Basta (Beppe Sebaste)

basta.jpgBasta (lettera aperta al Pd)
Chi scrive, sia chiaro, vorrebbe da anni pensare e scrivere altro, soprattutto in una pagina di cultura. Ma trova agghiacciante l’idea, realistica se non addirittura banale, che Berlusconi la sfanghi anche stavolta (come al solito, dicono i giornali esteri, che non disprezzano tanto o solo lui, ma gli Italiani che lo supportano), e sconvolgente che si dibatta della sua criminale, abituale condotta di primo ministro in termini giuridico-legali, versione della difesa contro versione dell’accusa, come se fosse credibile e creduta da qualcuno una ragione diversa per la presenza di escort minorenni ad Arcore la notte; come se non fosse già oltre il limite della dignità di una nazione che un premier debba “rispondere” di cose così ai giudici, e non fosse già ampiamente motivo, ovunque, di dimissioni immediate e vergognose.

Ma questo governo è sostenuto (adesso!) da transfughi del Pd (v. Calearo, geniale invenzione delle ultime liste elettorali), mentre il Pd ripete come un mantra, un loop, un disco rotto, che Berlusconi sta “oltrepassando”… che cosa? la misura, i limiti, ecc. Ha già oltrepassato tutto da anni, e da anni c’è bisogno di intransigenza, non di quelle connivenze linguistiche e non solo che hanno eroso la comunità “elettiva” del Pd. Aveva ragione Luttazzi: il “bunga-bunga” è ciò che Berlusconi fa da 15 anni all’Italia (la devastazione antropologica) e alla sinistra consenziente (la corruzione politica e mentale).
21985BASSA.jpgCara Sinistra, caro Pd, sono e siamo stanchi. Per favore, se davvero volete rappresentare me e gli altri che la pensano come me e non ne possono più di questo scempio ignobile, basta con le tattiche, basta con il tè e i biscottini. Uscite dai palazzi e restate in piazza a oltranza, come in Albania e Tunisia, finché questa tragica farsa non si chiuda. Coi despoti non si discute educatamente, si abbattono. Poi parliamo d’altro. D’altro, capite?

http://beppesebaste.blogspot.com/2011/01/basta-lettera-aperta-al-pd.html

I masopardi (L.Telese)

La mattina in cui Berlusconi cadde, sotto la spinta delle manifestazioni popolari (bipolarismo modello tunisino), il direttore generale Mauro Masi, detto “il RAIs”, varcò l’ingresso di via dell’Arancio, dopo aver chiesto un colloquio a Massimo D’Alema: “Massimo, tu lo sai, ai tempi del tuo governo con te ho lavorato benissimo, sono sempre stato sono un tecnico: contro Santoro non ho mai avuto nulla di personale. Eseguivo gli ordini. E sono disposto a chiedere sinceramente scusa e a rimettermi al servizio del paese”. Il presidente del Copasir sospirò malinconico: “Mauro, lo so bene, ma qui tutto è in mano ai girotondini di Moretti e D’Arcais, dove andremo a finire?”

La mattina in cui Berlusconi si dissolse, abbattuto da una intifada di pietre (modello egiziano), il presidente dell’Agcom, Corrado Calabrò, varcò il portone di via del Nazzareno, per un colloquio con Pier Luigi Bersani: “Pierluigi, tu lo sai, mentre Masi faceva di tutto per chiudere Santoro, io – anche senza clamore – ho fatto resistenza passiva. Adesso penso di dover essere premiato, cosa ne pensi di me alla Rai, come una figura di garanzia istituzionale?”. Bersani accigliò lo sguardo e rispose: “Corrado, tu lo sai quanto ti stimo, ma purtroppo c’è Di Pietro che ringhia come un mastino, vuole fare un piazzale Loreto, sono solo dei talebani”.

La mattina in cui Berlusconi si schiantò affondato da una vandea popolare (modello Berisha) Nicole Minetti chiese un appuntamento a Walter Veltroni: “Walter, parliamoci chiaro, sono proprio le intercettazioni che lo dimostrano: io combattevo il berlusconismo da dentro, ero la contraddizione in senso al sistema. Se non ci fossimo state io, Patrizia e Noemi, quel maledetto culo flaccido sarebbe ancora lì. Vorrei organizzare un centro massaggi per la tua corrente o in alternativa occuparmi di pubblica istruzione”. Veltroni scosse la testa e abbassò gli occhi: “Cara Nicole, figurati se ho un pregiudizio. Mi sono caricato persino la Madia e la Pedoto, tu hai grinta e passione, guardando le tue tette più volte mi è venuto in mente Kennedy. Purtroppo la sinistra è in mano a Vendola, ha messo una odiosa clausola discriminatoria che ci impedisce di assumere igieniste dentali”.

La mattina in cui Berlusconi cadde, dopo il rinvio a giudizio dei magistrati, Marina prese il potere in 24 ore: Moretti, D’Arcais, Di Pietro, Vendola, Mussi, Santoro, Vauro, Grillo, i girotondini, Rodotà e tanti altri furono deportati negli studi del Grande Fratello, a Cinecittà, provvisoriamente trasformati in lager. Masi fu premiato per aver salvato il paese dal caos, con la cancellazione di Annozero. Varò subito un nuovo regolamento per garantire all’Opu (Opposizione Politicamente Utile) il 15% dello spazio nelle tribune del Tg4. Nel suo primo intervento Pier Luigi Bersani sferrò un duro attacco al governo: “Ora più che mai torno a proporre un governo di vera alternativa , guidato da Tremonti”. Ma Tremonti non c’era più: travolto dallo scandalo dei “fanciullini”, dopo le rivelazioni del settimanale Chi. L’ultimo leader dell’Opu che riuscì a dire qualcosa fu Massimo D’Alema che riuscì a resistere. Il suo rifugio di St. Moritz rimase , malgrado tutto, inespugnabile.


http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/01/29/i-masopardi/89191/

Regiensia

Cosucce dalla Città del Tricolore.

tito.jpgTitototitù

Che la destra reggiana fosse messa male era noto, del resto se si arriva a candidare Filippi e a lasciare l’iniziativa (si fa per dire) politica alla lega significa che anche la canna del gas è solo un bel ricordo. Ma che, approssimandosi il giorno del rikordo si tirasse fuori il povero Josif Broz (in arte “Tito”) pur di far un po’ di spolverino lascia solo un sapore vampiro in bocca degno di altri tempi. E così parte la giostrina del nulla: interpellanza (cambiamo nome alla via)-intitoliamola al sem.Rivi-discussione in Consiglio-sdegno dei proponenti dopo la ovvia bocciatura-conferenza stampa di Evola e soci-articolotti sulla stampa locale.

