10 domande a Umberto Bossi

Da “Antefatto”: “Su la testa” di S.Amurri (http://antefatto.ilcannocchiale.it/)

1) E’ vero, signor Bossi, che lei si rivolge affettuosamente a suo figlio Renzo chiamandolo “trota” e se sì perché?

2) Dopo aver lanciato su Facebook il gioco “Rimbalza il clandestino”, suo figlio Renzo è stato nominato membro di un osservatorio dell’Expo di Milano. Attraverso quali canali di reclutamento e in ossequio a quali criteri suo figlio ha ottenuto tale nomina da 12mila euro al mese?

3) Prima di intraprendere l’attività politica lei ha per molti anni svolto l’attività di cantante col nome d’arte di Donato arrivando a partecipare (e venendo bocciato) al festival di Castrocaro. Perché ha smesso?

4) Nel 1995 lei definiva Berlusconi un mafioso con cui non si sarebbe mai alleato. Quando e perché ha cambiato idea?

5) Signor Bossi, ha rinunciato all’idea della secessione da “Roma ladrona”? Chi ha la proprietà sul “marchio” della Lega?

6) Dopo aver ottenuto il diploma di perito tecnico elettronico presso la scuola per corrispondenza Radio Elettra, lei da 22 anni siede ininterrottamente in Parlamento. Che lavoro farebbe, signor Bossi, se non facesse il deputato?

7) Dice il vero la sua prima moglie, Gigliola Guidali, quando afferma in un’intervista di aver chiesto la separazione dopo aver scoperto che lei usciva tutte le mattine di casa con la valigetta del dottore (dicendole “ciao amore, vado in ospedale”) senza essersi però mai laureato?

8) Nel 1992 esplode Tangentopoli, un evento epocale che vide lei fra i più convinti sostenitori del pool di magistrati intenti ad indagare sui fenomeni di corruzione. Nel 1993 lei venne coinvolto in una questione legata a un finanziamento illecito di duecento milioni, ricevuti dagli allora dirigenti Montedison. Smise per questo di sostenere i magistrati?

9) Che fine ha fatto il Parlamento del Nord?

10) Il 26 luglio del 1997 lei affermò testualmente: “Il Tricolore lo uso per pulirmi il culo”. Signor Bossi, ricorre ancora a questa pratica palesemente antigienica?

La malattia della Lega

Riporto integralmente l’intervento di oggi dell’amico Andrea Canova su “Reggio 24h”:

La malattia della Lega
Non so a voi, ma a me non è mai capitato di incontrare un’orda di ciclisti ubriachi. Uno sì: un tossico quasi sempre ubriaco che di norma fa cinque sei metri con la bici poi casca per terra, però salvando la bottiglia. Oramai è un acrobata, è bravissimo, la bottiglia non la rompe mai, né mai ne rovescia un goccio. Per questo, sinceramente, lo ammiro.

Se non fosse che è una legge dello Stato, il nuovo Ddl sulla sicurezza è grottesco. Così come è grottesco chi l’ha voluto, la Lega Nord e questo governo. Bossi, Maroni, Calderoli, la Lega in generale, mi fanno compassione. Sono un B movie all’italiana, una nebbia che offusca una serena percezione del mondo, sono un grumo di nervi disfatti. Dei comici falliti… ma, e qui c’è la tragedia, dei comici falliti che sono al governo di un paese.

Finisce la compassione e si chiudono le risate, per cercare di capire qualcosa che, forse, è incomprensibile, oppure che ha una sua logica.

In questa estate, ho letto che in un certo luogo di mare è vietato usare gli zoccoli perché fanno rumore; da un’altra parte non si possono fare i castelli di sabbia; poi avevano tolto le panchine, poi le impronte digitali, poi un sindaco che gridava al genocidio degli zingari; i ciclisti ubriachi; due persone sono un assembramento vietato, ho letto per qualche parte d’Italia; sentimenti xenofobi dilaganti e potremmo continuare a lungo. Ma non lo facciamo perché, di dettaglio in dettaglio non si va da nessuna parte. Meglio, secondo me, provare a cercare una matrice di fondo.

Quindi, divieti: divieti particolari e divieti generali. L’Italia si sta riempiendo di divieti.

