Tagli, ritagli, frattaglie

Nuova nomina al Consolato generale d’Italia a New York. Arriva il nuovo esperto culturale. Trattasi di Gabriella Podestà, ex-coniuge di sandrobondi “gommolo”. Curriculum precedente: preside al liceo scientifico di Salò. E poi parlano male delle nostre scuole medie superiori…

Flavio Tosi è il leghista ruggente sindaco di Verona (la città ebbe anche il Comando SS in Italia quindi difficile fare peggio), la moglie nel 2007, poco dopo lelezione a sindaco del marito, fu promossa (senza laurea e senza concorso) da impiegata a dirigente nel settore Sanità (stipendio triplicato). Chi era l’Assessore alla Sanità regionale fino a poco prima? Tosi. E poi dicono che la famiglia è in crisi…

La sagace decisione del Governo-per far cassa-di mettere in vendita i beni sequestrati ai clan mafiosi (che così potranno recuperare il loro maltolto) mi ricorda la vecchia storiella del talpone: nel paese di Villacannuccia i campi sono devastati dalle talpe che scavano tunnel e gallerie ovunque. Si mettono trappole, esche, si fanno appostamenti. Alla fine tanto impegno ha successo: viene catturato un talpone enorme. Il sindaco, soddisfatto, lo mostra ai concittadini dal balcone, chiedendo la pena per il devastatore. “Bruciamolo!”, “Scuoiamolo!”, “Spariamolo!”. Dal fondo della piazza il maresciallo dei carabinieri con fare da intenditore: “Seppelliamolo vivo!”

In Puglia Emiliano ritira la sua candidatura. Voleva una leggina regionale che gli consentisse di candidarsi senza perdere la poltrona di Sindaco di Bari. Giusto, aveva ragione. Non era una legge ad personam, ma una legge che risolveva un oggettivo problema di conflitto istituzionale. E poi parliamo male di angelinojoliealfano…Attendiamo angosciati la mossa successiva dell’Aureliano Buendia di Gallipoli, che pare alla notizia abbia sibilato: “Ah, sì, potevate perdere e non avete voluto? E allora andate a vincere, ma senza di me!”

Intervista della Moratti al Corriere della Sera sull’intitolazione al bettino ladrone: “L’ho fatto per collocare la sua figura in prospettiva storica, la storia e la memoria possono non coincidere…io non sono uno storico però è giusto cercare di fare in modo che la città riconosca un proprio figlio importante, Craxi è stato un grande innovatore, ha rilanciato la politica riformista in Italia, una politica socialista, Craxi ha ridato orgoglio e dignità al partito socialista, ha anticipato le politiche sociali quando ha lavorato nell’ambito delle politiche del lavoro. Ha tenuto l’Italia saldamente ancorata all’occidente, ha difeso l’autonomia italiana a Sigonella con una capacità da statista. Inviato ONU nel medioriente..fece un bellissimo in parlamento dove si assunse determinate responsabilità…Non voglio dare un giudizio storico, non tenere in considerazione questi elementi significa non riflettere sulla propria storia. Dopo dieci anni si è lasciata sedimentare la decisione…Garibaldi in fondo è stato condannato a morte, Giordano bruno è stato bruciato, eppure hanno una loro via..diceva Lincoln “una casa divisa al proprio interno non può stare in piedi”, ecco questa intitolazione è un modo per unire e rappacificare…sapevo delle polemiche ma questa intitolazione contribuisce a successive discussioni, è la ricerca di unire, bisogna saper unire”.

http://video.corriere.it/?vxChannel=Dall%20Italia&vxClipId=2524_404c8d24-f60e-11de-b347-00144f02aabe

Ripeto, da umile storico di quartiere: negli anni del craxismo non fu fatta una (1) riforma, il debito pubblico salì alle stelle (e ce lo godiamo ancora oggi grazie al “riformismo” dell’esule), craxi portò allo scioglimento, nell’ignominia, del Psi, nato nel 1892, fu protagonista di atti di corruzione su ampia scala, arricchendosi personalmente. Modesto suggerimento alla sindaca di Milano: magari se si vuole valutare un periodo storico la prossima volta parta dall’inizio e arrivi alla fine, così, solo per precisione, anche per evitare quei fastidiosi conati di vomito che vengono ad ascoltare simili pistolotti. Grazie.




Mio zio e mio nonno, uccisi dalla mafia, non avranno mai una via!

“Mio zio e mio nonno, uccisi dalla mafia, non avranno mai una via!”
Con la targa a Craxi vogliono riscrivere la storia del Paese


Pubblichiamo la lettera aperta al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di Benny Calasanzio, giornalista e nipote di Paolo e Giuseppe Borsellino, piccoli imprenditori di Lucca Sicula uccisi dalla criminalità mafiosa nel 1992, lo stesso anno delle stragi di Capaci e di Via D’Amelio: “Mentre loro fronteggiavano a viso aperto mafia e mafiosi, Craxi rubava e si arricchiva. E questo ora gli frutterà una bella targa”.

di Benny Calasanzio

Gentile Presidente della Repubblica,

le scrivo da semplice cittadino che ha alle spalle un’infanzia segnata, come purtroppo tanti siciliani, dagli omicidi del nonno e dello zio, ammazzati l’uno dopo l’altro per mano mafiosa, per non aver ceduto la loro azienda alle richieste di cosa nostra, pur sapendo che questo sarebbe costato loro ciò che di più prezioso avevano: la vita.
Senza timore essi decisero di barattarla con qualcosa che forse allora valeva di più, la dignità, la capacità di poter guardare negli occhi fino in fondo noi, piccoli nipoti che crescevamo in cattività, lontano dai mostri che attanagliavano la Sicilia. Decisero di morire ma di farlo liberi e portando con loro l’onore, la certezza di aver vissuto a testa alta, e di non averla abbassata mai, nemmeno di fronte alla grande e solenne cosa nostra, che all’epoca, come oggi, decideva su ogni cosa, dall’assegnazione dei lavori pubblici alle nomine ministeriali.