Bene. Tutti contenti. Evola e i suoi che hanno fatto la pisciatina per segnare il territorio (come a dire: non contiamo un piffo ma ci siamo ancora), i giornali che hanno riempito un po’ di spazio altrimenti bianco. I kattolici di comunione&fatturazione che sono insorti contro i cattocomunisti che hanno bocciato il povero Rivi, etc…

L’unica risposta saggia è stata quella dei malcapitati abitanti di Via Tito: “Pensassero a sistemarci le buche e a migliorare il traffico”. Facile, semplice.

viaggiolo.jpgSti’ partigiani! Anche antisemiti!

Che i poveri partigiani portino le colpe del mondo è noto. Fra un po’ Wikileaks ci dirà che l’11 settembre è opera di una Brigata aerea Garibaldi. Puntuale come ogni anno, il nono nano, il caro Tadolo, ripropone il solito articolo “Olocausto, il silenzio dei partigiani”. Da lunghe ricerche (chissà dove, forse in miniera) ha evinto che i partigiani erano quasi antisemiti o, almeno, della Shoah (alla quale collaborarono con zelo gli avi del nostro) non gliene fregava una cippa. La prova? Banale: non hanno mai attaccato Fossoli per liberare gli ebrei là rinchiusi in attesa di deportazione. Diabolico! Stavolta ci ha fregato. Però. Magari riguardare quei numerini che si chiamano date? Compulsare quei fogli variopinti con numeretti rossi e neri che si chiamano calendari? Nahhhh, troppo facile. Roba da noiosi storici. Magari avrebbe potuto trovare elementi che ci dicono come quella tesi sia proprio una gran stro.. (strologata, cosa avete capito?). I trasporti da Fossoli ai lager si svolsero fra febbraio e fine giugno. Poi il campo a metà luglio, decisione operativa inizi agosto, fu trasferito a nord a Bolzano-Gries e Fossoli rimase come campo di internamento per civili. Quindi i perfidi partigiani avrebbero dovuto attaccare un campo tedesco, in piena pianura, gestito e difeso da SS (che non vuol dire Signorine Sissignore), verso marzo, aprile, maggio 1944. Peccato che in quei mesi i partigiani…quasi non ci fossero neanche. L’organizzazione era agli inizi, l’afflusso di massa verso la montagna inizia dopo la scadenza dei bandi di arruolamento il 24 maggio. In montagna le formazioni reggiane e modenesi dopo Monchio e Cervarolo (18-20 marzo) si erano sbandate e tornano ad organizzarsi 1 mese dopo. In pianura i SAP iniziano ad avere un minimo di struttura (e si parla, per lo più, di partigiani part-time) in giugno-luglio. Tant’è che fra i motivi della decisione di portare il campo a Bolzano-in agosto-è quello di toglierlo da una zona che sta diventando infida. In marzo-aprile-maggio chi avrebbe dovuto attaccare il campo? I perfidi GAP comunisti? Cioè, fra Reggio e Modena, una quarantina di persone? Ricordiamo che un attacco serio a una struttura militare seria in campo aperto, il Comando di Albinea, avverrà solo 1 anno dopo e grazie agli appoggi degli alleati (e la loro diretta partecipazione).

Ma, si sa, i partigiani erano talmente vili che non avevano coraggio di attaccare neanche quando…non c’erano. Magari Tadolo, fra un po’ ci tirerà fuori una testimonianza segreta, fornita da Filippy, al quale l’ha data un anonimo che non può nominare, secondo la quale il resposnabile del non-attacco fu il solito Eros, agente dell’antisemitismo staliniano. Attendiamo fiduciosi.

Giornata della memoria: “ebrei e massoni..”

“..la pedofilia é una cosa orrenda e basterebbe un solo caso per far gridare allo scandalo, ma mi consta che anche in altre confessioni ve ne siano e in proporzione maggiore a quella della Chiesa cattolica”.

untitled.JPGMa chi orchestra questa manovra?: ” .i nemici di sempre dei cattolicesmo, ovvero massoni ed ebrei e l’intreccio tra di loro a volte é poco facile da capire”. Precisa: ” ritengo che sia maggiormente ….. un attacco sionista, vista la potenza e la raffinatezza, loro non vogliono la Chiesa, ne sono nemici naturali. In fondo, storicamente parlando, i giudei sono deicidi.

” l’olocausto fu una vergogna per la intera umanità, ma ad esso occorre guardare senza retorica e con occhi attenti. Non crediate che Hitler fosse solo pazzo. La verità é che il furore criminale nazista si scatenò per gli eccessi e le malversazioni economiche degli ebrei che strozzarono la economia tedesca. Una tanto veemente reazione si deve anche a questo, la Germania era stanca delle angherie di chi praticava tassi di interesse da usura”.

” Cristo é il Redentore, é morto anche per la salvezza degli ebrei e di tutti e ciascuno di noi giornalmente lo crocifigge col peccato, ma dal punto di vista storico, si trattò di deicidio, bello e buono”.

“Bisogna trattare coloro che solo hanno tendenze omosessuali con delicatezza e senza infierire, con misericordia. Ma accettino serenamente la loro croce e la malattia con santa rassegnazione. Altri invece praticano la omosessualità e persino se ne vantano. A loro dico che persino gli animali rispettano l’ordine della natura e loro no, da questo punto di vista meglio la regolarità degli animali”.