Come nella Torah, come nel Corano, come nella Bibbia – anche se un po’ meno – il pensiero e l’azione politica della Lega intendono regolamentare la vita degli italiani e degli stranieri, in generale e nei dettagli, come in una religione. Sì, perché nella Lega, nella cultura che sospinge e che esprime, c’è, di fondo, una logica religiosa, cioè un pensiero magico. Una logica che si regge, principalmente, su due coppie: puro/impuro e lecito/illecito, dove la prima coppia è l’architrave che porta l’intero edificio. La coppia puro/impuro è la fune trainante dell’ideologia leghista, quella lecito/illecito la sua manifestazione pubblica e il sentimento di fondo che genera queste coppie, come nelle religioni e nel pensiero fascista, è la paura: una paura irrazionale, infantile e infondata ma, tuttavia, potente perché ripetuta come un mantra.

Il grande Pascal diceva che, indipendentemente dall’esistenza o meno della fede, è necessario comportarsi “come se” la fede ci sia, pregando e pregando, che poi la fede arriva davvero. La Lega fa un po’ la stessa cosa: le paure che scatena da vent’anni a questa parte non esistono, ma loro si comportano “come se” fossero fatti certi e reali fino a farli diventare davvero fatti certi e reali. Come i tre monoteismi, fondati su una nevrosi, la Lega, per poter convivere con le proprie nevrosi, ne fa un modello del mondo: invece di usare la ragione, la Lega preferisce nevrotizzare il mondo perché ha paura del mondo, non avendo gli strumenti per leggerlo e per capirlo e non avendo la cultura per assaporarne la vitalità e la novità. Da questo nevrotico analfabetismo di ritorno la paura e, da qui, la chiusura, le radici, le tradizioni, i dialetti, l’identità, la xenofobia, ossia la ricerca di una purezza che, appunto perché non esiste, li porta ad imporla con la forza della legge (per ora).

Il puro è ciò che è senza mescolanza, è ciò che non contamina, è ciò che non sporca, ossia è il puro spirito contro l’impura realtà; l’impuro è l’eretico, il diverso, lo straniero, il meticciato sotto ogni forma. La Lega, al contrario, è prigioniera di una logica magica che, alla fine, è anche una logica di tradizione fascista e nazista: dall’alto ti purifico con la forza della legge, impedendoti di sbagliare (l’illecito) e impedendoti di mescolarti (l’impuro), cioè di vivere.

John Stuart Mill ha detto: “Se la società lascia che un considerevole numero dei suoi membri rimanga in uno stadio infantile, incapace di comportarsi sulla base di una valutazione razionale dei fatti non immediatamente presenti, essa non deve rimproverare se non se stessa per le conseguenze di ciò”.

Andrea Canova
http://www.reggio24ore.com/Sezione.jsp?titolo=La+malattia+della+Lega&idSezione=5185

Qualche commento

Qualche commento alla lettera del giovane leghista che, nonostante i sospetti di Giannifotografo, esiste davvero (http://www.corriere.it/cronache/09_agosto_20/garibaldi_stato_assente_messaggi_giovane_leghista_71371e5c-8d4c-11de-ac5b-00144f02aabc.shtml.)

La prima cosa che vorrei sottolineare, senza cadere nel vieto corporativismo, è che questo paese ha un disperato bisogno di storia. Se una persona mediamente colta, giovane che si definisce “con una certa passione per la storia” mette in fila tante banalità, imprecisioni, strafalcioni sulle patrie vicende, devono accendersi molte lucine rosse di allarme. E la scuola è la prima imputata, ma non come dice il solerte Galli dL, per aver insegnato etc.., ma per NON avere insegnato il metodo critico, la capacità di orientarsi fra saggi, fonti e altro materiale. Le tesi sostenute dallo studente non sono una sua originale produzione, sono la rimasticatura della “leggenda nera”, originale di una certa cultura cattolica integralista, zona Alleanza Cattolica, che non solo possiamo riscontrare in siti web come quello gestito da Maurizio Blondet (http://www.effedieffe.com/), antisemiti, tradizionalisti e lefebvriani, ma trovano riscontro in figure ben più prestigiose del mondo cattolico, come il caso del vescovo di S.Marino Montefeltro, Luigi Negri. Chi lo ha ascoltato un paio d’anni fa alla Sala degli Specchi, ritroverebbe le stesse tematiche sostenute dallo studente leghista. E in forma più sgangherata tutta questa paccottiglia è leggibile in “Reggionelweb” (http://www.reggionelweb.it), divenuto ormai lo sfogatoio leghista e tradizionalista della nostra città e provincia. Tutto il male viene dalla Rivoluzione francese, dall’illuminismo (non a caso definito “bieco” solo pochi giorni fa in altre circostanze), dalla rottura dell’ordine naturale, del potere temporale. Una storia che si snoda attraverso complotti della massoneria, dei Savoia, dei liberali, comunisti, laici e di chissàchi.

