Felici di odiare (1)

La Lega è naturalmente e felicemente xenofoba. Essa ha scoperto cioè da una ventina d’anni quanto il suo ‘popolo’ sia felice nell’odiare qualcuno, come se fosse una curva di tifosi perennemente in guerra contro un’altra curva. E quindi, paradossalmente, la Lega ha bisogno dell’immigrazione e dell’insicurezza”.

di Alessandro Dal Lago, da MicroMega 6/2009

And hereupon it was my mother dear
Did bring forth twins at once, both me and fear.
Thomas Hobbes, Vita carmine expressa, vv. 27-28 (1).

1. […] Il berlusconismo è soprattutto un blocco sociale e culturale relativamente maggioritario, grosso modo lo stesso che a suo tempo sosteneva il Caf. Nel 1993-1994, il talento di Berlusconi si è manifestato nell’aver compreso che, dopo la fine di Craxi e del Caf, questo blocco era privo di un leader. Ecco allora la discesa in campo, l’invenzione di Forza Italia, del Popolo delle libertà e poi del Partito della libertà. È vero che senza le televisioni l’impresa di Berlusconi sarebbe stata impossibile. Ma lo stile è sempre stato quello del maestro Craxi (non a caso grande alleato e sponsor del Cavaliere) e dei congressi pacchiani allestiti dall’architetto Panseca. Che il Pdl, soprattutto nella cerchia più vicino a Berlusconi, pulluli di ex socialisti ed ex democristiani di destra (nonché di transfughi della sinistra) dà un’idea della continuità tra la prima e la seconda repubblica. Se il programma del Cavaliere era quello di Gelli, come molti hanno scritto, significa che il grottesco capo della P2 ha espresso meglio di ogni altro l’anima profonda della destra italiana.
Un blocco sociale e culturale non è solo un’aggregazione di interessi, anche di lungo periodo. È stile di vita idealizzato, assemblaggio più o meno riuscito di quello che un tempo i sociologi avrebbero chiamato «valori», e cioè punti di vista profondi, è un insieme al tempo stesso concreto e immaginario, e quindi un sistema di rappresentazioni in cui riconoscersi. Berlusconi ha offerto al blocco sociale orfano del Caf – lo sterminato mondo della piccola impresa e del commercio che un tempo votava Dc, le tante vandee italiane, il cosiddetto popolo delle partite iva, del l’evasione fiscale e dell’interesse particolare a ogni costo, la piccola borghesia impiegatizia del Sud, le clientele elettorali (a cui si aggiungono anche pezzi di classe operaia delusi dai sindacati) eccetera – un modello culturale in cui identificarsi. Il mito della riuscita personale, il paternalismo del «ghe pensi mi», il maschilismo, la rozzezza da cumenda, le barzellette da caserma corrispondono esattamente ai sentimenti profondi e allo stile di vita del blocco sociale di centro-destra. Esattamente come il provincialismo, l’indifferenza in materia di politica internazionale, il cattolicesimo opportunista, l’ostilità per gli stranieri, le tendenze forcaiole in tema di ordine pubblico e sicurezza (2).
Berlusconi, il cui fiuto politico è indubbiamente superiore a quello dei suoi avversari ha sintetizzato tutto ciò nella sua persona. Nella coalizione che sta guidando gli accenti possono essere molto diversi – la truce goliardia xenofoba della Lega, il moderatismo dell’ala cattolica e centrista del Pdl, il perbenismo statalista degli ex missini, le tendenze separatiste a nord come a sud eccetera – ma Berlusconi rappresenta la capacità di mediazione tra posizioni anche lontane. Non avendo probabilmente nessuna idea personale o qualcosa in cui credere (che non sia la volontà spasmodica di guadagno e successo in ogni campo), egli è volta per volta e allo stesso tempo tutto quello che sono i suoi alleati. Si potrebbe dire, con Lao Tzu, che è il vuoto che dà senso al pieno e quindi permette a una sparsa pluralità di funzionare come unità. Che questa sua capacità di leadership si sia affermata con la manipolazione mediatica e la trasformazione di una saga personale in vicenda pubblica non cambia i termini della questione. Berlusconi è un caudillo in declino. Ma ciò significa soltanto che se mai e quando sparirà, il blocco sociale e culturale che lo sostiene andrà in cerca di un nuovo padrone.

http://temi.repubblica.it/micromega-online/felici-di-odiare/

continua..