Avevano 32 e 56 anni. Mio zio Paolo Borsellino, omonimo del giudice, aveva due figli, uno di 2 e l’altro di 5 anni. Fu ucciso il 21 aprile del 1992. Mio nonno, Giuseppe Borsellino, di anni ne aveva 52 e di voglia di vivere tanta. Dopo essere riusciti con sacrifici indicibili a mettere in piedi il loro impianto di calcestruzzo a Lucca Sicula (AG), e dopo aver suscitato gli appetiti delle cosche locali, che li minacciarono ripetutamente di morte, incendiando i loro mezzi e i loro frutteti, decisero di non mollare.
Avrebbero potuto cedere, magari entrare nel giro, magari allearsi con il più forte. Avrebbero avuto in cambio denaro, magari potere, beni per loro e per la nostra famiglia. Magari oggi saremmo estremamente ricchi, magari sarebbero amministratori pubblici. Purtroppo o per fortuna andò diversamente, e oggi siamo una famiglia che ha raccolto dal sangue per due volte due nostri cari. Una famiglia che ha visto i fori che nel corpo lasciano i proiettili. Che ha visto come un caricatore intero di mitraglietta può ridurre un uomo in carne e ben messo.
Tutto questo per essere stati corretti, leali e dignitosi. Per aver agito in virtù della legalità, rifuggendo da scorciatoie e compromessi. A loro nessuno ha dedicato una via, una piazza, un giardino. Anzi, nessuno c’ha mai pensato. Nessun sindaco, nessun presidente di provincia o di regione si è mai accorto di questi due morti di serie D.

Ogni tanto, di notte, sogno di essere in una qualche città del mondo e di alzare gli occhi, e leggere su una targa “Giuseppe e Paolo Borsellino, padre e figlio, uccisi dalla mafia ma morti liberi e vincitori”. E mi è successo anche una di queste notti. Solo che all’indomani ho scoperto che quella targa magari ci sarà presto, in una qualche via di Milano, ma al posto del nome dei miei parenti ci sarà quello di Bettino Craxi. Bettino che la mafia non l’ha mai combattuta, ma in compenso ha fatto ciò che di peggio può fare un politico: si è venduto al miglior offerente, ha rubato denaro pubblico per i suoi piaceri e, in minima parte, per il suo partito.
Mio nonno e mio zio non ebbero la fortuna di essere condannati a 5 anni e 6 mesi per corruzione nel processo Eni-Sai e a 4 anni e 6 mesi per finanziamento illecito per le mazzette della metropolitana milanese. Craxi si. Furono degli idioti? O suona meglio coglioni per dirla come la direbbe il premier? Di certo furono illusi. Mi fa un certo senso pensare che mentre loro fronteggiavano a viso aperto mafia e mafiosi, Craxi rubava e si arricchiva. Negli stessi esatti momenti. E questo ora gli frutterà una bella targa, una via, magari un giardino in cui i bambini cresceranno, chiedeno ai genitori chi sia stato Craxi, cosa abbia fatto di così grande di meritarsi un parco. Una via verrà dedicata a chi è morto fuori dall’Italia per non finire in galera. E a chi invece è morto proprio per rimanere nella sua terra, la Sicilia, a lottare da solo di fronte a un esercito? Oblio, maldicenze, infamia.


Se questo è quello che siamo diventati, se una sollevazione pacifica e popolare non fermerà questo orrore, io benedirò quelle armi e quei killer che hanno devastato le nostre vite, perchè hanno fatto si che mio nonno e mio zio non assistano oggi ad un criminale che viene innalzato al rango di eroe, ricordato dal Presidente della Repubblica, e riverito dai compagni di Pio La Torre, che in quegli anni si pulivano la coscienza dopo averlo venduto alla mafia. Loro non possono vederlo, e questo è il mio unico sollievo.

(31 dicembre 2009)

http://temi.repubblica.it/micromega-online/mio-zio-e-mio-nonno-uccisi-dalla-mafia-non-avranno-mai-una-via/

Cronache contemporanee

25 dicembre 2009
“Trovato neonato in una stalla – La polizia e i servizi sociali indagano”
“Arrestati un falegname e una minorenne”