Monsignor Giacomo Babini, Vescovo Emerito di Grosseto.

goebbels-240x348.jpgUna simile evangelica dichiarazione, degna del caro dott.Goebbels (di cui la fisiognomica ci svela essere un cugino di II grado), si trova sul sito Pontifex in: Massoni ed ebrei contro il Papa. Sbagliato chiedere perdono, di che cosa. Gli ebrei da sempre nemici della Chiesa e deicidi. Omosessuali? Misericordia, ma gli animali sono più ordinati di loro. Caso Claps: sconsacrata la Chiesa

(http://www.pontifex.roma.it/index.php/interviste/religiosi/3973-massoni-ed-ebrei-contro-il-papa-sbagliato-chiedere-perdono-di-che-cosa-gli-ebrei-da-sempre-nemici-della-chiesa-e-deicidi-omosessuali-misericordia-ma-gli-animali-sono-piu-ordinati-di-loro-caso-claps-sconsacrata-la-chiesa)

Vignetta sul Papa: Pontifex denuncia Vauro e Santoro

vauro.jpgMichele Santoro e il vignettista Vauro hanno ricevuto una denuncia da Pontifex. Le accuse: offese a Capo di Stato, per la vignetta che ha provocato, durante l’ultima puntata di Annozero, l’uscita dallo studio di una Daniela Santanchè indignata.

“Se a lui piacciono tanto le minorenni, può sempre farsi prete”, dice Papa Benedetto XVI riferendosi a Silvio Berlusconi.

La visione di Vauro sul caso Ruby rappresenta, da questa mattina, una denuncia per offese da parte di Pontifex, presentata alla questura di Bari.
Il direttore, Bruno Volpe, ha dichiarato: “Pontifex, nella persona del sottoscritto direttore, ha deciso di denunciare alla Autorità giudiziaria, questura di Bari, la oscena, volgare, infame vignetta anti Papa che Vauro ha esibito durante l’ultimo numero di Annozero. La denuncia si estende anche a Santoro, al Presidente della Rai e ai capi struttura del programma che non potevano non sapere la blasfemia in arrivo e comunque potevano distanziarsene pubblicamente dopo”.
L’unica a prendere le distanze, negli attimi successivi allo sfoggio del disegno, è stata la Santanchè, cui, nei giorni a venire, è stata lodata per il gesto ribelle dallo stesso direttore: “Non possiamo non elogiare la bella figura dell’ onorevole Santanchè che, indignata, ha lasciato quella autentica gogna mediatica”.

Volpe ha concluso affermando: “Il Papa, oltre che simbolo religioso per i cattolici, dunque di per sé stesso meritevole di rispetto, é assimilabile a capo di Stato Estero e come tale meritevole di protezione giuridica e dunque non offendibile. Mandare in tv una vignetta che ricorda la pedofilia e ridere sul Papa é un atto grave, di somma inciviltà e antigiuridico. Attendiamo con fiducia quello che diranno i Magistrati, anche se quando si tratta di insultare il Papa bisogna essere tolleranti, ma se si espone la vignetta di Maometto o di un rabbino, apriti cielo”.

Il giorno dopo la messa in onda di Annozero, il quotidiano Avvenire è stato il primo organo di stampa a gridare allo scandalo, ma il direttore generale della Rai, Mauro Masi, aveva già inviato un comunicato ai direttori per chiedere rispetto nella trattazione di temi religiosi.

http://www.newnotizie.it/2011/01/24/vignetta-sul-papa-pontifex-denuncia-vauro-e-santoro/

Grazie Pontifex! Finalmente abbiamo capito una cosa: il Papa “é assimilabile a capo di Stato Estero”. Quindi possiamo valutare le cose che dice come quelle dette da Sarkozy, Zapatero, Merkel. O no?

p.s. Lo so, è diffficile da credere, anche in tempi così fantasiosi. “Pontifex” esiste davvero (http://www.pontifex.roma.it/), esiste e lotta insieme a noi (si fa per dire).

Zagrebelski:Berlusconi scapperà come Craxi

Qualcuno in Piemonte – oltre a presunte fidanzate di cavalieri inesistenti – guarda con attenzione alle evoluzioni dell’inchiesta milanese sul presidente del Consiglio: Gustavo Zagrebelsky, presidente dell’associazione Libertà e giustizia, che ha pubblicamente chiesto le immediate dimissioni del premier. Professore, nell’appello scrivete: “In nessun altro Paese democratico un primo ministro, indagato per così gravi capi di accusa, rimarrebbe in carica”. La situazione è esplosiva: si confrontano nel Paese due contendenti ed entrambi fanno leva sulla parola democrazia. Da una parte chi pensa che il presidente del Consiglio debba dimettersi, dall’altra chi pensa sia in atto una congiura antidemocratica ai danni del premier. L’Italia è spaccata.

Come può accadere?
Qualcuno fa un uso privato della parola democrazia.

Cioè?
Da una parte c’è un’idea di democrazia secondo cui chi è eletto è sotto la legge. Gli altri pensano che chi viene eletto sia sopra la legge.

Il consenso elettorale sarebbe uno scudo giudiziario automatico?
Volendo semplificare, è la vecchia antitesi di Aristotele tra governo delle leggi e governo degli uomini. Nel secondo caso, chi detiene il potere produce le leggi che gli fanno comodo. La differenza tra queste due concezioni di democrazia che oggi albergano, fronteggiandosi, in Italia è che una corrisponde alla democrazia liberale – ed è una conquista delle due Rivoluzioni, francese e americana –; l’altra può avere una pericolosa deriva autocratica. Berlusconi non a caso ha evocato, in un discorso a proposito di un suo processo, il giudizio dei ‘pari’: lui può essere giudicato solo dagli eletti in Parlamento e non dai magistrati.

C’è un modo per conciliare le parti?
Mi pare che il presidente della Repubblica stia cercando di far dialogare queste posizioni estreme.

Nell’appello di Libertà e giustizia si chiede un intervento tempestivo da parte del Quirinale.
È il ruolo del Colle, secondo la nostra Costituzione. Napolitano può far sentire la sua voce per denunciare questo scollamento. Che è preoccupante.

Siamo arrivati all’ultimo atto?
O vince uno o vince l’altro.

Vede rischi?
Questa situazione è destinata ad andare avanti fino allo scontro finale, che non esclude prove di forza. Ma certo queste non saranno a opera dei giudici.

