Lotta per la memoria. Voghera.

Voghera, targa per i repubblichini sulla prigione di partigiani e antifascisti

di Andrea Giambartolomei

Il sindaco e la giunta Pdl ricordano sei fascisti morti in guerra. Ma nella città centro della Resistenza cittadini e opposizione non ci stanno e minacciano battaglia

La targa in memoria dei repubblichini resta  dov’è, sul muro del Castello Visconteo di Voghera, l’edificio che durante la resistenza fu una prigione per partigiani e antifascisti. Lo ha stabilito il sindaco della cittadina, Carlo Barbieri, esponente del Pdl, che a fine settembre si era detto disponibile a riparlare del caso. Mercoledì, durante il consiglio comunale straordinario convocato sull’argomento, invece non lo era affatto: “Tanto il Pdl ha già deciso: quella lapide non si tocca!”. L’opposizione invece ne aveva richiesto la rimozione, ma non è riuscita a spuntarla, pur dividendo la maggioranza. E stasera ci sarà un presidio di cittadini che la memoria l’hanno ancora viva e conosco le storie dei molti uomini rinchiusi lì dentro solo perché antifascisti durante il ventennio. E non accettano che la memoria si cancelli e si invertano i martiri.

La lapide non porta la firma del Comune o del committente, ma i nomi delle sei vittime “dei tragici eventi della II guerra mondiale”, fucilate “a conflitto concluso” e “senza alcun processo” il 13 maggio 1945. Si tratta di sei esponenti delle Brigate Nere e della Sicherheits, reparto per la sicurezza della Repubblica Sociale Italiana diretto dal commando tedesco nel Nord Italia, attivo nell’Oltrepò.

La decisione venne presa due anni fa dalla giunta di centrodestra guidata dal sindaco Aurelio Torriani. La posa, sollecitata dell’Associazione dei familiari dei caduti della Rsi, fu autorizzata dall’amministrazione con un parere conforme ma senza nessuna delibera, discussione o voto. Così la targa è stata posata il 28 settembre scorso sul muro esterno del centro storico della Resistenza. A Voghera, da cui provenivano le medaglie d’oro Ermanno Gabetta e Franco Quarleri. E’ stato “per pietà dei morti”, ha detto Barbieri.

“Non è lecito usare la pietà per i morti per confondere la ragione – ribatte Roberta Migliavacca, dirigente dell’Anpi di Pavia e membro del comitato “Per dignità e non per odio”, nato per la rimozione della lapide. Non si vuole infangare il ricordo, ma la vicenda sta diventando ridicola. Abbiamo sentito affermazioni disonorevoli sui partigiani. Non si possono dire cose che non hanno alcun riscontro”.

Mercoledì scorso in aula comunale la maggioranza è riuscita a spuntarla con quindici consiglieri contrari alla rimozione, nove favorevoli e sette astenuti (due della Lega, due del Pdl, due dell’Udc e uno di una lista civica). Francesco Rubiconto, consigliere comunale del Movimento Cinque Stelle, denuncia la presenza in Comune di naziskin. “Era come se presidiassero il territorio”, commenta. Una presenza costante a Voghera, raccontano, dove trovano sostegno in alcuni esponenti politici provenienti dalla Fiamma Tricolore.

Da un mese cittadini, partiti e associazioni protestano. E andranno avanti anche dopo il diktat di Barbieri. “Questa sera ci troviamo di nuovo davanti alla targa e rifaremo la manifestazione. Dopodiché nei prossimi giorni organizzeremo alcuni incontri di storia”, annuncia Migliavacca. Nei piani c’è quello di organizzare un convegno perché, “da quel che abbiamo capito, in consiglio comunale la storia è sconosciuta”.

“Continueremo a protestare, perché difendiamo la Costituzione”, conferma Rubiconto. “Sto già lavorando alla preparazione di un convegno a cui inviteremo una moltitudine di storici di tutte le aree politiche. Loro citano sempre Giampaolo Pansa e uno storico di Voghera che faceva il vigile”.

