’ha data e a lui tocca rimboccarsi le maniche o diventare un fan del Grande Fardello televisivo.
Sono stato fortunato, in casa avevo librerie colme e così ho risalito, crescendo di statura, i ripiani, leggendo, metodicamente libro dopo libro, senza mai aver capito l’ordine in cui mio padre li avesse disposti. Ricordo benissimo quando arrivai ai volumi bianchi, intonsi, della Mondadori, Churchill, Storia della seconda Guerra mondiale. Noia? Avercene di quella noia e il tempo per farsela passare! Forse la mia perversione per le vicende umane e il mio stesso lavoro sono nate lì, ma questa, ovviamente, è un’altra “storia”.

Pullman e moschetto (2)

Seguito delle esternazioni del “signor” Bismantour-ferretti. Sul “Carlino di Oggi” “Lettera di insulti, chiederò i danni”

La chiusura: Darò subito mandato al mio legale per la richiesta di danni derivanti da questa lettera. Se avrò una perdita di lavoro qualcuno dovrà pagare. E’ un comportamento ridicolo in quanto, anzichè pagarmi i danni del pullman che ho richiesto, me ne procura altri e forse ben più gravi. Uno che ti vuole imporre le proprie regole è come un musulmano che viene in Italia vuole staccare il crocefisso e cambiare il menù nelle scuole. Sono accuse veramente ridicole».

E su RedAcon http://redacon.radionova.it/ il “signore” prosegue con le sue elucubrazioni.

In sintesi  alcune osservazioni:

1. Esiste una legge che vieta l’apologia del fascismo. Ricordiamocene.

2. Il veicolo della Bismantour svolgeva un pubblico servizio. Sulla sua vettura personale il conducente può affiggere fasci, svastiche persino la foto di calderoli, salvo beccarsi una denuncia o, al minimo, fare la figura del cefalopenico, ma su un mezzo a disposizione del pubblico questo non è consentito, proprio per rispettare la tanto vantata “libertà” (di tutti, non solo la sua) di cui il prossimo presunto querelante si riempie la bocca.

3. E’ ora di finirla con il silenzio educato e ipocrita. Con il silenzio ci troveremo la montagna e la pianura piena di croci, crocette e  altri giochini macabri. Credo sia stato più che giusto sollevare la questione e adottare una “democratica intransigenza” su questa e altre questioni. Anche questa si chiama “manovalanza democratica”.


Cabaret

Per chi vuol godersi un numero da vero cabaret si può vedere il video, parziale (non voglio infierire sui miei 25 lettori), del vecchio satiro con la scarlattina (overdose di pilloline blu?) ierisera a Ballarò, fra l’ilarità degli astanti, indecisi fra lo sbigottimento e il compatimento.

Per i più coraggiosi, o autolesionisti, è visibile anche l’intera gag (20 minuti, se ce la fate…)

http://tv.repubblica.it/copertina/berlusconi-a-sorpresa-a-ballarò-pm-comunisti/38441?video

Pullman e moschetto…

In maggio Istoreco e il Comune di Cavriago portano una scolaresca delle locali scuole Medie in visita ai luoghi della Resistenza e delle stragi naziste e fasciste nella nostra provincia. Sul pullman in bella vista un’effigie del duce. La cosa viene segnalata dagli insegnanti increduli della scoperta. Istoreco comunica alla ditta Bismantour, proprietaria del mezzo, che nell’anno scolastico 2009-2010 interromperà la collaborazione dopo che, la stessa Ditta contattata sull’episodio, ha rifiutato non solo di togliere l’adesivo fascista in nome della “libertà di pensiero”, ma anche accusato Istoreco di voler imporre il proprio pensiero agli altri, concludendo che “lo zio Benito sta bene dove sta”.

La vicenda è emersa venerdì nel corso di un’affollata presentazione delle attività di Istoreco ai Sindaci e amministratori della montagna, svoltasi presso il Municipio di Castelnovo Monti.

Sulla stampa reggiana di oggi il seguito della vicenda con una sapida intervista al “signor” ferretti luca, titolare della Bismantour. L’intervista è di Matteo Incerti (Resto el Carlino, 27 ottobre)

D. Che cosa pensa di Mussolini? R: In Italia oggi c’è troppa libertà ci vorrebbe una persona come Mussolini per sistemare alcune cose. Il fascismo non ha fatto solo cose brutte, ma anche strade, scuole.