BETLEMME, GIUDEA –
L’allarme è scattato nelle prime ore del mattino, grazie alla segnalazione di un comune cittadino che aveva scoperto una famiglia accampata in una stalla.
Al loro arrivo gli agenti di polizia, accompagnati da assistenti sociali, si sono trovati di fronte ad un neonato avvolto in uno scialle e depositato in una mangiatoia dalla madre, tale Maria H. di Nazareth, appena quattordicenne.
Al tentativo della polizia e degli operatori sociali di far salire la madre e il bambino sui mezzi blindati delle forze dell’ordine, un uomo, successivamente identificato come Giuseppe H. di Nazareth, ha opposto resistenza, spalleggiato da alcuni pastori e tre stranieri presenti sul posto.
Sia Giuseppe H. che i tre stranieri, risultati sprovvisti di documenti di identificazione e permesso di soggiorno, sono stati tratti in arresto.
Il Ministero degli Interni e la Guardia di Finanza stanno indagando per scoprire il Paese di provenienza dei tre clandestini.
Secondo fonti di polizia i tre potrebbero infatti essere degli spacciatori internazionali,dato che erano in possesso di un ingente quantitativo d’oro e di sostanze presumibilmente illecite.
Nel corso del primo interrogatorio in questura gli arrestati hanno riferito di agire in nome di Dio, per cui non si escludono legami con Al Quaeda.
Le sostanze chimiche rinvenute sono state inviate al laboratorio per le analisi.

La polizia mantiene uno stretto riserbo sul luogo in cui è stato portato il neonato.
Si prevedono indagini lunghe e difficili.
Un breve comunicato stampa dei servizi sociali, diffuso in mattinata, si limita a rilevare che il padre del bambino è un adulto di mezza età, mentre la madre è ancora adolescente.

Gli operatori si sono messi in contatto con le autorità di Nazareth per scoprire quale sia il rapporto tra i due.
Nel frattempo, Maria H. è stata ricoverata presso l’ospedale di Betlemme e sottoposta a visite cliniche e psichiatriche.
Sul suo capo pende l’accusa di maltrattamento e tentativo di abbandono di minore.

Gli inquirenti nutrono dubbi sullo stato di salute mentale della donna, che afferma di essere ancora vergine e di aver partorito il figlio di Dio.
Il primario del reparto di Igiene mentale ha dichiarato oggi in conferenza stampa: “Non sta certo a me dire alla gente a cosa deve credere, ma se le convinzioni di una persona mettono a repentaglio – come in questo caso – la vita di un neonato, allora la persona in questione rappresenta un rischio sociale.
Il fatto che sul posto siano state rinvenute sostanze stupefacenti non migliora certo il quadro.
Sono comunque certo che, se sottoposte ad adeguata terapia per un paio di anni, le persone coinvolte – compresi i tre trafficanti di droga – potranno tornare ad inserirsi a pieno titolo nella società.” Pochi minuti fa si è sparsa la voce che anche i contadini presenti nella stalla potrebbero essere consumatori abituali di droghe.
Pare infatti che affermino di essere stati costretti a recarsi nella stalla da un uomo molto alto con una lunga veste bianca e due ali sulla schiena (!), il quale avrebbe loro imposto di festeggiare il neonato.
Un portavoce della sezione antidroga della questura ha così commentato:
“Gli effetti delle droghe a volte sono imprevedibili, ma si tratta senz’altro della scusa più assurda che io abbia mai sentito da parte di tossicodipendenti.”

grazie all’amico Amos

San Bettino Martire, patrono dei ladri

Tutto Craxi, tangente per tangente (Marco Travaglio)

Al momento della morte, nel gennaio del 2000, Bettino Craxi era stato condannato in via definitiva a 10 anni per corruzione e finanziamento illecito (5 anni e 6 mesi per le tangenti Eni-Sai; 4 anni e 6 mesi per quelle della Metropolitana milanese). Altri processi furono estinti “per morte del reo”: quelli in cui aveva collezionato tre condanne in appello a 3 anni per la maxitangente Enimont (finanziamento illecito), a 5 anni e 5 mesi per le tangenti Enel (corruzione), a 5 anni e 9 mesi per il conto Protezione (bancarotta fraudolenta Banco Ambrosiano); una condanna in primo grado prescritta in appello per All Iberian; tre rinvii a giudizio per la mega-evasione fiscale sulle tangenti, per le mazzette della Milano-Serravalle e della cooperazione col Terzo Mondo.

Nella caccia al tesoro, anzi ai tesori di Craxi sparsi per il mondo tra Svizzera, Liechtenstein, Caraibi ed Estremo Oriente, il pool Mani Pulite ha accertato introiti per almeno 150 miliardi di lire, movimentati e gestiti da vari prestanome: Giallombardo, Tradati, Raggio, Vallado, Larini e il duo Gianfranco Troielli & Agostino Ruju (protagonisti di un tourbillon di conti e operazioni fra Hong Kong e Bahamas, tuttora avvolti nel mistero per le mancate risposte alle rogatorie).

Finanziamenti per il Psi? No, Craxi rubava soprattutto per sé e i suoi cari. Principalmente su quattro conti personali: quello intestato alla società panamense Constellation Financière presso la banca Sbs di Lugano; il Northern Holding 7105 presso la Claridien Bank di Ginevra; quello intestato a un’altra panamense, la International Gold Coast, presso l’American Express di Ginevra; e quello aperto a Lugano a nome della fondazione Arano di Vaduz.

“Craxi – si legge nella sentenza All Iberian confermata in Cassazione – è incontrovertibilmente responsabile come ideatore e promotore dell’apertura dei conti destinati alla raccolta delle somme versategli a titolo di illecito finanziamento quale deputato e segretario esponente del Psi. La gestione di tali conti…non confluiva in quella amministrativa ordinaria del Psi, ma veniva trattata separatamente dall’imputato tramite suoi fiduciari… Significativamente Craxi non mise a disposizione del partito questi conti”.