Ma non solo. Migliavacca intende portare la mobilitazione a livello nazionale “perché la vicenda non riguarda solo Voghera, ma c’è un tentativo di sovvertire la storia nazionale”, mentre Rubiconto vorrebbe proporre di mettere tante targhe sul castello quanti sono i morti fatti dal Fascismo: “ Quanti sono? Ottomila targhe, io le chiederò e voglio vedere la giunta che si riunisce e mi da una motivazione per cui non si può fare”.


http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/10/29/voghera-targa-per-i-repubblichini-sulla-prigione-di-partigiani-e-antifascisti/74299/

Bambole, non c’è una lira?!

soldi.jpgFotografia Europea:

Edizione 2009, costo totale: 968.000 euro, bilancio finale: -538.370 euro

Edizione 2010, costo totale: 817.106 euro, bilancio finale: -334.093 euro

Restate-Ost:

Edizione 2009, bilancio finale: -168.326 euro

Edizione 2010, bilancio finale: -70.249 euro

Soli deo gloria

Edizione 2010, bilancio finale: -31.980 euro

(fonte: Reporter, 22.10.2010)

 

Soluzione…

Soddisfo la curiosità dei miei 25 lettori. Le notizie erano TUTTE vere, tutte pubblicate sulla stampa reggiana di ieri. In particolare:

“Tra filosofia e fede con Ruini alla ricerca di Dio” (Gazzetta di Reggio)

“Scoperto a Montecchio un pollo fluorescente” (R.d.Carlino)

“Novellara: 80enne trovato mummificato in casa” (id.)

“Il Reggiano fa scuola e protegge il caffè hawaiano” (Giornale di Reggio)

Resterebbe ora da valutare quale delle quattro sia la più: a. triste; b. buffa; c.impossibile; d. incomprensibile. Ma queste considerazioni le lascio ai miei coniglietti lettori.

E’ la stampa, bellezza!

giornali_2009.gifNoi siamo speciali. Una città che può vantare quattro (4) quotidiani dove la trovate?

Facciamo un giochino: di seguito riporto 4 titoli di articoli usciti oggi sulla nostra stampa locale. Quali sono veri e quali farlocchi? La soluzione-come d’obbligo-nel prossimo post.

 

“Tra filosofia e fede con Ruini alla ricerca di Dio”

“Scoperto a Montecchio un pollo fluorescente”

“Novellara: 80enne trovato mummificato in casa”

“Il Reggiano fa scuola e protegge il caffè hawaiano”

A margine di un convegno

Qualche parola a margine del Convegno “Violenza politica e lotta armata negli anni Settanta” che Istoreco ha tenuto  il 21-22 otttobre a Reggio (Aula Magna UniMoRe). Due giornate di riflessione, di confronto, di approccio al problema della violenza politica attraverso ricerche in corso di giovani ricercatori di tutta Italia. Bene, bravi (è vero). Ma. Sulla stampa locale e nazionale articoli e articolonzi incentrati su “perchè non parlate della BR a Reggio”(se n’era già parlato nel primo seminario a Firenze in maggio..)? Siete reticenti, servi, seminaristi, fiancheggiatori etc. Articoli scritti da chi? Da chi al Convegno non ha messo neppure un piedino, non ha chiesto i papers prodotti dagli autori, non ha fatto la classica telefonata per chiedere “che si dice?”. Ottimo e abbondante.

Nessuna presenza del Comune di Reggio Emilia, manco per il solito, patetico, “saluto delle autorità”, all’insegna dell’orrido “scusate, ma non posso fermarmi…”. Nulla. Eh, già che si vuole, un convegno, noi siamo oltre. Intelligenze troppo sopraffine per abbassarsi. Per dirla con il Giusti: “Ah, intendo: il suo cervel, Dio lo riposi, in tutt’altre faccende affaccendato, a questa roba è morto e sotterrato.”

