Silvio, il liberatore…

Abbiamo avuto torto. Diciamolo. Tutti presi nelle nostre elucubrazioni mentali non abbiamo capito. Silvio ci ha liberati. Vivevamo nel mondo dei nostri padri e madri, oppressi da concetti come “dovere”, “onestà”, “decoro”, “sobrietà”. Pensate, noi credevamo che l’istruzione e la cultura fossero cose indispensabili! Che il lavoro fosse quella cosa che definiva la nostra vita (e del resto la Costituzione questo ci ricorda all’art.1), che l’ozio fosse una colpa. Pensate, alla sera eravamo abituati a fare l’esame di coscienza, per migliorare il giorno dopo. Per noi la parola “consumo” non voleva dire gioia, soldi, business ma “spreco”. Fin da bambini abituati a sentirci dire “non consumare la roba!”.

Pensate in che inferno ci eravamo andati ad infilare con tutte queste fisime! Ma per fortuna c’è chi ci ha salvati. Non cado nella trappola di demonizzare il nostro amato sovrano (altrimenti Panebianco e D’Alema mi tolgono il saluto e non mi invitano più alla partita di polo) che è stato solo in grado di capire che dalla imperfetta condizione di cittadini ormai ci eravamo evoluti (si fa per dire) in quella di consumatori.

Altro che muro di Berlino da abbattere! E’ stato abbattuto il nostro muro (o muretto) morale ed etico a colpi di liberazioni successive: finalmente si poteva essere ricchi (a qualunque costo) e vantarsene, ladri e fregarsene, truffatori e andarne fieri, baldracche ed essere rispettabili, puttanieri e praticare chiese e sacrestie. Che liberazione! Poter dire finalmente che i terroni sono sporchi o che i marocchini sono animali e non sentire quel ridicolo biasimo intorno. Ahhh, che meraviglia! Cose che prima poteva dire solo lo scemo del paese al bar ora sono diventate il programma elettorale della Lega (scusate la parolaccia), esaltare Mussolini, prendersela con i partigiani, insultare l’anziano, parcheggiare in quarta fila, non pagare le tasse e ridersela. Finalmente liberi di essere italiani, veri italiani. Liberi di scaccolarci in auto e di petare in pubblico, il rutto come festa estiva, lo “sballo” come prospettiva di vita. Che si può volere di più? E’ la modernità, bellezza. E le famiglie di una volta che insegnavano alle figlie a studiare e lavorare! Patetiche! Meglio specializzarsi in una qualche pratica sessuale da praticare con il potente di turno ed è fatta, ci vuole meno tempo, ci si diverte di più e si arriva prima. Si chiama ottimizzazione delle risorse.

Ora, finalmente, siamo liberi. Liberi, verso un luminoso avvenire (si fa per dire).

Povera Chiesa…

A Reggio, in centro, c’è un parroco. Guida sparute manifestazioni per “riconquistare” il Parco pubblico, offre una sala parrocchiale alla Lega per il lancio della campagna elettorale. Ci viene a dire che un ex-sindaca che si ricandida è mandata dalla “Provvidenza” e che bisogna cambiare amministrazione perchè l’assessore non gli ha dato retta. E’ quel parroco che ha detto “no” alla richiesta di ripristinare la targa che ricordava che nella sua canonica il 28 settembre 1943 nacque ufficialmente il CLN di Reggio, perchè era una questione “politica”.

E’ un parroco moderno: ha imparato la regole basilari della società della comunicazione: occuparsi di tutt’altro che il proprio mestiere ma soprattutto alzare la voce, urlare, strillare. Più urli e più diventi intoccabile, più urli e più entri nel circo mediatico e politico. E’ moderno, vuole che il centro sia riaperto alle auto così la gente (evidentemente in gran parte zoppi, invalidi et similia) possa affollare la sua chiesa (anche se dietro all’abside della sua chiesa c’è il parcheggio ACI). A lui, come ad altri parroci del centro, non nasce mai il dubbio che la gente nelle loro chiese non ci vada perchè non vuole ascoltare quello che simili pastori dicono. Per autodifesa non per crisi di fede. Ma loro sono così: parcheggi pieni e chiese vuote. Felici loro…Tanto poi arriva la donna della “provvidenza” a sistemare tutto.