Che significa “prove di forza”?
Manifestazioni, boicottaggi. D’altra parte il presidente del Consiglio dice di non riconoscere i giudici.

Il ministro Mara Carfagna in tv ha detto: “La Procura di Milano è un nemico politico da 16 anni”. Discorso eversivo?
Certo. Ed è pericoloso perché queste cose all’inizio si dicono timidamente. Poi, a furia di ripeterle, diventano verità assolute. Goebbels diceva: una menzogna ripetuta mille volte diventa verità. È la propaganda. Un deputato del Pdl ha detto che l’iniziativa della Procura di Milano è un golpe.

Passano per certezze di rango costituzionale bufale incredibili. Tipo la competenza del Tribunale dei ministri.
Sì, qualcuno si è inventato questa tesi e l’ha messa in giro da qualche giorno. Bisognerebbe dimostrare che intervenire nella procedura di affidamento di un minore fermato rientra nelle funzione del presidente del Consiglio dei ministri. Non basta che il reato sia commesso mentre l’indagato è in carica come Primo ministro. La Costituzione sennò sarebbe stata formulata così: “Per tutti i reati commessi durante il mandato dei ministri e del presidente del Consiglio…”. Invece si parla di “esercizio delle proprie funzioni”. Vuol dire che, durante il mandato, i membri del governo possono commettere due tipi di reato: comuni e afferenti alle competenze. Ma l’esercizio delle funzioni del presidente del Consiglio consiste in atti politici. Non in atti finalizzati a coprire le proprie magagne personali.

Torniamo a Napolitano. Ha detto: si faccia chiarezza in fretta.
Il senso del suo discorso credo sia: si smetta di alimentare lo scontro istituzionale. Deve essere la Cassazione a dire se l’iniziativa dei pm è sbagliata. Mi pare che Napolitano sia preoccupato, perché il fine di questo scontro sembra la prevalenza di una parte sull’altra. Non può essere così.

Se il presidente della Repubblica è così preoccupato del tentativo di elusione della legge, avrebbe potuto esercitare il potere di rinvio delle varie leggi ad personam.
Sono due cose diverse. Questa vicenda va oltre, perché al fondo ha semplicemente il tentativo di una persona di sottrarsi ai giudici. Del resto è la ragione di fondo della ‘discesa in campo’ di Berlusconi. La sorte di questo signore, nel momento in cui non fosse più presidente del Consiglio, sarebbe segnata non politicamente, ma giudiziariamente.

È l’anomalia italiana.
La democrazia è un sistema in cui, quando un Primo ministro cessa di essere tale, torna a casa sua. Tutti gli altri regimi implicano che la fine di una carriera politica sia traumatica.

Come se ne esce?
Si aspetta che si creino degli anticorpi all’interno della maggioranza. E si continua a insistere: non esistono due democrazie, ma una sola. Che ha due gambe: il diritto e il consenso degli elettori.

Ci sarà un redde rationem?
Non vedo una via di uscita tranquilla. Immagino qualcosa di simile alla vicenda Craxi. Il regime personalistico non prevede alternative. Leo Strauss e Alexandre Kojève nel loro Sulla Tirannide riportano un dialogo di Senofonte tra Gerione, tiranno di Siracusa, e il poeta Simonide. Gerione dice: non ho nemmeno la possibilità di ritirarmi a vita privata, perché sarei inseguito da tutti coloro verso i quali ho commesso soprusi. Posso solo scegliere di sparire.

Il Fatto Quotidiano, 20 gennaio 2011

Silvia Truzzi

Indignatevi! (2 p.)

1664635698.jpgDue visioni della storia

Quando provo a comprendere ciò che ha causato il fascismo che ha fatto sì che fossimo invasi dallo stesso e da Vichy, mi dico che i possidenti, col loro egoismo, hanno avuto terribilmente paura della rivoluzione bolscevica. Essi si sono lasciati guidare dalle loro paure. Ma se, oggi come allora, una minoranza attiva si drizza, ciò basterà, avremo il lievito affinché la pasta gonfi. Certo, l’esperienza di uno molto anziano come me, nato nel 1917, si differenzia dall’esperienza dei giovani di oggi. Io chiedo spesso ai professori dei licei di poter dialogare con i loro alunni, e dico loro:  voi non avete le stesse ragioni evidenti di impegnarvi. Per noi, resistere, era non accettare l’occupazione tedesca, la disfatta. Era relativamente semplice. Semplice come ciò che ne è seguito, la decolonizzazione. Poi la guerra dell’Algeria. Occorreva che 1’Algeria diventasse indipendente, era evidente. In quanto a Stalin, abbiamo applaudito tutti alla vittoria dell’armata rossa contro i nazisti, nel 1943.

Ma già da quando si ebbe consapevolezza dei grande processi stalinisti del 1935, anche se bisognava mostrare attenzione verso il comunismo per controbilanciare il capitalismo americano, la necessità di opporsi a questa forma insopportabile di totalitarismo si impose come un’evidenza. La mia lunga vita mi ha dato una sequela di ragioni per indignarmi. Queste ragioni sono state prodotte più da una volontà di impegno che da un’emozione. Il giovane normale che ero, era stato molto segnato da Sartre, un compagno maggiore. La Nausea, Il Muro, non L’Essere e il nulla, sono stati molto importanti nella formazione del mio pensiero. Sartre ci ha insegnato a ricordare: Voi siete responsabili in quanto individui. Era un messaggio libertario. La responsabilità dell’uomo che non può affidarsi né ad un potere né ad un dio. Al contrario, bisogna impegnarsi in nome della propria responsabilità di persona umana. Quando sono entrato alla scuola normale di via d’Ulm, a Parigi, nel 1939, io ci entravo come fervente discepolo del filosofo Hegel, e seguivo il seminario di Maurice Merleau-Ponty. Il suo insegnamento esplorava l’esperienza concreta, quella del corpo e delle sue relazioni col senso, grande singolare espressione al plurale dei sensi. Ma il mio ottimismo naturale, che vuole che tutto ciò che è augurabile sia possibile, mi portava piuttosto verso Hegel. La filosofia hegeliana interpreta la lunga storia dell’umanità come avente un senso: è la libertà dell’uomo che progredisce tappa dopo tappa.

