Un telegramma

Il sindaco chiese aiuto prima del sisma
“Aiutateci, qui è già emergenza”
di GIUSEPPE CAPORALE

L’AQUILA – Una richiesta d’aiuto. Cinque giorni prima della tragedia. Contenuta in un telegramma urgente. Una richiesta rimasta inascoltata. Mittente, il Comune dell’Aquila. Destinatari, la presidenza del Consiglio dei ministri (dipartimento della Protezione civile), il governatore della Regione Gianni Chiodi, l’assessore regionale alla Protezione civile Daniela Stati e la Prefettura dell’Aquila. Oggetto: una istanza per la dichiarazione dello “stato d’emergenza” per la città dell’Aquila, assieme alla segnalazione dello sciame sismico in corso, e di gravi lesioni ad edifici pubblici e privati. Per colpa del terremoto.

Già, perché all’Aquila il terremoto c’era già, da mesi, con una frequenza sismica ormai quotidiana. La scossa del 30 marzo scorso (con un quarto grado di magnitudo) aveva poi scatenato il panico in città con l’evacuazione di diversi uffici pubblici, oltre a lesioni gravi per migliaia di palazzi. Con una stima dei danni pari a 15 milioni di euro.

Era stata, fino a quel momento, la scossa più forte registrata all’Aquila dal 1967. E anche questo aveva spinto il sindaco Massimo Cialente a spedire un telegramma a Palazzo Chigi. Ma quella missiva (recuperata solo ora tra le macerie degli uffici comunali) cadde nel vuoto.

Del resto, proprio per la presenza dello sciame sismico e la paura diffusa nella provincia aquilana – appena il giorno prima – su richiesta del capo della protezione civile Guido Bertolaso, si era riunita all’Aquila la Commissione Nazionale Grandi Rischi. Una riunione che però non aveva – evidentemente – tranquillizzato Cialente. Che il giorno dopo decise di scrivere il telegramma.

Questo il testo: “In relazione ai gravi e perduranti episodi di eventi sismici il cui inizio risale al 16 gennaio scorso, sotto forma di quotidiano sciame sismico di complessive 200 scosse e oltre, culminato con scossa di quarto grado il 30 marzo scorso, chiedesi urgente e congruo stanziamento di fondi per prime emergenze, nonché dichiarazione stato emergenza ai fini dell’effettuazione dei necessari interventi di ripristino idoneità degli edifici pubblici e privati. Inoltre, si segnalano in particolare gravissimi danni strutturali in due edifici scolastici ospitanti cinquecento alunni”.

Per il sindaco, oggi, questo telegramma ha il sapore di una drammatica beffa. “Ho fatto tutto il possibile… Adesso dobbiamo solo ricostruire ciò che abbiamo tragicamente perso. Piangere il nostro dolore e andare avanti”. Più dura la posizione della presidente della Provincia dell’Aquila, Stefania Pezzopane: “La settimana tra il 30 marzo e il 5 aprile, è stata fatale per il nostro territorio. Lanciavamo continui appelli, la gente fuggiva in strada per paura delle scosse. Ci era stato detto che la nostra era una psicosi, che avremmo dovuto avere un atteggiamento diverso, di serenità. Invece..”. E prosegue: “Possibile che le due scosse avvenute la notte del 5 aprile, poche ore prima della tragedia, non abbiamo fatto suonare un benché minimo campanello d’allarme? Molti di quelli che si sono salvati, quella notte hanno dormito in macchina”.

(La Repubblica, 18.4.2009)

Protezione civile

E poi la realtà riprende il sopravvento: attraverso la tragedia dell’Aquila ci rendiamo conto dell’arretratezza di un paese che vuole costruire i ponti sugli stretti e poi vede crollare palazzi di fintocemento armato. Un paese che fa l’alta velocità a favore dell’alta voracità di pochi noti e lascia le ferrovie, quelle vere, quelle di tutti i giorni, in condizioni penose.

Facciamo finta di essere fra i grandi della terra, ma più che alla Svezia assomigliamo al Montenegro (non l’amaro, il paese delle aquile). All’Aquila il terremoto stavolta aveva fatto l’educato, da dicembre andava avanti ad avvertire, pochi giorni fa un tecnico aveva preavvisato dell’evento. Magari anche 1 sola persona si poteva salvare. Per fortuna tanti studenti avevano anticipato le vacanze proprio per la paura del sisma in arrivo. Ma lo sappiamo: le Cassandre hanno sempre ragione ma finiscono male, stavolta con un avviso di garanzia per “procurato allarme”. Ci dicono che non è tempo per le polemiche e va bene, diciamo grazie alla Protezione civile che si sta dannando per salvare il salvabile. Ma “protezione civile” non sarebbe anche prevenire, costruire bene prima, non speculare? Tanto più in una zona già devastata in passato da altri sismi. In compenso siamo alla vigilia di un’altra ondata di mattoni, costruiti come capita, basta guadagnare. Fino alla prossima scossa.