Su Constellation Financiere e Northern Holding – conti gestiti dal suo compagno di scuola Giorgio Tradati – riceve nel 1991-‘92 la maxitangente da 21 miliardi versata da Berlusconi dopo la legge Mammì. Sul Northern Holding incassa almeno 35 miliardi da aziende pubbliche, come Ansaldo e Italimpianti, e private, come Calcestruzzi e Techint.

Nel 1998 la Cassazione dispone il sequestro conservativo dei beni di Craxi per 54 miliardi. Ma nel frattempo sono spariti. Secondo i laudatores, Craxi fu condannato in base al teorema “non poteva non sapere”. Ma nessuna condanna definitiva cita mai quell’espressione. Anzi la Corte d’appello di Milano scrive nella sentenza All Iberian poi divenuta definitiva: “Non ha alcun fondamento la linea difensiva incentrata sul presunto addebito a Craxi di responsabilità di ‘posizione’ per fatti da altri commessi, risultando dalle dichiarazioni di Tradati che egli si informava sempre dettagliatamente dello stato dei conti esteri e dei movimenti sugli stessi compiuti”.

Tutto era cominciato “nei primi anni 80” quando – racconta Tradati a Di Pietro – “Bettino mi pregò di aprirgli un conto in Svizzera. Io lo feci, alla Sbs di Chiasso, intestandolo a una società panamense (Constellation Financière, ndr). Funzionava cosí: la prova della proprietà consisteva in una azione al portatore, che consegnai a Bettino. Io restavo il procuratore del conto”. Su cui cominciano ad arrivare “somme consistenti”: nel 1986 ammontano già a 15 miliardi. Poi il deposito si sdoppia e nasce il conto International Gold Coast, affiancato dal conto di transito Northern Holding, messo a disposizione dal funzionario dell’American Express, Hugo Cimenti, per rendere meno identificabili i versamenti. Anche lí confluiscono ben presto 15 miliardi.

Come distinguere i versamenti per Cimenti da quelli per Tradati, cioè per Craxi? “Per i nostri – risponde Tradati – si usava il riferimento ‘Grain’. Che vuol dire grano”. Poi esplode Tangentopoli. “Il 10 febbraio ‘93 Bettino mi chiese di far sparire il denaro da quei conti, per evitare che fossero scoperti dai giudici di Mani pulite. Ma io rifiutai e fu incaricato qualcun altro (Raggio, ndr): so che hanno comperato anche 15 chili di lingotti d’oro…I soldi non finirono al partito, a parte 2 miliardi per pagare gli stipendi”. Raggio va in Svizzera, spazzola il bottino di Bettino e fugge in Messico con 40 miliardi e la contessa Vacca Agusta. I soldi finiscono su depositi cifrati alle Bahamas, alle Cayman e a Panama.

Che uso faceva Craxi dei fondi esteri? “Craxi – riepilogano i giudici – dispose prelievi sia a fini di investimento immobiliare (l’acquisto di un appartamento a New York), sia per versare alla stazione televisiva Roma Cine Tv (di cui era direttrice generale Anja Pieroni, legata a Craxi da rapporti sentimentali) un contributo mensile di 100 milioni di lire. Lo stesso Craxi, poi, dispose l’acquisto di una casa e di un albergo (l’Ivanhoe) a Roma, intestati alla Pieroni”. Alla quale faceva pure pagare “la servitú, l’autista e la segretaria”. Alla tv della Pieroni arrivarono poi 1 miliardo da Giallombardo e 3 da Raggio. Craxi lo diceva sempre, a Tradati: “Diversificare gli investimenti”.

Tradati eseguiva: “Due operazioni immobiliari a Milano, una a Madonna di Campiglio, una a La Thuile”. Bettino regalò una villa e un prestito di 500 milioni per il fratello Antonio (seguace del guru Sai Baba). E il Psi, finito in bolletta per esaurimento dei canali di finanziamento occulto? “Raggio ha manifestato stupore per il fatto che, dopo la sua cessazione dalla carica di segretario del Psi, Craxi si sia astenuto dal consegnare al suo successore i fondi contenuti nei conti esteri”. Anche Raggio vuota il sacco e confessa di avere speso 15 miliardi del tesoro craxiano per le spese della sua sontuosa latitanza in Messico. E il resto? Lo restituì a Bettino, oltre ad acquistargli un aereo privato Citation da 1,5 milioni di dollari e a disporre – scrivono i giudici – “bonifici specificatamente ordinati da Craxi, tutti in favore di banche elvetiche, tranne che per i seguenti accrediti: 100.000 dollari al finanziere arabo Zuhair Al Katheeb” e 80 milioni di lire («$ 40.000/s. Fr. 50.000 Bank of Kuwait Lnd») per “un’abitazione affittata dal figlio di Craxi (Bobo, ndr) in Costa Azzurra”, a Saint-Tropez, “per sottrarlo – spiega Raggio – al clima poco favorevole creatosi a Milano”. Anche Bobo, a suo modo, esule.

Quando i difensori di Craxi ricorrono davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo, nella speranza di ribaltare la condanna Mm, vengono respinti con perdite. “Non è possibile – scrivono i giudici di Strasburgo il 31 ottobre 2001 – pensare che i rappresentanti della Procura abbiano abusato dei loro poteri”. Anzi, l’iter dibattimentale “seguí i canoni del giusto processo” e le proteste dell’imputato sulla parzialità dei giudici “non si fondano su nessun elemento concreto… Va ricordato che il ricorrente è stato condannato per corruzione e non per le sue idee politiche”.