Presenza di amministratori/politici? Da contare sulle dita della mano destra. E’ un bel segnale, diciamocelo. Possiamo stare tranquilli. I nostri amministratori/politici sanno già TUTTO. Non possono perdere tempo a un convegno. E dire che alcune relazioni mostravano anche foto e figurine, che magari quelle le capivano…

Leggere! Leggere!

cop.aspx.jpegPaul Ginsborg, Salviamo l’Italia, Einaudi 2010

Il 150° anniversario della nazione non dovrebbe essere solo l’occasione per sventolare bandiere tricolori o indulgere nella retorica: richiede invece un ripensamento profondo sulla storia d’Italia e sul contributo del Paese al futuro del mondo moderno. A tal fine si rivisitano le grandi figure del Risorgimento (da Cattaneo a Cavour, da Manin a Pisacane, da Mazzini a Garibaldi) così che le loro riflessioni si mescolano in presa diretta alle nostre. Per “salvare” l’Italia, Paul Ginsborg fa affidamento su alcuni elementi fragili ma costanti presenti nel nostro passato: l’esperienza dell’autogoverno urbano, l’europeismo, le aspirazioni egualitarie e l’ideale della mitezza. Fondamenti dotati della carica utopica necessaria per creare una patria diversa.

Intervista a P.Ginsborg a Fahreneit, 22.10.2010

http://www.radio3.rai.it/dl/radio3/programmi/PublishingBlock-5baf1c7e-3861-4347-aa08-285c548bd1b4-podcast.html?refresh_ce

cop-1.aspx.jpegJohn Foot, Fratture d’Italia, Rizzoli 2009

Gli italiani non sanno osservare con distacco la loro storia del Novecento. Ogni giudizio è determinato dalle passioni e dalle appartenenze politiche. E non solo i giudizi: risulta difficile perfino stabilire la realtà dei fatti. San Miniato, luglio 1944: fu strage nazista o bombardamento americano? Monza, estate 1900, Gaetano Bresci uccide Umberto I: gesto anarchico isolato o complotto politico? E poi l’avventura coloniale, le foibe, l’emigrazione, il terrorismo… Troppe sono le “verità” italiane, tutte assolute, tutte in contraddizione fra loro. Nei decenni hanno lasciato memoriali, monumenti, anniversari, lapidi, targhe, libelli tesi a dimostrare una versione dei fatti: anche a dispetto dei fatti stessi. Attraverso questi segni visibili della storia John Foot racconta, da studioso e da straniero, un’Italia incerta e belligerante. Che resterà soltanto un’espressione geografica finché non saprà ricomporre e pacificare la propria memoria.

John Foot (Londra 1964) insegna Storia italiana contemporanea presso il Dipartimento di italiano dell’University College di Londra, e divide la vita fra la capitale inglese e Milano. Oltre ad aver diretto il documentario Ringhiera. Storia di una casa (2004), in Italia ha pubblicato Milano dopo il miracolo. Biografia di una città (Feltrinelli 2003) e Fratture d’Italia (Rizzoli 2009).

Se le bugie negazioniste diventeranno un reato

Fare i conti con la realtà di Auschwitz e della Shoah è un compito che ci sta davanti, che domina il nostro presente e dominerà il futuro della nostra specie

di ADRIANO PROSPERI

SI TRATTA di un peso insostenibile. È un passato che non passa: e che non deve passare se questo significa affidarlo al metabolismo illimitato di una storia come galleria degli orrori. Né deve essere oggetto di comprensione, se comprendere significa giustificare. È la sua realtà storica che deve essere conosciuta. E questo è un compito immenso, appena avviato e sempre minacciato dal bisogno di sfuggire, di ridurre, di negare. È qui che si affacciano i «negazionisti» e i «riduzionisti»: termini orrendi.

Preferiremmo parlare, con Pierre Vidal-Naquet, di «assassini della memoria». L’ultimo in ordine di tempo è un professore che si è appellato a una nozione notarile della storia: manca un atto con firma autografa di Hitler, dunque il dittatore nazista non è colpevole della Shoah. E forse Hitler non è nemmeno morto. E forse le leggi razziali fasciste sono state azzerate da quegli italiani che ci piace immaginare come brava gente.