La storia è fatta di shock successivi, è la messa in conto di sfide. La storia delle società progredisce, e finalmente, quando l’uomo raggiunge la sua piena espressione, abbiamo lo stato democratico nella sua forma ideale.

Esiste certamente un’altra concezione della storia

I progressi fatti nella libertà, la competizione, la corsa al “sempre di più”, tutto questo può essere vissuto come un uragano distruttivo. Così lo rappresenta un amico di mio padre, l’uomo che ha diviso con lui il compito di tradurre in tedesco À la Recherche du temps perdu di Marcel Proust. È il filosofo tedesco Walter Benjamin. Egli aveva tratto un messaggio pessimista da un quadro del pittore svizzero, Paul Klee, l’Angelus Novus, dove la figura dell’angelo apre le braccia come per contenere e respingere una tempesta che identifica col progresso. Per Benjamin che si suiciderà nel settembre 1940 per sfuggire al nazismo, il senso della storia è l’avanzamento irresistibile di catastrofe in catastrofe.

L’indifferenza: il peggiore degli atteggiamenti

È vero, le ragioni di indignarsi possono sembrare oggi meno nette o il mondo troppo complesso. Chi comanda, chi decide?  Non è sempre facile distinguere tra tutte le correnti che ci governano.

Non si tratta più di una piccola elite di cui comprendiamo chiaramente l’operato. È un vasto mondo che sappiamo bene essere interdipendente.

Viviamo in una interconnettività come non era mai esistita. Ma in questo mondo, ci sono delle cose insopportabili. Per vederle, bisogna bene guardare, cercare. Dico ai giovani: cercate un poco, andate a trovare. Il peggiore degli atteggiamenti è l’indifferenza, dire “io non posso niente, me ne infischio”. Comportandovi così, perdete una delle componenti essenziali che ci fa essere uomini. Una delle componenti indispensabili: la facoltà di indignazione e l’impegno che ne è la diretta conseguenza.

Si possono identificare già due grandi nuove sfide:

1. L’immensa distanza che esiste tra i molto poveri e i troppo ricchi, che non cessa di aumentare. È una mutamento del XX e del XXI secolo. I molto poveri nel mondo d’oggi guadagnano appena due dollari al giorno. Non si può lasciare che questa forbice si allarghi ancora. Questa sola constatazione deve suscitare un impegno.

2. I diritti dell’uomo e lo stato del pianeta. Ho avuto la fortuna dopo la Liberazione di essere associato alla redazione della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, adottata dall’Organizzazione delle Nazioni unite, il 10 dicembre 1948, a Parigi, al palazzo di Chaillot. Nella funzione di capo di gabinetto di Henri Laugier, segretario generale aggiunto dell’ONU, e di segretario della Commissione dei Diritti dell’uomo, assieme ad  altri, sono stato ammesso a partecipare alla redazione di questa dichiarazione. Non potrei dimenticare, nella sua elaborazione, il ruolo di René Cassin, commissario nazionale alla Giustizia e all’educazione del governo della Francia libera, a Londra, nel 1941,  premio Nobel della pace nel 1968; né quello di Pierre Mendès France in seno al Consiglio economico e sociale cui i testi che elaboravamo erano sottoposti, prima di essere esaminati dalla Terza commissione dell’assemblea generale, responsabile delle questioni sociali, umanitarie e culturali.

Essa contava i cinquantaquattro Stati membri, all’epoca, delle Nazioni unite, ed io ne assicuravo la segreteria.

Per l’appunto a René Cassin dobbiamo il termine di diritti “universali” e non “internazionali” come proponevano i nostri amici anglosassoni. Perché è proprio lì la scommessa a uscire dalla seconda guerra mondiale: emanciparsi dalle minacce che il totalitarismo ha fatto pesare sull’umanità.

Per emanciparsi, bisogna ottenere che gli Stati membri dell’ONU si impegnino a rispettare questi diritti universali. È un modo di sventare l’argomento della piena sovranità che uno Stato può fare valere mentre si dedica ai crimini contro l’umanità sul suo suolo. Questo fu il caso di Hitler che si stimava padrone di se stesso ed autorizzato a provocare un genocidio. Questa dichiarazione universale deve molto alla repulsione universale contro il nazismo, il fascismo, il totalitarismo, e inoltre, per la nostra presenza, allo spirito della Resistenza. Sentivo che bisognava fare rapidamente, non lasciarsi ingannare dall’ipocrisia che c’era nell’adesione proclamata dai vincitori a questi valori che non tutti avevano l’intenzione di promuovere in modo leale, ma che noi tentavamo di imporre loro.

Non resisto alla voglia di citare l’articolo 15 della Dichiarazione universale dei Diritti dell’uomo: ogni individuo ha diritto ad una nazionalità”; l’articolo 22: “Ciascuno, in quanto membro della società, ha diritto alla Sicurezza sociale; essa è intesa a garantire ad ogni uomo la soddisfazione dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità, grazie allo sforzo nazionale ed alla cooperazione internazionale, tenuto conto dell’organizzazione e delle risorse di ciascun paese”. E se questa dichiarazione ha una portata dichiarativa, e non giuridica, non ha giocato un ruolo meno rilevante dopo 1948; si sono visto popoli colonizzati impadronirsene nella loro lotta di indipendenza; ha inseminato gli spiriti nella lotta per la libertà.

Constato con piacere che nel corso degli ultimi decenni si sono moltiplicate le organizzazioni non governative, i movimenti sociali come Attac (Associazione per la tassazione delle transazioni finanziarie), il FIDH (Federazione internazionale dei Diritti dell’uomo), Amnesty… che sono attive e ad alto rendimento. È evidente che per essere efficaci oggi, bisogna agire in rete, approfittare di tutti i mezzi moderni di comunicazione.

Ai giovani, dico: guardate intorno a voi, voi ci troverete i temi che giustificano la vostra indignazione – il trattamento riservato agli immigrati, agli illegali, ai Roms. Troverete delle situazioni concrete che vi portano a dare corso ad un’azione civica forte. Cercate e troverete!