Da Il Fatto Quotidiano del 30 dicembre

Cribbio! Cavaliere..prego per lei

Come sapete sono cattivo d’animo (ho avuto un’infanzia difficile) e quindi se qualcuno pensava che l’ormai approssimarsi della fine anno portasse a una letterina di buone (o meno) intenzioni s’ingannava amaramente. Voglio invece proporvi una chicca, una delizia, una meraviglia, un bijou, un must, un cult, un pereppepè, insomma una cosa imperdibile, visto che l’autore è nostro, nostrano, vive e alligna sui nostri appennini. Un guru, un esegeta, uno stilita. Insomma uno che sa sempre cosa dire, fare, pensare. Venti anni fa e ora. Noi, che invece abbiamo sempre sbagliato tutto, ci inchiniamo, ora come vent’anni fa. “nui chiniam la fronte al Massimo Fattor, che volle in lui del creator suo spirito più vasta orma stampar.”

Al direttore (Giuliano Ferrara, ndr) – Tengo il “Manifesto della destra divina” sul mio tavolo, a portata di mano destra e la copertina bianca s’è già scollata per l’uso, s’è ombreggiata e imbrunita perché in concomitanza col surriscaldamento globale qui fa un freddo niente male: tutto un maneggiare legna e attizzatoi, giorno e notte. Dovrò rilegarlo in cuoio per salvaguardarlo. Camillo Langone già da tempo s’è intrufolato nei miei pensieri. Se fossi una valle Lui sarebbe un boscaiolo capitato per caso che si è costruito una capanna poi ha seminato l’orto. La capanna è diventata casa e sono spuntati stalle e recinti. Adesso ha eretto solide mura tutt’intorno: è una fortezza.
Al centro dell’insediamento c’è una Chiesa con cripta e campanile, vi si officia una divina liturgia (cinque candele cinque messali). Sui suoi stendardi ha impresso l’arma: difendi conserva prega! Se fossi una valle ne sarei felice e onorata. Sono un uomo, montano italico cattolico romano, leggerlo mi consola, mi sprona, mi rasserena.
C’è un Creatore, la creazione, le creature. Creazione e creature vanno difese, conservate e questo è possibile solo in relazione al Creatore. Le creature, a se stesse, s’infiammano e sopiscono tra i migliori sentimenti e gli istinti peggiori o avvizziscono in insignificanze. La creazione sovrasta e annichilisce ogni creatura. I summit poi, che ridicola figura! Babele aveva una torre, queste son bolle e balle. L’unica armonia possibile è nella causa incausata d’entrambi, cioè Iddio. Il giusto timore non guasta e se c’è salvezza è nell’amore infinito che ha reso possibile l’Incarnazione. Altra verità non c’è. Camillo Langone lo sa e lo dice bene, forte e chiaro. Sa anche dei piaceri: gusto tatto olfatto udito vista, e tocca a lui compilarli in maccheroniche paginate per noi zotici ignoranti.
Nel tempo del tramonto di quella che fu Europa, la Cristianità d’Occidente, come monaco irlandese del tempo dell’alba radiosa dà corpo e voce alla consapevolezza che: Dio è corazza dei forti. Che sia poi l’unico giornalista omofobico dichiarato a commuoversi con le lacrime agli occhi per le parole dell’omosessuale italiano per eccellenza del secolo Ventesimo, a comprenderne l’ineluttabile necessità poetica e sociale, contribuisce a fare di questo nostro paese, la nostra Patria, un patrimonio reale dell’umanità che non può essere lasciato in balia di una salvaguardia con marchio Onu o, peggio, di una Corte costituzionale europea che pretenderebbe di ridurlo, per imposizione giuridica, a uno sciatto scialbo staterello, una specie di Belgio senza neanche il re ma con molti delfini, altrettanto pavidi, bramosi di autoincoronarsi. Roba da invidiare la Svizzera che sta risalendo nella mia classifica e, adesso che si sa: Mariarosa Mancuso è cittadina elvetica, chi la ferma più.
Altra meraviglia di questo nostro paese, la meraviglia contempla sempre un che di stupore e sorpresa, è il presidente del Consiglio, “l’amor nostro”, non mio. L’ho votato, lo voto
, ma ogni volta io e mio zio, l’eterno democristiano di famiglia, ci giochiamo chi vota il Cavaliere e chi la Lega. Troppe cose ci dividono da entrambi, solo non vogliamo lasciare il governo nelle mani della sinistra (ex tutto, pro ogni anti) e dei cattolici cresciuti e invecchiati in spocchia e coscienza.
E’ l’impatto estetico che mi rende alieno il Cavaliere, per questo mi sono sentito punito quando l’ho visto sdentato e sanguinante risalire sul predellino: coraggioso. Cribbio! Cavaliere, le mie felicitazioni. Lei è uno scandalo salutare in questo mesto contesto istituzionale. Prego per Lei; che Dio l’illumini e la sostenga
. E bisogna pregare per l’Arcivescovo di Milano che non trova una immediata parola per un gesto umanamente odioso e socialmente devastante, compiuto sotto casa usando una riproduzione di quel Duomo di cui è responsabile e garante di fronte a Dio e agli uomini. Un brutto segno dei tempi e non è un problema politico ma, oserei dire, liturgico. L’avvenuta vanificazione di ogni valenza simbolica di parole e gesti. L’accettazione che l’interesse economico, quello politico e una generica bontà sono il solo collante della società. Caro Langone, oltre la “preghiera” quotidiana ti toccherà predicare ogni settimana.
E’ il Santo Natale: dovere dei cristiani non è essere buoni, categoria morale alquanto confusa, ma piegare le ginocchia in adorazione di fronte al mistero della vita, della salvezza: l’Incarnazione.
Suo devoto, Ferretti Lindo Giovanni“.