Il più grande illusionista del ‘900 (Antonio Tabucchi)

È riuscito a far sparire la fine del secolo, come i miliardi dalle banche: l’Italia è ancora negli anni Ottanta
di Antonio Tabucchi

Dieci anni fa moriva Bettino Craxi nella sua residenza tunisina. Fuggiasco, con due mandati di cattura sul capo e due condanne definitive a dieci anni per corruzione e finanziamento illecito: miliardi di lire imboscati in conti esteri. Oggi i suoi fan lo commemorano: ogni categoria ha il suo santo patrono. Il Pride ideato dalla signora sindaco di Milano partirà da quella città diretto al Senato della Repubblica. E intanto giungono i “messaggi”.
Il ministro Frattini dichiara che si deve “lasciare ai professionisti delle manette la prospettiva di seminare odio e inimicizia”. Dove per “professionisti delle manette” altro non si può intendere che le forze dell’ordine (carabinieri, polizia, guardia di finanza) cui lo Stato affida il compito di arrestare i professionisti del crimine. Ma se arrestare criminali pare sconveniente al ministro, è strano che faccia sapere al presidente della Repubblica che nella sua prossima visita ufficiale in alcuni paesi africani non potrà esimersi dal fare una deviazione in Tunisia per sostare in raccoglimento sulla tomba di Craxi.
Non si capisce perché un nostro ministro in carica si rechi in un paese come la Tunisia che il Consiglio d’Europa ha più volte censurato per le torture e le feroci repressioni del dittatore Ben Ali.
Altri messaggi provengono da Gianni De Michelis, già pluricondannato per corruzione (tangenti autostradali nel Veneto e scandalo Enimont), con pene sospese con la condizionale. In America un rottamato del governo Nixon non scriverebbe neppure su un giornalino dello Iowa. In Italia De Michelis merita l’attenzione della grande stampa. Cito: “La stragrande maggioranza degli italiani riconosce il ruolo politico di Craxi, cioè del più grande statista della fine del Ventesimo secolo. Grillo, Travaglio, Di Pietro rappresentano una minoranza molto esigua che esiste in tutte le società del mondo”. (Repubblica, 31/12/09). Non si capisce bene con quali motivazioni De Michelis affermi che le persone da lui indicate esprimano una minoranza.
È esattamente il contrario. Nonostante la sua frequentazione delle aule di giustizia, si è dimenticato che i tribunali della Repubblica pronunciano le sentenze in nome del popolo italiano. Ma se vuole una revisione del processo a Craxi può portare le prove.
Ma a De Michelis interessano soprattutto gli statisti. Si veda la sua opera, purtroppo l’unica finora pubblicata, Dove andiamo a ballare stasera? Guida a 250 discoteche italiane, Mondadori 1988, un esemplare trattato per diventare statisti, politici e ministri. Craxi ne fu entusiasta e la preferì al socialismo liberale di Norberto Bobbio, un filosofo che gli pareva troppo scomodo e che definì fuori di testa. Forse De Michelis voleva dire un grande statistico: e infatti Craxi i 150 miliardi di introiti illeciti li suddivise con un fine senso della statistica in conti personali sparsi fra Svizzera, Liechtenstein, Caraibi ed estremo oriente, e nel ‘98, quando la Cassazione ne dispose il sequestro, i soldi erano spariti.
Ma finalmente De Michelis esplicita i tre motivi per cui lo considera un grande statista: “Penso a come prese di petto la vicenda di Sigonella. Penso al viaggio sulla tomba di Allende nel Cile di Pinochet: in quel cimitero gli prudevano davvero le mani. Penso ai soldi dati ai movimenti di liberazione, senza andare troppo per il sottile, come fu per ’Olp di Arafat” (Repubblica, cit.).