D. Quindi non le dispiacerebbe se ci fosse Mussolini al potere. R. Non ho detto che deve tornare Mussolini, ma se ci fosse qualcuno che comanda come Mussolini certe cose andrebbero meglio,visto come stanno andando adesso. Ci vorrebbe qualcuno con un po’ di polso per comandare.

D.Quindi non pensa di aver urtato la sensibilità di chi è stato vittima del fascismo? R. La sensibilità di chi? Di Studenti che sono saliti sul pullman ed hanno anche fatto danni, come ho comunicato? Mi hanno risposto che il pullman era già così. Se ci fosse uno come Mussolini gli dava quattro bastonate in testa..

Ogni commento è superfluo. Solo su una cosa si può essere d’accordo con il “signor” ferretti: “lo zio Benito” sta bene dove sta, con due metri di terra sopra…

La storia di Giorgio Gandini

Giorgio Gandini, 17 anni da esule. Dalla persecuzione in Italia alla primavera di Praga (V.Lecis)

Alle 4 del mattino la Lancia della federazione comunista di Ferrara è parcheggiata in via Ripagrande. Al posto di guida è seduto Guido Bertacchini, l’autista del Pci locale. Bertacchini guarda impaziente dai finestrini appannati in attesa di qualcuno che deve arrivare. Finalmente il portone del numero civico 21 si apre e una lama di luce si proietta sulla strada debolmente illuminata. L’uomo che si avvicina all’auto indossa un cappotto pesante e nelle mani stringe  la custodia della sua Lettera 32. Giorgio Gandini, un giovane giornalista comunista di 28 anni, sale nella macchina. Si salutano con gli occhi gonfi di sonno. Gandini non ha perso il suo proverbiale buon umore e la voglia di scherzare anche se una valanga gli è precipitata addosso. Lui però tiene duro, fedele alla massima di Lenin secondo il quale le caratteristiche di un rivoluzionario devono essere la pazienza e l’ironia. Almeno la seconda non gli manca di certo. Insieme cominciano un lungo viaggio verso Milano.

Quella  mattina gelida del 7 ottobre 1956, Giorgio Gandini comincia a percorrere la strada dolorosa ed esaltante dell’espatrio, una scelta di vita obbligata. Inseguito da due mandati di cattura a causa delle condanne a sei-sette anni di carcere per vilipendio al governo, alle forze di polizia e istigazione a delinquere è costretto a lasciare l’Italia con destinazione Praga, la capitale di uno dei paesi del cosiddetto socialismo reale: la Cecoslovacchia.

Gandini è un giornalista brillante e tagliente. Di famiglia antifascista, giovanissimo partigiano della Brigata Garibaldi “Bruno Rizieri”, fonda a Ferrara nel 1947 con altri giornalisti l’Associazione Stampa. Nel frattempo diventa prima redattore e poi direttore responsabile fino al 1956 del settimanale della federazione comunista la Nuova Scintilla, un organo di stampa combattivo e di controinformazione. Fino al 1953 è anche il corrispondente dell’Unità dal ferrarese.

Gandini non le manda a dire. Scrive in difesa dei braccianti del Delta Padano, racconta le bestiali condizioni di vita di quella gente, descrive le violenze della polizia e dei carabinieri. In quegli anni davvero di piombo, le forze dell’ordine di Scelba sparano. E uccidono persone inermi nel Ferrarese come Ercolei, Margotti, Mazzoni, Fantinuoli. Un clima tremendo segnata da fame e repressione  costellata da centinaia di arresti e migliaia di feriti.