A Reggio, in centro, c’è un parroco. E’ moderno, è bipartizan. Per tanti secoli abbiamo sentito la lagna sulla Chiesa che difende i poveri, ora finalmente abbiamo anche un parroco che difende i ricchi. Se ne sentiva proprio la mancanza (si fa per dire).

Gioia e vigilanza

Il presidente (provvisorio) del Consiglio ha partecipato alle celebrazioni del 25 aprile. Bene. Ha fatto un bel discorso. Bene. Ha affermato che sarà ritirato l’infame Ddl n.1360. Bene. Una volta tanto perchè non essere soddisfatti? Abbiamo vinto. Una bella vittoria. Ne abbiamo avute così poche negli ultimi tempi che non mi lascerei scappare l’occasione. Ma.

Ma. Tratterrei le grida di giubilo che qualche solerte commentatore oggi (sul Corrierino a.e.) lancia sulla fine del conflitto, sulle meraviglie di una nazione pacificata, come se anzichè con il cavalier banana avessimo a che fare con Adenauer.

Io limiterei il giubilo e starei a vedere. Come per un alcoolista incallito vi fidereste della sua redenzione al suo primo analcoolico bevuto? O per un tossico alla prima canna rifiutata?

Aspettiamo, abbiamo a  che fare con un capo pirata che anzichè consultare il sestante si affida al suo ufficio marketing che gli detta strategie e prodotti da promuovere. Gli avranno detto che il “pacchetto-Resistenza” poteva alzare lo share e lui, lesto, si è adeguato.

Vedremo. Vigilanza democratica si chiamava. Occhi aperti e stiamo a vedere, senza scambiare, però, Capitan Uncino con la Fatina azzurra.

25 aprile: un grazie a..

Buon 25 aprile, festa di libertà per tutti!

25 Aprile, un grazie

ai partigiani combattenti che ebbero il coraggio di dire “no” e accettarono il rischio, perchè per una buona causa si può anche morire

alle donne, ragazze, bambine che rischiarono la loro vita ogni giorno perchè sulle montagne e in pianura quei ragazzi potessero combattere

ai sacerdoti che aprirono le loro canoniche a chi aveva bisogno, incarnando, giorno per giorno, un Vangelo che la Chiesa ufficiale aveva dimenticato per troppo tempo

a quei ragazzi americani, inglesi, francesi, polacchi, australiani, neozelandesi….che vennero nelle nostre terre ad aiutarci a riprendere la nostra dignità

a quei ragazzi tedeschi che capirono che la libertà, la pace e l’umanità era qualcosa che si poteva difendere e conquistare anche gettando le armi di una patria divenuta criminale

a quei ragazzi sovietici che combatterono insieme ai nostri ragazzi per la nostra libertà, pagando poi con la loro al ritorno a casa

a quei ragazzi in grigioverde che, gettati nei lager ed etichettati come IMI, rifiutarono il compromesso e rimasero a fare la loro resistenza là, al freddo, alla fame, con la morte in agguato ogni giorno

a quei ragazzi del nuovo esercito italiano che decisero che si poteva ancora combattere ma stavolta per la propria patria e non per offendere o invadere quella altrui

a tutti quegli italiani che, nel silenzio, ogni giorno, dissero il loro “no”, con azioni piccole, singole, disperse ma che contarono proprio per il loro valore di scelta individuale

Grazie a tutti se oggi siamo liberi!

Oltre il fascismo…

Sui muri di Roma sono apparsi manifesti fascisti a firma “Vita est Militia”. Uno  di essi recita “25 aprile 1945. Foibe, via Rasella, Triangolo Rosso. Questa la vostra Resistenza”. Tutto normale: foibe, via Rasella e triangolo rosso sono 3 degli argomenti più gettonati dai (neo)fascisti dei giorni nostri per la loro personale riscrittura della storia. Un altro manifesto si conclude con una esplicito e perentorio “Oltre il fascismo nulla!”: su questo siamo d’accordo, oltre il fascismo c’è davvero il nulla, politico, etico, morale, storico.