Il solerte studente riprende, acriticamente, questa “vulgata”, senza avere maturato gli anticorpi critici, miscelando bufale e complotti, giocando sulla moda dilagante della “controstoria”, del “finalmente possiamo dire…”. Una moda che ha avuto non pochi epigoni anche alla estrema sinistra negli anni settanta e ottanta.

Grande bisogno di storia dunque, di ripartire dalle basi, anche in questo caso uscendo dalla mitologia che tanti danni ha fatto: primo fra tutti la “sindrome del pendolo” di cui, a.e., è stata tipica la figura di Garibaldi. Eroe dei due mondi, mito di libertà prima e poi predone in sud america, terrorista, massone e chi più ne ha peggio ne metta. Il 150° dell’Unità potrebbe essere l’occasione per questa riflessione, seria e fondata? Ma la superficialità del leghista tradisce anche la totale mancanza di concetti base come “democrazia”, “pluralismo”, “Stato di diritto”, cosa non sorpprendente visto la sua provenienza politica.

Veniamo poi alla parte “attuale” della lettera, che ha mandato in sollucchero il solerte Galli dL. Dobbiamo ascoltare il disagio dice il filosofo. Bene. Ascoltato. Ma, per l’ennesima volta, se questo è lo stato del nostro paese-e lo è-è la gazzarra leghista la soluzione? O il consumismo carnale del vecchio satiro? La destra che ci governa, orrori a parte, non è semplicemente all’altezza di esprimere una cultura di governo all’altezza dei problemi che sono anche quelli raccontati dal leghista, immigrazione compresa. E sul problema meridionale, la riscossa auspicata da Galli dL, dovrebbe venire da Miccichè e Lombardo o dalla Finocchiaro e Orlando?

La lettera rimane davvero un exemplum del mondo leghista in espansione. Quasi in chiusura, infatti, leggiamo quelle che sono le parole chiave dell’intero ragionamento: “paura” e “terrore” che sono il vero motto che andrebbe inserito, per legge, nel vessillo della lega.

Di fronte alla paura e al terrore non c’è cultura che tenga, rimane solo il fucile, il muro, la barricata. Non si tratta neppure di essere razzisti o no (e lo studente lo è) perchè è qualcosa che viene prima, è una weltanshauung, un modo di vedere il mondo, è una forma mentis, contro cui le armi del ragionamento e della conoscenza hanno potere limitato. Si tratta di ricostruire un tessuto sociale e culturale dalle basi, in condizioni difficilissime, operando magari azioni sovversive come il rifiuto della tv, dell’inutile consumo. Tornando ai libri, ai dibattiti, alle discussioni civili.

Il leghista ha 24 anni, all’anagrafe, ma colpisce quanto di vecchio, di chiuso, di paranoico traspaia dalle sue parole. Una sola domanda: dov’erano le grandi agenzie formative (chiesa, partiti, famiglia, etc..) mentre questo ragazzo cresceva fino a diventare un “ignorante che ha studiato”?

Alcuni anni fa ho avuto una discussione con un ex-onorevole comunista, esempio sublime di t.t. (turbinoso trasformismo). Il tizio, per sostenere le sue tesi, mi buttò in faccia l’affermazione: “Io ho letto 3500 libri!!” Non riuscii a star zitto e quello che riuscii a dire fu semplicemente: “E quanti ne ha capiti?”

Dialogo significativo (I)

Riporto, perchè stimolante, il dialogo, apparso oggi sulle pagine del Corriere fra uno studente leghista e Galli della Loggia

SCAMBIO DI LETTERE SUL PAESE TRA PASSATO E PRESENTE
Io, studente leghista
Perché mi vergogno dell’Unità d’Italia

Caro professor Galli della Loggia,
sono uno studente universitario di 24 anni con una certa pas­sione per la storia. Sono un leghista, abbastanza convinto. E lo confesso: se faccio un bilancio, certamente sommario, dall’Unità nazionale ad oggi, le cose per cui vergognarmi mi sembrano maggiori rispetto a quelle di cui essere fiero.

Penso al Risorgimento, alla massoneria e al disegno di conquista dei Savoia, rifletto sul fatto che nel Mezzogiorno furono inviate truppe per decenni per sedare le rivolte e credo che queste cose abbiano più il sapore della conquista che della liberazione. E penso, ancora, al referendum falsato per l’annessione del Veneto e al trasformismo delle elite politiche post-risorgimentali. E poi il fascismo, con la sua artificiosa ricostruzione di una romanità perduta e imposta a un popolo eterogeneo e diviso per 1500 anni che della «romanità classica » conservava ben poco: la costruzione di una «religione politica» forzata al po sto di una «religione civile» come invece avvenne in Francia con la Rivoluzione, che fu davvero l’evento fondante di un popolo. In Italia l’unica cosa «fondante» potrebbe essere stata la Resistenza: ma anche lì, a guardare bene, c’era una Linea gotica a dividere chi la guerra civile l’aveva in casa da chi era già in qualche maniera libero.