Il Foglio, 22.12.2009

 

Ma chi è Camillo Langone, vi chiederete, amici e paperotti ignoranti dei massimi vertici dell’umano scibile. Recedo dalla mia cattiveria e vi aiuto. Intanto la sua biografia, tratta direttamente dal suo sito:

 

Camillo Langone è nato a Parma, dove è tornato da qualche anno dopo avere abitato a Vicenza, Verona, Caserta, Viterbo, Pisa, Bologna, Reggio Emilia, Trani. Ha pubblicato alcuni libri. Scrive sul “Foglio”, sul “Giornale”, su “Panorama” e su “Ventiquattro” del Sole 24 Ore, occupandosi in particolar modo di letteratura, enogastronomia e religione. Sul “Foglio”, oltre alla rubrica quotidiana, cura la pagina dei ristoranti e quella delle messe, la prima del genere mai apparsa in Italia.

 

Poi vi riporto un paio di lacerti del langone pensiero, invitandovi (se proprio il cor vi tiene) ad andare a leggere il resto:

 

/Sui “migranti”/

Sto parlando dei nuovi unni e quella congiura contro la verità che è la neolingua vorrebbe assimilarli agli usignoli di fiume. Che poi gli uccelli migratori vanno e vengono mentre i migranti, in spregio alla grammatica, vengono e restano. Non sono migranti, sono migrati. Li trovo davanti al supermercato e alla libreria, giovanotti petulanti che offrono libercoli africanisti per leggere i quali si dovrebbe pure pagare, e qualche anziana signora ci casca e sgancia. Si sono integrati in fretta questi abbronzati, sono diventati bamboccioni come i coetanei nativi e pensano che ai vecchi spetti il dovere di mantenerli. Io che ho letto san Bernardo di Chiaravalle capisco che al lettore del cardinale Martini piaccia la dromomania delle moltitudini ma non pretenda di pagare lo spettacolo coi miei soldi e col mio vocabolario. E’ settembre, se sono migranti è tempo che migrino. http://www.ilfoglio.it/soloqui/3332

/Sui gay/

Colpa numero quattro: la parola di tre lettere che comincia per G e finisce per Y impone alla società un giudizio positivo su chi imposta la propria vita sui rapporti omosessuali. E’ una parola pubblicitaria e se lo sterminio dei sinonimi non verrà fermato presto non ce ne saranno altre. L’uomo orgoglioso di andare con gli uomini è gaio quindi felice, è uno che ride, che balla e si diverte e non avendo figli da mantenere può permettersi più viaggi, più vacanze, più ristoranti, più mostre, più cinema, più concerti. Uno che si gode la vita: questo è il significato nemmeno tanto subliminale della parolaccia in questione. E se invece io giudicassi costui un povero sfigato, in senso stretto e lato, una cicala che non canterà a lungo, un patrimonio genetico finito in un vicolo cieco, un segno di ripugnante decadenza? Vincesse Paola Concia dovrei usare un mucchio di frasi contorte mentre invece qui mi basta dire “frocio”: una parola, questa sì, all’altezza dei miei mocassini Cole Haan. http://www.ilfoglio.it/soloqui/3270

Questi cristiani sono matti…

da: Il Sicomoro (http://ilsicomoro.jimdo.com)

QUESTI CRISTIANI SONO MATTI!
Riceviamo e (poco volentieri) pubblichiamo:
Spettabile SICOMORO,
Voi cristiani siete incredibili: volete festeggiare una delle vostre verità più importanti (il Natale cioè Dio che si fa uomo per essergli vicino) proprio in un periodo nel quale la gente è distratta oltre misura da acquisti, viaggi, lucine, cene, … Per non parlare di un certo Babbo Natale che ruba decisamente la scena al vostro Gesù.
Perché non lo festeggiate in bassa stagione? In ottobre, novembre, finite le vacanze estive, quando non si può ancora andare a sciare …
Passi la richiesta di fare, oltre l’albero, il presepe. Ma ora il vostro “servo” (si fa chiamare così!) reclama che non è sufficiente il gesto formale di preparare il presepe: secondo lui bisognerebbe pure “cercare di vivere nella realtà di tutti i giorni quello che il presepe rappresenta, cioè l’amore di Cristo, la sua umiltà, la sua povertà”.
Siete proprio pazzi voi cristiani: in quest’epoca di edonismo, di spese superflue e di “beati i ricchi” a voler ricordare che “è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli (Mt 19,24).
Certo che un po’ vi ammiro per il vostro andare controcorrente:e dire che già duemila anni fa venivano perseguitati “Quei tali che mettono il mondo sottosopra” (At 17,7).
Chi pensate di convincere esaltando una figura come quella di Maria, vergine, in quest’epoca di sensualità prevaricante, di strumentalizzazione del corpo della donna (e dell’uomo), di ricerca del piacere? Non vedete quale immagine della donna presenta la televisione? Come ne parlano certi politici?
E allora: perché scrivere ancora quel retorico “Santo Natale”? perché non vi accontentate di un innocuo “Buon Natale”? in questo modo potrebbero annettersi tutti gli italiani che un “Buon Natale” non lo negano a nessuno, tanto: cosa costa? “Santo Natale” invece impegna a riconoscere in quel bambino povero il vero re del mondo, a essere poveri e perseguitati come lui.
Cambiate strategia di marketing, cari cristiani, sennò i clienti scapperanno tutti. Annacquate un po’ quel Vangelo a voi così caro (almeno così dite). Illudete le persone che è sufficiente qualche formalità per autoproclamarsi cristiani e rivendicare da Dio la salvezza. Fate della vostra fede una religione civile, a servizio del potente di turno che vi ricompenserà. No, non sono il diavolo: non vi chiedo di trasformare i sassi in pane perché le folle vi seguano. Vi suggerisco solo un po’ di buon senso al posto di quella “follia della croce” che si è inventata San Paolo: e voi che formate le comunità di San Paolo e Santa Croce lo sapete bene!
Buon Natale (e Felice Anno Nuovo)
E. T.