Gita aziendale

Da “L’amaca” di Michele Serra (Repubblica, 23 aprile)

E’ in corso un dibattito politologico: se sia o non sia un sultanato il potere berlusconiano. A giudicare dalla prima pagina di “Libero” di ieri, che pubblicava la foto di un trio di majorettes in bikini sostenendo trattarsi di candidate alle europee provinate da Silvio in persona, il sultanato è un modello di governo decisamente troppo ambizioso, e ben temperato. Accostarlo al berlusconismo è incauto e rischia di offendere qualche potente signore esotico con turbante di zaffiri, portamento elegante e ottima conoscenza della lingua inglese. bisogna fare uno sforzo (lo dico al professor Sartori) e cercare definizioni più calzanti al clima allegramente dopolavoristico creato da un ricchissimo padrone che ha trasformato la politica e le istituzioni in un momento di svago per le sue maestranze. Ex segretarie, signorine buonasera, interi cast televisivi, la popolosa filodrammatica di strada che popola i reality, un catalogo ammirevole di fiche di rappresentanza, portaborse e portacarte, avvocati e commercialisti, lo staff medico al completo dall’otorino al callista, scriba al seguito, cantori e giocolieri di corte, ex-nemici acquistati all’ingrosso (asta su E-bay?), barconi affollatissimi di profughi di Hammamet: tutti insieme a Roma e/o Strasburgo, in festosa comitiva. E’ la prima volta nella storia che una gita aziendale diventa classe dirigente.

Un 25 aprile di tutti

Il Presidente (provvisorio) del Consiglio festeggerà per la prima volta in 15 anni il 25 aprile. Bene. Finalmente. In Italia la normalità fa notizia e quindi accogliamo la buona novella. Nessuno lo fischi, faremmo il suo gioco, facciamolo parlare in un giorno di festa vera. Magari facciamo anche finta di vivere in un paese normale dove il Capo del Governo riconosca il calendario civile e la storia del paese. Per il 25 aprile vale la pena tentare, tanto poi, tranquilli, il 26 ci troveremo ancora i La Russa, Alemanno, Cicchitto e Quagliariello (scusate le espressioni volgari) a sparare le loro indegnità.

Ma il 25 aprile lasciateci essere illusi, lasciateci credere di essere in Europa, lasciateci credere che Leone Ginzburg, don Pasquino, Luciano Fornaciari e tanti altri sono morti per qualche buon motivo. Lasciateci credere che l’Italia abbia colto, allora, l’unica occasione degli ultimi secoli per essere un paese civile.

p.s. Ma ora che anche Berlusconi celebra il 25 aprile, chi glielo dice a Filippi?

Accanimento terapeutico

Giorno dopo giorno emerge sempre più chiaramento il livello del disfacimento morale ed etico del nostro paese. Un disfacimento che ha radici lontane e che non può essere accreditato solo al CavalierBanana e banda annessa ma che si rivela quotidianamente nel silenzio generalizzato, nell’acquiescenza davanti a quello che ogni giorno ci passa davanti agli occhi. Alle azioni di un governo che in un paese civile non durerebbe 24 ore, sempre che fosse mai stato possibile leggerlo. Ai comportamenti quotidiani fatti di arroganza, violenza e ignoranza. Ai valori offesi e vilipesi. Agli istinti peggiori degli individui elevati a modelli di comportamento collettivo.

Noi bravi italici, abitatori della penisola, digeriamo tutto, siamo divoratori onnivori di pattume, insetti stercorari che si cibano di escrementi, senza nessun sussulto di moralità, di sdegno. Forti coi deboli e deboli coi forti, Alberto Sordi come icona della nostra codarda tracotanza. Senza più neppure chiese (bianche o rosse) a frenare l’istinto animalesco, ad educare, a moderare.

Ascoltate cinque minuti (perchè oltre non lo consiglio neppure al peggior nemico) Radio Padania per credere. Conoscerete una Italia violenta, razzista, ignorante, gretta. Italia del nord, soldi e fabbrichette, fiumi di coca e commercialisti. Una Italia in bilico fra il nazionalsocialismo e il populismo peronista. Rileggetevi il discorso del Cavaliere all’apertura del Congresso del Pollo delle Libertà (loro). Una Italia inesistente, una fiction di invenzioni e frottole diventate LA verità sugli ultimi 40 anni di storia del nostro paese.