La vicenda di Sigonella Craxi la prese di petto, eccome. Il signor Leon Klinghoffer, l’ebreo americano in carrozzella che i terroristi buttarono a mare, la prese in un altro modo. Il fatto è che per la prima volta nel dopoguerra Craxi impose alla comunità internazionale l’idea che un atto di terrorismo possa essere considerato lecito. Quanto al prurito alle mani in Cile, resta il mistero. Gli durò a lungo? Come se lo fece passare? Su un evento biografico così importante De Michelis purtroppo tace.
E infine i soldi che elargiva all’Olp di Arafat “senza andare troppo per il sottile”. Viene spontanea una domanda: ma chi glielo aveva ordinato, a Bettino Craxi, di dare soldi sottobanco all’Olp di Arafat? Se fossero stati soldi di famiglia sarebbe solo un problema politico, ma dato che erano soldi di tangenti, cioè denaro sporco, la faccenda si complica. E poi: il grande statista lo sapeva che anche Arafat, i soldi, invece di usarli per la sua organizzazione li imboscava come lui su conti personali in Svizzera e in Francia?
Ma De Michelis dimentica le imprese che fanno del Nostro uno statista sui generis: per esempio la sua amicizia con Siad Barre, un sanguinario dittatore che con un colpo di Stato, dopo aver fatto fucilare intellettuali, giornalisti e oppositori, aveva instaurato dal 1969 una feroce dittatura in Somalia e che ricevette da Craxi montagne di denaro. Era la cosiddetta “cooperazione italiana”. Per il solo quadriennio 1981-84, Craxi stanziò per la dittatura di Barre 310 miliardi di lire. Tralascio le armi italiane alla Somalia, oltre agli aiuti “tecnici” e le magnifiche autostrade costruite nel deserto.
Del grande statista il suo devoto dimentica poi la legge Mammì, la revisione del Concordato del 1984 con l’attribuzione dell’8 per mille alla Chiesa, il debito pubblico che da 400 mila passò a 1 milione di miliardi di lire, l’Alfa Romeo regalata alla Fiat e sottratta alla Ford che l’avrebbe pagata, le amicizie con Licio Gelli, le parole di sostegno ai generali argentini contro la Gran Bretagna durante la crisi delle Falkland. E infine la Tunisia.
Craxi la scelse come punto di fuga nel 1994. In quel paese dal 1987, con un colpo di Stato sostenuto dal nostro Sismi, aveva preso il potere un certo Zine El-Abidine Ben Ali, instaurando un regime di terrore dove sparizioni, omicidi e torture erano all’ordine del giorno. Evidentemente a Craxi piaceva, non gli prudevano le mani. Ben Ali, si noti, è “presidente” della Tunisia da 21 anni, perché “ama il suo popolo e ne è riamato”, come dice la sua propaganda.
Il devoto del grande statista conclude con un messaggino al presidente della Repubblica: “Alle elezioni del ’92 cominciammo ad ospitare nelle liste del Psi alcuni miglioristi: Borghini, Minopoli, Francese. Altri, più vicini a Napolitano, saltarono solo per un’esitazione dell’ultimo secondo. Poi, venne Mani Pulite (…) Non gli tiro la giacca, il capo dello Stato sa cosa fare. Avrà un grande ruolo, perché Bettino offre a tutti una grande occasione…”. Bettino offre a tutti una grande occasione. Meglio girar la testa dall’altra parte e fare finta di non avere sentito.
Ma c’è una cosa che De Michelis non può dire, ed è una cosa che fa di Craxi a suo modo un “grande”. Non certo il più grande statista della fine del secolo, ma il più grande illusionista della fine del secolo. Perché Craxi, con l’aiuto dei suoi fidi, la fine del secolo è riuscito a farla sparire, come i miliardi dalle banche. Non ha imboscato solo i soldi delle tangenti, ha imboscato anche il Tempo. Dove abbia nascosto la fine del secolo, in quale remoto conto off-shore o in quale Buco Nero dell’universo non si sa, ma è sparita.
Il Novecento è finito e il nuovo secolo (anzi il nuovo millennio) si è portato via il vecchio, con la sua storia e i suoi detriti, che in occidente sono volati via dappertutto, in America come in Europa. Meno che in Italia, che probabilmente non appartiene all’Europa. Gli italiani non sono nel Duemila, sono ancora nel millennio scorso: ci sono ancora i comunisti (lo dice Berlusconi), c’è ancora il Sillabo, ci sono ancora i Servizi deviati, c’è ancora la mafia che lavora coi politici e i politici che lavorano con la mafia, c’è ancora il conflitto d’interessi, c’è ancora senza esserci l’Alitalia, c’è ancora Porta a Porta, c’è ancora D’Alema e soprattutto c’è ancora Bettino Craxi, e dunque c’è Berlusconi.
Voi siete (noi siamo) ancora negli anni Ottanta, cari connazionali, quando c’era la Democrazia cristiana, la P2, la Milano da bere e De Michelis componeva la sua fondamentale opera sulle discoteche italiane. È la notte dei morti viventi. E per fortuna siamo agli anni Ottanta, perché se va avanti (anzi indietro) così, domani potremmo leggere sui giornali: “Individuati i responsabili della bomba al tribunale o alla questura tal dei tali. Si chiamano Pietro Valpedra e Giuseppe Pinelli”.