E poi la Prima Repubblica, che si salva in dignità solo per pochi decenni, i primi, e poi sprofonda nei buio degli anni di piombo con terrorismo di sinistra e stragi di destra (o di Stato?), nel clientelismo politico più sfrenato, nelle ruberie, nelle grandi abbuffate che ci hanno regalato uno dei debiti pubblici più grandi del mondo.

Quanto alla Seconda Repubblica, l’ab biamo sotto agli occhi: la tendenza dei partiti a trasformarsi in «pigliatutto» multiformi e dai programmi elettorali quasi identici, con le uniche eccezioni di Di Pietro e della Lega. Il primo però è destinato a sparire con Berlusconi, che è la ragione del suo successo: quando svanirà la causa, svanirà anche l’effetto. Anche la Lega dopo Bossi potrebbe sparire, ma almeno a sorreggerla ci sono un disegno, un’idea, per quanto contestabili.

Guardo allo Stato poi e alla mia vita di tutti i giorni e mi viene la depressione. Penso a mia mamma che lavora da quando aveva 14 anni ed è riuscita da sola a crearsi un’attività commerciale rispettabi le e la vedo impazzire per arrivare a fine mese perché i governi se ne fregano della piccola-media impresa e preferiscono continuare a buttar via soldi nella grande industria. E poi magari arriva anche qual che genio dell’ultima ora a dire che i commercianti son tutti evasori. Vedo i miei dissanguarsi per pagare tutto correttamente e poi mi ritrovo infrastrutture e servizi pubblici pietosi. Vedo che viene negata la pensione di invalidità a mia zia di 70 anni che ha avuto 25 operazioni e non cammina quasi più solo perché ha una casetta intestata. E poi leggo che nel Mezzogiorno le pensioni di invalidità so no il 50% in più che al Nord. Come faccio a sentire vicino, ad amare, a far mio uno Stato che mi tratta come una mucca da mungere e in cambio mi dice di tacere?

Non ho paura degli immigrati, né sono ostile a chi ha la pelle differente dalla mia. Mi preoccupo però di certe culture. Per esempio mi spaventano i disegni di organizzazioni come i Fratelli musulmani, ostili verso l’Occidente, e mi fan paura le loro emanazioni europee. Non vo glio barricarmi nel mio «piccolo mondo antico», ma ho realismo a sufficienza per pensare di non poter accogliere il mondo intero in Europa. La gente che entra va integrata, ma io credo che la possibilità di integrazione sia inversamente proporzionale al numero delle persone che entrano. Eppure, se dico queste cose, mi danno del «razzista». Non mi creano problemi le altre etnie, mi crea problemi e fastidio invece chi le deve a tutti i costi mitizzare, mi irrita oltremodo un multiculturalismo forzato e falsato. Mi spaven tano l’esterofilia e la xenomania, secondo le quali tutto ciò che viene da fuori deve essere considerato acriticamente come positivo, «senza se e senza ma». In pratica ho paura che l’Italia di domani di italia non avrà più nulla e che il timore quasi ossessivo di non offendere nessuno e di considerare ogni cultura sullo stesso piano, cancelli quel poco di memoria storica che ancora abbiamo. Mi crea profondo terrore la prospettiva che la nostra civiltà possa essere spazzata via come accadde ai Romani: mi sembra quasi di essere alle porte di un nuovo Medioevo con tutte le incognite che questo può celare. E ho paura, paura vera. Sono razzista davvero oppure ho qualche ragione?

Matteo Lazzaro
19 agosto 2009
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A studiare! A studiare!

Il discorso del premier (provvisorio), devo dire, mi ha un po’ destrutturato. Credevo di aver vissuto in Italia almeno gli ultimi 53 anni e mi accorgo che non è stato così. Credevo di aver letto qualche tomo sulla storia d’Italia del XX secolo e mi accorgo di aver solo perso tempo, forse invischiato in inutili pagine stampate a Smolensk o a Leningrado.