Prende così forma in un depresso e deprimente contesto italiano di barzellette antisemite e di rigurgiti razzisti e clerico-fascisti l’ennesimo caso di fuga dalla storia come verità verso una storia come proiezione delle illusioni del momento, falsificazione del certo e del documentato. Bisognerà forse cacciare quel professore dall’università, medita un ministro incapace di fornire a chi studia e insegna il minimo indispensabile di risorse. O non si dovrà punire per legge i negazionisti, come propone il presidente della comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici?

Diciamo subito che comprendiamo la reazione di sdegno e di sconforto dei membri della comunità ebraica romana. La tragica eredità di memoria che quella comunità reca nel cuore dei suoi membri ha trovato voce corale nelle testimonianze rese di recente dai suoi membri che la benemerita attività editoriale di Daniel Vogelmann con la sua «Giuntina» manda in libreria in questi giorni. Ma crediamo che si debba dissentire senza incertezze dalla proposta di affidare a una legge il compito di far rispettare la verità storica. Il principio della libertà intellettuale e l’inviolabile diritto di ciascuno a non essere punito per legge per le proprie convinzioni sono il frutto di secoli di lotte contro l’intolleranza e la censura di poteri religiosi o politici.

Sarebbe una vittoria postuma dei regimi totalitari sconfitti al prezzo di un’immane conflitto mondiale se nella nostra repubblica democratica si dovesse ricorrere alla barriera del codice penale per difendere dalle deformazioni e dagli errori la verità storica. La verità della storia è tutelata quando esiste la tranquilla coscienza che l’indagine degli storici ha per oggetto il passato come realtà di cose accadute. È solo così che si reagisce alla cultura del falso e dell’apocrifo, alla fabbrica della propaganda e della disinformazione, alla confusione deliberata tra ricerca del vero e «fiction», alla riduzione della storia a racconto piegato a piacere a seconda delle convinzioni soggettive.

La riduzione del lavoro degli storici a una costola dell’invenzione romanzesca ha conosciuto una moda diffusa nei decenni del tardo ‘900: prova se ce ne fosse bisogno che la malattia del nostro tempo ha una radice nell’incapacità di fare i conti con la realtà di Auschwitz. Una realtà talmente enorme e spaventosa da spingere a evitarla nei due modi opposti della negazione e della ritualizzazione retorica della memoria. Dobbiamo diventare consapevoli che quella realtà non è nata come un fungo, non è un tumore che può essere escisso isolandolo da tutto il percorso che lo ha generato o circoscrivendolo cautelosamente con una norma di legge. Non è né col codice penale né coi «giorni della memoria» che si fa fronte alla pulsione a ripetere gli errori del passato o addirittura a farne l’apologia.

I rigurgiti di antisemitismo che affiorano ogni giorno in Italia si curano con la volontà di fare i conti con la realtà storica di qualcosa che ci appartiene, che è stato generato dal profondo della storia europea ed è stato portato all’ultima maturazione dall’Italia fascista e dalla Germania nazista. Ed è tanto più urgente farlo in un paese come il nostro, dove la rinascita repubblicana non ha avuto la forza necessaria per affrontare in radice le responsabilità del passato e rendere giustizia alle vittime. Una giustizia che coincide con la verità. La storia come ricerca del vero e la memoria come dimensione del ricordo sono realtà diverse: ma vivono quando sono legate insieme da una tensione speciale. C’è stato il tempo dei testimoni, dei superstiti.

E poi c’è stata la verità delle carte. Oggi è il tempo di scegliere con decisione la via giusta per opporsi alla minaccia della distruzione della memoria. Lo storico Michele Battini ha parlato in un libro recente della condizione di «estrema solitudine» in cui oggi gli ebrei italiani e non italiani affrontano il ricordo della Shoah. E ha ricostruito la lunga elaborazione di un falso, quella leggenda del «complotto ebraico» che fu la premessa del complotto vero, quello destinato alla distruzione degli ebrei come obbiettivo primario del nazionalsocialismo e del fascismo.