Ragazzate..

Narayan Dutt Tiwari, governatore dello stato indiano dell’Andra Pradesh, si è dimesso in seguito alle rivelazioni su uno scandalo sessuale che lo ha visto protagonista. Il tutto è scoppiato il 25 sera quando una tv locale ha mostrato immagini compromettenti in cui Tiwari che ha 86 anni è disteso su un letto con solo una camicia indosso e in compagnia di due avvenenti escort.

Il Fatto Quotidiano, 27 dicembre 2009

Che vergogna! A 86 anni! Che vecchio porcellone! Mica è un giovincello di 73 anni! A quell’età, si sa, gli ormoni trottano, ma a 86! Orrore! Oltretutto il barbogio si è anche dimesso! Due volte vergogna!

Il mondo alla rovescia…

A Milano sarà intitolata una strada a Bettino Craxi. Il presidente Napolitano lo commemorerà. Che dire? “Il bello è brutto, il brutto è bello..”, si vive nel mondo alla rovescia, dove i ladri sono portati ad esempio e gli onesti sbeffeggiati. In quale paese si intitolerebbe anche un semplice piletto a bordo strada a un pregiudicato? In Italia questo e altro. Del resto cosa aspettarsi da questo paese? Onora i suoi simili, basta procedere per le solite strade: dimenticare il passato e poi reinventarlo per sdoganare tutto. Dimenticare, ad esempio, che i più feroci allora contro l’eroe sono quelli che oggi inneggiano al martire (littorio feltri inventò l’epiteto di “cinghialone”, la lega e il MSI esibivano cappi e divise da carcerato dedicate allo statista). Così ci hanno contato la frottola di craxi “riformatore e innovatore”. De che? Negli anni ottanta non fu fatta una riforma una, in compenso esplose il debito pubblico (era il 57% del reddito nel 1979, arrivò al 93% nel 1988) e iniziò a dilagare l’individualismo e un liberismo d’accatto che si è trascinato fino ad ora, mentre la corruzione diventava un elemento di distinzione, vantata ed esibita.

Se si esalta un contumace come craxi, propongo altre intitolazioni: Piazza Tanzi (a Parma), Corso Ciancimino (Palermo), Viale Corona (Roma), Via Franzoni (Cogne), oltre le già proposte via Bottai a Roma e le esistenti via Almirante, Balbo etc.

Se la croce è brandita come una spada

Se la croce è brandita come una spada (Enzo Bianchi)
in “La Stampa” del 7 dicembre 2009