Una strada intitolata a Craxi? Ma che gli diano pure un vialone. Purché l’eventuale via che Ilaria Alpi meriterebbe ne sia a debita distanza. Dove andiamo a ballare stasera? Ma al Senato, tesoro.

Da Il Fatto Quotidiano del 6 gennaio

Ancora sull’esule…

Torniamo all’esule, pardon al ladro (singolarmente rilevo l’assonanza fra leader e lèder) di Hammamet. Chi ha avuto la forza di vedere 14.30 di L.Annunziata oggi magari qualche pensierino se l’è fatto. Massimo rispetto umano per Stefania Craxi (come figlia), ma sentire le stesse cose (e giustamente Annunziata questo sottolineava) ripetute per craxi allora, oggi per il vecchio satiro incerottato qualcosa vorrà dire. Il complotto dei comunisti, della magistratura, dei giudici, etc…ma soprattutto il diritto ad essere supra legem allora di craxi come oggi del nostro bel tomo.

E sempre si discute rimuovendo i fatti, che sono, a parte le sentenze, un bel pezzo della storia d’Italia degli anni ottanta. Leggete il pezzo di Guido Crainz oggi su Repubblica (Il segno di Craxi sugli anni ottanta) per una salutare rinfrescata di idee. In particolare quando racconta quando il Censis iniziò a segnalare “crescenti fenomeni di <società incivile>”, le sempre più diffuse tendenze della politica <ad usare il pubblico come strumento di interessi privati>” e concludeva: “Una società che si sente non governata…finisce per esprimere al proprio interno una specie di dislocazione selvaggia, particolaristica e furbastra dei poteri e delle decisioni…in cui tutto c’è tranne moralità collettiva, coscienza civile, senso delle istituzioni, rispetto delle regole del gioco statuale”.

Conclude Crainz: “Molta parte della successiva storia d’Italia è inscritta in queste brevi righe, e su di esse sarebbe bene riflettere anche oggi. Sempre pensando all’oggi, non stupisce che si pensi di indicare ai cittadini come esempio, dedicandogli una via o un parco, un leader politico che si è sottratto alla magistratura e alle istituzioni di un Paese che aveva governato. Una via o un parco della città che più di altre vide quell’affermarsi della corruzione pubblica come sistema di cui Bettino Craxi non su solo un marginale e quasi incolpevole comprimario.

Ah, dimenticavo la chicca: volevate che mancasse in un’affare sporco il nostro Aureliano Buendia di Gallipoli? Riferisce la figlia dell’esule: “Un’ora dopo la morte di mio padre, telefonò D’Alema [all’epoca primo ministro], offrendo i funerali di Stato!” Chapeau!

Per rinfrescarsi le idee: http://www.manipulite.it/travaglio_cronistoria.php

http://dailymotion.virgilio.it/video/x39ic5_marco-travaglio-contro-la-leggendar_news

Oggi su Il Giornale:

Una via Craxi? Non scelgono gli ex pm

Sergio Rotondo

(…) Ma Milano no, non può farlo. Milano, la città dove Bettino Craxi è nato e si è formato politicamente, no non deve farlo. E, guarda caso, i più feroci oppositori dell’iniziativa lanciata dalla Moratti nelle ultime ore del 2009 sono tra i protagonisti di Mani pulite: l’ex pm, ora leader dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, e l’ex procuratore capo di Milano Francesco Saverio Borrelli.
Sprezzanti e durissime le loro dichiarazioni: «Indecoroso e offensivo dedicare una strada a chi è morto da latitante» ha detto Borrelli. «Facciamola questa piazza Bettino Craxi, ma sotto il nome, come in tutte le targhe, scriviamo politico, corrotto, latitante» ha detto Di Pietro. Ma, tutto sommato, dichiarazioni comprensibili. Dedicare una via o un parco a Bettino Craxi vorrebbe infatti dire archiviare definitivamente Mani pulite, mettere una pietra tombale sulla rivoluzione giudiziaria. Logico che chi di quel ribaltone politico è stato artefice opponga resistenza. Del resto non fu proprio Francesco Saverio Borelli, divenuto nel frattempo Procuratore generale di Milano, a lanciare nel 2002 il famoso «resistere, resistere, resistere» contro le proposte di riforma della giustizia del governo Berlusconi?
Non solo. Una via dedicata a Craxi potrebbe favorire un dibattito serio, storico, non più politico e quindi fazioso, proprio su Mani pulite. Decantandone i meriti, che indubbiamente ci sono stati, ma anche mettendo in risalto, una volta per tutte, le zone d’ombra che, altrettanto indubbiamente, ci furono. I metodi, la «selezione» dei partiti e dei politici da mettere alla gogna, l’uso della stampa per amplificare al massimo ogni mossa del pool alla faccia del segreto istruttorio. No, non si può permettere una revisione storica di quel periodo soprattutto ora che è in atto il tentativo di una seconda rivoluzione politica per via giudiziaria.
Ma una città come Milano non può consentire che le sue scelte siano condizionate da ex magistrati. Perciò mi auguro che la Moratti abbia il coraggio di andare avanti, di portare la sua decisione in giunta e in consiglio. Tocca a lei, agli assessori e ai consiglieri di Palazzo Marino decidere se è il caso di dedicare una via, un parco, una statua a Bettino Craxi. Non ad Antonio Di Pietro, non a Francesco Saverio Borrelli.