Ma c’è anche una solitudine di chi indaga la verità storica coi poveri mezzi e con l’asfittica burocrazia di una università in gravissima crisi. Compito del governo di un paese democratico non è quello di cacciare dall’Università un povero untorello del negazionismo ma quello di ridare slancio alla ricerca e speranza di futuro ai giovani. Oggi abbiamo bisogno di tutta la loro intelligenza per fare i conti con la storia che ha prodotto Auschwitz: la nostra storia.

“De bestemmiorum Fenestrae causa liceitate”

designed_for_windows_xp-214x300.jpgChi di voi, e siete (ahimè) la maggioranza, fa uso di due armi di incazzatura di massa come un PC con Windows e Word di Office/Microsoft potrà capire.

Abituato nelle verdi, eleganti, praterie di Mac, mi ritrovo, come in un incubo (tipo peperoni e cavoletti alla sera) a dover lavorare con questi “strumenti” (si fa per dire). E mi sento come in una perversa  macchina del tempo, ripiombato dal web alla carrozza, dal sms al piccione viaggiatore (che almeno si poteva fare arrosto).

Batoli andava a Carpiteti passando sul ponte del Crostoso”. Bello, no? Poesia futurista? Messaggio in codice? Delirio da troppo nocino? No. Realtà. Provate a digitare “Bartoli andava a a Carpineti passando sul ponte sul Crostolo” e vi verrà fuori esattamente quello.

La correzione automatica? Ma che correzione è se vi introduce lei errori più o meno ridicoli? E poi mi chiedo: ma che dizionario hanno installato? Capisco che la macchina al mio “Prampolini” sostituisca “Trampolini” (è una fesseria ma ha una sua logica), sopporto ancora che digitando Dossetti l’amico chippato ci metta “Rossetti”, ma “Carpiteti”?? Cosa sono i “carpiteti”? Cugini dei cercopitechi? Epiteti che si lanciano carponi?

La rivelazione mi coglie andando su Google. Digito “Carpiteti” e lui che mi risponde? “Forse volevi cercare Carpineti”. Un sospetto mi viene cercando sinonimi di “Carpiteti”. La macchina mi suggerisce “presi, estorti, portati via”. Ma allora i “carpiteti” sono i cugini dei “carpiti”(participio passato maschile plurale di “carpire”)? Cionfòli, ci voleva tanto a dirlo? Ma che forma verbale è, participio passato di “carpìtere”? Sono ben accette tutte le ipotesi, anche le più sfrenate.

Veniamo poi a “crostoso”, stavolta almeno la forma esiste nell’italico eloquio: è un aggettivo che, logicamente, significa “pieno di croste”. E qui la cosa ci può stare, visto che anche la forma latina di Crostolo (“Crustuneus”) è riconducibile a Crusta, appunto “crosta”. Ma “Crostoso” qualcuno l’ha mai sentito/letto/usato? Vi immaginate il dialogo fra marito e moglie al risveglio: “Caro, come mi trovi?”, “Cara, a parte il tuo viso crostoso, come al solito…”. E poi dicono che il numero degli uxoricidi è in aumento!

E “Batoli” direte voi? Conosco rispettabili signori Bartoli, cognome originato dal plurale del nome Bartolo/Bartolomeo. Ma per Word e il demente tossicomane che ha curato il suo dizionario ciò non può contare. “Bartoli”? Niet. Per lui esiste solo “Batoli”, ridente località del Punjab pakistano. Del resto chi di noi non ha trascorso almeno un weekend a “Batoli” con un signor “Batoli” alzi la mano. Mah…