(…)segue

Indignatevi! (Stephan Hessel)

1664635698.jpgPer gli amici e i 24 lettori: L’inizio di Indignez vouz!

Indignatevi!

93 anni. È un po’ l’ultima tappa. La fine non è più lontana. Quale fortuna potere approfittare per ricordare ciò che ha servito di zoccolo al mio impegno politico: gli anni della resistenza ed il programma elaborato sessantasei anni fa per il Consiglio Nazionale della Resistenza! Dobbiamo a Jean Moulin, nella cornice di quel Consiglio, la riunione di tutti i componenti della Francia occupata, i movimenti, i partiti, i sindacati, per proclamare la loro adesione alla Francia combattente ed al solo capo che si riconosceva: il Generale de Gaulle. Da Londra, dove lo avevo raggiunto nel marzo 1941, apprendevo che questo Consiglio aveva messo a punto un programma, l’aveva adottato il 15 marzo 1944 e proposto per la Francia liberata un insieme di principi e di valori sui quali sarebbe stata riposta la democrazia moderna del nostro paese.

Di questi principi e di questi valori, abbiamo oggi più che mai bisogno. Dobbiamo badare tutti insieme che la nostra società resti una società di cui possiamo essere fieri: non questa società dei clandestini, delle espulsioni, dei sospetti al riguardo degli immigrati, non questa società dove si rimettono in discussione le pensioni, le conquiste della Sicurezza sociale, non questa società dove i media sono nelle mani dei benestanti, tutte cose che avremmo negato di garantire se fossimo stati i veri eredi del Consiglio Nazionale della Resistenza.

A partire dal 1945, dopo un dramma atroce, le forze presenti in seno al Consiglio della Resistenza si dedicano ad una ambiziosa risurrezione. Ricordiamolo, allora fu creata la Sicurezza sociale come la Resistenza la prefigurava, come il suo programma la definiva: “Un piano completo di Sicurezza sociale, mirante ad assicurare a tutti i cittadini i mezzi di sussistenza, in tutti i casi in cui sono incapaci di procurareseli con il lavoro”; “Una  pensione che permetta ai vecchi lavoratori di finire dignitosamente i loro giorni”. Le fonti energetiche, l’elettricità e il gas, le miniere di carbone, le grandi banche sono nazionalizzate. È ciò che questo programma raccomandava ancora,.. “il ritorno alla nazione dei grande mezzi di produzione monopolizzata, frutto del lavoro comune, delle sorgenti di energia, delle ricchezze del sottosuolo, delle compagnie di assicurazione e delle grandi banche”; “L’instaurazione di una vera democrazia economica e sociale, implica l’esclusione dei grandi feudi economici e finanziari dalla direzione dell’economia”.

L’interesse generale deve prevalere sull’interesse particolare, l’equa distribuzione delle ricchezze create dal mondo del lavoro prevalere sul potere del denaro. La Resistenza propose “un’organizzazione razionale dell’economia che assicuri la subordinazione degli interessi particolari all’interesse generale,  affrancata dalla dittatura professionale instaurata sull’esempio degli Stati fascisti”; ed il Governo provvisorio della Repubblica se ne fece portavoce.

Una vera democrazia ha bisogno di una stampa indipendente; la Resistenza lo sa, lo esige, difendendo “la libertà della stampa, il suo onore e la sua indipendenza rispetto allo Stato, al potere del denaro e alle influenze straniere”. Questo è ciò che riferiscono ancora le ordinanze sulla stampa, fin da 1944. Ora è proprio questo che oggi è in pericolo.

La Resistenza ci chiamava alla “possibilità effettiva per tutti i bambini francesi di beneficiare dell’istruzione più avanzata”, senza discriminazione; ora, le riforme proposte nel 2008 vanno contro questo progetto. Dei giovani insegnanti di cui sostengo l’azione, si sono rifiutati di applicarle ed hanno visto i loro stipendi mutilati per punizione. Si sono indignati, hanno “disubbidito”, hanno giudicato queste riforme troppo lontane dall’ideale della scuola repubblicana, troppo al servizio di una società del denaro e non più in grado di sviluppare lo spirito creativo e critico.

È tutto lo zoccolo delle conquiste sociali della Resistenza che è rimesso oggi in discussione.

Movente della resistenza è l’indignazione

C’è chi ha il coraggio di sostenere che lo Stato non può assicurare più i costi di queste misure civili e sociali. Ma come può mancare oggi il denaro per mantenere e prolungare queste conquiste dal momento che la produzione di ricchezze è aumentata considerevolmente dalla Liberazione, periodo in cui l’Europa era in rovina? Se non perché il potere del denaro, così combattuto dalla Resistenza, non è stato mai tanto grande, insolente, egoista, coi suoi propri servitori fino alle più alte sfere dello Stato. Le banche oramai privatizzate si mostrano in primo luogo preoccupate dei loro dividendi, e dei cospicui stipendi dei loro dirigenti, non dell’interesse generale. La distanza tra i più poveri e i più ricchi non è stata mai tanto rilevante; e la corsa al denaro, la competizione, tanto incoraggiata.

Il motivo di base della Resistenza era l’indignazione. Noi, veterani dei movimenti di resistenza e delle forze combattenti della Francia libera, chiamiamo le giovani generazioni a far rivivere, trasmettere, l’eredità della Resistenza ed i suoi ideali. Diciamo loro: prendete il testimone, indignatevi! I responsabili politici, economici, intellettuali e l’insieme della società non devono disorientarsi, né lasciarsi impressionare all’attuale dittatura internazionale dei mercati finanziari che minaccia la pace e la democrazia.

Auguro a tutti voi, a ciascuno di voi, di avere il vostro motivo di indignazione. È una cosa preziosa. Quando qualche cosa vi indigna come mi sono indignato io per il nazismo, allora si diventa militante, forte ed impegnato. Si raggiunge la corrente della storia e la grande corrente della storia deve proseguire grazie a ciascuno. E questa corrente va nel senso di una maggiore giustizia, di più libertà ma non questa libertà incontrollata della volpe nel pollaio.