San Bettino Martire, patrono dei ladri

Tutto Craxi, tangente per tangente (Marco Travaglio)

Al momento della morte, nel gennaio del 2000, Bettino Craxi era stato condannato in via definitiva a 10 anni per corruzione e finanziamento illecito (5 anni e 6 mesi per le tangenti Eni-Sai; 4 anni e 6 mesi per quelle della Metropolitana milanese). Altri processi furono estinti “per morte del reo”: quelli in cui aveva collezionato tre condanne in appello a 3 anni per la maxitangente Enimont (finanziamento illecito), a 5 anni e 5 mesi per le tangenti Enel (corruzione), a 5 anni e 9 mesi per il conto Protezione (bancarotta fraudolenta Banco Ambrosiano); una condanna in primo grado prescritta in appello per All Iberian; tre rinvii a giudizio per la mega-evasione fiscale sulle tangenti, per le mazzette della Milano-Serravalle e della cooperazione col Terzo Mondo.

Nella caccia al tesoro, anzi ai tesori di Craxi sparsi per il mondo tra Svizzera, Liechtenstein, Caraibi ed Estremo Oriente, il pool Mani Pulite ha accertato introiti per almeno 150 miliardi di lire, movimentati e gestiti da vari prestanome: Giallombardo, Tradati, Raggio, Vallado, Larini e il duo Gianfranco Troielli & Agostino Ruju (protagonisti di un tourbillon di conti e operazioni fra Hong Kong e Bahamas, tuttora avvolti nel mistero per le mancate risposte alle rogatorie).

Finanziamenti per il Psi? No, Craxi rubava soprattutto per sé e i suoi cari. Principalmente su quattro conti personali: quello intestato alla società panamense Constellation Financière presso la banca Sbs di Lugano; il Northern Holding 7105 presso la Claridien Bank di Ginevra; quello intestato a un’altra panamense, la International Gold Coast, presso l’American Express di Ginevra; e quello aperto a Lugano a nome della fondazione Arano di Vaduz.

“Craxi – si legge nella sentenza All Iberian confermata in Cassazione – è incontrovertibilmente responsabile come ideatore e promotore dell’apertura dei conti destinati alla raccolta delle somme versategli a titolo di illecito finanziamento quale deputato e segretario esponente del Psi. La gestione di tali conti…non confluiva in quella amministrativa ordinaria del Psi, ma veniva trattata separatamente dall’imputato tramite suoi fiduciari… Significativamente Craxi non mise a disposizione del partito questi conti”.

Su Constellation Financiere e Northern Holding – conti gestiti dal suo compagno di scuola Giorgio Tradati – riceve nel 1991-‘92 la maxitangente da 21 miliardi versata da Berlusconi dopo la legge Mammì. Sul Northern Holding incassa almeno 35 miliardi da aziende pubbliche, come Ansaldo e Italimpianti, e private, come Calcestruzzi e Techint.

Nel 1998 la Cassazione dispone il sequestro conservativo dei beni di Craxi per 54 miliardi. Ma nel frattempo sono spariti. Secondo i laudatores, Craxi fu condannato in base al teorema “non poteva non sapere”. Ma nessuna condanna definitiva cita mai quell’espressione. Anzi la Corte d’appello di Milano scrive nella sentenza All Iberian poi divenuta definitiva: “Non ha alcun fondamento la linea difensiva incentrata sul presunto addebito a Craxi di responsabilità di ‘posizione’ per fatti da altri commessi, risultando dalle dichiarazioni di Tradati che egli si informava sempre dettagliatamente dello stato dei conti esteri e dei movimenti sugli stessi compiuti”.