Altra  implorazione (a proposito Word mi suggerisce in alternativa “imploratine”?!): aiutiamo il criceto di Windows! Deve essere un criceto quello che corre all’impazzata nella sua gabbietta rotonda quando aspettiamo che Explorer ci apra una pagina web. Una volta c’era una leggiadra clessidra, severa, in bianco e nero. Filosofica allusione: il tempo passa, cavolo vuoi? Poi Gates e i suoi hanno fatto un passo avanti (in che direzione non saprei, ma ho qualche sospetto) e si sono inventati la gabbietta del criceto, un circoletto azzurrino con dentro quel povero disgraziato che corre come un frullino impazzito. Passano i secondi, i minuti e allora tu, povero utente, mosso da animalistica pietà vuoi fermare quella corsa inutile e disperante. Che fai? Clicchi sulla crocetta rossa a fianco dell’indirizzo web. Vuoi fermare quell’inutile sofferenza. Nulla. Niente. Il criceto non ferma. Imperterrito gira, gira, gira…Ah, ovviamente la pagina non si apre, ma di questo ve ne eravate già fatti una ragione. Ma il criceto no, lui ci spezza il cuore.

Ultima cosa: dopo le considerazioni davvero sapide, sagaci e provvidenziali di mons. Fisichella sulla pubblica bestemmia del premier mascarato (“si deve valutare il contesto”), chiedo venga testè emessa apposita Bolla papale dal titolo: “De bestemmiorum Fenestrae causa liceitate”, che autorizzi, appunto, i poveri cristiani a tirare madonne nel corso del loro uso di Windows (fenestrae, appunto). Vabbè che Gates ci prenda per i fondelli e ci faccia su i dollari, ma andare all’inferno per colpa sua questo no!

“La Shoah? Una fandonia, un complotto”

“La Shoah? Una fandonia, un complotto”
viaggio nel negazionismo via internet
Siti, blog, forum spesso registrati all’estero per bypassare le eventuali restrizioni. Si va da quelli dei movimenti neonazisti a quelli più o meno ufficiali di Forza Nuova, a profili privati sui social network. Interventi non sempre anonimi

di MARCO PASQUA

102209563-fadc4272-a454-442a-ba01-e27fa35ed4ec.jpgDai forum dei movimenti neonazisti a quelli, più o meno ufficiali, di Forza Nuova, passando per privati profili di Facebook e blog a tema. I negazionisti italiani e, soprattutto, i loro simpatizzanti, sfruttano il web per far circolare le loro assurde tesi che mirano a diffondere la convinzione che il piano di sterminio degli ebrei, disposto dal regime nazista, non sia mai esistito. Non sempre si nascondono dietro all’anonimato e, talvolta, firmano i loro interventi con nome e cognome. Alcuni di loro sono disposti ad ammettere che i nazisti hanno fatto delle vittime, ma certamente non nelle “camere a gas”, di cui negano l’esistenza. I loro siti sono spesso registrati all’estero, con l’intento di bypassare le eventuali restrizioni sui contenuti imposte da alcune piattaforme di blogging. Contenuti che sono costantemente monitorati dalla polizia postale che, alcune volte, riesce a contestare loro la violazione della legge Mancino. Una lista di queste pagine web era già finita al centro di un’indagine promossa dal Comitato di indagine conoscitiva sull’Antisemitismo, presieduto dalla deputata Fiamma Nirenstein, e oggetto di minacce sugli stessi siti.

Il forum neonazista Stormfront, nella sua versione italiana, ospita spesso interventi in difesa dei negazionisti, con attacchi agli esponenti delle comunità ebraiche italiane e a quei politici che si battono per la difesa della verità storica. Sito registrato in America, espone in homepage una croce celtica e la scritta, in inglese, “orgoglio bianco mondiale”. Il suo fondatore, Don Black, è un ex leader del Ku Klux Klan. Alcuni thread sono dedicati al tema della Shoah, definita “una fandonia” oppure “un complotto ebreo”, ma anche “la colonna portante di un castello di menzogne, una colonna di cartapesta, che può e deve essere abbattuta”. I commentatori abituali, che arrivano anche a negare la veridicità dei fatti narrati da Anna Frank nel suo diario (“i fatti da lei narrati non sono una prova del piano di sterminio”), sono protagonisti di insulti contro “i truffatori ebrei” ma anche contro i media controllati, a loro dire, dalla lobby ebraica. Su questo forum circolavano, nel 2008, le canzoni dei 99 Fosse, il gruppo che irrideva la Shoah, ridicolizzando il tema dei morti nei campi di concentramento con parodie di canzoni famose.