Questi diritti di cui la Dichiarazione universale ha redatto il programma nel 1948, sono universali. Se incontrate qualcuno che non ne beneficia, compiangetelo, aiutatelo a conquistarli.
(…)

Ebbene sì, lo confesso..!

libro-luca-costalonga-recensioni.jpgEbbene sì, lo confesso, l’ho fatto ancora!

Ho scritto un altro libro. So bene che, come diceva Longanesi, è più facile scrivere un libro che NON scriverlo ma, cosa volete, la scrittura è come il tunnel della droga, ci entri poco alla volta e quando ci sei dentro uscire è difficile.

Però voglio tranquillizzare i miei 24 lettori: stavolta non ho raccontato di Reggio, di stragi, di fascisti ammazzati e simili amenità. Sono stato più modesto: ho raccontato solo 150 anni di storia del nostro povero bel paese! Del resto con i chiari luna che abbiamo ormai ogni giorno, ho pensato che fosse di qualche utilità ripartire dai “fondamentali”. Di fronte alla marea trionfante di caxate, bufale, vespate e belle pansate, forse rimettere a posto qualche nome, data e fatto, servirà a qualcuno.

Certamente è servito a me: ignorante come sono, mi sono fatto un bel ripassino di tante vicende (da Pontelandolfo alla P2) che la fretta quotidiana aveva un po’ scolorito, per arrivare a capire che l’Italia è davvero quello che descriveva con efficacia Carlo Levi:

“l’Italia è davvero come un grande, mitologico, carciofo, un fiore verde e viola, dove ogni foglia ne nasconde un’altra, ogni strato copre un altro strato, gelosamente nascosto. Chi sappia staccare le foglie esterne scoprirà cose impensate, in un difficile viaggio nello spazio e nel tempo”

Chiesa e politica, tutte le menzogne del cardinal Bagnasco (Paolo Farinella)

Il regalo natalizio di Ratzinger
Se Bagnasco fa politica
di Paolo Farinella, prete

Il cardinale Angelo Bagnasco ha rilasciato una intervista a Repubblica, raccolta da Marco Ansaldo e pubblicata domenica 19-12-2010 a p. 13. Una valutazione globale: povertà di argomenti, triti e ritriti e incapacità del giornalista di porre le domande circostanziate con fatti e dichiarazioni, esattamente contrarie alle dichiarazioni del cardinale. In alcuni momenti si ha la sensazione che il giornalista sia accondiscendente oltre misura perché afferma di riportare «la completezza con cui [il cardinale] risponde, nell’intervista concessa a Repubblica, a tutte le domande. Senza sottrarsi a quelle più scomode». Non ho letto domande scomode, semmai banali. Viene il sospetto che l’intervista non sia stata concessa dal vivo, ma per scritto: il cardinale ha risposto a tavolino alle domande inviate preventivamente dal giornalista.

Sin dal titolo («La Chiesa non fa politica ma sui valori dei cattolici non si tratta») cadono le braccia e si ha la certezza che i porporato e i suoi pari vivano sulla luna o siano soliti sniffare incenso che gli annebbia la vista e la logica. Se il continuo interventismo cardinalizio e papale non è politica – e dei bassifondi, per giunta – mi chiedo come si possa ragionare con questa gente che nega anche l’evidenza. Mi chiedo se le cattive frequentazioni di uomini perversi e bugiardi che fondano la loro azione sulla falsità strutturata come sistema e metodo politico, non abbiano influenzato sua eminenza fino al punto da fargli assimilare lo stravolgimento non solo della verità, ma dei fatti crudi e nudi da non rendersene conto. Occorre una lunga terapia disintossicante perché il virus del berlusconismo ha avuto il sopravvento sull’aspersorio.

Dice il cardinale con candore inverosimile: «la Chiesa non è un’agenzia politica chiamata a prendere parte alla battaglia dei partiti. Il suo compito è quello di annunciare la salvezza di Cristo e quindi di elevare la coscienza morale e spirituale della società, rendendo Dio presente nello spazio pubblico». In due frasi di 23 parole (senza contare articoli, preposizioni e congiunzioni) si trovano cinque affermazioni anche erronee se non false. L’errore di fondo (vero peccato originale) è l’attribuzione alla sola Gerarchia della valenza teologica di «Chiesa»: è una attribuzione indebita ed errata in termini puramente teologici. Direi che è una usurpazione. Se un teologo del primo anno agli esami facesse una simile affermazione verrebbe bocciato e rimandato a casa perché inadatto al ministero pastorale. Secondo, se la «Chiesa» non è un’agenzia politica, può spiegare sua eminenza cosa ci faceva Berlusconi e Letta a colazione con Ruini, manovrando le elezioni politiche della Regione Lazio?

Può dire in nome di quale «principio non negoziabile» il Segretario di Stato Bertone decide di andare a cena con Berlusconi Letta, Casini, Geronzi, Draghi di notte e quasi di nascosto a casa di Bruno Vespa, noto maggiordomo a libro paga, per convincere Casini ad entrare nel governo Berlusconi? Può dire sua eminenza, di grazia, se era politico o no, il pranzo innaturale che Berlusconi e Letta (più mezzo governo di complemento, tra cui spiccano, Giustizia, Scuola/Università e Economia) offrono ai nuovi cardinali sfornati freschi e a cui partecipa il Segretario di Stato, ma non il presidente della Cei?

Se sono cardinali italiani, che c’entra il Segretario di Stato? A meno che le fusa tra B&B (Bertone&Berlusconi) non fossero l’obiettivo principe di quel convivio debosciato. Il delinquente Berlusconi che giura coram cardinalibus che «mai nulla contro il Vaticano» e il suo compare Bertone che risponde: «il governo ha operato bene a favore della Chiesa». S’ode a destra uno squillo di tromba, a super-destra uno squillo risponde. Il cardinale arriva a compromettersi perché dichiara che «compito della “Chiesa” è quello di annunciare la salvezza di Cristo». Agli occhi della maggior parte degli osservatori, anche dei lattanti non ancora svezzati, non appare affatto questo compito, per cui si dovrebbe dire il cardinale «aspirerebbe» ad un compito che è lontano mille miglia dalle sue azioni concrete che mirano a raggiungere obiettivi terreni e materialissimi. Lo stesso vale per l’altro compito: «elevare la coscienza morale e spirituale della società».