Tutto era cominciato “nei primi anni 80” quando – racconta Tradati a Di Pietro – “Bettino mi pregò di aprirgli un conto in Svizzera. Io lo feci, alla Sbs di Chiasso, intestandolo a una società panamense (Constellation Financière, ndr). Funzionava cosí: la prova della proprietà consisteva in una azione al portatore, che consegnai a Bettino. Io restavo il procuratore del conto”. Su cui cominciano ad arrivare “somme consistenti”: nel 1986 ammontano già a 15 miliardi. Poi il deposito si sdoppia e nasce il conto International Gold Coast, affiancato dal conto di transito Northern Holding, messo a disposizione dal funzionario dell’American Express, Hugo Cimenti, per rendere meno identificabili i versamenti. Anche lí confluiscono ben presto 15 miliardi.

Come distinguere i versamenti per Cimenti da quelli per Tradati, cioè per Craxi? “Per i nostri – risponde Tradati – si usava il riferimento ‘Grain’. Che vuol dire grano”. Poi esplode Tangentopoli. “Il 10 febbraio ‘93 Bettino mi chiese di far sparire il denaro da quei conti, per evitare che fossero scoperti dai giudici di Mani pulite. Ma io rifiutai e fu incaricato qualcun altro (Raggio, ndr): so che hanno comperato anche 15 chili di lingotti d’oro…I soldi non finirono al partito, a parte 2 miliardi per pagare gli stipendi”. Raggio va in Svizzera, spazzola il bottino di Bettino e fugge in Messico con 40 miliardi e la contessa Vacca Agusta. I soldi finiscono su depositi cifrati alle Bahamas, alle Cayman e a Panama.

Che uso faceva Craxi dei fondi esteri? “Craxi – riepilogano i giudici – dispose prelievi sia a fini di investimento immobiliare (l’acquisto di un appartamento a New York), sia per versare alla stazione televisiva Roma Cine Tv (di cui era direttrice generale Anja Pieroni, legata a Craxi da rapporti sentimentali) un contributo mensile di 100 milioni di lire. Lo stesso Craxi, poi, dispose l’acquisto di una casa e di un albergo (l’Ivanhoe) a Roma, intestati alla Pieroni”. Alla quale faceva pure pagare “la servitú, l’autista e la segretaria”. Alla tv della Pieroni arrivarono poi 1 miliardo da Giallombardo e 3 da Raggio. Craxi lo diceva sempre, a Tradati: “Diversificare gli investimenti”.

Tradati eseguiva: “Due operazioni immobiliari a Milano, una a Madonna di Campiglio, una a La Thuile”. Bettino regalò una villa e un prestito di 500 milioni per il fratello Antonio (seguace del guru Sai Baba). E il Psi, finito in bolletta per esaurimento dei canali di finanziamento occulto? “Raggio ha manifestato stupore per il fatto che, dopo la sua cessazione dalla carica di segretario del Psi, Craxi si sia astenuto dal consegnare al suo successore i fondi contenuti nei conti esteri”. Anche Raggio vuota il sacco e confessa di avere speso 15 miliardi del tesoro craxiano per le spese della sua sontuosa latitanza in Messico. E il resto? Lo restituì a Bettino, oltre ad acquistargli un aereo privato Citation da 1,5 milioni di dollari e a disporre – scrivono i giudici – “bonifici specificatamente ordinati da Craxi, tutti in favore di banche elvetiche, tranne che per i seguenti accrediti: 100.000 dollari al finanziere arabo Zuhair Al Katheeb” e 80 milioni di lire («$ 40.000/s. Fr. 50.000 Bank of Kuwait Lnd») per “un’abitazione affittata dal figlio di Craxi (Bobo, ndr) in Costa Azzurra”, a Saint-Tropez, “per sottrarlo – spiega Raggio – al clima poco favorevole creatosi a Milano”. Anche Bobo, a suo modo, esule.

Quando i difensori di Craxi ricorrono davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo, nella speranza di ribaltare la condanna Mm, vengono respinti con perdite. “Non è possibile – scrivono i giudici di Strasburgo il 31 ottobre 2001 – pensare che i rappresentanti della Procura abbiano abusato dei loro poteri”. Anzi, l’iter dibattimentale “seguí i canoni del giusto processo” e le proteste dell’imputato sulla parzialità dei giudici “non si fondano su nessun elemento concreto… Va ricordato che il ricorrente è stato condannato per corruzione e non per le sue idee politiche”.

Da Il Fatto Quotidiano del 30 dicembre

Bettino? Ancora lui!