Perchè il paese dove ho vissuto fino a ieri non è quello che conoscevo, un’altra storia, che, finalmente, posso iniziare a scoprire. A studiare, quindi, a studiare la “vera” storia d’Italia e del mondo e, finalmente, imparare cosa è successo. Del resto le fonti già le indicava l’on.(si fa per dire) Cicchitto-tessera P2n.2232-Giuseppe Gargani, Giancarlo Lehner, Mauro Mellini, Pansa, Colletti, Baget Bozzo. Su questi testi “liberi” finalmente potrò intraprendere il cammino della “vera” conoscenza. Ci manca solo l’opera omnia di Wanna Marchi, le ricette di cucina di Antonella Clerici e le memorie del boudoir di qualche ministra e poi la mia “rieducazione” sarà completa. Grazie. E pensare che ero convinto che il nostro premier (provvisorio) fosse entrato in politica solo per salvarsi dalla galera (l’aveva detto Confalonieri, ma sarà stata una falsa dichiarazione, una macchinazione dei soliti comunisti)!

Grazie, ancora grazie (si fa per dire).

p.s. Solo una cosa in tanta epifania di conoscenza e saggezza non mi è chiara: il nostro premier (provvisorio) nella sua enciclica di ieri ha reso onore a Craxi (Fregolo), con tanto di standing ovation degli astanti. Poi, parlando della “pesante eredità” del passato ha detto: “Abbiamo infatti ricevuto dai governi precedenti e dalla sinistra un’Italia afflitta da pesanti eredità. Abbiamo ereditato un debito pubblico che a causa dei famigerati governi consociativi del compromesso storico, si è moltiplicato per 8 tra il 1980 e il 1992 e oggi è pari al 106 per cento del pil.” Domanda: ma Craxi (Fregolo), mitico sdoganatore della destra, dov’era fra il 1980 e il 1992? Sul pianeta Papalla? Chiuso in un gulag? In vacanza con Sandra Milo? Si attendono risposte (si fa per dire).

Discutere, pensare

Ierisera a Castelmaggiore la 26a presentazione del mio libro. Un grazie agli amici del Circolo Arci Sputnik Tom e all’Anpi di Castelmaggiore. Anche là una sala piena di gente ad ascoltare, a chiedere. A rivolere indietro la propria storia, corrotta e devastata da una propaganda violenta e culturalmente fascista (di destra e non solo), ma anche con la consapevolezza che la storia va raccontata tutta, anche nelle pagine buie e tristi, senza far sconti a nessuno. Tornare alla storia, alle fonti. In queste mie presentazioni dall’aprile 2008 ormai ho incontrato oltre 1500 persone, una esperienza umana e politica (in senso alto) davvero unica, e ovunque scoprire che esiste una Italia migliore di quella che ci raccontano ogni giorno, una Italia anche ferita, ma vitale e che non ci molla. Un’Italia che non ha una sua adeguata rappresentanza politica, ma che crede davvero nei valori che qualcuno (a destra come a sinistra) vorrebbe farci credere “vecchi” e in disarmo. I miei giri continueranno (Fabbrico, Imola, Formigine, Ravenna, Verona, etc..)e non posso far altro che ringraziare le tante persone che ho incontrato e che incontrerò ancora per la grande lezione che mi hanno dato.

Aiutiamoli a vergognarsi (3)

Latorre e compagnia briscola

“Giustizialismo e anticomunismo si sono nutriti entrambi di parzialità e hanno condizionato in negativo la possibilità di ricostruire una storia d’Italia condivisa”. Ipse (Latorre) dixit a un succoso convegno dove si presentava il volume “L’influenza del comunismo nella storia d’Italia” e dove dibattevano, oltre che il nostro, eminenti storici come Bondi, Cicchitto e comunicatori come Galli della Loggia e Quagliarello. Cicchitto, già socialista di sinistra (corrente lombardiana) ha solennemente affermato che “il comunismo non è un cane morto: il retaggio di quella storia è presente anche nel PD attuale, che ha superato lo stalinismo con elementi di fortissimo giustizialismo” (Repubblica, 25/11/08).
Non potendo, per regolamento, offrire due volte allo stesso candidato la possibilità di vergognarsi nello stesso mese, scegliamo il buon Fabrizio Cicchitto per un “vergognati!”. Cicchitto del quale ricordiamo le posizioni di estrema sinistra alla fine degli anni ’70, l’appoggio al compromesso storico, le accuse rivolte alla CIA per l’omicidio Moro e la sua iscrizione alla Loggia P2 con tessera n.2232 del 12/12/80, allontanato dalla direzione Psi torna alla ribalta con Craxi fino al 1992, fonda il Partito Socialista riformista con Enrico Manca (anche lui P2), entra in Forza Italia di cui è vicecoordinatore nazionale. (P.Gomez, M.Travaglio, Se li conosci li eviti, Chiarelettere 2008, p.129)