Anche i simpatizzanti e i militanti del movimento di estrema destra Forza Nuova hanno una loro tribuna virtuale, dalla quale vengono lanciati insulti antisemiti. La strategia è la stessa dei revisionisti: negare le cifre dello sterminio e minare la credibilità delle certezze acquisite dalla ricerca storica ufficiale. “Tutti i tabù sono caduti tranne questo, ma è solo questione di tempo, perché l’opprimente Diga Liberticida è infiltrata da mille rivoli di verità”, scrive un utente a proposito dell’Olocausto, riguardo al quale, viene sostenuto più volte, non esistono documenti che testimonino l’ordine di sterminio fisico degli ebrei. E’ questo, uno dei punti cardine della lezione tenuta da Claudio Moffa 1 all’università di Teramo, alla fine di settembre (il docente viene citato ad esempio dai militanti forzanovisti). E poco importano i racconti dei testimoni, sopravvissuti alla Shoah, e le verità ricostruite dagli storici: i negazionisti non sono disposti ad ammettere che le loro tesi non possono trovare alcuna credibile conferma storiografica. Sempre dal forum riconducibile a Forza Nuova, partono attacchi antisemiti agli esponenti delle comunità ebraiche, mentre si accusa Roma di non “saper tenere a bada la manesca, fanatica tribù di Giuda. Ora questa Roma alla vaccinara antifascista ne teme la vendetta”. Stesso tenore nei commenti sul forum dedicato a Benito Mussolini, i cui utenti inneggiano al presidente iraniano Ahmadinejad, per aver negato l’Olocausto.

Tra i siti registrati all’estero, c’è “Vho”, che fa capo alla Castle Hill Publishers, casa editrice di Germar Rudolf, colonna portante della storiografia revisionistica. Negli anni Novanta è stato condannato a 14 mesi di carcere, mentre successivamente la magistratura fece confiscare un suo testo negazionista. Fuggito in Inghilterra, dove ha fondato la sua casa editrice, nel 1999, in seguito alle pressioni esercitate dalla Germania, si è rifugiato in America. Nel 2006, dopo che gli Stati Uniti hanno respinto la sua richiesta di asilo politico, è stato rispedito in Germania, dove ha scontato una condanna a due anni e sei mesi di carcere. Il sito, registrato negli Usa, raccoglie una serie di link a testi di negazionisti, tra i quali figura l’italiano Carlo Mattogno. E’ tradotto in cinque lingue e, come è immaginabile, si batte per una pseudo-libertà di ricerca “scientifica non conformista”, e per contrastare le leggi che, in alcuni Paesi europei, prevedono l’arresto dei negazionisti. Tra le sue finalità, c’è “l’assistenza finanziaria ai revisionisti che, a causa del proprio operato, vengano sottoposti a processi giudiziari, ad aggressioni fisiche o a calunnie, o che vengano vittimizzati o perseguitati in altra maniera”. “Il momento, per i revisionisti, non è allegro – si legge nella pagina principale –  non solo la ricerca storica e scientifica non conformista – quando si tratta di ‘Shoah’ – è  penalmente perseguita nella maggior parte dei Paesi europei, ma addirittura Ernst Zündel e Germar Rudolf, dopo essere stati subdolamente deportati dagli Stati Uniti, sono stati recentemente condannati in Germania. Tutto questo solo per aver scritto e pubblicato libri e articoli critici della versione ufficiale dell”Olocausto’. Dunque anche l’Unione Europea (come la vecchia Unione Sovietica) ha i propri prigionieri politici”.