Finisce nel mirino. E’ conosciuto, non fa sconti. La sua è una penna affilata. In quell’epoca da una parte c’è il Pci, dall’altra gli agrari e la Dc. Due mondi contrapposti che si guardano in cagnesco divisi da concreti interessi di classe. Non c’è molto spazio per zone grige o terzismi. Gandini subisce una raffica di processi per direttissima e diverse condanne. Dicono di lui che ha “un’intelligenza subdola per attizzare i braccianti ignoranti”. (nella foto, a destra, mentre intervista proprio un bracciante negli Anni Cinquanta)

“Nella sede della Dc. Nacque lì la vera decisione di farmi espatriare” racconta oggi Giorgio Gandini, classe 1928, seduto con la moglie Lori nel divano del salotto della sua casa piena di libri, quadri e ricordi di una vita di battaglie. “Ero amico di Gilberto Formenti, allora direttore della Gazzetta Padana il giornale degli agrari. Mi telefonò proponendoci di vederci. Venne a prendermi a casa, in via Ripagrande 21. Mi disse: hai troppe condanne, ora cade la condizionale e ti arrestano. Ti porto dal prefetto dove troverai anche il segretario della Dc. Tu dovrai dire in loro presenza soltanto di aver esagerato e vedrai che sarai assolto nella prossima udienza. Che cosa ti costa?”.

Com’è andata  a finire ora lo sappiamo. Giorgio Gandini non si piega ma non vuole subire una carcerazione che considera ingiusta, una ritorsione dei nemici di sempre, di quella odiatissima classe degli agrari assenteisti e sfruttatori.. Il Pci decide che Giorgio deve cambiare aria. Allora succedeva così: il partito comunista tutelava quegli iscritti particolarmente esposti e sottoposti alle persecuzioni. Ex partigiani, giornalisti, amministratori locali, militanti operai venivano aiutati a lasciare l’Italia che viveva sotto il tallone di un centrismo che non dava respiro e che si stava preparando al boom economico.

“Andai con Italo Scalambra, all’epoca segretario della federazione comunista, a Botteghe Oscure sede della direzione nazionale a Roma. Parlammo con Sergio Segre e Pietro Ingrao. Ricordo che quest’ultimo si dichiarò in disaccordo con l’idea di farmi abbandonare l’Italia. L’incontro più importante fu con  Aldo Lampredi, il partigiano Guido, l’uomo che con il colonnello Valerio aveva giustiziato Mussolini. Lui andò subito al sodo ma chiese di proseguire la nostra conversazione fuori dagli uffici della direzione. Ci ritrovammo così in un bar di Largo di Torre Argentina. Lampredi si fece consegnare anzitutto le mie tessera del Pci e dell’Anpi. Il partito ufficialmente non c’entrava nulla, non doveva assolutamente restare coinvolto. Mi domandò quale nome volessi scegliere per la mia nuova vita. Ci pensai un istante, il partito aveva esaurito la scorta di Rossi, Verdi, Bianchi. Dissi: Michele Valle, per collegarmi idealmente con i braccianti delle valli di Comacchio e del Delta. Lui prese nota e ci disse di tornare a Ferrara, si sarebbero fatti vivi in breve tempo”.

Alle 4 del mattino del 7 ottobre 1956 un’auto attraversa una Ferrara gelida e deserta. Alla guida c’è Bruno Bertacchini, al suo fianco Giorgio Gandini. La destinzione è Milano. Luogo dell’appuntamento con Aldo Lampredi, la stazione centrale di Milano nella sala dove è esposto un vero piroscafo. Il viaggio procede semza intoppi ma, arrivati alle porte di Milano, Giorgio chiede di scendere dall’auto. La prudenza non è mai troppa e bisogna rispettare le vecchie regole della clandestinità. Anzitutto accertarsi di non essere seguiti. Saluta Bruno con un abbraccio, chissà quando si sarebbero rivisti un’altra volta.

segue in:

http://www.fuoripagina.net/tagliobasso-generale/a-praga-17-anni-da-esule-giorgio-gandini-dalla-repressione-in-italia-alla-primavere-di-dubceck.html

Per un mondo liberato dalle mafie

L’Associazione “Libera” ha redatto questo manifesto:

MANIFESTO DEGLI STATI GENERALI DELL’ANTIMAFIA PER UN MONDO LIBERATO DALLE MAFIE

NOI SOTTOSCRITTI CITTADINI E CITTADINE, UOMINI E DONNE DI OGNI ETÀ, CI ASSUMIAMO LA
RESPONSABILITÀ DI:

•    AFFERMARE NELLA NOSTRA VITA QUOTIDIANA I VALORI DELLA PACE, DELLA SOLIDARIETÀ, DEI DIRITTI UMANI, DELLA LEGALITÀ DEMOCRATICA E DELLA CONVIVENZA CIVILE, CONTRO OGNI FORMA DI VIOLENZA, D’ILLEGALITÀ, DI NEGAZIONE DELLA DIGNITÀ DELLA PERSONA;
•    PROMUOVERE E PARTECIPARE A TUTTE LE INIZIATIVE, I PROGETTI, LE ATTIVITÀ NECESSARIE PER LIBERARE IL MONDO DALLE MAFIE;
•    FARE VIVERE LA MEMORIA DELLE VITTIME DI MAFIA COME TESTIMONIANZA DI UN MONDO GIUSTO, CONSAPEVOLE, CORAGGIOSO E RESPONSABILE;

CI IMPEGNIAMO A:
•    COSTRUIRE UNA LARGA ALLEANZA GLOBALE E DI SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALE CONTRO LE MAFIE;
•    COSTITUIRE UNA COMMISSIONE INDIPENDENTE, FORMATA DA ORGANIZZAZIONI DELLA SOCIETÀ CIVILE, CHE VALUTI LE LEGGI ITALIANE ALLA LUCE DELLA DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI UMANI;
•    DIFENDERE, IN OGNI SEDE, IL DIRITTO ALL’INFORMAZIONE GARANTITO DALL’ARTICOLO 21 DELLA NOSTRA COSTITUZIONE, RAFFORZANDO LE RETI E LE ESPERIENZE LOCALI, DIFFONDENDO IL LIBERO ACCESSO ALLE FONTI E SOSTENENDO, ANCHE LEGALMENTE, IL LAVORO DEI GIORNALISTI PIÙ IMPEGNATI ED ESPOSTI;
•    DIFENDERE, IN OGNI SEDE, IL VALORE ASSOLUTO DELL’INDIPENDENZA DELLA MAGISTRATURA, AUTENTICO PATRIMONIO DELLA NOSTRA DEMOCRAZIA E PREMESSA INDISPENSABILE PER OGNI PROSPETTIVA DI UGUAGLIANZA DEI CITTADINI DAVANTI ALLA LEGGE E DI GIUSTIZIA PER TUTTI;
•    PROMUOVERE DI FRONTE ALL’INERZIA DELLE ISTITUZIONI UNA PROPOSTA DI LEGGE D’INIZIATIVA POPOLARE PER L’INTRODUZIONE NEL CODICE PENALE DEI DELITTI CONTRO L’AMBIENTE;
•    SOSTENERE LE COOPERATIVE E LE ASSOCIAZIONI IMPEGNATE NEL RIUTILIZZO SOCIALE DEI BENI CONFISCATI AFFINCHE’ LE LORO ESPERIENZE, A PARTIRE DAL MEZZOGIORNO D’ITALIA, DIVENTINO IL MOTORE DI UNA NUOVA ECONOMIA DELLA SOLIDARIETA’;
•    PROMUOVERE, IN TUTTI GLI ENTI E LE AMMINISTRAZIONI LOCALI, STRUMENTI LEGISLATIVI E AMMINISTRATIVI CHE GARANTISCANO LA MASSIMA TRASPARENZA NEGLI APPALTI E NELLA GESTIONE DEI SERVIZI PUBBLICI;
•    AFFERMARE LA CENTRALITÀ DELLA SCUOLA, DELL’UNIVERSITÀ E DELLE ALTRE AGENZIE FORMATIVE, NELLA DEFINIZIONE DI NUOVE POLITICHE SOCIALI E DI INTERVENTI LEGISLATIVI RISPETTO A TEMI FONDAMENTALI COME LA LOTTA ALLA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA, L’IMMIGRAZIONE, I DIRITTI UMANI, IL LAVORO;
•    DIFFONDERE UN SAPERE DI CITTADINANZA CHE VALORIZZI I GIOVANI COME PROTAGONISTI DI UN PROCESSO DI EDUCAZIONE PERMANENTE ALLA LEGALITA’, ALLA PARTECIPAZIONE E ALLA RESPONSABILITA’;
•    GARANTIRE UNO SPAZIO DI CONFRONTO TRA PERSONALITÀ DELLA LETTERATURA, DELLO SPETTACOLO E DELL’ARTE CHE ATTRAVERSO LA MUSICA, IL CINEMA, IL TEATRO, LA SCRITTURA, LA FICTION TELEVISIVA, LAVORINO PER UNA PRODUZIONE DI QUALITÀ, UNA CORRETTA CONOSCENZA DEI FENOMENI MAFIOSI E LA DIFFUSIONE DI UN’AUTENTICA CULTURA DELLA LEGALITÀ DEMOCRATICA;