Veltroni (sì, quello che non era mai stato comunista, pur essendo stato negli organismi dirigenti del Pci e Direttore dell’Unità: come se un vescovo venisse fuori a dire che non è mai stato cristiano…) ci delizia con un peana alla memoria del contumace pregiudicato Benedetto Crassi (in arte Bettino Craxi). “Grande statista”, “anticipatore” e simili amenità. Che sia stato condannato con sentenza passata in giudicato per reati comuni, che importa? Un politico è superiore a queste fanfaluche, leggi, norme, diritto. Un politico deve essere legibus solutus per esprimere tutto il suo genio, spaziare senza dover sottostare a banalità giuridiche. Avere “grandi idee”, se poi si fregano soldi, si saccheggia lo Stato, si degrada la morale in tutti i modi (le voci sulle esagerazioni sessuali dei leader iniziarono allora) cosa importa? Si fa parte di un’altra classe (il termine “casta” mi sembra offensivo, visto che le vere “caste” hanno ben altri fondamenti) che per dirla con il Belli (“io sò io e voi un siete un cazzo“) può fare quel che vuole.

Per me Craxi rimane un pregiudicato, morto contumace in Tunisia, che poi abbia fatto anche cose degne come politico mi sembra davvero irrilevante. Ma, come è noto, “loro sono loro e io nun sono un c…” (si fa per dire).

Esule o latitante?

Rieccolo! L’esule/latitante, lo statista/bandito, l’inventore della “Milano da bere”, l’eroe di Sigonella, il leader della tribù di nani, ballerine e De Michelis. Benedetto (in arte Bettino) Craxi, defunto ad Hammamet nel 2000, avrà una strada a lui intitolata a Roma. L’ha annunciato Alemanno che, con estrema logica da (post) fascista vuol dare un riconoscimento a colui che distrusse il partito fondato nel 1892. Non ce l’aveva fatta un altro socialista, un maestro romagnolo divenuto capo del Governo, usando il bastone, il carcere e il confino. Bettino ha usato i soldi, il sesso e il potere. Un mix esplosivo (come ben sa il vecchio satiro di Palazzo Grazioli).

Quindi avremo via Craxi. Ma qui dobbiamo chiarirci: o siamo cittadini della Repubblica e allora dedicare una strada a un pregiudicato, condannato 2 volte con sentenze (emesse “in nome del popolo italiano”) passate in giudicato, è una vergogna. Oppure, dedicandogli una via testimoniamo che: a. delle leggi dello stato non ce ne frega una cippa; b. che pensiamo davvero che lo stato abbia perseguitato il povero esule. Ma nel secondo caso dovremmo, che so, proporre revisioni di processi etc…, prima di procedere alla ferale dedica. Troppo legale, eh?

Quindi avremo via Craxi. La cosa però non mi dispiace del tutto, sarà bello poter dire “via Craxi”, ma proprio via! Via! Via dalla nostra vita! Via dalla nostra storia! A queste condizioni siamo già pronti a dedicare altre vie: Via Berlusconi! Via Bondi! Via Capezzone! Via La Russa! (scusate le parolacce, mi sono lasciato trascinare….)

p.s. Nella mia modesta vita non ho grandi rimpianti. Uno però sì: ero a Roma anch’io una sera di tanti anni fa, ero a poca distanza dall’Hotel Raphael dove andò in onda uno dei momenti più alti della democrazia reale, lo sbeffeggiamento del potere corrotto. Ero lì vicino, ma non c’ero anch’io a tirare la mia monetina. Sob!

A studiare! A studiare!

Il discorso del premier (provvisorio), devo dire, mi ha un po’ destrutturato. Credevo di aver vissuto in Italia almeno gli ultimi 53 anni e mi accorgo che non è stato così. Credevo di aver letto qualche tomo sulla storia d’Italia del XX secolo e mi accorgo di aver solo perso tempo, forse invischiato in inutili pagine stampate a Smolensk o a Leningrado.

Perchè il paese dove ho vissuto fino a ieri non è quello che conoscevo, un’altra storia, che, finalmente, posso iniziare a scoprire. A studiare, quindi, a studiare la “vera” storia d’Italia e del mondo e, finalmente, imparare cosa è successo. Del resto le fonti già le indicava l’on.(si fa per dire) Cicchitto-tessera P2n.2232-Giuseppe Gargani, Giancarlo Lehner, Mauro Mellini, Pansa, Colletti, Baget Bozzo. Su questi testi “liberi” finalmente potrò intraprendere il cammino della “vera” conoscenza. Ci manca solo l’opera omnia di Wanna Marchi, le ricette di cucina di Antonella Clerici e le memorie del boudoir di qualche ministra e poi la mia “rieducazione” sarà completa. Grazie. E pensare che ero convinto che il nostro premier (provvisorio) fosse entrato in politica solo per salvarsi dalla galera (l’aveva detto Confalonieri, ma sarà stata una falsa dichiarazione, una macchinazione dei soliti comunisti)!