Le vignette antisemite di Holywar, articolazione web di un “Movimento di Resistenza Popolare L’Alternativa Cristiana”, sono spesso fatte circolare tramite Facebook, e vengono continuamente aggiornate, anche seguendo le evoluzioni dell’attualità politica italiana (il che lascia presupporre che sia curato da mani italiane). Quasi sempre si tratta di attacchi a singoli esponenti politici: oltre al sindaco di Roma, Gianni Alemanno (ritratto spesso con Riccardo Pacifici, presidente della comunità ebraica romana), si insultano “l’ebreo Mario Draghi”, ma anche Gianfranco Fini, la compagna Elisabetta Tulliani e il fratello di lei, Giancarlo, (definiti “i soliti arroganti ebrei”). Vengono riportati testi che dimostrerebbero le “falsificazioni fotografiche” relative alla Shoah. Anche qui si sostiene che “il diario di Anna Frank sia stato un falso clamoroso”. Il sito è intestato a nome del norvegese Alfred Olsen, cattolico tradizionalista. Nel 2000 fece discutere, perché mise in rete i cognomi di 9.800 famiglie ebree italiane. Quella lista c’è ancora oggi, su una pagina dominata dalla stella di David e della locandina di un Dvd antisemita (acquistabile online).

La nascita della fondazione dell’associazione AAArgh (acronimo che sta per Associazione degli Anziani Amatori di Racconti di Guerra e di HOlocausto) risale al 1996, e la sua pagina web è tradotta in 22 lingue, tra le quali figura anche l’ebraico. Oltre a testi revisionistici europei, ci sono molti interventi contro chi propone, in Italia, di introdurre leggi che puniscano le teorie dei negazionisti.

Variopinto il panorama dei blog personali, anche se pochi pubblicano materiale con costanza. Da quelli che ripropongono i testi dell’italiano Carlo Mattogno (che, viene scritto, è a capo della “ditta di olo-demolizioni”) a siti dedicati ai negazionisti arrestati. Come “Olotruffa”, aperto per celebrare, si legge nella sua homepage,  quei negazionisti “discriminati, perseguitati, condannati, deportati ed internati per anni nei lager olo-sterminazionisti per lo psicoreato di ‘leso olocausto'”. Anche Andrea Carancini, su un blog che porta il suo nome, si occupa di negazionismo sul web dal 2008, dando notizia degli storici arrestati, in Europa, e traducendo testi di revisionisti stranieri.

Tutti siti, questi, che vengono monitorati dalla polizia postale che, in alcuni casi, riesce ad applicare la legge Mancino, che permette di perseguire l’incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici religiosi o nazionali. Così, nell’aprile del 2009, la magistratura ha individuato e denunciato per propaganda di idee fondate sulla superiorità e sull’odio razziale, un pensionato 61enne, curatore di “Thule-Toscana”, in cui si sosteneva, tra le altre cose, che nei lager nazisti si svolgessero attività ricreative (una delle teorie che accomuna quasi tutti i negazionisti). La sua pagina web è stata sequestrata dalla Procura di Arezzo, città nella quale aveva sede il provider della pagina. Lo scorso mese di marzo, invece, è stato individuato il referente italiano del Ku Klux Klan, che, oltre a predicare la superiorità della razza bianca, insultava ebrei ed omosessuali.

http://www.repubblica.it/cronaca/2010/10/15/news/la_shoah_una_fandonia_un_complotto_viaggio_nel_negazionismo_via_internet-8071892/

Voi chi ci mettereste? 33 nomi per S.Josè..

073041932-163860b9-e37f-4f55-9452-fa23ff2ab67c.jpgIn queste ore sta andando in porto l’azione di salvataggio dei 33 minatori cileni. Bene, bravi, viva. Però. Una volta tirati fuori i 33 mineros là sotto rimane tanto posto libero, perchè sprecarlo? C’è anche pronta la capsula-ascensore…

Allora chiedo ai miei 25 lettori di mettere giù il loro elenco di 33 persone da spedire nel deserto di Atacama in fondo a quel pozzo minerario. Un bell’elenco per il pozzo di San Josè. Aspetto fiducioso….