Il testo completo è in: http://www.libera.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/1

Inneres Auge

Anteprima del nuovo album di Franco Battiato. Il pezzo è:

INNERES AUGE

Come un branco di lupi che scende dagli altipiani ululando
o uno sciame di api accanite divoratrici di petali odoranti
precipitano roteando come massi da altissimi monti in rovina.
Uno dice che male c’è a organizzare feste private
con delle belle ragazze per allietare Primari e Servitori dello Stato?

Non ci siamo capiti
e perché mai dovremmo pagare anche gli extra a dei rincoglioniti?
Che cosa possono le Leggi dove regna soltanto il denaro?
La Giustizia non è altro che una pubblica merce…
di cosa vivrebbero ciarlatani e truffatori
se non avessero moneta sonante da gettare come ami fra la gente.

La linea orizzontale ci spinge verso la materia,
quella verticale verso lo spirito.
Con le palpebre chiuse s’intravede un chiarore
che con il tempo e ci vuole pazienza,
si apre allo sguardo interiore: Inneres Auge, Das Innere Auge

La linea orizzontale ci spinge verso la materia,
quella verticale verso lo spirito.
Ma quando ritorno in me, sulla mia via,
a leggere e studiare, ascoltando i grandi del passato…
mi basta una sonata di Corelli, perchè mi meravigli del Creato!

Il file sonoro è in: http://xl.repubblica.it/dettaglio/79118

Male non fare…

Noterella moralistica. La mia mamma, cattolica apostolica anticlericale, ricordava sempre: “Male non fare, paura non avere..”.

Semplice, no? Invece ogni volta ci becchiamo i se, ma, però, il complotto…”S’ode a destra uno squillo di tromba, a sinistra risponde…”. Non mi scandalizzo se in un periodo di putrefazione morale ed etica, accadano scandali sessuali qua e là, però salta agli occhi come lo scandalo sia secondario e, francamente, serva solo a rivelare quello che, comunque, esiste. Per un artista la sua vita è la sua opera, credo che Cèline sia stato uno dei grandi scrittori del ‘900, ma, all’epoca, non sarei mai andato a cena con lui, essendo il medesimo un individuo umanamente quantomeno discutibile. Ma leggo i suoi scritti e lo valuto per quelli. Un grande.

Per un politico tutto ciò non vale. La sua attività, le sue idee, il suo comportamento sono la sua vita. Il signor Rossi può accoppiarsi con moscerini, rinoceronti o coperte elettriche, un politico eletto no. E non per moralismo postcattolico, che fa saltare sulla sedie per qualunque cosa legata al sesso e digerisce tutto il resto. Semplicemente perchè il suo comportamento privato è pubblico. Se l’esempio di austerità, rigore, serietà non viene dai nostri eletti dove possiamo rivolgerci alla bisogna?

Che fiducia per un premier che sposta gli appuntamenti di Stato in base agli effetti delle sue pillole blu? Che fiducia per un Presidente di regione (ricordo che il termine “Governatore” in Italia è concesso solo a chi dirige la banca d’Italia) noto in certi viali romani perchè era simpatico e pagava bene le prestazioni offerte in loco?

Se poi dietro ci sia il complotto dei Templari, di Storace o di Topo Gigio tutto ciò non ha nessuna importanza. Se non siamo in grado di scegliere ed eleggere uomini non dico in odore di santità, ma almeno di normale, banale, onestà,  non stupiamoci, poi, di quello che troviamo la mattina sul giornale. Un “borghese per bene” come Giorgio Ambrosoli dovettero ucciderlo, non avendo trovato spazzatura da buttargli addosso. Al giudice Mesiano hanno dovuto addebitare la colpa del calzini bizzarri, non avendo trovato nulla di meglio.

Unica speranza che, almeno, in questo caso, una briciolina di differenza fra destra e sinistra sia rimasta. 72 ore per dimettersi mi sembra un tempo ragionevole. Vedremo.