Grazie, ancora grazie (si fa per dire).

p.s. Solo una cosa in tanta epifania di conoscenza e saggezza non mi è chiara: il nostro premier (provvisorio) nella sua enciclica di ieri ha reso onore a Craxi (Fregolo), con tanto di standing ovation degli astanti. Poi, parlando della “pesante eredità” del passato ha detto: “Abbiamo infatti ricevuto dai governi precedenti e dalla sinistra un’Italia afflitta da pesanti eredità. Abbiamo ereditato un debito pubblico che a causa dei famigerati governi consociativi del compromesso storico, si è moltiplicato per 8 tra il 1980 e il 1992 e oggi è pari al 106 per cento del pil.” Domanda: ma Craxi (Fregolo), mitico sdoganatore della destra, dov’era fra il 1980 e il 1992? Sul pianeta Papalla? Chiuso in un gulag? In vacanza con Sandra Milo? Si attendono risposte (si fa per dire).

Ma come si fa? (Quando la realtà supera la fantasia)

Ma come si fa? Si può sognare di vivere non dico in un paese avanzato, ma almeno in un paese minimamente civile? Dove ogni mattina, alzandosi e leggendo la stampa nazionale, non si rischi il tracollo epatico, il rigurgito morale, il vomito istituzionale? Non si chiederebbe tanto, solo un po’ di “normalità”, civismo, senso etico delle istituzioni e altre cosette simili.

C’eravamo appena ripresi dalla scena penosa di una magistratura che si scanna in lotte da bande da quartiere, di un PD sempre più coinvolto in questioni in bilico fra l’affarismo e il codice penale, avevamo anche represso un sentito disgusto nell’apprendere che il nostro Presidente del Consiglio provvisorio aveva ricevuto nella sua residenza non uno scienziato, un ambasciatore, un inventore, un circumnavigatore in solitaria, bensì due “gemelline” (si chiamano così adesso?) reduci dall’Isola dei Famosi e tutto ciò si sembrava bastevole, almeno per qualche giorno. Invece no.

Stamattina sul Corriere (http://www.corriere.it/politica/08_dicembre_05/dvd_craxi_berlusconi_scuole_paola_di_caro_3f546e62-c29a-11dd-8440-00144f02aabc.shtml) veniamo informati che il Presidente del Consiglio provvisorio ha firmato la presentazione di un succoso DVD su Bettino Craxi, in questa presentazione “scrive dunque Berlusconi — [il DVD] andrebbe proiettato anche nelle scuole, per dare alle nuove generazioni i necessari spunti di riflessione sul modo in cui è finita la Prima Repubblica e sulla falsa rivoluzione giudiziaria che portò alcuni settori della magistratura a teorizzare la supplenza delle toghe sulla politica». Craxi invece — ne è convinto il premier che del leader socialista fu anche grande amico personale — primo «fautore delle riforme istituzionali, è stato un precursore della sinistra moderna di cui in Italia, purtroppo, non si vede ancora una traccia definita».

In quale paese un qualunque politico potrebbe fare l’apologia di un pregiudicato morto contumace senza alcuna conseguenza per la propria carriera o senza suscitare una reazione di rigetto? La risposta è nota.

Bettino Craxi (1934-2000)

  • Condannato in via definitiva a cinque anni e sei mesi per le tangenti Eni-Sai (corruzione)
  • Condannato a quattro anni e sei mesi per le tangenti della Metropolitana milanese (finanziamento illecito)
  • Condannato in secondo grado a tre anni per Enimont (finanziamento illecito)

  • Condannato a cinque anni e nove mesi per le tangenti Enel e a cinque anni e nove mesi per il Conto Protezione (bancarotta fraudolenta del Banco Ambrosiano)

  • Salvato dalla prescrizione in appello dopo una condanna a quattro anni in tribunale per le tangenti di Berlusconi tramite All Iberian

  • Imputato in primo grado per le bustarelle dell’autostrada Milano-Serravalle (corruzione) e per quelle della cooperazione col Terzo Mondo, nonché per frode fiscale sui proventi delle sue varie tangenti

 (fonte:http://www.quimilanolibera.net/wp-content/uploads/2008/01/le-condanne-di-craxi.pdf)