Ogni giorno tutto questo nel silenzio generale. Allora faccio la mia modesta proposta: abbreviamo questo quotidiano accanimento terapeutico al capezzale dell’etica, della morale, del rispetto delle leggi, dell’intelligenza e del buon gusto. Niente referendum istituzionale (la Costituzione lo vieta) ma un bel plebiscito (tanto i sondaggi danno il Pollo delle Libertà(loro) già al 50%): Acclamiamo Silvio RE, salvatore e fondatore dell’Impero. Agli italiani piace, come è piaciuto un altro cavaliere per 20 anni. Poi si svegliarono e dal sogno si trovarono nell’incubo, ma che dire? Non si può avere tutto nella vita…


Ancora sulla Shoah

Trovo questo brano (a firma Riccardo) oggi sul mio blog a commento del post del 23/01/2009 “Il vescovo: “L’olocausto non è mai esistito” (la copia è conforme all’originale)

Non c’entrailfatto dell’intolleranzaverso gli ebrei tanto meno l’accusadi deicidio,bastacon queste storie,ladomandaé le camerea gas sono mai esistite?
e’ una domandaper ilricercatore storico.
Chi crede in una veritá ripetuta 1000volte da ragione a Himmler,talepotrebbe benissimo essere ilcasodell’olocausto contro gli ebrei,non dico che non siano morti molte persone in Germaniai campi diconcentramento c’erano,ma sono morti milioni di ebrei?
Tutte lericerche smentiscono questo il New york timesdichiaró che in auswits sono morti 73000 ebrei nel2003, mentrenel 1991 si dichiaró che ne erano morti 100 000, per 40 anni prima del 1991 si dichiarava che ne erano morti 4 000 000, enegli anni cinquanta e quarantadsi scriveva nei giornali che ne erano morti 9 000 000.Si intravvedela farsa?
Le statistiche ricercateledicono che nel 1939 c’erano 15 600 000 ebrei in europa,e nel 1948 15 700 000.
e’chiaro che quello checi dicono i filmtipo spielberg e molti altri é una menzogna storica, un busines per lo stato di Israele che all’epoca non esisteva neppure.
E nessuno parla che negli Stati Uniti sono stati uccisi in campi di concentramento ben 150 000 giapponesi.
Nessuno dice ne commentamai dei 2 000 000 di soldati tedeschi morti e fatti morire in campi di concentramento inglesi dopo la seconda guerra mondiale.
E sopratutto nessuno parla delledecine di milioni di torturati e uccisi in campi di concentramento sovietici.
Lapolitica e lareligione cosa c’entrano se si tratta dellaricerca della veritá oggettiva?
Mala cosa pone domande scomode… il potere imbavaglia contro ogni democrazia occidentale in occidentetorturano chi fa ricerche sull’argomento oggi, e possono incarcerarti nellamaggior parte dei paesi liberi,se é tanto vero l’olocausto perché non smentiscono le tesi revisioniste dai alla mano?
Perché non ci sono prove, non ci sono prove documentali ne di camere a gasne di testimoni sopravvissuti alle camerea gas,ne dello sterminio degli ebrei nellaseconda guerra mondiale.
Eh si éla veritá,e chi potrá negarla quando esca alla luce bene bene cosa che é inevitabile prima o poi? Meglio primache poi.

Chi si offende per chi la pensa diversamente per chi propone un altra versione della storia é un intollerante,
invece il vescovo ha espresso una sua opinione personale da storico,non a nome della chiesa, ma a nome suo come storico édi tutto rispetto.
Bisogna rispettareleopinioni gente, in democrazia e anche se non fossimo in democrazia.

Comeépossibileche su 30 campi di concentramento nazisti solo su 7 c’erano le camerea gas,proprio quei sette campi di concentramento caduti nel lato sovietico, doveper 40 anni nessunoccidentale ha fatto indagini?

e poi : tutti sanno che le camere a gas che ci sono ad Auswits sono ricostruzioni, dove sono quelle vere?
Nessuno le ha mai viste.