Che bello! Con quale morale, se è lecito! Con quella di Berlusconi come individuo e come uomo pubblico? Con quella dell’economia a favore solo dei ricchi? Con la morale dello scudo fiscale che premia i corrotti, le mafie, gli evasori, i puttanieri e i riciclatori di proventi da droga e omicidi e furti ed evasione fiscale? Con quale morale? Con quella «bene comune» – che il cardinale pone in testa alla sua etica – calpestato impunemente da 39 leggi individuali volute dall’uomo che ha scardinato l’unità del Paese e il senso della legalità per mettere al sicuro tutte le sue immoralità etiche ed economiche? Si vede che un muro di incenso impedisce al cardinale di vedere oltre perché ha gli occhiali appannati.

Se è vero che «l’anima della nostra gente, che nasce dal Vangelo, è stata “terremotata” dal relativismo e dal consumismo», può, per piacere, il signor cardinale chiamare «per nome» il terremoto? Non è forse la politica ammaliatrice e degenere di Berlusconi e del suo governo, composto da ricercati, indagati, corrotti come lui, che ha diffuso il relativismo e il consumismo in cui il berlusconismo ha piombato il nostro Paese? Questi fenomeni li ha portati la cicogna, che non ha usato il preservativo, o sono il frutto dell’uso spregiudicato e puramente commerciale e politico delle tv private e pubbliche che sono di un solo uomo, cioè il signor presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, uomo corrotto e corruttore e bugiardo, «a planta pedis usque da verticem capitis»? E’ sicuro sua eminenza di essere sano di mente mentre parla di morale e nel frattempo elogia la governabilità del governo Berlusconi? Non dovrebbe forse andare a confessarsi per la palese peccaminosità delle sue asserzioni che o sono blasfeme o sono false?

Il cardinale poi fa l’elenco dei «principi non negoziabili» che sono sempre gli stessi e sempre nello stesso ordine: «la vita, la famiglia, la libertà di educazione e ancor prima quella religiosa». Quattro valori per i quali vale pena vendersi l’anima anche al demonio che abita Berlusconi? Questi «principi» dovrebbero essere garantiti dall’unto del Signore che ha posto la tenda ad Arcore e i pascoli in Italia a spese degli Italiani. O il cardinale è un illuso, o è un trafficone trafficante. Decida lui. Sicuramente non si nutre di illusioni.

La vita. Mi auguro che il cardinale non si riferisca a quella dei immigrati venduti alla Libia perché muoiano ammazzati, letteralmente ammazzati, nel deserto lontani da occhi indiscreti europei. La famiglia, mi auguro che non si riferisca alla doppia di Berlusconi e tanto meno all’abituale commercio di minorenni e prostitute a cui l’uomo è aduso e per giunta orgoglioso: «Gli Italiani mi vogliono così». Poveri, si sacrifica sempre! Libertà di educazione. Si spera che il cardinale non si riferisca alla distruzione dell’educazione scolastica pubblica che ha portato il mondo giovanile e studentesco in piazza contro una ministra imbelle che si trova in parlamento per meriti non certo culturali e per competenza. Sarebbe bello che il cardinale chiedesse alla cattolica ministra: «Signora, mi può dire come mai il presidente ha tanto affetto per lei tanto da farla ministra, pur non avendone né le caratteristiche né la competenza»?

Riguardo all’accenno dell’8xmille che il cardinale chiede a credenti e non credenti in nome della provvisorietà della Chiesa, è sufficiente che sua eminenza compulsi il ministero dell’economia e si faccia dire qual è il trend degli ultimi anni, scoprirebbe che c’è un calo abissale e una diminuzione costante delle offerte deducibili. La causa prima e «princeps» è il comportamento della gerarchia cattolica che, tramite Berlusconi, ha messo le mani sul parlamento, imponendo le leggi conformi alla sua morale ed esautorando lo Stato italiano dalla sua sovranità. E’ finito il potere temporale come possesso materiale di territorio fisico, si è decuplicato il possesso immateriale dello Stato, estendendo il potere temporale, più raffinato e demagogico, sulle leggi e sulla convivenza civile. L’Italia non è una repubblica autonoma, ma l’orto di servizio dello stato estero, la Città del Vaticano con cui un corrotto presidente del Consiglio ha stipulato un contratto di mutua assistenza, vendendo la dignità di un popolo al prezzo immorale del sostegno al suo potere.

E’ deprimente che il cardinale accanto ai «principi non negoziabili» di suo interesse non abbia sentito il pudore di aggiungere altri «principi civili non negoziabili» come il principio della democrazia contro cui è stata varata la legge elettorale, il principio dell’autonomia del parlamento conculcato e vilipeso dal possesso ingordo del governo, il principio dell’onestà e del decoro di chi governa che il presidente de Consiglio e i suoi giannizzeri offendono ogni giorno 24 su 24 ore, il principio dell’unità d’Italia maciullato dall’insano connubio Berlusconi/Bossi che a tutto mirano tranne che ad un qualche valore, il principio della sacralità del giudizio davanti al proprio giudice naturale che Berlusconi violenta facendosi leggi su misura pur di fuggire lontano da un‘aula di tribunale, il principio del rispetto delle opposizioni e delle minoranze, garanzie di democrazia costituzionale e sostanziale/materiale, il principio del lavoro come diritto innato e naturale contro la politica economica di Berlusconi/Tremonti che creano precariato per dominare le coscienze e infine il principio che il potere non è dominio, ma servizio libero e gratuito, mentre Berlusconi e i suoi lanzichenecchi stanno devastando il devastabile e in più si sono appropriati del futuro delle prossime generazioni, che non avranno lacrime per piangere e tanto meno per vivere da persone libere.

Se tutto questo non è fare politica, allora vuol dire che è solo complicità consapevole con il male che il cardinale non vede o non vuole vedere.

(20 dicembre 2010)

http://temi.repubblica.it/micromega-online/il-cardinale-bagnasco-la-chiesa-non-fa-politica-amen/