Prima la polemica sull’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche in Italia, poi il risultato del referendum popolare in Svizzera che vieta l’edificazione di minareti. Le due tematiche sono solo apparentemente affini. In un caso si tratta infatti della presenza di un simbolo religioso in aule pubbliche non destinate al culto, nell’altro invece di un elemento caratterizzante un edificio in cui esercitare pubblicamente e comunitariamente il diritto alla libertà di culto. Resta il fatto che si fa sempre più urgente una seria riflessione sugli aspetti concreti e quotidiani della presenza in un determinato paese di credenti appartenenti a religioni diverse e delle garanzie che uno Stato democratico deve offrire per salvaguardare la libertà di culto.
La paura esiste, è cattiva consigliera e porta a percezioni distorte della realtà – come dimostra anche il recente sondaggio sui timori degli italiani nei confronti degli immigrati -ma proprio per questo non deve essere lasciata alla sua vertigine, ma va oggettivata, misurata e ricondotta alla azionalità, se si vuole una umanizzazione della società. Del resto è proprio l’essere «concittadini», il conoscersi, il vivere fianco a fianco, condividendo preoccupazioni per il lavoro, la salute, la salvaguardia dell’ambiente, la qualità della vita, il futuro dei propri figli, che porta a una diversa comprensione dell’altro. Dirà pure qualcosa, per esempio, il fatto che tra i pochissimi cantoni svizzeri che hanno respinto la norma contro i minareti ci siano quelli di Ginevra e di Basilea, caratterizzati dalla più alta presenza di musulmani.
In Italia l’esito del referendum svizzero contro i minareti ha rinfocolato le polemiche, e non è mancato chi ha invocato misure analoghe anche nel nostro paese, impugnando di nuovo la croce come bandiera, se non come clava minacciosa per difendere un’identità culturale e marcare il territorio riducendo questo simbolo cristiano a una sorta di idolo tribale e localistico. Così, lo strumento del patibolo del giusto morto vittima degli ingiusti, di colui che ha speso la vita per gli altri in un servizio fino alla fine, senza difendersi e senza opporre vendetta, viene sfigurato e stravolto agli occhi dei credenti. La croce, questa «realtà» che dovrebbe essere «parola e azione » per il cristiano, è ormai ridotta a orecchino, a gioiello al collo delle donne, a portachiavi scaramantico, a tatuaggio su varie parti del corpo, a banale oggetto di arredo.
Tutto questo senza che alcuno si scandalizzi o ne sottolinei lo svilimento se non il disprezzo, salvo poi trovare i cantori della croce come simbolo dell’italianità, all’ombra della quale si è pronti a lanciare guerre di religione. Ma quando i cristiani perdono la memoria della «parola della croce», e assumono l’abito del «crociato», rischiano di ricadere in forme rinnovate di antichi trionfalismi, di ridurre il Vangelo a tatticismo politico: potenziali dominatori della storia umana e non servitori della fraternità e della convivenza nella giustizia e nella pace.
Va riconosciuto che la Chiesa – dai vescovi svizzeri alla Conferenza episcopale italiana, all’Osservatore Romano – ha colto e denunciato quest’uso strumentale della religione da parte di chi nutre interessi ideologici e politici e non si cura del bene dell’insieme della collettività, ma resta vero che in questi ultimi anni abbiamo assistito a una progressiva erosione dei valori del dialogo, dell’accoglienza, dell’ascolto dell’altro: a forza di voler ribadire la propria identità senza gli altri, si finisce per usarla e ostentarla contro gli altri. Se la croce è brandita come una spada, è Gesù a essere bestemmiato a causa di chi si fregia magari del suo nome ma contraddice il Vangelo e il suo annuncio di amore.
La vera forza del cristianesimo è invece il vissuto di uomini e donne che con la loro carità hanno umanizzato la società, mossi dall’invito di Gesù: «Chi vuol essere mio discepolo, abbracci la croce e mi segua» e dal suo annuncio: «Vi riconosceranno come miei discepoli se avrete amore gli uni per gli altri». Quando i cristiani si mostrano capaci di solidarietà con i loro fratelli e sorelle in umanità, quando rinunciano a guerre sante e restano nel contempo saldi nel rendere testimonianza a Gesù, a parole e con i fatti, allora potranno essere riconosciuti discepoli del loro Signore mite e umile di cuore.
Sì, le dispute su crocifissi e minareti non dovrebbero farci dimenticare che la visibilità più eloquente non è quella di un elemento architettonico o di un oggetto simbolico, ma il comportamento quotidiano dettato dall’adesione concreta e fattiva ai principi fondamentali del proprio credo, sia esso religioso o laico.

Il Papa alla mensa dei poveri

Il Pontefice in visita alla comunità di S. Egidio dove ha pranzato coi clochard
ROMA
Per la prima volta nella storia, un Papa visita la mensa dei poveri della Comunità di Sant’Egidio, pranzando con circa 150 clochard. Al termine dell’Angelus, durante il quale il Pontefice ha fatto appello a salvaguardare e tutelare la famiglia «perchè è di fondamentale importanza per il presente e il futuro dell’umanità», Benedetto XVI è partito alla volta di via Dandolo, nel rione romano di Trastevere, per sedere a tavola con i poveri.

La mensa, gestita dalla Comunità di Sant’Egidio, è stata aperta nel 1998 per soccorrere i numerosi clochard che ogni giorno bussano per avere un pasto caldo, una coperta, o un vestito con cui coprirsi. All’inizio aiutava circa 40 persone a settimana. Oggi offre assistenza a oltre duemila persone a settimana. In media distribuisce 1.200 pasti al giorno, per il 75% a stranieri. La mensa è aperta tre volte alla settimana: il mercoledì, il venerdì, il sabato dalle 17 alle 20 e fornisce ogni anno 150mila pasti.

In occasione di questo primo bagno di folla del Papa dopo dopo l’incidente avvenuto giovedì notte nella Basilica di San Pietro, quando una donna di 25 anni italo-svizzera si è lanciata contro Benedetto XVI trascinandolo a terra, le misure di sicurezza sono state rafforzate. Anche se, – come ha spiegato padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa della Santa Sede – è «impossibile blindare il Papa e garantire sicurezza al 100%, anche perchè la sua missione è quella di stare in mezzo alla gente».

Il percorso sul quale ha transitato Benedetto XVI a per dirigersi a Trastevere è stato blindato, con controlli a tappetto su cassonetti e auto in sosta; le linee dell’autobus deviate e le strade chiuse. Appena arrivato alla Comunità è stato accolto dal presidente Andrea Riccardi, prima di sedersi a tavola, insieme a un centinaio di clochard. Il menu: lasagne e polpette con lenticchie.
Al termine del pranzo, il Pontefice ha consegnato ai bambini alcuni regali, poi è salito al secondo piano per incontrare e salutare alcuni stranieri che frequentano la scuola di italiano Louis Massignon.

http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cronache/200912articoli/50739girata.asp

Modesta proposta: se anzichè “UNA TANTUM” perchè alla mensa dei poveri non vanno tutti i giorni dell’anno a servire i signori cardinali, monsignori, addetti alla segreterie di stato, maniscalchi, incensieri, turibolanti e compagnia di giro? Non sarebbe male.