Questa la mia risposta che voglio condividere:

Leggere le cose che scrive Riccardo subito fa arrabbiare, poi muove un senso di profonda pietà, pensando al livello di decadimento morale e intellettuale che sta dietro a simili posizioni. Basterebbe una parola: “balle” e tutto si chiuderebbe lì, ma risolveremmo il problema di chi vive in questo stato di profonda e, temo, definitiva ignoranza? E’ talmente enorme la distanza fra la realtà e quello che Riccardo pensa di sapere che ogni considerazione rimane in sospeso. Decenni di ricerche, di dati, numeri, milioni di biografie cosa contano davanti alla protervia di chi dice cose di questo livello? Un solo esempio: “tutti sanno che le camere a gas che ci sono ad Auswits  [Auschwitz] sono ricostruzioni”. Chi sono i “tutti” che sanno? Hai mai toccato quelle macerie, caro Riccardo, hai mai letto anche 1 solo documento originale sulla Shoah? Sei mai stato in un campo? Nulla di nulla, magari qualche serata sul web su qualche sito negazionista e via. Leggere queste cose prima fa arrabbiare poi fa pensare che sia giusto quello che accade all’estero: carcere per i negazionisti. E’ una misura di profilassi morale, per tutti.

Un telegramma

Il sindaco chiese aiuto prima del sisma
“Aiutateci, qui è già emergenza”
di GIUSEPPE CAPORALE

L’AQUILA – Una richiesta d’aiuto. Cinque giorni prima della tragedia. Contenuta in un telegramma urgente. Una richiesta rimasta inascoltata. Mittente, il Comune dell’Aquila. Destinatari, la presidenza del Consiglio dei ministri (dipartimento della Protezione civile), il governatore della Regione Gianni Chiodi, l’assessore regionale alla Protezione civile Daniela Stati e la Prefettura dell’Aquila. Oggetto: una istanza per la dichiarazione dello “stato d’emergenza” per la città dell’Aquila, assieme alla segnalazione dello sciame sismico in corso, e di gravi lesioni ad edifici pubblici e privati. Per colpa del terremoto.

Già, perché all’Aquila il terremoto c’era già, da mesi, con una frequenza sismica ormai quotidiana. La scossa del 30 marzo scorso (con un quarto grado di magnitudo) aveva poi scatenato il panico in città con l’evacuazione di diversi uffici pubblici, oltre a lesioni gravi per migliaia di palazzi. Con una stima dei danni pari a 15 milioni di euro.

Era stata, fino a quel momento, la scossa più forte registrata all’Aquila dal 1967. E anche questo aveva spinto il sindaco Massimo Cialente a spedire un telegramma a Palazzo Chigi. Ma quella missiva (recuperata solo ora tra le macerie degli uffici comunali) cadde nel vuoto.

Del resto, proprio per la presenza dello sciame sismico e la paura diffusa nella provincia aquilana – appena il giorno prima – su richiesta del capo della protezione civile Guido Bertolaso, si era riunita all’Aquila la Commissione Nazionale Grandi Rischi. Una riunione che però non aveva – evidentemente – tranquillizzato Cialente. Che il giorno dopo decise di scrivere il telegramma.

Questo il testo: “In relazione ai gravi e perduranti episodi di eventi sismici il cui inizio risale al 16 gennaio scorso, sotto forma di quotidiano sciame sismico di complessive 200 scosse e oltre, culminato con scossa di quarto grado il 30 marzo scorso, chiedesi urgente e congruo stanziamento di fondi per prime emergenze, nonché dichiarazione stato emergenza ai fini dell’effettuazione dei necessari interventi di ripristino idoneità degli edifici pubblici e privati. Inoltre, si segnalano in particolare gravissimi danni strutturali in due edifici scolastici ospitanti cinquecento alunni”.

Per il sindaco, oggi, questo telegramma ha il sapore di una drammatica beffa. “Ho fatto tutto il possibile… Adesso dobbiamo solo ricostruire ciò che abbiamo tragicamente perso. Piangere il nostro dolore e andare avanti”. Più dura la posizione della presidente della Provincia dell’Aquila, Stefania Pezzopane: “La settimana tra il 30 marzo e il 5 aprile, è stata fatale per il nostro territorio. Lanciavamo continui appelli, la gente fuggiva in strada per paura delle scosse. Ci era stato detto che la nostra era una psicosi, che avremmo dovuto avere un atteggiamento diverso, di serenità. Invece..”. E prosegue: “Possibile che le due scosse avvenute la notte del 5 aprile, poche ore prima della tragedia, non abbiamo fatto suonare un benché minimo campanello d’allarme? Molti di quelli che si sono salvati, quella notte hanno dormito in macchina”.

(La Repubblica, 18.4.2009)